CONVOCAZIONE
I combattenti di Roma sono
convocati presso la Sede del Gruppo Romano in Via Domenico Fontana,
12 per le ore 19,30 del 9 febbraio 1968.
Saranno illustrati il significato che la Federazione Nazionale
Combattenti della Repubblica Sociale Italiana intende dare alla
campagna per la scheda bianca, promossa per le elezioni politiche
prossime ed i termini dell'accordo concluso sull'argomento il 7
gennaio 1968 tra le delegazioni: della nostra Federazione, quella
del Centro Ordine Nuovo e quella di Costituente Nazionale
Rivoluzionaria.
Inoltre sarà nominato il responsabile della Sezione di Roma e
saranno discussi gli argomenti seguenti:
— tesseramento e organizzazione;
— propaganda e stampa.
Alla riunione saranno presenti, con il Vicepresidente, i camerati
della Direzione Nazionale residenti a Roma. |
La scheda bianca
Come sempre in tema di scheda bianca i
missisti hanno la coda di paglia. Sentendosela bruciare reagiscono come possono
e fanno ragionamenti a vanvera. Tali infatti ci sembrano: la perorazione di
Emanuele Ghersi (che si professa iscritto della Fe.Na.Co.Re; e quindi della
nostra Federazione per il gruppo di Genova) sul n. 2 del "Nazionale" del 21-1-68
e l'intervista del sen. Gray (che è direttore politico del "Nazionale") quale è
apparsa sulla seconda pagina del "Secolo d'Italia" del 25 gennaio 1968.
Il primo ci chiama direttamente in causa; il secondo lo lascia capire.
Le intenzioni dei nostri due interlocutori sono diverse e partono da presupposti
che sono agli antipodi. Il primo -anche se in forma ironica- giudica che scheda
bianca colleghi al sistema il rivoluzionario che la propone. Il secondo la
rifiuta perché si voti invece MSI.
Sono però due fogli dello stesso MSI ad ospitarli ed i camerati che leggono
ancora quei giornali traggono la identica conclusione: votare MSI.
È chiaro che non siano d'accordo.
Premettiamo per il camerata Ghersi che non siamo anarchici, anche se egli ne
preferisce il comportamento al nostro. E qui dobbiamo rappresentargli una
incongruenza tra il contenuto delle sue note e la linea politica del settimanale
di Gray, linea che è filo-atlantista, filo-vaticana e filo-ebraica, in maniera
indubbia e, secondo noi, scandalosa. È ovvio che la politica del "Nazionale" non
può coincidere con quella indicata nel documento conclusivo dell'Assemblea di
Treviso e che sappiamo liberamente condivisa dal prof. Ghersi il quale ci sembra
di una cosa preoccupato: il comportamento del combattente per la scheda bianca
non sarebbe consono alla figura stessa del combattente. Far tirare la
conclusione di votare MSI è pei missisti una sinecura.
Confessiamo al prof. Ghersi che il suo dubbio ha assalito anche la nostra
coscienza. Ma dal dubbio ci hanno tratto fuori le seguenti considerazioni:
1) andare a votare non ha nulla di simile ad un atto di combattimento. Non ci
carica di esplosivi, non ci fa uscire all'arma bianca, non ci fa sparare
proiettili su nessuno. Questo è vero anche se la demagogia barricadiera della
propaganda missista è l'esatto opposto di questa verità. Basta prendere visione
delle cartoline e del materiale circolato in questi giorni e della retorica dei
comizianti missisti. Il combattente che non vuole sobbarcarsi ai fastidi delle
code, dei controlli, ecc. non vi si sobbarchi; ha tutta la nostra comprensione;
2) non si pretende che rinchiudersi in una cabina per leccare i lembi di una
scheda da deporre in bianco sia un atto di coraggio; pensiamo infatti che
nessuno andrà ad avvelenare la colla. Ma del pari non è un atto di coraggio il
farlo per le schede dei missisti, per quelle del prete, dei social-pussisti, dei
comunisti, dei liberali e compagnia cantante. Coraggio richiedono invece il
restare fedeli e l'affrontare serenamente i sacrifici che, chi più chi meno,
affrontiamo tutti i giorni come al camerata Ghersi non sfuggirà se frequenta la
sede del suo Gruppo provinciale. Altrettanto, certamente, non può dirsi dei
missisti, almeno per la dirigenza a tutti i livelli e per il senatore Gray in
particolare. Essere fedeli significa anche avere il coraggio di mostrarsi
conseguenti alle idee che si professano. È chiaro che fare propaganda, oggi, per
il MSI non significa essere coerenti con le idee che a Treviso la Federazione ha
pubblicamente professato. Rompere con i sentimenti per una scelta liberamente e
freddamente calcolata può rappresentare per alcuni un trauma psichico; è un atto
di coraggio superare tale trauma;
3) la nostra Federazione non conduce la campagna per la scheda bianca alla
chetichella. Ne motiva le ragioni a viso aperto e pubblicamente, con i mezzi,
limitati purtroppo, che può avere a disposizione. Un gesto quindi sincero e
leale, anche se non è audace. La vita associativa è fatta anche di non audacie;
La scelta di scheda bianca non è lanciare il sasso e nascondere la mano. Noi
infatti proclamiamo alto e forte di lanciarlo il sasso - prima e durante il
lancio;
4) la scelta della scheda bianca è un gesto di protesta. Gesto che non serve ad
indicare -come è avvenuto in altri ambienti politici ed hanno fatto, ad esempio,
alcuni dirigenti d.c. in sede di nomina delle cariche di partito dopo il
congresso di Milano- una condizionata disponibilità. Gesto che viene chiaramente
qualificato come un rifiuto ed un atto di ostilità, non così per dire, ma per
una chiara, logica e serrata motivazione politica quale appunto è il documento
finale della richiamata Assemblea di Treviso. Lo affermiamo anche qui,
esplicitamente, e ci sembra dichiarazione sufficiente ad escludere qualsiasi
acquiescenza o tacite accettazioni;
5) scheda bianca è una scelta politica per una precisa scadenza politica. La
FNCRSI la consiglia e ne fa attiva propaganda perché le ha assegnato almeno due
scopi, ed ambedue squisitamente politici :
a) far cessare finalmente l'equivoco per il quale è universalmente accettata la
identità MSI = Fascismo, dal momento che il MSI ed il senatore americaneggiante,
papista e filo-giudaico Gray fascisti non sono;
b) contare finalmente su una reazione precisa del corpo elettorale alle
motivazioni ed alle implicazioni politiche di tutto il sistema.
Qualcuno ha parlato della inutilità di un milione e mezzo di schede bianche. Ci
auguriamo che siano almeno una di più. Non facciamo gli agenti provocatori,
mettiamoci seriamente al lavoro per chiarire le idee a noi stessi ed agli altri
ed, anche con la collaborazione del camerata Ghersi, le schede bianche daranno
il peso del loro preciso significato politico.
Quanto al senatore Gray la risposta è diversa. Non abbiamo trovato parole
sufficientemente pesanti. Ci manteniamo beneducati per essere più efficaci.
Consigliamo alla camicia azzurra E. M. Gray di dimettere la demagogia -che non
attacca più- e lasci i Fascisti a risolvere i propri guai da soli. Ne abbiamo
bisogno.
Bruno Ripanti Vicepresidente della FNCRSl
Il MSI a ... mezzo
servizio
No. Non è vero, i missisti non sanno far
politica. Anzi, è vero il contrario, visto che la politica non è stata mai tanto
sporca.
Banditi la dignità e l'onore dalla vita politica, non si vede perchè proprio il
MSI dovrebbe ergersene a difensore.
Superata l'ambigua formula del «non rinnegare e non restaurare», l'azione
politica missista oggi si distingue da quella degli altri partiti per la ben
nota spregiudicatezza e la non comune capacità, tutta democratica, di
adattamento anche alle situazioni più avvilenti.
È inutile negare la realtà: l'Europa vive nel totale vassallaggio americano e
russo; il MSI opera in Italia e quindi nella zona d'influenza americana; è
dunque all'America che il MSI chiede e ottiene i mezzi per sopravvivere.
Forse che Nenni non s'è fatto propagandista in America di papali encicliche?
Forse che il centrosinistra e il neocapitalismo non sono esportazioni americane?
E allora? Allora bene hanno fatto i missisti a mettersi a disposizione
dell'America.
Il male è uno solo in tutta questa faccenda: troppi buoni camerati continuano a
credere nel MSI il quale oggi è il meno fascista dei partiti.
Se ben si guarda, i missisti sono, stati battuti solo dai comunisti nell'opera
di ricerca di un padrone stabile. I comunisti infatti hanno avuto maggior
successo, non per un più elevato grado di adattabilità (leggi servilismo) ma
solo perché sono di più ad esser di più, in democrazia non è uno scherzo.
Laonde, mentre i comunisti sono da lungo tempo in servitù permanente effettiva
presso il Cremlino, i poveri missisti, loro malgrado, sono rimasti a mezzo
servizio alla Casa Bianca.
Eccovi qualche documento della marcia di avvicinamento all'alleato-padrone:
De Marsanich: «La nomina di Eisenhower conferma inoltre quella solidarietà tra
gli Stati Uniti e l'Italia che, in un momento in cui l'Unione Atlantica ha
mostrato tante così gravi incrinature, costituisce uno degli elementi positivi
dell'attuale momento».
Michelini: «L'unico alleato che oggi l'America ha nel bacino del Mediterraneo è
l'Italia e soltanto sull'alleanza atlantica con l'Italia l'America potrà contare
per lo sviluppo di una politica di giustizia e di libertà, ugualmente contraria
agli egoismi colonialistici delle potenze imperialistiche e alle nefandezze
criminali del bolscevismo».
Servello (si noti la coerenza del nome): «L'on. Servello interroga il Presidente
del Consiglio a proposito della visita del Presidente Johnson in Italia per
conoscere l'avviso del Governo: 1) sulle ragioni che hanno indotto al
trasferimento del Presidente americano in elicottero dall'aeroporto militare per
le successive visite al Presidente Saragat e al Pontefice, con uno spiegamento
di forze di sicurezza eccezionale; 2) i motivi che hanno indotto ad evitare il
sia pur minimo contatto del Presidente Johnson con la popolazione, e ciò in
relazione alle accoglienze trionfali dedicate dagli Stati Uniti al Presidente
della Repubblica Italiana; 3) sulle ragioni che hanno consigliato totale
tolleranza dei poteri costituiti nei confronti dei comunisti responsabili di
manifestazioni sediziose e incompatibili con il ruolo che ha l'Italia
nell'ambito dell'Alleanza Atlantica; 4) sui modi e i mezzi che -fuori da ogni
velleitarismo parolaio e demagogico- si ritiene siano idonei al raggiungimento
della pace, nella tutela della libertà e della sicurezza; 5) sulle effettive
volontà e capacità dell'Italia di mantenere un'alleanza operante e reale con gli
Stati Uniti d'America, attese le condizioni di smobilitazione psicologica, di
"dialogo" coi comunisti e di allentamento di ogni barriera antimarxista che
caratterizzano attualmente gli indirizzi prevalenti nella classe dirigente del
nostro Paese».
Tempi allegri
Tra le smanie dei querelanti e le
smancerie di chi vuole essere querelato non ci si capisce niente. L'avvicinarsi
della campagna elettorale sta elettrizzando uomini ed ambienti e non dovrebbero
mancare altri fulmini e tuoni a ciel sereno.
Le cose sono cominciate con la storia dei figli di puttana o, se volete proprio
essere pignoli, non troppi giorni prima.
Tempi allegri, quelli! Non per noi figli di puttana, ma per l'antifascismo,
soprattutto per i governanti che non avevano nulla da governare. D'altra parte
non era, per così dire, colpa loro. Che potevano fare con l'arbistizio sul
gobbo, con Croce che faceva la faccia da pazzo e con Charles Poletti che
lisciava loro il pelo ogni volta che lo voleva. Se gli alleati ne facevano
d'ogni erba un fascio spingendosi fino al brigantaggio sistematico ("Bacino,
Roma prima e dopo", pag. 144) era pur vero che non lasciavano nessuno spazio ai
governanti italiani e men che meno l'ordinaria amministrazione. Qualche cosa
bisognava pur fare ed allora si pensò, in attesa del segnale di via libera per
le agognate vendette, di cominciare a purificare la vita degli italiani, sozzi
di vent'anni di adesione al Fascismo, riscattati finalmente a tutte le libertà,
che però s'erano date alla latitanza. Le parole grosse non mancarono, i
propositi furono rinforzati con tre o quattro riunioni vitaminizzanti e ci si
mise al lavoro di buzzo buono. Gli italiani del sud si ritrovarono così di colpo
nello identico stato dei napoletani alla caduta della Repubblica partenopea.
Come i repubblicani del 1799, ogni fascista doveva sentirsi, e veniva
rappresentato, come un verme, violatore lubrico della legge morale. Eravamo nel
1944 ed il 1° giugno entrava in vigore, per così dire, il primo editto di
purgazione degli italiani, dato a Salerno il 26 maggio.
Ma il diavolo se sa fare le pentole non sa fare i coperchi. Infatti lo scherzo
non piacque a Poletti che, appena entrato a Roma dettò: «Io, Charles Poletti,
Colonnello, ordino -Art. 1- sono considerati fascisti e pertanto soggetti alle
disposizioni di questo ordine, le persone comprese nelle categorie seguenti» e
giù 23 categorie di italiani, una per ogni lettera dell'alfabeto compresa la x e
la y. Considerati fascisti -anche se il giorno dopo o quasi doveva aggiungerne
altre 7 categorie- l'ineffabile Charles stabiliva che essi fossero rimossi da
incarichi, impieghi, uffici nell'amministrazione statale e parastatale ed in
quella di nove categorie di Enti ed aziende. Era un insulto per le cariatidi di
Salerno che invece dovettero fare buon viso a cattivo gioco per poter
raggiungere Roma con le salmerie del sig. Colonnello. Il quale aveva anche
ordinato: «Le autorità italiane daranno ogni loro concorso e presteranno ogni
loro assistenza allo scopo di assicurare e di garantire l'esecuzione del
presente ordine».
I governanti, pena la morte civile, dovevano a tutti i costi riaffermare la
propria esistenza e lo fecero -sempre al seguito del rieducatore di italiani
Poletti- nel solo modo che questi consentiva: sulla pelle degli altri italiani.
Ne venne fuori il secondo editto di purgazione, la cosiddetta legge per la
epurazione e la punizione dei fascisti 27 luglio 1944 (Roma, Littoria e
Frosinone saranno restituite ai Governanti il 25 agosto).
L'esecuzione venne affidata a Carlo Sforza in veste di alto commissario.
Siamo così arrivati al punto di partenza. Perché non si presentassero dubbi
circa l'animo con cui accettava ed eseguiva l'incarico, il Conte Sforza adunò i
giornalisti e così esordì testualmente. «Quei figli di puttana dei fascisti». Un
linguaggio certamente familiare al nobile Conte che lo aveva, se non altrimenti,
appreso dagli insulti con cui gli inglesi accompagnarono le pedate che sempre
gli riservarono e che non sfuggì all'antifascista Gorresio che lo ha tramandato
ai posteri ("Un anno di libertà", pag. 285).
Perché abbiamo ricordato questa storia che è comica ed è tragica? I soliti ben
pensanti verranno a lamentarsi: perché rinverdire, eccetera, eccetera.
Noi non abbiamo bisogno né di rinverdimenti né di eccetera. Vogliamo soltanto
trarre le opportune considerazioni. C'è un mucchio di gente che strilla e si
agita. Ma perché. Saltata a piedi pari l'esperienza fascista, ai restauratori
della democrazia non restava che «la storia che va dallo scandalo Lobbia, primo
grosso scandalo dell'Italia appena unita, fino allo scandalo piramidale della
Banca Romana. Tutta una serie di neologismi sorse dalle cronache scandalistiche
di cui la vita pubblica era costellata. E prima, molte tempo prima del Fascismo,
il popolo aveva stabilito la universalmente accettata equazione per cui
commendatore era uguale a ladro e conte uguale a rimbambito». È la
interpretazione dei fatti data da Benito Mussolini.
Oggi ci troviamo soltanto di fronte ad un necessario corollario che discende
necessariamente da quella dimostrazione. In mezzo ad una accozzaglia di
malversatori e di prevaricatori, di buffoni, di ladri, di pederasti e di
ruffiani, di dritti e di mezze-calzette ognuno bada ai casi propri e si arrangia
come può. È forse un segreto per qualcuno che chiunque aspiri a coprire un posto
di governo e di sottogoverno se ne frega del titolo e dell'alto onore per
puntare decisamente sulle posizioni di potere legate alla poltrona? E che se ne
fa del potere se non usarlo pei casi propri nel parlamento, nel proprio partito,
sulla piazza? È noto a tutti, lipsis et tonsoribus. Vi pare allora possibile
farsi impressionare dai fulmini che tuonano dalle colonne dei giornali della
destra missista e di quella benpensante? Forse che le cose sarebbero andate
diversamente se i fili delle marionette fossero nelle loro mani? Il SIFAR -per
fare il caso più in auge- è stato quello che è stato. Di che cosa se ne accusa
sulla piazza il generalissimo se non di ciò che uomini di stato e pubbliche
lavandaie fanno od aspirano a fare, ciascuno secondo le proprie competenze?
Poteva essere diverso il SIFAR? Con tutte quelle che abbiamo sentito e con i
tanti ossequi per Ferruccio Parri ci pare proprio di no. Attendiamo quindi altre
conferme; tempi sempre più allegri.
La nostra
resistenza
L'attacco radical-sovversivo alle
istituzioni tradizionali ha concentrato la sua offensiva su tre obiettivi
principali:
— disgregazione della famiglia: divorzio, stampa e spettacoli pornografici;
— disarmo morale delle FF.AA.: assurdo allineamento dei militari ai funzionari
civili, proposte di disarmo, proposte di legge a favore degli obbiettori di
coscienza, scandalo del SIFAR, attacchi diretti e indiretti ai Carabinieri,
ecc.;
— deformazione della cultura e avvilimento della scuola: abolizione del latino,
scuola privata. Strumentazione della scuola; diffusione della menzogna come
storia.
Notiamo però che, nonostante i CLN, i 20 anni di corruzione cristo-marxista
posta in atto mediante l'azione quotidiana della grande stampa, dei pulpiti,
della TV, del cinema e del teatro, le famiglie italiane (soprattutto quelle
rurali) hanno saputo mantenere integre le tradizionali doti di purezza
spirituale, di laboriosità e, ad onta del Concilio, hanno conservato un profondo
senso di rispetto per la morale e la religione dei padri.
Al di là dei «servizi di consultazione e di riconciliazione per i coniugi in
difficoltà» e delle «comunità parrocchiali», voluti da chi ha sempre tradito il
popolo italiano, nelle nostre famiglie chi porta i pantaloni è sempre il padre e
i figliuoli continuano ad essere educati secondo le più alte tradizioni di
semplicità, di amore, di concordia, di fierezza e di amor di Patria.
Non vi è dubbio quindi che l'avvenire della nazione è oggi riposto nella
capacità di resistenza delle nostre famiglie all'attacco clerico-marxista.
Da queste famiglie -com'è naturale- sono nati e nasceranno eccellenti soldati ed
ottimi cittadini.
A prescindere da un gruppo di generali politicanti e felloni, noi siamo certi
che le nuove generazioni saranno capaci di emulare le gesta del Piave, del
Grappa, dell'Impero, della Russia, dell'Africa e della RSI.
Fino all'8 settembre 1943, infatti, il Fascismo non solo potenziò ed esaltò le
FF.AA., ma ne ebbe soprattutto profondo e sacrosanto rispetto.
La seguente lettera del Duce, diretta il giorno 1-11-1922 al Comandante del
Presidio di Roma, suona oggi come una cocente sferzata sul viso di quanti
-militari o politici- tentano di avvilire le FF.AA.:
«Egregio signor generale, leggo nei giornali che gli ufficiali del presidio di
Roma hanno organizzato per le ore 18 una manifestazione in mio onore all'hotel
Savoia. Le dichiaro che non resto insensibile davanti a questo proposito,
soprattutto in considerazione dal fatto che esso promani dagli artefici della
Vittoria. Ma io la prego, signor generale, di far sapere ai suoi valorosi
ufficiali questo mio desiderio, nessuna manifestazione, né per me né per gli
altri. Ella e i suoi ufficiali comprenderanno le ovvie e pur alte ragioni di
questo mio atteggiamento. L?esercito nazionale italiano non può e non deve né
applaudire né disapprovare. Esso deve soltanto e sempre fedelmente obbedire. In
ciò sta la sua forza, la sua grandezza, la sua gloria. Ossequi. Mussolini».
L'Opera Maternità ed Infanzia, le provvidenze alle famiglie numerose, l'ONB
(Opera Nazionale Balilla), la GIL (Gioventù Italiana del Littorio), l'educazione
religiosa nelle scuole e le altre mille iniziative tese a rinsaldare la
compagine della famiglia costituiscono traguardi che onorano il popolo italiano
e chi seppe condurlo sempre verso l'unità, la concordia, la dignità.
Superato l'abbrutimento democratico, questo nostro popolo saprà -se necessario-
battersi ancora contro il mondo per affermare e difendere la sua fede
nell'avvenire.
L'intima comunione di coscienze e di esperienze che fu sempre la nostra scuola è
stata spezzata non tanto dai politici, quanto da insegnanti incapaci di mettere
il loro sapere al servizio della Verità.
La scuola, palestra di carattere di ordine e di fede, è diventata strumento di
bassa politica al servizio di ideologie estranee alla nostra cultura ed alla
nostra tradizione.
L'unità docente-discente, indispensabile a qualsiasi tipo d'insegnamento, si
risolve in una esercitazione retorica e si dissolve ogni qualvolta il docente
manca al suo dovere morale e il discente ricerca quindi le verità che lo
interessano al di fuori della scuola.
A ciò si aggiunga l'insufficienza delle aule, i turni irrazionali ed i lunghi
percorsi per raggiungere la scuola e si avrà il quadro desolante nel quale i
nostri figli sono costretti a realizzare un minimo d'istruzione.
Quando si credeva che la cultura dello spirito, ottenuta attraverso un retto
senso della vita, fosse il più prezioso patrimonio civile e rendesse possibile
la nostra missione nel mondo, sorsero a migliaia scuole e palestre,
Infatti, in nessuno stato del mondo dal 1922 al 1942 in proporzione alla
popolazione, furono costruite tante scuole e tante palestre come in Italia.
È chiaro che la scuola non può rinunciare al diritto di essere la prima custode
dell'integrità spirituale del paese.
Perciò anche in questo campo occorre resistere e vincere.
Il ministro dell'Educazione Nazionale Biggini il 21 aprile 1943 tracciò una
direttiva di altissimo valore morale e storico «insegnare non può avere oggi
altro significato che insegnare a resistere».
Consapevoli che il nemico è quello di sempre, e che esso, attraverso la
distruzione della famiglia, la sovversione dell'ordine e l'inquinamento della
scuola, vuole distruggere l'Italia e l'Europa, concludiamo con Biggini: «Oggi il
nostro lavoro non può essere che lotta, affinché la nostra pace sia una
vittoria».
Canne al vento
«Un'arte che esprima il clima fascista,
questo senso della collettività che del Fascismo è l'espressione eticamente più
alta, è coscienza che si può solo arduamente e faticosamente conquistare, ed è
bene che sia così. Ora si può intendere in che senso Arte fascista ed Arte del
popolo (popolo significa totalità della nazione) vengano a coincidere. Nulla di
propagandistico, di agiografico, di divulgativo, ma mezzi di espressione forniti
da questa vita unitaria, e quindi alla portata di tutti».
(Aldo Visalberghi - "Critica fascista")
«Occorreva venisse l'Uomo capace di comprendere che il momento era giunto,
capace di superare le residue difficoltà, tale da ispirare completa fiducia
all'altra parte, tale da fugare, col proprio prestigio, con la fede profonda che
aveva saputo incutere agli italiani, ogni residua ombra di dubbio sulla
opportunità della conciliazione, ombra che in certi ceti delle classi colte,
dove più poteva la tradizione giuridica politica del liberalismo, ancora
sussisteva».
(A. C. Jemolo - "La Questione Romana")
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