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La strage di Acca Larentia trent'anni dopo

Giorgio Vitali

Davanti alla sede missina di Acca Larentia, esattamente trent'anni fa, venivano uccisi due giovani attivisti: Franco Bigonzetti e Francesco Ciavatta da piombo comunista, o, per meglio scrivere, dai "Nuclei armati per il contropotere territoriale" mentre Stefano Recchioni, in un secondo tempo ma sempre davanti alla sede del MSI, veniva assassinato da un tenente dei Carabinieri, tale Edoardo Sivori, poi condannato al termine del solito lungo processo, per eccesso colposo di legittima difesa. Bazzecole di fronte alla vita di un giovane. Secondo un buon articolo di Luca Telese pubblicato su "il Giornale" del 7 gennaio 2008, questa strage avrebbe dato avvio ai cosiddetti «anni di piombo». Considerazione incontestabile.
Secondo Telese, autore anche del libro "Cuori Neri", dedicato ai caduti di destra in quegli anni terribili, Acca Larentia fu «… il punto di non ritorno per l'antifascismo militante armato, che diventava Brigatismo. Fu l'atto ufficiale di nascita dei NAR, dopo tre giorni di guerriglia per le strade. E fu anche la fine della collateralità della destra e le forze dell'ordine».
Storace, che si trovava da quelle parti all'epoca, ha rilasciato una dichiarazione, riportata sempre sulla stessa pagina del medesimo "Giornale": «Era difficile fare futuro mentre ti menavano, ti sprangavano, ti sparavano… C'ero quel giorno e c'ero prima e c'ero anche un anno dopo la strage, quando sette pallottole ad altezza d'uomo le mirarono verso di me».
L'articolo e, soprattutto la ricorrenza, ci invitano ad alcune considerazioni che intendiamo esternare esclusivamente in
questa sede, come elemento per eventuali valutazioni future.
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Spesso accade, nella storia umana, che da piccole provocazioni scappi una scintilla capace di incendiare un intero continente. Se poi la scintilla scocca in ambiente saturo di benzina, il fuoco prende immediatamente il sopravvento. E questo è quanto accade qualche volta. Ripetiamo «qualche» volta perché troppo spesso ricerche accurate portate avanti dalle Compagnie d'assicurazione hanno dimostrato il dolo anche per incendi apparentemente casuali.
Certamente, per eventi di notevole portata (gli anni di piombo italiani sono stati tutt'altro che una bazzecola per l'intera area mediterranea) le confluenze sono molte e vanno viste nell'ottica della complessità sociale.
Non è questo il caso di andare a rivangare una temperie politica e sociale descritta in diecine di volumi solitamente ben informati, anche se compilati spesso con l'intenzione di "disinformare". Tuttavia ci sono degli aspetti che vanno sottolineati, ed in particolare da parte nostra.
Intanto, dobbiamo dichiarare ancora una volta che la nostra Federazione non era, all'epoca, un ectoplasma. Era un'organizzazione che, per quanto esigua e con pochi mezzi, sapeva raccogliere attorno ai propri quadri molte persone. Vecchi combattenti dell'Onore e Socialrepubblicani nonché molti giovani, attratti per lo più dalla coerenza da noi sempre dimostrata verso un passato che è tutt'altro che remoto ancor oggi, ma anche dalla serietà e soprattutto dalla «competenza politica» con cui sviluppavamo le nostre analisi sull'evoluzione della società nazionale.
La Federazione non ha lesinato, per quanto possibile dati i mezzi, informazioni e raccomandazioni, distribuiti attraverso volantinaggio o a mezzo i bollettini che si possono leggere per intero in questo sito, avendo ben compreso che i tempi erano "maturi" perché coloro che agivano dietro le quinte scatenassero un'offensiva di carattere prettamente "terroristico" sia pure mascherato da "opposti estremismi". Non stiamo coltivando "dietrologie". Sono fatti arcinoti. Ma tali comunicazioni caddero letteralmente nel vuoto. Non era un vuoto comunicazionale praticato da altri (dal Sistema) a nostro danno. Non era isolamento. Solamente, si trattava d'altre mentalità. Altri atteggiamenti esistenziali.
La Federazione avrebbe dovuto esser presa in considerazione da chiunque fosse interessato alle tematiche politiche che riguardavano, di riflesso, il MSI, per questo costante nostro atteggiamento, che aveva sicuri ancoraggi politici e che nulla ha mai avuto a che fare col pressappochismo e la retorica stantia che si respirava nelle sedi missistiche, soprattutto romane. Se ciò non è avvenuto, la conseguenza è una sola. Si tratta di questioni diverse. D'ambienti diversi, spesso antitetici. Il tema della Repubblica Sociale e l'attivismo missista sono cose diverse, anche se ancor oggi gli attivisti vanno in corteo dimenando scompostamente bandiere della nostra Repubblica. E se ancora oggi, assecondando piani che possiamo immaginare, è stato possibile rievocare tematiche "populiste" alla luce proprio del vecchio attivismo, qualsiasi riferimento alla nostra bandiera, la bandiera socialrepubblicana, che possa essere ancora una volta abusivamente inalberata, va contrastato senza esitazione. Non ci stancheremo mai di dimostrare che tra noi e "loro" non è possibile alcuna comunicazione. Siamo diversi e divergenti anche per quanto riguarda il carattere personale.
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Ma anche su quest'argomento, che finora è stato ben poco trattato dai commentatori di quegli anni, bisogna essere chiari. Nel variopinto MSI nazionale, Roma ha sempre costituito un ambiente particolare. Vuoi per l'alta percentuale dei votanti, vuoi per la composizione sociale degli elettori stessi, vuoi per una certa qual facilità che ha sempre avuto il MSI romano a reclutare adepti fra i giovani, specie delle periferie, per trasformarli in attivisti; vuoi ancora per una certa agibilità delle "piazze", al contrario di quanto avveniva sistematicamente nelle altre città italiane, ove il confronto con gli "altri" era più duro ed imponeva una ben diversa "tenuta". Il MSI romano era apparentemente molto disponibile con i suoi giovani, a patto che si comportassero da attivisti. Quando qualcuno alzava la cresta e pretendeva d'essere informato, avere qualche documentazione, poter leggere testi approfonditi, allora il volto di questo apparato partitico si faceva duro, arcigno. Stesse cose accadevano anche all'Università romana dove la "Caravella" il partitino universitario che faceva riferimento al MSI, ancorchè riscuotesse un notevole successo elettorale sociologicamente ben spiegabile, non era messo nella possibilità di sostenere battaglie culturali consistenti contro le tesi esposte dagli avversari e soprattutto dall'apparato accademico, costituito per lo più da ex fascisti che avevano con grande facilità cambiato bandiera. I nomi di costoro, ancora piuttosto famosi, sono conosciuti. Giulio Caradonna, che di quegli ambienti se ne intendeva, ha dichiarato che il MSI romano è stato la pattumiera della Democrazia Cristiana. Una conferma della quale dobbiamo sottolineare solo la grande sincerità
Un aspetto ulteriore da citare è la grande emotività di questi attivisti. Si trattava allora, ma anche oggi, di giovani che, mobilitati per lo più sulla base di una propaganda che faceva riferimento a sentimenti, non avendo potuto elaborare razionalmente gli aspetti concreti della dottrina della quale venivano invitati ad essere alfieri ed anzi, essendone totalmente all'oscuro, era facile cadessero preda di pulsioni irrazionali. Si sarebbe trattato, al bisogno, ed in poche parole, di provocarli. E non è un caso che la provocazione sia stata escogitata a Roma. Proprio per queste ragioni siamo portati a ritenere che il recente assassinio a sangue freddo del giovane tifoso laziale rientri nel quadro di un tentativo di destabilizzazione politica basato questa volta non più sull'ideologia, che ha fatto il suo tempo, ma sull'unico collante settario che gli italiani conoscono, il campanilismo calcistico.
Per concludere, è un fatto che nei non pochi libri autobiografici usciti di recente per la penna d'attori coscienti o incoscienti di quegli anni di "fuego", nessuna citazione è emersa della FNCRSI. (Ma nemmeno, tanto per fare un'altra citazione, dell'Istituto Storico della RSI) E ciò è la conferma che i riferimenti ideologici non ci sono. Si tratta solo di esperienze individualistiche, esistenzialistiche, spesso nichilistiche.

Giorgio Vitali