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Basta con l'inverosimile racconto di Bruno Giovanni Lonati!

 

Maurizio Barozzi  (30 ottobre 2010) 

 

Ancora oggi, incredibilmente c'è chi, saltuariamente, continua a dar credito al fanta-racconto di Bruno Giovanni Lonati, che asserì di aver ucciso Mussolini, alle 11 del 28 aprile 1945 in compartecipazione e su ordine di un misterioso John ufficiale inglese.
È una delle tante inverosimili versioni, cara soprattutto a certi sostenitori di una "pista inglese" nella uccisione del Duce (ipotesi questa comunque credibile), i quali credono di attestarne la concretezza aggiungendovi la storiella del Lonati, che per i suoi contenuti da spy story, desta sicuramente interesse ed aumenta l'audience e la vendita di articoli. Costoro però non si rendono conto che questa assimilazione, data la palese assurdità e inverosimiglianza della "versione Lonati", rischia di rendere meno credibili anche le ricerche e attestazioni sulla "pista inglese" e sul Carteggio Mussolini-Churchill.
Ma peggio ancora, il continuare a parlare di queste "versioni" assolutamente inverosimili costituisce un gravissimo danno per la ricerca storica su la verità nella morte di Mussolini ed una evidente confusione per i lettori che, il più delle volte, non sono ben informati su fatti e particolari di quella vicenda e quindi rimangono sconcertati o si innamorano di versioni del tutto assurde.
Da tempo comunque, tra gli storici, oltre alla gente residente nei luoghi interessati (Bonzanigo, Mezzegra, Azzano, ecc.), quasi più nessuno crede ai racconti del Lonati, soprattutto dopo che si e visto costui in televisione indicare una rete ed un muretto dove, a suo dire avrebbe fucilato Mussolini: rete e muretto che però furono edificati solo dopo il 1945!
Come se non bastasse, recentemente la Rai Tv di Stato (Rai Tre "La Grande Storia") ha riproposto una vecchia inchiesta di Maria Luisa Forenza e Peter Tompkins ("Mussolini l'ultima verità") già trasmessa nel 2004 nella quale, anche tramite una palese scorrettezza, si è dato credito al racconto di questo Lonati. È accaduto infatti che nel corso di questo documentario venivano presentati spezzoni di interviste a Dorina Mazzola (il famoso e attendibile teste di Bonzanigo) rese nel 1996 a Giorgio Pisano, ma abilmente tagliati per dare l'impressione che la testimonianza di Dorina, coincideva con i racconti del Lonati.
La Mazzola, invece, raccontava e ripeteva, proprio a Giorgio Pisanò, di aver assistito ad episodi legati alla uccisione del Duce, nel cortile di casa dei De Maria tra le 9 e poco prima delle 10, e poi alla uccisione della Petacci, proprio a lato di casa sua in via del Riale, a mezzogiorno.
Tutto questo però, da quelle registrazioni è stato omesso e tagliato e così chi ha visto quel servizio è stato tratto in inganno.
Paolo Pisanò, il fratello di Giorgio oramai deceduto, che a suo tempo aveva dato agli autori di quella inchiesta i filmati-intervista, ritenendo che sarebbero stati poi proiettati correttamente, ebbe a protestare vivacemente con la produzione Rai, ottenendo nel 2004 che nella seconda puntata di quella inchiesta apparisse un cartiglio con il quale si specificava quanto segue: «Si precisa che la testimonianza di Dorina Mazzola circa la morte di Mussolini e della Petacci, rivelata da Giorgio Pisanò, contraddice il racconto di Bruno Lonati».
Scorrettamente invece, nel luglio 2010 in questa nuova riproposizione televisiva di quel servizio taroccato, la Rai Tv non rimetteva il cartiglio ripetendo così la mistificazione (vedesi in questo stesso sito FNCRSI l'articolo "Rai 3 Mussolini l'ultima verità. Come la Tv di Stato tratta la Storia".
In definitiva si è così ridato fiato a coloro che si affannano a considerare se il Lonati è stato sincero nei suoi racconti, anche perchè, nel caso contrario, non si capirebbe per quali motivi e convenienze costui avrebbe inventato una storia del genere, ecc.
A questo proposito su "Rinascita" del 22 ottobre 2010, un quotidiano al quale collaboriamo e che ospita spesso le nostre inchieste su la morte del Duce, ma che in piena libertà ospita anche articoli storici con pareri diversi, l'avvocato scrittore Ubaldo Giuliani Balestrino, anche lui caduto nell'errore perpetrato con la mistificazione della testimonianza di Dorina Mazzola del servizio della Rai Tv, ha riproposto una valutazione positiva della versione di Lonati, a suo parere sincero per tutta una serie di considerazioni tra le quali i "rischi" personali e ipoteticamente processuali che, a suo parere, il Lonati poteva correre esponendosi con questa assunzione di responsabilità nella uccisione del Duce.
Sono però tutte considerazioni e supposizioni che lasciano il tempo che trovano, tra l'altro opinabili e soprattutto che non servono a nulla perchè, sostanzialmente, l'inattendibilità del racconto di Lonati, è pienamente riscontrabile, non solo nella trama della storia da lui raccontata, alquanto improbabile e palesemente fantasiosa (in questo stesso sito FNCRSI troverete la completa sconfessione della versione di Lonati, nell'articolo: "La spy story di Bruno G. Lonati e del capitano John"), ma soprattutto alla luce di alcuni rilievi e riscontri rispetto a quanto oggi si è potuto sufficientemente appurare nella modalità e dinamica di quella fucilazione. Tutti particolari che quando nel 1981 il Lonati iniziò a confidare la sua storia, resa poi pubblica l'anno successivo, ancora non si conoscevano o non erano stati attentamente valutati.
Praticamente, ed è quello che veramente conta, il racconto di Lonati è in contraddizione e comunque non collima con i seguenti rilievi:
1. Mussolini non è stato fucilato in divisa e con un cappotto sulle spalle come racconta il Lonati, perchè il suo cadavere indossava solo la camicia nera (senza giacca della divisa) ed un giaccone con maniche raglan entrambi non perforati da colpi quali esito di una fucilazione. Indice evidente che era stato ucciso in deshabilè e poi rivestito da morto. Se questo rilievo vale per la "vulgata" di Walter Audisio, che in tal modo viene sconfessata totalmente, tanto più vale anche per il Lonati.
2. Lo stivale destro di Mussolini presentava la rottura della cerniera (chiusura lampo) all'altezza del tallone e quindi, non potendosi richiudere, non avrebbe eventualmente consentito di camminarci o comunque di camminare normalmente. Ma il Lonati, al tempo forse non conoscendo questo particolare, nel suo racconto, dove descrive la passeggiata con i due prigionieri verso il luogo della esecuzione, non ne fa alcun cenno. Altro rilievo questo, che inficiava la "vulgata" di Audisio e vale allo stesso modo per la versione di Lonati.
3. Mussolini è stato attinto in vita da ben 9 colpi che lo hanno raggiunto in entrambi i lati del corpo. Colpi che presentano una eterogenea inclinazione delle loro traiettorie e una certa distanzialità nelle ferite. Osservando inoltre la rosa alquanto compatta di 4 colpi che hanno raggiunto quasi la spalla sinistra e gli altri colpi sparsi per il corpo, è fortemente concreta l'ipotesi, avanzata da molti medici legali ed esperti di balistica, che hanno sparato due tiratori e con due armi diverse (mitra e pistola). Il Lonati invece, ripete sostanzialmente la già palesemente falsa versione di Audisio, il quale asseriva di aver ucciso il Duce da tre passi con una raffica di 5 colpi, più un altro di grazia. Il Lonati, infatti, dice di aver ucciso il Duce sparando con il mitra Sten verso Mussolini: prima un colpo al cuore e poi un scarica di circa 4 colpi. Sequenza questa che non ha alcun riscontro con i rilievi autoptici e balistici. Ancora una volta: se questo rilievo valeva per Audisio, tanto più vale per il Lonati.
4. Claretta Petacci venne molto probabilmente uccisa con una raffica di mitra alla schiena, come attestano le foto del cadavere che mostrano il petto della donna crivellato di colpi anche in uscita, e le foto della sua pelliccia perforata nello schienale (tanto che Audisio dovette sostenere che la donna, venne colpita mentre si agitava e muoveva insensatamente attorno a Mussolini). Il Lonati afferma invece che quel John, l'ufficiale inglese che uccise la Petacci, colpì la donna con una raffica un po' più lunga della sua che la raggiunse al petto. Anche qui Non si ha alcun riscontro con i rilievi balistici e anche questo rilievo, che in parte mette in dubbio la versione di Audisio, ancor più e totalmente smentisce quella del Lonati.
Concludiamo con un aneddoto che dimostra tutta inverosimiglianza dei racconti del Lonati:
questi infatti afferma che nel 1982, nei suoi contatti e scambi di corrispondenza con i consolati britannici di Milano e Roma, chiese una documentazione della sua impresa del 1945 e magari le foto dei cadaveri di Mussolini e la Petacci che, come egli sostiene, l'ufficiale inglese John ebbe modo di scattare subito dopo la fucilazione. Racconta quindi che a seguito di queste sue richieste al consolato britannico, i funzionari fecero fare delle ricerche ed ebbero a confermargli che effettivamente esisteva una documentazione della sua impresa e persino le foto. Gli dissero anche, sostiene sempre il Lonati, che alla scadenza dei 50 anni egli avrebbe potuto avere queste documentazioni, ma poi nel 1995, alla scadenza prefissata, non se ne fece più nulla e non gli diedero spiegazioni.
A sentir costui, dovremmo quindi credere che foto di quella enorme importanza, storica e persino venale, capaci di sconvolgere tutta una storiografia, dopo tanti anni potevano trovarsi in qualche archivio di ufficio italiano o londinese e a conoscenza di funzionari dello stesso. Senza contare che bisognava anche credere che Churchill, addannatosi per anni a dare la caccia ai documenti di Mussolini per farli sparire, avrebbe lasciato in giro prove di questa importanza. Ogni ulteriore commento è superfluo.

Maurizio Barozzi