Italia - Repubblica - Socializzazione

 

A proposito dell'intervista a Roberto Sestito

pubblicata in questo sito
 

L'esposizione in questo Sito dell'intervista di S. Lamonica: "Roberto Sestito ed il 'Figlio del Sole', Reghini: Massoneria, Paganesimo, Pitagorismo", pubblicata anche su "Rinascita" il 9 febbraio 2011, ha indotto due camerati, che hanno partecipato alla vita della FNCRSI, a scriverci per esternare un certo dissenso.

Ritenendo importante quanto ricevuto e sicuramente utile ad una chiarificazione generale, pubblichiamo qui di seguito le due lettere, senza riportare la firma degli autori, in quanto trattasi di osservazioni scritte così, di getto ed in via amichevole, nel contesto di alcune e-mail che ci siamo scambiati.

Alle due lettere facciamo seguire una Nota di Maurizio Barozzi ed un Appunto da parte di Giorgio Vitali.

Ci auguriamo che il tutto possa essere utile si lettori.

 

Prima lettera ricevuta

 

Caro Maurizio

Mi stupisce il fatto che uno che odia il Fascismo con tutte le sue forze, possa trovare ospitalità nel sito della Federazione. Tra le altre cose la c.d. Scuola Pitagorica era un gruppo talmente inconsistente che non poteva certo essere preso in considerazione da un abile e realista uomo politico come Mussolini.

I suoi componenti finirono a portare acqua al mulino degli Inglesi. Lo stesso Reghini se ne andò in Inghilterra. Per quanto riguarda la fine del Fascismo tu da tempo non ti stanchi di rivelare alla gente le trame dell'Alta finanza e della massoneria, che se ne fregava altamente del Fascio Littorio.

Se la Scuola pitagorica, parente alla lontana della Massoneria, si ribellò al Fascismo, per odio verso la Chiesa (non sono un difensore della Chiesa, ma un realista) fu un loro errore che fini per aiutare l'antifascismo. Dedico a Sestito le canzoni fasciste di "Fuoco di Vesta" e dell'"Inno a Roma".

Io ho tre grandi maestri per quanto riguarda la "Tradizione". Essi sono Evola, Guenon e Reghini. Ritengo Reghini perfettamente in ordine da un punto di vista tradizionale ed esoterico. Possiedo i suoi scritti e lo condivido in pieno. Lo conosco tramite Evola e Guenon. Loro nonostante le diversità si stimavano. Reghini forse da un certo punto di vista, diciamo in astratto, poteva anche avere ragione.

Ma l'astrattismo non è la realtà. Ad ogni modo quel che non condivido è il settarismo non tanto di lui quanto dei suoi attuali sostenitori, odiatori a prescindere della Chiesa (ripeto non sono un sostenitore della Chiesa) che li porta a odiare tutto ciò che ha a che fare con essa. Anche il Fascismo. Per questo gli amici di allora di Reghini furono contattati dai servizi inglesi ed operarono di fatto in senso antifascista.

Furono loro che non seppero inserirsi ed operare all'interno del regime come invece fecero diverse altre componenti esoteriche romane. Io mi sono formato in questo senso in una di queste componenti romane e filo fasciste, se no non vi avrei aderito, perche prima per me viene il Fascismo poi il resto. Per loro invece è il contrario, prima viene Reghini poi il resto.
Peggio ancora sono i suoi attuali seguaci alla Sestito, che vomitano al solo pensiero del Concordato senza avere capito la portata storico-politica dell'avvenimento. Non è quindi il rigore ideologico e dottrinale che non condivido, anzi. È la stupidità politica che non condivido, perchè li porta alla fine ad essere, di fatto, allineati con il nemico. Ed è un peccato perché dottrinalmente sono inoppugnabili. L'articolo di Lamendola su Calvino di "Rinascita" lo condivido al cento per cento. Ora da un "evoliano" come me è possibile sentire apprezzamenti sinceri su Reghini (Evola stimava Reghini). Da una rivista evoliana come "La Cittadella" si arriva a pubblicare persino uno studio di omaggio a Reghini, ma da loro non riceverai mai niente di apprezzamenti ad Evola o al Fascismo. Solo disprezzo. È la loro pochezza politica e il loro settarismo che non mi piace, non la loro cultura. E pensare che siamo in teoria tutti sulla stessa barca. Peccato che si mettono a remare contro per odio e solo per odio mascherato da rigore dottrinale. Cosi non si arriva da nessuna parete. Sestito sarà sempre un eroico solitario. Auguri. Reghini si, reghiniani no.
Spero di esserti stato chiaro.

 

Seconda lettera ricevuta

 

Caro Maurizio,

ho constatato che tra gli aggiornamenti del sito della Federazione è stata inserita l'intervista pubblicata su "Rinascita" a R. Sestito su massoneria, pitagorismo ecc. ecc. Capisco che l'argomento rientra nell'ambito culturale storico-filosofico, che tutte le idee sono rispettabilissime e degne di essere pubblicate se espresse in buona fede senza secondi fini, però francamente mi risultano meno comprensibili certe "interpretazioni storiche" pur rispettabili sul piano individuale) in un contesto come quello della FNCRSI che si prefigge, per quanto possibile, di fare chiarezza e di tendere alla verità storica contro le menzogne della vulgata, oltre ovviamente all'analisi politica, economica e sociale sulla base del pensiero tramandatoci dal Fascismo di sinistra.

Lascio volutamente da parte le fisime sul «cristianesimo che avrebbe causato l'infarto del mondo antico», affermazioni che giudico anacronistiche e fuorvianti, per non dire false e abbondantemente confutate dagli studi della storia antica e dall'archeologia. Citazioni che mi hanno richiamato alla mente certe farneticazioni pseudo paganeggianti di Luigi Cascioli, che su "Rinascita", sotto lo pseudonimo di Lucius Quirinus, aveva sparato una serie di fregnacce sul cristianesimo delle origini (si tratta dello stesso personaggio che aveva denunciato il papa e la chiesa per abuso della credulità popolare e corbellerie di questo genere) e che confutai a suo tempo su "Effedieffe" e "Rinascita" stessa, senza avere però, guarda caso, alcuna risposta.

Ma qui mi preme soprattutto richiamare alcune affermazioni fatte dal Sestito su Mussolini e il Fascismo, che non tengono minimamente conto nemmeno degli studi basilari di Renzo De Felice. Dire «... l'Italia è stata sacrificata sull'altare del clerico-fascismo e (...) Mussolini in persona si è reso responsabile di questo autentico crimine» è totalmente falso.

Semmai fu proprio il contrario e la guerra dei primi anni Trenta che la Chiesa mosse a Mussolini e al Fascismo, persino con un'enciclica, è più che illuminante (l'articolo che scrissi tempo fa per rintuzzare la tesi di Savino trattò proprio questo argomento). In sostanza si vuole imputare a Mussolini e al capolavoro politico che fu il suo Concordato (è ovvio che fu farcito anche di concessioni alla Chiesa, ma si sa in politica bisogna anche cedere e non solo pretendere) l'operato dei governi post bellici in un'Italia senza Stato, completamente alla mercé del clericalismo neoguelfo, che ha utilizzato come cavallo di Troia, grazie alla totale condiscendenza dello stato italiano (la s minuscola è voluta), lo stesso Concordato, aggirandone linee e principi per assumere nuovi favori e privilegi .

O ancora raccontare la storiella di un Mussolini, al quale fu "predetto" il suo destino atroce da emissari pagani (dei moderni Tiresia, chissà!) che l'avrebbero rimproverato per aver «sottomesso l'autorità spirituale dei fasces simbolo dell'imperium, uno dei pochi veri simboli della tradizione nostra (...) ad altri simboli religiosi, specialmente nemici, estranei, esotici e patibolari come quello della croce …», beh, è veramente troppo, ai limiti della fantastoria. Potrebbe essere materiale per un film alla Steven Spielberg.

E pensare che storicamente fu proprio il paganesimo ad apostrofare il cristianesimo di superstizione.

1) Intanto il simbolo dei fasci non è romano, ma etrusco, e sugli etruschi dovremmo aprire una montagna di dissertazioni riguardo alla loro appartenenza alla cosiddetta "tradizione" richiamata da Sestito. Quella "Tradizione", che come il cavolo a merenda, viene ossessivamente tirata in ballo ora a destra ora a manca, fino alla noia e alla vuota inconcludenza. Così si passa da un estremo all'altro: da una parte la patacca di un'Europa dalle radici giudaico-cristiane, dall'altra l'esclusiva, altrettanto antistorica, pretesa dai cosiddetti pagani. La decadenza della romanità iniziò molto prima che il cristianesimo attecchisse nel dna delle istituzioni. Se ne era ben accorto Adriano, agli inizi del II secolo, uomo di acume e cultura eccezionali. Motivazioni di natura economica e sociale furono le cause scatenanti della crisi del III secolo e non certo per l'esistenza di presunti complotti cristiani contro la classicità, come taluni cultori e sacerdoti della "tradizione pagana" vorrebbero semplicisticamente concludere.

2) non ti sfuggirà che Mussolini, uomo dall'intelligenza a tutto tondo, aveva giustamente inserito il cristianesimo all'interno della tradizione italiana, assieme al patrimonio politico, civile e spirituale della romanità. E non lo fece certo per tattica politica, ma semplicemente perché ne era convinto. E gli argomenti da lui portati ad esplicazione di ciò stanno tutti nella cultura, nella storia e nell'arte italiane. Ecco perché certe interpretazioni esclusiviste, sia dall'una che dall'altra parte, non reggono al cospetto della storia, all'interno della quale le civiltà e le rivoluzioni spirituali non hanno mai cesure nette. E anche il cristianesimo si è nutrito delle culture precristiane, tanto che molti aspetti della cultura antica si sono salvati proprio grazie al cristianesimo che l'ha conservata e tramandata. Sembra un controsenso, ma così non è. Il cattolicesimo romano ha desunto molti dei suoi schemi istituzionali proprio dalla romanità. Negarlo sarebbe anacronistico, settario e persino puerile.

3) E quanto sincera fosse la lealtà del Duce, diversamente dal Vaticano, per il rispetto dei Patti anche durante la RSI l'ha ampiamente documentato Jacopo Barbarito nella sua bella pubblicazione "Un rapporto a metà". Ma anche dal fronte clericale esempi luminosi ci provengono da quei sacerdoti assassinati per la loro fedeltà alla repubblica e al Fascismo. Chissà cosa ne pensa a riguardo il Sestito! Farebbe sicuramente di tutta l'erba un fascio (non littorio, per carità!) A sentire lui, è meglio non mischiare il "sacro" col profano. Totò avrebbe commentato: «ma mi facci il piacere!».

 

la NOTA di Maurizio Barozzi

 

Cercherò di esprimere alcune considerazioni in merito all'intervista a Roberto Sestito pubblicata in questo Sito e in riferimento a questo due lettere. Le mie saranno delle semplici considerazioni, più che altro di carattere storico, ambito nel quale mi sento più a mio agio. Eviterò in ogni caso di entrare in considerazioni di carattere dottrinale, per non dire "esoterico", per le quali non credo di essere all'altezza, anche se intuisco che, nella contrapposizione in atto, che oltretutto non è recente, ci sono significative differenze ideologiche.

La prima valutazione che mi sento di dare, riguarda l'opportunità per Mussolini di arrivare al Concordato, i cui approcci risalgono al 1923 quando ci furono sotterranei contatti tra Mussolini e la Chiesa. Al tempo il Duce, da poco al potere, coltivava l'idea di formare un governo con l'ala moderata dei socialisti e i popolari, partito nel quale fosse però stata annullata l'infausta opera di Don Sturzo. Questi contatti avevano dato certi frutti e il Vaticano già stava preparando la strada per la messa da parte di Sturzo. Poi venne il delitto Matteotti, un episodio di sporchi interessi petroliferi, ma che avrebbe dovuto portare anche alla caduta del governo di Mussolini. L'interesse massonico, in questo senso, tra le altre cose, era anche dovuto alla preoccupazione di questi "contatti" tra il Duce e la Chiesa.

Infine, durante il ventennio, nel 1929 si arrivò alla Conciliazione tra Stato e Chiesa. Le leggi della politica sono spesso spietate ed è quindi consequenziale che questo Concordato non poteva che produrre la messa da parte di alcune componenti che pur erano state vicino al fascismo.

In particolare viene lamentata la messa in disparte di quella corrente, non estranea alla massoneria, che si rifaceva ad una tradizione Pitagorica e ad una via iniziatica italico-romana, nomata anche "Imperialismo pagano" che presentava alcuni aspetti molto interessanti.

Con il senno del poi possiamo oggi dire che il Concordato, fu per il fascismo nefasto, in quanto la Chiesa, non solo da un punto di vista dottrinale (la sua visione egualitaria degli esseri umani e le sue stesse tradizioni giudaico cristiane, seppur contemperate da altre tradizioni neoplatoniche e da un certo cattolicesimo), alla lunga sarebbero entrati in contraddizione con la visione della vita e del mondo del fascismo. Ma ancor più, quando la storia contrappose i paesi fascisti a quelli democratici, il Vaticano optò subdolamente, ma decisamente per i secondi.

Ma queste sono considerazione, appunto, fatte con il senno del poi, perchè Mussolini, quando negli anni '20 decise di arrivare alla Conciliazione, faceva altre considerazioni ed aveva altri interessi. In realtà Mussolini, in quel momento, non aveva degli obiettivi ideologici da conseguire, ma si era proposto dei traguardi importantissimi in ambito nazionale. Egli mirava a far raggiungere all'Italia una vera unità in tutti i settori, al fine di proiettarla verso una crescita sociale e politica ed elevarla al rango di medio-piccola potenza in grado di svolgere un ruolo, per noi vitale, nel mediterraneo e in Africa.

In vista di questi obiettivi, Mussolini aveva la necessità di mobilitare tutte le energie della nazione e di incanalare tutte le sue più importanti componenti culturali, sociali e politiche verso questi traguardi. Poteva quindi continuare a tenere la Chiesa fuori dallo Stato?

In pratica di fronte al Duce vi erano due grandi componenti culturali, sociali e storiche, ma tra loro antitetiche: la massoneria che aveva avuto una grandissima parte nel risorgimento e nella nascita della nostra economia e finanza, legata però agli interessi anglo francesi, e la Chiesa cattolica.

È indubbio che la Massoneria, sia da un punto di vista ideologico, che per influssi geopolitici che gli provenivano dalle centrali londinesi e americane, si era messa di traverso al fascismo, mentre la Chiesa, con la sua solita politica melliflua era molto più disponibile. Ma quello che fece sicuramente decidere Mussolini verso la Chiesa fu il fatto che questa, con le sue parrocchie in ogni paesino e con la forte partecipazione cattolica del popolo italiano, era una realtà molto più popolare e importante della massoneria.

Certo, l'accordo con la Chiesa portò alla marginazione della corrente pagana, italico romana di Reghini e dei suoi amici, ma Mussolini, per gli obiettivi sopra esposti, in quel momento aveva bisogno di una forza reale, concreta, presente in tutto il paese, non di una componente minoritaria.

Questi sono i motivi per i quali si arrivò al Concordato, e se ci proiettiamo a quei tempi, non credo che la scelta di Mussolini possa essere criticata.

Potremmo semmai criticare il fatto che una volta che furono stabiliti certi assetti e compromessi: la diarchia con Casa Savoia, il Concordato con la Chiesa, la mancata sottomissione dell'esercito e dell'Industria, ecc., tutti questi equilibri di potere vennero gestiti male, tanto che, queste componenti, al momento opportuno, ovvero durante la crisi bellica del 1942-'43, si ritrovarono più forti del fascismo e intesero liberarsene.

La seconda valutazione che mi sento di esprimere riguarda le possibilità che avrebbe potuto avere la corrente di Reghini di fornire al fascismo una certa "forza", se non ci fosse stata l'interferenza ostile della Chiesa ed avesse invece potuto contare su un appoggio incondizionato da parte di Mussolini.

A quanto mi pare di capire si avanzano qui delle convinzioni circa il fatto che forse si sarebbe potuta evitare una certa via romano-germanica che portò alla alleanza con il Terzo Reich e soprattutto che forse sarebbe stato anche possibile correggere, da di dentro, la deviazione della massoneria verso le sue correnti giudaiche e anglo americane.

Per il primo aspetto, non mi pronuncio perchè, per mia ignoranza, non ho ben capito in cosa consisterebbero le differenze sostanziali, tra queste due tendenze Tradizionali, nelle loro conseguenze politiche.

In ogni caso l'alleanza con la Germania era inevitabile, non un capriccio o una ripicca, perchè gli stati Nazional popolari che il fascismo e il nazionalsocialismo avevano creato in Europa erano esiziali soprattutto per i sogni di dominio mondiale dell'Alta finanza. Mai il fascismo avrebbe potuto sopravvivere in accordo le democrazie occidentali, sia per conflitto di interessi geopolitici che per la sua stessa valenza di Stato e dirigismo governativo che la Finanza internazionale non avrebbe mai potuto tollerare.

In ogni caso se, ad esempio, dobbiamo criticare Evola per la sua miopia politica che lo faceva attestare su un conservatorismo non più adeguato ai tempi, siamo sicuramente d'accordo, ma se invece dovremmo negare al fascismo l'adesione a certi Valori, espressi anche nelle esposizioni di Evola, allora non ci siamo proprio.

Per l'altro aspetto, quello di una "correzione" della Massoneria, possiamo solo dire che l'esperienza storica ci dice che mai nessuna componente, dissidente o divergente all'interno della Massoneria, ha avuto modo di affermarsi. Sempre e comunque, nei momenti veramente cruciali e decisivi, le centrali di Londra e New York hanno imposto la loro volontà e superato e sottomesso ogni diversità all'interno della massoneria. Non crediamo quindi che il tentativo di Reghini, almeno sul piano politico e geopolitico, pur teoricamente molto interessante, avrebbe avuto possibilità di successo.

Un ultima osservazione. Ho dato una lettura ad alcune pagine del "Cammino del Cinabro" di J. Evola e mi sembra che l'autore esprime delle considerazioni alquanto positive su Arturo Reghini. Allora mi domando: possibile che queste due tendenze, oggi che certe situazioni non sono più in essere, non siano conciliabili?

 

Maurizio Barozzi

 

Appunto di Giorgio Vitali

 

I commenti a questa intervista sono pertinenti ma non concludenti.

Anche perché il nostro sito, nel quale sono pubblicate queste riflessioni, dovrebbe essere un contenitore nel quale esprimere opinioni "nostre" sul presente, alla luce del "passato". Del "nostro" passato. Diciamo di più: vista la profluvie di "falsificazioni" più o meno "intenzionali", anche perché l'ideologia clericalista agisce spesso nel subconscio individuale, è sempre necessario un giudizio "completo" sul presente, libero da condizionamenti di vario genere, per una "previsione" ragionevole per il futuro.

Per stare il più possibile sul concreto, occorre precisare che il motivo del contendere è il CONCORDATO promosso da Mussolini. Nulla da eccepire sul Concordato in quanto tale, che riguarda un passo necessario della nostra storia nazionale, ma sulle modalità che ne hanno costituito la base e sulle conseguenze immediate e nel tempo.

Una conseguenza diretta del Concordato è stata di sicuro, e se n'è accorto a sue spese il Duce, quando a Milano è caduto nella trappola tesagli dal mellifluo Schuster, un francescano emulo dei confratelli che tesero una stessa trappola al Savonarola per conto del papa di allora, e dal viscido Bicchierai, ambedue al corrente, grazie ai contatti diretti col Vaticano, (contatti a loro, evidentemente permessi). Su "Rinascita", 23 febbraio 2012, Maurizio Barozzi ha, con felice intuizione, pubblicato una lunga chiacchierata fra Roosevelt e Churchill del 29 luglio 1943, circa il trattamento da riservare a Benito Mussolini. [Questo colloquio intercontinentale era stato intercettato dai servizi segreti tedeschi diretti dall'obergruppenfuhrer SS Muller, che finirà i suoi giorni come alto esponente CIA].

Il trattamento era, non c'è il bisogno di dirlo, la morte; troppi danni avendo creato il Duce agli interessi finanziari dei "padroni" di questi due mestieranti, per poter pensare ad un accordo su altre possibili soluzioni. Il problema essenziale per i due criminali era come sopprimere questo loro nemico principale. Nulla esclude, col senno di oggi, e conoscendo abbastanza a fondo la vera politica del Vaticano, che questo incarico se la sia preso proprio la Curia di Milano, in conseguenza degli accordi in essere fra la Segreteria di Stato del Vaticano e gli Atlantici. Non sarebbe stata la prima volta per gli alti prelati. Su "Storia del Novecento" n. 121, gennaio 2012, è reperibile un dettagliato articolo di Daniele Lembo, dedicato ai piani per salvare Mussolini. Il quale rifiutò di "scappare" con l'aereo che poi trasporterà altre persone. Evidentemente Mussolini, che non faceva questione della propria persona, aveva un qualche progetto, peraltro illustrato da molti studiosi che si sono interessati della sua morte, ma forse NON aveva fatto i conti con l'"oste".

Ma, prima di avanzare ulteriormente sull'argomento da trattare, ricordiamo che il comportamento dei Negoziatori della Chiesa è sempre stato improntato a una concezione politica e statale del potere papale. Qui il Cristianesimo, in quanto "religione" è del tutto assente.

 

CONCORDATI e "LAICITÀ dello STATO"

La storia dei Concordati, da quello di Worms del 1122, a quello del 1516 fra Leone X e Francesco I, a quello del 1810, fra il Bonaparte, primo console di Francia e Pio VII, un benedettino cesenate, ci può essere di grande insegnamento. Bonaparte completò, con ben settantaquattro articoli organici, al fine di chiuderla definitivamente col giacobinismo, quel Concordato, che fu abrogato solo dalla Legge di Separazione fra Chiesa e Stato francese del 1905, ma fu costretto a restringere il papa a Fontainebleau, perché questo continuava a tessere le sue trame. Confinato a sua volta Napoleone all'isola d'Elba, il papa ritornò trionfalmente a Roma e firmò concordati con la maggior parte dei sovrani assolutisti d'Europa. Questa storia è molto avvincente e giunge fino ai molti Concordati dell'otto-novecento. Da essa ricaviamo agevolmente che la Chiesa trattò questa complicata materia attraverso una sola ottica: quella dell' ingerenza dello Stato Pontificio nelle faccende interne degli altri Stati attraverso lo strumento, e qui dobbiamo ribadire: strumento, della religione. Anzi! Secondo il principio, per noi < non negoziabile>, della Laicità dello Stato, il primo a sostenere tale laicità è proprio lo Stato teocratico pontificio, ma esclusivamente nel suo esclusivo interesse.

 

DEFINIZIONE di laicità dello Stato

Secondo il prof. Paolo Prodi, di area, come noto, democristiana, intervenuto nel dibattito sulle radici cristiane d'Europa, la laicità ha nel cristianesimo le sue radici, e le sue ragioni profonde, tanto che essa si è affermata solo nel mondo segnato dalla presenza cristiana. Ma si è storicamente affermata in un rapporto spesso conflittuale con la Chiesa. Secondo questo profilo, si è sviluppato un doppio piano di norme concorrenti, quelle morali e quelle positive, e due diverse sedi di giudizio sulle azioni degli uomini: come peccato o come reato, come disobbedienza alla legge morale e come disobbedienza alla Legge positiva dello Stato, con il formarsi di una frontiera mobile lungo i secoli, tra i giudizio di Dio e il giudizio degli uomini, la giustizia divina e la giustizia umana.

Ovviamente, aggiungiamo Noi, questo ragionamento, ancorché razionalmente elaborato, non contiene una terza eventualità, che è quella da noi sempre presa in considerazione, che è la possibilità di una visione dello Stato quale interprete di esigenze "superiori", che in questo articolo è inutile elencare, e che lo pone al di sopra di questa dialettica interna, pensiamo anche Noi, al cristianesimo storicamente definito. È la definizione ghibellina del concetto di Stato che ben poco ha a che vedere con lo Stato laico, costretto a difendersi giornalmente dalle ingerenze dello Stato Pontificio, mascherato da predicatore moralizzante.

[Qui sarebbe anche opportuno ricordare il numero sempre crescente di libri che documentano essere il "potere profano" il vero interesse delle classi dirigenti dello Stato Pontificio. Ultimo uscito in ordine di tempo, "i senza Dio", di Stefano Livadiotti, edito da Bompiani, €. 17,50].

La questione si aggrava anche in considerazione della trasformazione culturale della Società con l'incidenza sempre più profonda della tecnica nella vita sociale, riflessa della trasformazione del concetto di Natura, come dichiarato da Francesco Botturi, docente di filosofia morale, alla Cattolica di Milano, secondo cui: «… si è persa l'idea originaria di natura quale scaturigine, origine, matrice e grembo, principio e dinamismo, riconducibile alla complessa nozione aristotelica di physis».

 

PRETI FASCISTI

Anche l'ipotesi che i cosiddetti "preti fascisti" siano stati tali grazie al Concordato, va ridimensionata. Certamente, subito dopo la firma dei lateranensi ci fu una fiorire d'iniziative a livello mondiale, soprattutto in paesi dove era folta la presenta di oriundi italiani, che si conclusero però dopo la "discesa in campo" dell'Italia nella campagna di Spagna, contro i senzadio che uccidevano preti e suore. In realtà, finita quella guerra ideologica, durante la quale si esibirono anche gli "operatori" stalinisti, che completarono il lavoro iniziato in URSS qualche anno prima contro gli esponenti dell'internazionalismo comunista ebraico, la Chiesa pensò bene di proseguire nella sua politica estera delle "alleanze" con le potenze che le davano la maggiore garanzia di rispettare il suo ruolo internazionale. Queste potenze non potevano essere l'Italia e la Germania, anche se il potere nazista avrebbe garantito, (per un certo periodo) la funzione di baluardo contro il bolscevismo. Da qui il Concordato siglato dal futuro Pio XII, da qui la "damnatio memoriae" di questo papa da parte della cultura asservita al potere sionista. Tanto che, a tutt'oggi, non è possibile la sua beatificazione da parte della Chiesa che, in questo caso, dimostra la sua quasi assoluta dipendenza da tale potere.

Esiste anche in questo caso un SIPARIO CULTURALE entro il quale ricade qualsiasi operazione comunicazionale, che va relegando il vaticano a semplici manifestazioni folkloristiche, fra le sfilate di carnevale, le apparizioni del papa sulla facciata di San Pietro e identiche apparizioni di madonne dalle diverse fattezze. Certamente, questo concordato ha fatto rinascere le speranze in molti ambienti cattolici tradizionalisti, come quello francese, ad esempio, che impegnerà i suoi uomini nello Stato Francese detto di Vichy e caratterizzerà, in tutta Europa, il fiorire di un volontariato antibolscevico. (Cogliamo l'occasione per ricordare che l'ampio consenso popolare ottenuto dalla Francia di Pétain era dovuto tanto alla presenza ancora massiccia del cattolicesimo integralista quanto all'aspetto nazionalista della guerra all'Inghilterra, nemico secolare dei francesi).

E tuttavia i "preti nazionalisti italiani" non furono mai graditi dalle gerarchie ecclesiastiche. Il riferimento più chiaro è dato dai preti che aderirono alla RSI, che non furono mai visti di buon occhio. Anzi! Molti di essi furono sospesi "a divinis", durante e dopo la fine del conflitto. A cominciare da Don Tullio Calcagno, fondatore e direttore di una rivista di larghissima tiratura "Crociata Italica" opportunamente assassinato a Milano a fine aprile 1945. Don Calcagno, di questa ostilità della Chiesa ufficiale se ne dolse moltissimo, ma continuò nella sua efficace predicazione. Questo eroico prete, che noi possiamo assimilare al Savonarola, aveva un seguito superiore a qualsiasi aspettativa. Molti altri preti subirono persecuzioni e punizioni. E fra questi vorremmo qui ricordare il cappuccino Fra Ginepro, autore di libri molto interessanti la cui lettura è veramente consigliabile anche oggi, e don Dalla Vedova, parente del cieco di guerra Borsani, grande oratore, che fu ucciso a Ravenna dove risiedeva, a mezzo uno strano investimento automobilistico. [In uno dei nostri ultimi incontri mi aveva detto che gli avevano messo una bomba sotto l'altare dove avrebbe dovuto celebrare la Messa].

In un libro edito nel 1942, "Guerra di giustizia", don Tullio Calcagno aveva scritto: «Sotto il punto di vista strategico la posizione dell'Italia, appunto per il suo sviluppo costiero, lungo, accessibile e indifeso dalla natura, è tale che occupati dallo straniero quattro o cinque punti strategici intorno ad essa, come sono la Corsica, la Tunisia, Malta, Corfù, e Cattaro o Pola, o altro punto qualsiasi della Dalmazia, l'Italia sarebbe, anzi continuerebbe ad essere, completamente alla mercé dei suoi nemici, prigioniera nel suo stesso mare; mentre, se fosse Lei padrona di questi stessi punti, non porterebbe offesa a nessuno; a meno che non si voglia considerare offesa il disarmo del nemico che vuole assalirci con l'arma in pugno».

Dal che si può capire che questo prete aveva delle conoscenze di Geopolitica che mancano in assoluto a chi per decenni ha preteso di rappresentare l'eredità del fascismo (intendiamo gli esponenti del MSI e della sua figlia ereditaria, AN, invano contrastati dal prof. Ernesto Massi, già fondatore della geopolitica italiana.)

 

POSIZIONE IDEOLOGICA di MUSSOLINI ed antitesi con qualsiasi cedimento alla politica vaticana

In un discorso alla Camera dei Deputati del 1 dicembre 1921, Mussolini così si esprimeva: «Noi fascisti, unici fra tutti i partiti italiani, abbiamo scelto giornata di festa il 21 aprile, annuale della fondazione di Roma; noi, per tutta la nostra forma mentis, per tutto il nostro stile, siamo degli esaltatori di tutto ciò che è romano. Non voglio qui esaltare Roma perché poeti, filosofi, pensatori, prima di me, e in modo magnifico, lo hanno fatto; ma Noi fascisti NON posiamo dimenticare che Roma, questi piccolo territorio, è stato una volta il centro, il cervello, il cuore dell'Impero; non possiamo dimenticare nemmeno che a Roma su questo breve spazio di suolo, si è realizzato uno dei miracoli religiosi della storia, per cui un'idea, che avrebbe dovuto distruggere la grande forza di Roma è stata da Roma assimilata e convertita in dottrina della sua grandezza

Ora sarebbe facile capire che frasi di questo genere (che vanno a lungo meditate), erano dichiarazioni da impensierire e non poco tutti coloro che sono soliti vagliare le intenzioni ancor prima dei fatti. (E ci riferiamo ad Albione ed al Vaticano, perché in queste poche parole ci sono i programmi dei seguenti venti anni di politica italiana, anche se molte volte zoppicante)

Il 4 ottobre 1922 Mussolini pronuncia un discorso in cui, tra altre cose oltremodo significative, dice: «Siamo circondati da nemici, ci sono nemici palesi e quelli occulti. I nemici palesi vivono nei cosiddetti "partiti sovversivi", che ormai si sono specializzati nell'agguato e nella imboscata assassina. (Come hanno ripetuto nel 1943-45, espressione quindi di una tendenza innata in queste persone - .NdR). Ma ci sono dei nemici ambigui, che sotto il tricolore e sotto bandiere analoghe cercano di ferire il movimento fascista, di insinuarsi di insinuarsi nelle nostre file, di creare i simulacri di organismi per indebolire il movimento nostro proprio nella fase in cui è necessario di tenerlo maggiormente compatto ed unito …»

A questa frase occorre aggiungere un nostro commento:

Se queste parole fossero state pronunciate attorno al 25 luglio 1943 ed attorno all'aprile 1945, sarebbe stato sicuramente meglio. Ma noi questi concetti li abbiamo utilizzati altre volte, dopo il fatidico 28 aprile del 1945, così come gli avvenimenti degli ultimi anni ci hanno confermato.

Tant'è vero che proprio a sostegno di quanto Noi andiamo da tempo affermando, ci viene in soccorso l'opera di chi, esperto di problemi della Tradizione, ci conforta nella nostre posizioni di intransigenza culturale e morale.

Su "Saturnia Regna" (Eternità e Attualità della Tradizione Religiosa Italico-Romano-Italiana), edito da Victrix, Luglio-Dicembre 2010, è scritto «… denunciavamo la presenza di una serie di formazioni, più o meno irregolari, che si arrogano impropriamente e illegittimamente un'identità religiosa, in funzione di una riattualizzazione, o di una promozione, di culture o culti appartenenti a un generico "paganesimo", o a una indefinita "gentilità", o a una indeterminata e modernizzata "tradizione classica" o infine a uno spurio "tradizionalismo romaneggiante"».

Su queste questioni noi non siamo "intransigenti custodi di chissà quale ortodossia", che per noi non esiste; ma siamo sempre vigili affinché certe intrusioni, di Marca conosciuta, non abbiano il sopravvento anche nelle tesi che noi stiamo da tempo sostenendo. Noi non pretendiamo di possedere le doti di Pretestato, il quale, secondo Macrobio, incarnò, custodì e trasmise in forma esemplare il Mos Maiorum, la Memoria Patrum, ma non tolleriamo intrusioni di vario genere. Anche su questo tema occorre essere vigili.

 

EREDITÀ di MUSSOLINI e politica democristiana

Nel 1934 Mussolini scrisse un articolo per l'Universal Service, poi pubblicato nel "Popolo d'Italia" del 17 agosto 1934. Questo articolo, dedicato al libro "Cosa vuole l'America" dell'economista Wallace, pubblicato in Italia con una corposa prefazione del senatore Einaudi, dovrebbe essere letto per intero, ma ne citeremo solo una frase: «Tutti i vecchi teoremi del liberalismo economico, che ebbe in America innumerevoli profeti e trionfi che parevano senza eclissi o tramonti, tanto che libertà economica e prosperity sembravano sinonimi, vengono rigettati dal Wallace nella maniera più cruda. Adamo Smith viene posto in questione. Quale "verità" fu più proclamata di quella della <libera concorrenza> e della sua utilità ai fini del progresso? Ma il Wallace non ci crede più…»

Questa frase ci dimostra una sola cosa, che Mussolini tentò, anche verso la fine degli anni trenta, di far capire in America le ragioni di una giustizia economica e sociale. Ma il potere reale amerikano voleva la guerra e la fece. Come sta facendo oggi, finché un potere (ed una forza superiore), non lo fermeranno. Fra questi possibili antagonisti c'è di sicuro l'Islam. Non c'è la Chiesa di mister Ratzinger. Completamente asservita ai dettami dello IOR.

 

LINEE POLITICHE POST BELLICHE EREDITATE DAL FASCISMO

Denis Mack Smith, nella sua biografia su Mazzini, riporta l'editoriale di "The Spectator" di Londra, alla morte del patriota, che afferma, tra altri elogi: «Cavour ha fatto l'Italia, ma fu grazie a Mazzini e non a Cavour che fu possibile farla». Questa considerazione è essenziale per capire che la politica non è detto debba essere sempre gestita da chi la propone. È importante capire che quanto fanno alcuni corrisponde grosso modo a quanto programmato da predecessori.

Mussolini, dialogando con intervistatori di varia provenienza, soprattutto i giornalisti e scrittori di lingua francese Pierre Pascal ("Mussolini alla vigilia della sua morte e l'Europa, 2 aprile 1945", ed L'Arnia, 1948) e Paul Gentizon ("Difesa dell'Italia", Cappelli, 1949) dichiarò che i suoi veri eredi non sarebbero stati coloro che avrebbero proclamato ai quattro venti la loro eredità, ma altri. Aveva perfettamente ragione, anche se la faccenda era perfettamente scontata. OGGI possiamo dimostrare, storia alla mano, che i veri traditori di Mussolini sono stati quelli che se ne proclamavano gli eredi. In questo mezzo secolo di vita italiana, gli eredi di Mussolini sono stati, in ordine, i democristiani (soprattutto Mattei e Fanfani, poi Moro), poi i socialisti (Craxi), infine, ma con giravolte da guitto, Berlusconi, che ha seguito per un certo periodo le direttive del suo patron Craxi. Infine abbiamo Gardini che aveva messo a disposizione degli italiani le sue immense fortune. (Leggere il recente: "Suicidi? Castellari, Cagliari, Gardini", del presidente del tribunale di Civitavecchia, Mario Almerighi, edito dall'Editrice Università la Sapienza, giugno 2011).

Chi ha visitato il Museo dell'ENI a Pomezia ne ha tratto un insegnamento memorabile. Foto di Mattei con gli esponenti delle popolazioni africane, asiatiche, islamiche di ogni parte del mondo. L'ENI era una reale potenza mondiale di cui oggi non resta che una tenue memoria. E la politica della DC durante tutto l'arco del XX secolo è stata una politica di vicinanza con le popolazioni rivierasche del Mediterraneo. Tutto ciò era ottenuto, ovviamente, con una sottile linea di falsità e di complicità. Tutte cose fattibili.

(Per avere un'idea delle posizioni democristiane, fino all'assassinio di Moro da parte dei Servizi segreti Occidentali, dovrebbero essere letti libri come questi: "Fanfani: capitalismo, socialità, partecipazione", Mursia, 1976; padre Raimondo Spiazzi, "La dimensione umana dell'economia", IDEA centro editoriale Roma, 1976, con Approvazione dell'Ordine Domenicano; Vincenzo Nardi: "Il Corporativismo fascista", Edizioni I.A.T., 1974).

Secondo una riflessione abbastanza banale, ma improntata a scoprire i veri segreti della Geopolitica, è evidente che il giochetto dell'utilizzo del Partito Comunista Italiano, al fine di tenere i contati con l'URSS, soprattutto allo scopo di garantirci l'approvvigionamento gas-petrolifero, era un escamotage per ottenere ciò che oggi Berlusconi, costretto ad agire da solo, non ha potuto portare a termine perché tallonato e messo in un angolo da "Lorsignori".

Questo per dimostrare che, quando una linea politica è opportunamente tracciata, non ci sono interferenze che contano. E ciò vale per una certa DC che oggi non c'è più. Inutile approfondire ulteriormente gli argomenti, inutile sostenere che, se Mussolini avesse giocato, e avrebbe potuto farlo, anche nel caso delle trattative col Vaticano in relazione al Concordato, su più scacchieri, dei quali alcuni sicuramente nazionali se non nazionalisti, avrebbe ottenuto una maggiore sicurezza interna e un maggior prestigio internazionale. Oggi, la Massoneria italiana è un'organizzazione costretta ad agire secondo obbedienze che NULLA hanno a che fare con l'interesse nazionale.

 

Giorgio Vitali     

   

  Condividi