Per
l'onore del popolo italiano
Giorgio Vitali
Emergono con estrema
lentezza, e sempre per l’appassionata ricerca di singoli studiosi, notizie
relative al ruolo sostanziale svolto dagli italiani per il progresso umano.
Questo ruolo viene per lo più celato, ed anzi combattuto, come se esistesse da
tempo un piano, che a volte ci appare evidenziato da un’impressionante messe di
prove, per tenerci in una posizione subordinata rispetto agli altri popoli, e
non permetterci di usufruire dei vantaggi tecnici conseguenti le scoperte del
genio italico.
Si va dalla scoperta del telefono a quella della radio, da quella del transistor
alla formulazione della teoria della relatività, che fu platealmente copiata da
Einstein, alla scoperta della penicillina ed alla creazione della pila atomica.
Tanto per citarne alcune.
Quest’accanimento d’altri popoli nei nostri confronti non andrebbe a buon segno
se non si avvalesse della collaborazione fattiva non solo di un popolaccio
imbelle e sottomesso (pecore anarchiche come lo definisce Gervaso), ma anche di
una classe dirigente politico imprenditoriale asservita culturalmente e
psicologicamente.
Un altro caso è emerso di recente e riguarda la vita e l’inventiva del dottor
Antonio Sciascia, da Canicattì, (1839-1925), scopritore della fototerapia, sul
quale ha pubblicato un libro il farmacista Pietro Macaluso, con prefazione del
prof. Adelfio Elio Cardinale, preside dalla Facoltà di Medicina dell’Università
di Palermo. ["Le ragioni di Sciascia, Cronaca di un Nobel negato", Edizioni
Malgrado Tutto, Racalmuto, AG]
Anche in questo caso la congiura del silenzio e dell’indifferenza è evidente.
Solo per caso, infatti, l’autore ha rinvenuto nella soffitta di una casa di
proprietà alcuni documenti inediti sulla base dei quali ha potuto ricostruire la
vicenda, peraltro abbastanza recente, dell’inventore della fototerapia, morto
nel 1925.
Antonio Sciascia fu uno dei primi, dopo le intuizioni di Lazzaro Spallanzani nel
1769 (un altro grande italiano!) a scoprire le applicazioni terapeutiche della
luce; lo fece anche grazie al suo apparecchio, brevettato nel 1894, che
dissociava, graduava l’energia di radiazioni dello spettro luminoso.
Nel 1892 aveva dato comunicazione della sua invenzione nel corso di un congresso
internazionale di Oftalmologia, pubblicando poi nel 1902 un trattato sulla
materia: La Fototerapia.
(Da notare che Olinto De Pretto aveva pubblicato la formula della relatività nel
1904, un anno prima della pubblicazione della medesima formula da parte di
Einstein, che però ne passa per inventore.)
Pur avendo brevettato il suo apparecchio in Italia, Francia, Inghilterra e forse
negli USA, nessuno prese in considerazione i suoi studi.
Tuttavia, in questo come in altri casi analoghi, entrò in funzione il blocco
anti-italiano quando un medico danese, tale Niels Ryeberg Finsen, ricevette
nientemeno che il Nobel per la medicina per quella scoperta.
L'autore del libro, il farmacista Macaluso, ci ricorda anche che lo stesso
Finsen era presente a Roma quando Sciascia presentò la sua scoperta, ed è
probabile che abbia potuto studiare l’apparecchio ideato da Sciascia messo in
vendita a Parigi dopo il brevetto, il "fotocauterio".
Ma ciò che maggiormente ci colpisce in questi casi è, come sottolinea l’autore,
l’indifferenza del mondo accademico italiano che non solo ignorò il concittadino
ma «volle anche inneggiare alla novità quando questa rientrò in Italia come
un’importante scoperta fatta all’estero». È evidente che questo comportamento
vile e cialtrone disgustò profondamente Sciascia, il quale si ritirò nella sua
Canicattì e non volle più partecipare ad altri eventi scientifici. Ulteriori
informazioni sono reperibili su: www.leragionidisciascia.it
Inutile sottolineare che è passato un secolo ma il comportamento del mondo
accademico italiano non è certamente migliorato, anzi è di molto peggiorato come
dimostrano le cronache quotidiane.
Come ovviare a questa persistente tragedia? L’unico sistema proponibile è la
giusta (cioè pesante) punizione per tutti coloro che apertamente o di nascosto,
per ignoranza, superficialità, disprezzo o per sostenere il propri traffici
personalistici e di clan, si oppongono all’affermazione del genio italiano nel
mondo.
Giorgio
Vitali
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