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FNCRSI

quindicinale di informazione e di formazione politica per i Combattenti della Repubblica Sociale Italiana

La pubblicazione è aperta alla collaborazione di tutti gli iscritti alla FNCRSI. È però riservata al giudizio insindacabile della Direzione del periodico l'accettazione del materiale pervenuto. Gli articoli firmati esprimono solo la opinione degli autori e quindi non impegnano la FNCRSI né la Direzione del periodico se non per il giudizio generico di riconoscimento dell'importanza e tempestività dell'argomento trattato e della opportunità che esso venga conosciuto e dibattuto dai Camerati ai quali la pubblicazione è inviata. I manoscritti anche se non pubblicati non si restituiscono. Distribuzione gratuita agli iscritti alla FNCRSI

 Anno I - n° 10 (maggio 1968)

SOMMARIO

 

Documenti
Elezioni

Chiesa e messa beat

Le agitazioni in Francia

La polemica su Moranino

Brevissimo discorso sulla destra

 

 

Documenti

 

Alla manifestazione di chiusura della campagna per la scheda bianca a Roma la FNCRSI è intervenuta con la presenza di un Vicepresidente. Ripanti ha detto fra l'altro:
Il sistema ha enucleato artificiosamente a proprio uso e consumo una presentazione di comodo, collocando alcuni ex-fascisti a destra nella propria topografia. Costoro, cedendo al ricatto, si sono fatti i corifei della destra al servizio della nazione, sono diventati più papalini del papa e, più degli americani, difensori dell'atlantismo e della NATO. Le intenzioni politiche di costoro non vanno oltre certo autoritarismo fine a se stesso.
L'abisso che ci separa da essi è lo stesso che ci divide dal resto del sistema. La linea di discriminazione resta nei termini di una scelta di civiltà. Ci siamo noi e contro di noi gli uomini di tutto il sistema che è la risultante interna della politica di coesistenza tra Russia e Stati Uniti, i due «alleati» che, realizzata la nostra sconfitta militare, si sono eretti a gendarmi dell'ordine che hanno costituito a Yalta. Il continuo ricorso al ritornello dell'antifascismo esprime bene la preoccupazione dei due compari e mostra chiaramente attraverso quale artificio la politica di centrosinistra riesce ad annullare le oscillazioni ed i falsi contrasti dello schieramento politico italiano che si è collocato, anche ideologicamente, sulla fazione russa o su quella americana.
Ciò posto, che significato può avere per un europeo, per un italiano, per un fascista soprattutto per battersi per l'una o per l'altra delle due ali dello schieramento antifascista?
Quali Istituti della nostra esperienza repubblicana, quali valori del nostro patrimonio ideale possiamo ritenere tutelati dagli Stati Uniti, dalla Russia, dal Vaticano, dalla Fiat, dal gangsterismo politico del centrosinistra?
Certo così a colpo d'occhio la situazione politica non è rosea per quanto ho esposto. La sconfitta militare del '45, le persecuzioni, lo ostracismo ideologico sarebbero soltanto ricordo del passato se ad essi non si fosse accompagnata la estrema confusione ideologica dei superstiti, sprovveduti di fronte alle suggestioni della moda e della propaganda.
Oggi è inutile perdersi dietro le chimere. Occorre agire.
La nostra scheda bianca vuole essere il primo reattivo. Esso ha traumatizzato e deve traumatizzare se vogliamo che incida nella coscienza politica degli italiani. È il primo gesto politico che dobbiamo compiere per tornare ad affacciarci da protagonisti sulla soglia politica mentre la Storia comincia a presentare al sistema le prime grosse scadenze. Quindi un gesto politico estremamente conseguente e lungimirante, capace di aprire orizzonti insospettati.
 


Elezioni

 

Le passate elezioni hanno aggiunto una ulteriore pagina alla storia dello squallore universale. Erano ampiamente prevedibili i risultati che sono usciti dalle urne, perché questo regime non lascia molto spazio alle varianti, se no, non l'avrebbero istituito. Il fatto nuovo è stato quello della scheda bianca che, da voto assenteista, è diventato un preciso attestato di antidemocrazia e, tutto sommato, crediamo il solo voto veramente significativo di queste elezioni.
Una costante delle elezioni, che si susseguono da un ventennio, sono la diminuzione della destra che non ha alcun peso in parlamento né fuori e l'aumento delle sinistre, indice vago di un profondo stato di ingiustizia sociale. In effetti i lavoratori aspettano ancora oggi, dallo stato democratico, quelle cose elementari che avevano ottenuto dallo stato fascista e che furono loro tolte.
Il PCI fa capriole e grida vittoria per 2 seggi in più.
Vuol dire soltanto che si contenta di poco.
Da una più vistosa affermazione si sarebbe potuto veder meglio come questo partito non rappresenta che l'ala sinistra democratica del parlamento democratico. Come le destre, esso è un alibi del parlamento, e si aggruma attorno al cosiddetto centrosinistra. Infatti la campagna elettorale non ha messo in luce alcuna alternativa politica, mostrando di essere soltanto un modo per propagandare in tutti i versi, i concetti e le idee della democrazia. Dal punto di vista morale, la situazione era e resta stagnante, come l'Italia nel '20, la Spagna nel '36 e come tutte le democrazie là ove sono un pleonasmo ed una sovrapposizione alle realtà nazionali. Le sinistre, malgrado la perdita della loro carica rivoluzionaria, sono sempre più gaglioffe; le destre, sempre più convenzionali e pacchiane, sono incapaci costituzionalmente di capire i fermenti nuovi; i cattolici sempre più scarafaggi, ammiccano a destra e a manca, tramite il sorriso mellifluo di Rumor o attraverso la maschera levantina di Moro, pronti all'abbraccio o al crucifige con la stessa indolente indifferenza.
Quanto a noi, possiamo considerare riuscita la nostra battaglia. Infatti abbiamo potuto far uscire psicologicamente molte persone dal clima delle false suggestioni e delle false alternative. Abbiamo portato i camerati a ragionare in termini politici e non propagandistici.
A quelli dei nostri camerati che continuano a far professione di fede missista diciamo che è una ben triste parabola la vita di un uomo quando, dopo aver combattuto una guerra aspra contro tutto il mondo, avendo perfino le spalle insidiate dai fratelli rinnegati, si riduce, come un vecchio rincoglionito, a riconoscere, come propria voce politica, un partito che, nelle parole del suo Leader, dichiara apertamente essere la sua funzione quella di aumentare la «forza contrattuale della DC», cioè dei sagrestani!
 


Chiesa e messa beat


Con l'introduzione di musiche da nigth-club come accompagnato alla messa, in una forzata ricerca di attualità, la chiesa ha compiuto un atto molto più significativo di quello che possa sembrare a prima vista. Tralasciamo gli osanna di coloro che credono di poter ringiovanire la fede ed il mistero con innovazioni come quelle che sono uscite dall'ultimo concilio, e saltiamo a pie' pari i piagnucolamenti di coloro che credono essere sufficiente la sostituzione della lingua nazionale al latino per far perdere la fede in Cristo. Vogliamo sottoporre ai camerati alcune considerazioni.
Premettiamo che noi non siamo contro le innovazioni del rito, che è un linguaggio e come tale soggetto a fluttuazioni, premettiamo inoltre che non ce ne importa nulla del destino della rituologia cristiana; ben altri riti sorgeranno dalle ceneri di questa epoca.
Il canto ritmato, conosciuto in Italia col nome di beat, è una degenerazione rumorosa e informe del jazz, della canzonetta e del ballo in piazza afro-cubano. Il jazz, nella sua settantennale storia, partendo dal canto doloroso degli Stop chorus, era arrivato ad autentiche manifestazioni musicali, intendendo per musica un ordine nel quale tutti i componenti (ritmo negro compreso) sono fusi nell'ottenere, appunto, un atto completo.
Ma contemporaneamente al suo progressivo trasformarsi e quindi isolarsi per i pochi ormai capaci di intenderne il significato e la astratta formalità, si poteva assistere alla nascita rapida ed irruenta di modi di musica che utilizzavano tutte le scorie lasciate indietro dal jazz. È il caso del rock, che esprime una carica selvaggia, un ritmo reso ossessivo dallo scandire delle chitarre e dagli urli gutturali.
È una ulteriore degradazione del ritmo, che era rimasto ancora accettabile come pura battuta.
Dal rock discendono le forme moderne di ritmo che, utilizzando in forma massiccia le vibrazioni amplificate da enormi altoparlanti a valvola, provoca uno stato di parossismo fisico che però non ha nulla a che vedere con le manifestazioni religiose africane nelle quali il ritmo è espressione di una partecipazione cosmica.
Da sempre l'uomo ha sentito la necessità di esprimere col canto e con la musica la sua partecipazione al rituale religioso. E la musica sacra non è sostanzialmente diversa dalla musica profana perché essa contenta tutti, riempiendola ognuno di se stesso. Essa è uno dei bisogni più insaziabili dell'anima, alla quale toglie con la ondulazione del ritmo l'indistinto significato delle voci, la coscienza dei limiti. Essa si rivela, morendo in ognuno dei propri suoni, perciò ci appare immateriale e indefinita.
La sua peculiarità rispetto a tutte le altre arti sta nella espressione senza l'immagine. Ma per l'uomo moderno, massificato, essa non è che un ideale di sensi. È la canzonetta, il ballabile sdolcinato.
Ma questa è, bene o male, ancora musica: la melodia vi sovrasta, seppure incerta; e la voce può esprimervi qualcosa.
La «musica beat» contrariamente, è puro suono, è rumore, sul quale sovrasta l'urlo di dolore dell'uomo in balìa della parte peggiore di se stesso.
Un rumore che si trasforma in vibrazione come il frastuono della città moderna nella piena degli autoveicoli. Questo tipo di espressione, come anche la schizofrenia della musica dotta contemporanea, non può esprimere mai un senso religioso. Perché per religione si intende una espressione dell'uomo nella quale trovano posto tutte le componenti umane, fuse in una visione trascendente della vita e circondate di speranza. Una religione che prende per musica sacra quella beat nell'illusione di essere moderna e di comunicare il suo messaggio, può allietare folle di ragazzini inducendoli a non fare eccessiva differenza tra l'altare ed un palcoscenico, ma è sostanzialmente una religione che ha perso di vista il suo significato. Nell'ansia di far qualcosa, questi preti incolti e superficiali non sanno trovare in loro stessi, nella loro fede, che questi espedienti. Si prenda la vecchia musica sacra; nel suo fluire lento e maestoso, essa rappresentava e rappresenta tuttora la profondità di pensare e sentire il mondo dei cristiani medievali.
E tuttora la maestà del gregoriano, ormai relegato nei dischi di storia della musica o nel fondo in penombra di qualche antica cattedrale gotica a titolo informativo per turisti, è capace di scaldare i cuori, di ricondurli ad una visione serena e grande della vita e di se stessi. Ma la musica beat che cosa rappresenta oltre ad una abdicazione? La musica non ha tempo, se è musica completa, se nasce da una esigenza profondamente sentita da tutto il proprio essere.
Così la musica chiesastica, lungi dal dimostrare la vitalità del cristianesimo, e proprio nel riavvicinarsi allo spirito confuso e rivendicatorio dei primi tempi della sua era, mostra quanta parte abbia avuto questa credenza, o meglio, questa interpretazione della figura del Cristo, nell'allontana-re l'uomo da se stesso, dal suo equilibrio; così altre risoluzioni e manifestazioni nella Chiesa sono indizio sicuro che questa sta scadendo da costruzione religiosa a organizzazione puramente terrena, annullandone la funzione: sono la democratizzazione interna, secondo cui è il modo di vedere della maggioranza dei cristiani che determina le azioni, gli istituti, i dogmi della chiesa; la sessualità, mutuata dal pornografismo moderno ammantato di scientismo psicologico. Questo sessualismo non viene inteso come polarità trascendente, ma finalisticamente per la generazione.
Di pari passo si fa strada il concetto della libertà sessuale, nella quale non rinascono l'ingenuità e la purezza pagana né la volontà di superare l'abisso scavato dal cristianesimo, fra spirito e materia. È solo incapacità di darsi un ordine, lassismo e libidine senza nemmeno l'intensità del sentimento.
La chiesa, chiusa nella sua austera funzione di salvaguardia di una rivelazione divina, nella nobiltà di un messaggio umano secondo cui il dolore può essere consolato soltanto dalla propria grandezza, aveva resistito, vincendo, contro gli attacchi del protestantesimo arido; superate le guerre religiose con altre grandi concezioni, aveva vinto l'ottusa volgarità dell'ottimismo positivista.
Oggi, accettato, nella rinuncia all'Europa e nella scelta dell'America come centro della propria azione, il concetto protestante di cui è permeato l'americanismo, di negazione vera e propria della religione, ridotta a puro moralismo; materializzato il sacerdozio; scomparso ogni senso di grandezza nell'abitudine del commercio quotidiano, si può constatare che ogni abbassamento dell'ideale si risolve sempre in una nuova debolezza della vita.
Siamo alle ultime battute, che, beninteso, potrebbero durare secoli. Ma una nuova luce di spiritualità si va facendo strada ed ebbe le sue prime avvisaglie in alcuni riti perfettamente sentiti da chi li praticava. Questi riti esprimevano la rinascita in Europa del pensiero religioso che fu alla base delle grandi civiltà classiche, testimonianza delle profonde radici del nostro pensiero politico.
 


Le agitazioni in Francia


Il successo della agitazione parigina, rapidamente trasmessosi alla Francia come macchia d'olio e invano frenata dai sindacati e dalle sinistre, i quali han tentato di tutto per nullificarla, prende avvio, a nostro parere, dalle fondamentali contraddizioni del regime gollista, ed essenzialmente dalla inadeguatezza del sistema politico interno alle mire di politica estera.
Non bisogna ignorare che la rivolta degli studenti e l'agitazione degli operai avviene contro il regime interno, non contro la politica estera del generale.
Certamente l'azione di De Gaulle, sul piano della chiarezza nella costruzione dell'Europa e della indipendenza di tutte le nazioni europee dai due blocchi antieuropei, è molto importante; ma una nazione europea non può perseguire un piano di indipendenza dalle vincitrici dell'ultima guerra, che hanno messo in tutti i paesi i loro rappresentanti, senza attuare una precisa trasformazione delle strutture dello Stato, liberandolo dalla ipoteca dei sindacati internazionalistici e dei partiti i cui uomini sono al servizio delle superpotenze extraeuropee. D'altro lato mettere l'economia in mano ai finanzieri e al grande capitale vuol dire averla sempre alla mercè dell'America.
Senza una politica universitaria tale che i ricercatori sentano l'impegno di autonomia e di libertà nazionale, ed abbiano i mezzi per poter attuare i loro programmi, questi se ne andranno sempre all'estero, impoverendo le risorse della nazione.
È inutile perder tempo dietro al sesso
degli angeli del sostituire l'oro al dollaro quando sappiamo per quali mani passa l'oro.
Sembrano banalità, ma è un fatto importante che le uniche forze su cui una politica di reale indipendenza avrebbe potuto contare, erano in Francia i combattenti traditi delle guerre d'Indocina e d'Algeria, che avevano conosciuto a loro spese che cosa è l'amicizia americana per gli «alleati» europei.
Coloro che avevano continuato a combattere con caparbietà, per difende l'onore dell'Europa; coloro che avevano provocato la salita al potere di De Gaulle e che si sono trovati poi con una resa in Algeria fatta in un modo così ignominioso.
Ecco i nodi venire al pettine, ed è bene, e fare giustizia di molti luoghi comuni e di molte falsificazioni. Primo nodo: ogni rivolta contro il sistema è velleitaria e finisce in un inutile vitalismo se non è accompagnata da precise richieste politiche che hanno un senso solo se sono orientate verso nostre soluzioni. Secondo nodo, una vera indipendenza europea si ottiene svincolando gli stati europei dalla servitù ai capitalismi stranieri, ai grandi Trusts, allo ecumenismo, ai sindacati e partiti di promanazione dell'imperialismo slavo: questo lo possiamo ottenere solo con la Socializzazione all'interno delle imprese e con le Corporazioni come espressione del lavoro produttivo e indipendente alla direzione della Nazione.
L'indipendenza europea passa per il fascismo.
 


La polemica su Moranino


Con la polemica su Moranino, gli esponenti democratici di centro e di destra compresi i socialisti, cercano di scindere le loro responsabilità nei confronti della guerra civile, o meglio, dei suoi orrori, come se questa democrazia di cui tutti i democratici sono proprietari in società, non fosse nata proprio da quella guerra civile che ci presentò, divisi e macchiati, agli occhi dei nuovi padroni americani che secondo le vecchie tecniche anglosassoni governano fomentando la guerra civile altrui.
E infatti i valori su cui si basa questa democrazia derivano in linea retta dal significato morale del SICARIO e del troglodita (intendendo per esso il transfuga sulle montagne per sfuggire agli impegni storici della nostra nazione). È troppo facile!
Non solo hanno inventato l'anticomunismo e altre balle per non far percepire al popolo italiano la verità in cui vive. Pretendono ora di presentarsi a mani pulite e secondo il buon metodo insegnato da Machiavelli accusano il sicario per giustificare se stessi. Ma chi ha armato il sicario?
Chi lo ha spinto contro i fascisti? Chi gli ha fatto uccidere centinaia di fascisti nel modo più orrendo? Chi ci ha guadagnato in soldoni dal bagno di sangue oltre ai nostri nemici di sempre? Vogliamo continuare ad accusare solo una bestia, un miserabile assassino che come la buona parte di popolaccio che segue le idee bolsceviche è solo capace di ammazzare, assassinare, godendo selvaggiamente della pena altrui? Vogliamo andare a guardare anche nella casa del freddo, spietato, calcolatore, cervello che, dietro le quinte, col ghigno del finanziere giudeo che commercia in cadaveri, traeva lucrosi vantaggi dal sangue di tanti infelici, vittime della ferocia delle belve scatenate?
Vediamo chi sono queste persone, le stesse per le quali una masnada di rinnegati, dalle poltrone del MSI, ci invitano a far argine contro il Comunismo, per difendere quello che quelle stesse persone ci tolsero, affogandoci nel nostro sangue.
Come sono state pagate le bande partigiane oltre che con i soldi delle taglie, dei furti e delle rapine perpetrate?
Gli industriali attuarono due piani per il finanziamento dei partigiani.
Il primo fu realizzato con l'acquisto in Svizzera di tutta la moneta italiana presente in quelle banche, che per causa della guerra era svalutata. Quella moneta fu pagata poco. Importata in Italia essa valeva normalmente perché le autorità della RSI erano riuscite a contenere la svalutazione della lira, al contrario del cosiddetto regno del Sud che volteggiava nel giro di miliardi di carta straccia che secondo la bisogna stampavano gli americani a fine svalutatorio e rapinatorio. I soldi pagati a poco prezzo furono utilizzati per pagare le bande partigiane, altissima benemerenza agli occhi degli anglosassoni in arrivo. Questo mentre le industrie dei suddetti capitalisti lavoravano a pieno ritmo per l'attività bellica tedesca. E mentre gli operai e le maestranze lavoravano giorno e notte ignare che i soldi che guadagnavano con gli straordinari di li a poco non sarebbero serviti neppure per un tozzo di pane, mentre morivano sotto i bombardamenti delle fabbriche e degli opifici; mentre, credendo stupidamente alle chiacchiere dei vari funzionari di società private, velocemente nominati capi di CLN, molti operai ci lasciavano le penne, i loro veri padroni facevano affari d'oro.
Il secondo progetto fu ancora più sottile. Fu una speculazione ai danni di tutto il popolo italiano. Per un accordo intercorso con gli anglosassoni, gli industriali suddetti si erano impegnati a versare una forte cifra ai partigiani. Gli invasori versarono l'equivalente in dollari nelle banche svizzere. Gli industriali, invece di pagare del proprio alle bande, si fecero prestare i soldi dalle banche, e nella fattispecie, dalla Banca Commerciale e dal Credito Italiano. I soldi furono restituiti quando già erano svalutati, cioè dopo la fine delle ostilità; ma gli industriali intascarono i dollari che erano stati versati prima della fine della guerra e che erano l'equivalente delle lire non ancora svalutate.
Coloro che parteciparono a questa speculazione furono le grandi famiglie che allora controllavano la Edison, cioè i Pirelli, i Falk ed inoltre i Crespi quelli che dalla penna dei soliti lacchè fanno attaccare dalle colonne dei loro giornali l'alleato di ieri: Moranino. Gli stessi che secondo il MSI devono essere difesi. Dobbiamo aggiungere ancora qualcosa?
 


Brevissimo discorso sulla destra


Dal punto di vista elettorale è stato dimostrato che le posizioni di destra democratica non hanno alcuna presa sulla massa.
Politicamente il ruolo di destra è assunto dalla DC, in un parlamento in cui l'asse centrale si è spostato, e la sinistra è rappresentata dal PCI.
Il concetto di destra rivoluzionaria non ha alcun significato se espressa tramite voti elettorali, perché la sua voce in parlamento è nulla, anzi, entra nel gioco democratico, diventa democrazia, perché per i democratici come per gli scientisti il concetto di maggioranza corrisponde alla totalità.
Gli scienziati, per poter avere un criterio di qualificazione, convennero di considerare la cifra che risultava il maggior numero di volte nelle molteplici misurazioni di un oggetto o di un avvenimento. Il matematico Gauss dimostrò che la cifra che compare maggiormente durante le molte misurazioni, è la stessa cifra che si ottiene facendo la media di tutti i numeri ottenuti. Ecco perché si usa fare la media per ottenere un valore, avendo più numeri come misura di un fatto. Da questo concetto, che per lo scienziato è soltanto funzione, lo scientista positivista, la filosofia democratica e quindi la prassi democratica, hanno preso la misura della realtà. Per il positivismo la realtà è quella scientifica, cioè è quella che alla misurazione compare un maggior numero di volte. Così il risultato di una reazione chimica è solo la sostanza che compare con una percentuale anche infinitesimamente superiore alle altre. Inutile sottolineare l'idiozia di questo concetto, specialmente quando è riferito agli uomini; traslato sul campo politico esso ha portato alla concezione democratica della maggioranza, quale misura della realtà di una comunità. La minoranza, per un democratico, esiste fino a che la maggioranza non si è espressa su di un argomento. Poi, la minoranza non esiste più. Così al parlamento. Per il democratico la decisione del parlamento è totale, assoluta. La decisione della maggioranza parlamentare congloba anche le opposizioni, le quali vi fanno la parte dell'avvocato del Diavolo dei processi canonici. Non si fa una contestazione di principio, ma solo al fine di migliorare il verdetto, di renderlo più autentico, anche se esso non lo è per nulla. Infatti, che fine fanno le obbiezioni della opposizione quando una legge deve essere approvata? Quando la maggioranza si è accordata sul come e sul modo di realizzazione di una certa legge a cosa serve l'opposizione parlamentare? Da alibi alla maggioranza. La democrazia fagocita le opposizioni.
Quando queste entrano in parlamento esse cominciano a far parte della dialettica democratica e fanno parte del governo.
Infatti è il parlamento che comanda in democrazia e con esso tutti i partiti che ne fanno parte.
Il mondo è squassato da rivolte contro la aberrazione che è la democrazia d'oggi; solo noi come fascisti possiamo dare un significato alla rivolta studentesca che è già passata al caos nichilistico, e proiettarla in una struttura dello Stato più aderente alle necessità del mondo moderno, oltre che dare un significato civile alla vita del cittadino.
Ma molti di coloro che furono con noi continuano su posizioni di destra, di anticomunismo viscerale, della destra più ottusa perché solo proiettata, in concorrenza col partito liberale e coi « monarchici », a difendere l'ideologia del grande capitale.
Prima delle elezioni avevamo invitato costoro a non dirsi fascisti, oggi possiamo dire loro che possiamo riconoscere solo due posti ove la loro attività politica abbia un senso: il manicomio o il Cottolengo.
 

 

Chi col dito il cul si netta
tosto in bocca se lo metta
resterà così pulito
culo, carta, muro, dito.


Siccome le autorità della RSI sono cadute senza firmare alcuna resa ed i reparti militari si sono sciolti perché sommersi dagli eventi non per cessazione di spirito combattivo, siccome sussistono intatte le premesse ideali e politiche che determinarono la nostra guerra, noi ci consideriamo ancora in stato di belligeranza contro le potenze del dollaro e della sterlina e contro il marxismo. Nessuno ha quindi più diritto di noi a combattere questo mondo, che è l'antitesi precisa di tutto ciò in cui crediamo e che vogliamo affermare. Diciamo questo per quei camerati che credono, con dei bassi patteggiamenti, di cambiare il corso delle cose, o di potersi inserire in questa struttura della società rimanendo fascisti. O l'uno o l'altro. Lo diciamo a coloro che, fenomeno tipicamente italiano, vanno sbandierando come grandi scoperte teorie e nomi stranieri che non erano ancora nati quando il pensiero fascista aveva messo sul tappeto le fondamentali contraddizioni dell'epoca attuale e ne aveva preordinato le soluzioni politiche e morali.

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