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FNCRSI

quindicinale di informazione e di formazione politica per i Combattenti della Repubblica Sociale Italiana

La pubblicazione è aperta alla collaborazione di tutti gli iscritti alla FNCRSI. È però riservata al giudizio insindacabile della Direzione del periodico l'accettazione del materiale pervenuto. Gli articoli firmati esprimono solo la opinione degli autori e quindi non impegnano la FNCRSI né la Direzione del periodico se non per il giudizio generico di riconoscimento dell'importanza e tempestività dell'argomento trattato e della opportunità che esso venga conosciuto e dibattuto dai Camerati ai quali la pubblicazione è inviata. I manoscritti anche se non pubblicati non si restituiscono. Distribuzione gratuita agli iscritti alla FNCRSI

 Anno IV - n° 1 (gennaio 1971)

SOMMARIO

Documento politico della Direzione Nazionale approvato il 31 gennaio 1971
Bombe, bombette, attentati ed altre bazzecole
Un certo modo di fare politica
Il congresso missista
Pseudo-evoliani e civilizzazione USA
Due risposte da dare
Alfredo Oriani
Import-Export
Il caso "Lotta Continua"
"I nostri articoli"
Quelli che vogliono operare nella DC
Mishima
Fantasmi a Roma
Antifascismo = Opportunismo
 


Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana
Direzione Nazionale


Il 31 gennaio 1971 si è adunata a Bologna la Direzione Nazionale che, a conclusione dei propri lavori, ha approvato il seguente documento politico;

Poiché il Fascismo parte da una concezione dell'uomo, del mondo, della società e dello stato, che comporta soluzioni originali di tutti i problemi di ordine morale, politico e sociale, la Direzione Nazionale della Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana ribadisce il rifiuto ad ogni classificazione o schematizzazione dell'ordine democratico, che attui riferimenti a topografie esiziali di destra, sinistra o centro, per cui considera egualmente nemici irriducibili sia il sistema capitalistico occidentale che la metodologia marxista, intendendo risolvere soprattutto i problemi dell'ordine sociale, nelle esigenze di giustizia integrale che esprime la spiritualità fascista, in strutture e rapporti di assoluta originalità storica.

Pertanto, ribadisce i seguenti caposaldi della propria linea di azione:
1) Il fondamento religioso della vita individuale, nell'autonomia liberatrice dello Stato, esclude ogni intrusione di carattere teocratico, nella vita politica della Nazione, comunque codificata.
2) Il sistema democratico-parlamentare, fondato sulla collusione delle esasperazioni individualistiche con l'inganno della promessa collettivistica, promananti dalla stessa matrice dialettica del materialismo, è in contrasto, non solo con ogni soluzione particolare dei problemi impellenti del mondo contemporaneo, ma soprattutto con il carattere spirituale della concezione fascista e, pertanto, sono egualmente da respingere soluzioni e atteggiamenti della sfera capitalistica e del marxismo classista.
3) La realtà partitica dell'attuale regime democratico non è espressione di autentico consenso e rappresentanza popolari, nella coagulazione di interessi dei Gruppi di potere; l'inserimento delle posizioni pseudo-rinnovatrici della destra cosiddetta corporativa nella dialettica parlamentare, ha funzioni di mero assorbimento dell'autentica alternativa fascista, per vanificarla in sterili tentativi di difesa reazionaria.
4) L'Europeismo, come adesione ad istanze storiche di superamento degli equilibri artificiosi raggiunti, deve essere inteso come tensione verso la rivoluzione sociale e l'attuazione finale dello Stato fascista, nella unità dei popoli del continente, da cui deriva la necessità di favorire tutti i fermenti di rottura dell'attuale fossilizzazione.
I problemi della concretezza politica verranno proposti e risolti, nella continuità dell'azione degli organi istituzionali della FNCRSI.


Bombe, bombette, attentati ed altre bazzecole

Diciamo subito che a noi le bombe non fanno alcuna impressione, né ci spaventano le valanghe di improperi e le minacce contro il Fascismo di cui si riempiono la bocca gli stanchi epigoni dell'antifascismo ufficiale nei suoi ultimi sussulti di agonia, costretti come sono a spargere di morti il suolo italiano per poter fare una qualche impressione.
Solo una accolita di imbecilli o di pazzi traviati da decenni di televisione potrebbe credere alla storia delle bombe lanciate da missisti davanti alla sede della federazione a Catanzaro. Proprio a Catanzaro, poi, ove la mobilitazione delle masse di sinistra farebbe tanto comodo contro la rivolta destrista di Reggio. È molto più logico che la faccenda sia stata organizzata dalle solite jene, use a speculare sul sangue altrui e sulla dabbenaggine cialtronesca e vile della gran massa degli italiani. Abbiamo detto sopra che non ci spaventano le minacce. E non perché li crediamo angioletti. Sappiamo anzi che questa gente, sopratutto se può usare impunemente del potere, e previa azione calunniatoria e diffamatoria, è capace di tutto. L'abbiamo sentito nella nostra carne. Non ci spaventa però chi reprime in nome di un morto. La democrazia nella sua veste moderna, cioè l'antifascismo, (è solo un anti, e solo come anti può fare ancora qualche guizzo) è morta e putrescente da molto tempo. Ed i primi a saperlo sono i cadaveri ambulanti che per una presidenza o altri posticini agitano le piazze, fermano le industrie, feriscono ed uccidono.
Detto questo però, dobbiamo denunciare la connivenza del MSI il quale si presta a tutte le operazioni possibili, nate e organizzate ai vertici politici, sostenute ed avallate dalla grande stampa, per sporchi giochi di potere all'interno della nazione e di ossequioso servilismo verso le potenze padrone del globo, nell'interesse delle quali tutte le agitazioni politiche e sindacali vengono oggi, in ultima analisi, imbastite.
Il MSI ha anche la responsabilità di compromettere senza alcun fine politico non diciamo nobile, ma neppure valido, una gioventù ignara e generosa. Parliamo di gioventù perché i vecchi, soprattutto gli ex-combattenti aggregati al missismo passano il loro tempo assegnandosi diplomi e medagliette. Innocui giochetti per vegliardi inutili.

 

Da un articolo su "Il Borghese"
"Mattei non è stato assassinato".

Evidentemente le Sette Sorelle oltre che i loro sicari pagano bene anche i "Press agents".


Un certo modo di fare politica

Due sostanzialmente sono le accuse che ci vengono mosse da ambienti sedicenti a noi affini. La prima è che siamo ancorati a temi vecchi e tutt'altro che dinamici. Ci si accusa cioè di restringere al tempo passato l'enorme potenzialità dinamica della RSI ancorandoci alla lettera dello Statuto di essa ("18 punti di Verona") e rifiutando qualsiasi dialogo con la realtà effettiva del mondo d'oggi.
In realtà questo pregiudizio nasce dal fatto che noi esistiamo come Federazione Combattenti RSI. L'etichetta colpisce e condiziona il giudizio di chi riceve il presente bollettino e legge, o molto più spesso non legge, ciò che scriviamo. Siamo repubblichini e non lo nascondiamo. Né vediamo perchè dovremmo nasconderci e intanto ci reputiamo tali in quanto le nostre idee non sono condizionate da alcun mito generico ed utopistico. Siamo ancorati alla realtà ed in essa intendiamo operare veramente, rigenerandola soprattutto nelle coscienze. E lo facciamo qualificandoci come repubblichini non perchè vogliamo instaurare la RSI del 1943, ma perchè le stesse esigenze che ci portarono ad operare una scelta allora ci portano oggi a fare altre scelte ed a prendere altre decisioni. Costi quel che costi.
Non si tratta qui di rivendicare che allora "avevamo ragione noi". Nella storia coloro che si impegnano a fondo per le proprie idee hanno sempre ragione. Si tratta di vedere la differenza di qualità della civiltà alla quale fa riferimento un gruppo politico che vuol far fare una svolta alla comunità alla quale partecipa.
Ai nostri accusatori vorremmo consigliare la lettura dei nostri scritti e dirci in quali di essi ci riferiamo troppo al passato e non riusciamo a percepire il presente. Secondo noi questo tipo di critica nasce dall'alibi morale alla rinuncia, dal volersi sentire integrati e dalla frustrazione collegata alla percezione di questa intima lassitudine.
Un'altra accusa è al nostro non attivismo politico. Intendendo per attivismo quel frenetico agitarsi, contattare, organizzare, che perde quasi sempre di vista lo scopo, che farnetica di rivoluzioni sotto la porta di casa, che complotta al bar, che telefona di notte (per farsi meglio sentire dagli intercettori). Coloro che si danno a questi giochi sono i veri integrati del sistema, il quale offre loro ampiamente la possibilità di sfogare nel sogno le proprie frustrazioni, a patto che non rompano le scatole (In America hanno inventato dei Ranches fasulli dove ci si veste da pistolero, si inforca un focoso cavallo e si organizzano dei furibondi "gun-fights" liberatori. I Russi, meno fantasiosi e forse meno perfidi, hanno organizzato giocondi lager in Siberia).
Sono costoro i veri giacobini del XX secolo, uomini da clubs, apatici ed apolitici; non possiamo nemmeno qualificarli di destra perchè la rivoluzione o i sobbollimenti che essi sognano non hanno scopi al di là della pura azione. Nulla in essi è creativo ed il cozzare tra di loro come molecole di un gas impazzito dentro una camera stagna, è la vera espressione del vuoto cui può portare la moderna fase della civilizzazione. Sono pertanto molto più logici i cosiddetti rivoluzionari leninisti che uniscono alle sedute rivoluzionarie, in casa di questo o di quello, qualche bella fumatina verso mondi di evasione totale. Ad essi noi rispondiamo che la vera azione politica è quella di far circolare certe idee, affermate senza compromessi o tatticismi, agendo in profondità sulle coscienze con una presenza continua, un giudizio vigile ed asciutto ed una fede precisa. E per fede intendiamo decidersi per qualche cosa, impostare la propria vita in vista di un fine.
Fare politica non vuol dire cercare ad ogni costo un potere (il più delle volte percepito come fasto e come dispetto al vicino di casa) ma agire sulle coscienze, portandole gradatamente ad una visione più conforme alla propria, che nel caso nostro significa un allargamento delle potenziali possibilità umane, una maggiore percezione dell'aspetto umano nei rapporti sociali, una gerarchia sociale come proiezione della gerarchia immanente alla vita.


Il congresso missista

Nei giorni dal 20 al 23 novembre u.s. i missisti hanno celebrato il 9° Congresso del loro movimento. Congresso unitario, come si é detto, e vedremo perchè.
Vista la rinuncia di "Ordine Nuovo" a contare qualcosa e, tenuto conto che di romualdiani ne è rimasto uno solo, il MSI si è presentato in questa assise "unitario" come non mai.
Il significato recondito di siffatta unitarietà risiede quindi nel fatto che tale movimento, avendo pressoché ufficialmente assunto il ruolo di corrente di destra della DC, ha fatto in modo che, almeno in sede congressuale, non emergesse alcuna sottocorrente.
Dagli interventi, spesso eterogenei e concitati, è apparso tuttavia chiaro che quel movimento è, oggi più che mai, un coacervo di interessi e di irriducibili rivalità.
Inutilmente Baghino -senza ovviamente specificare di quale idea si trattasse- ha scritto che: «nel grande salone congressuale aleggia gigante l'Idea ...».
L'idea ce la spiega poi Almirante:
«Noi siamo la destra nazionale».
«Noi siamo l'idea corporativa».
«Noi siamo l'alternativa al sistema».

Proposizioni che, evidentemente, si elidono a vicenda, poiché chi si pone a destra ed accetta un ruolo di destra non può non precludersi qualsivoglia soluzione corporativa; soluzione che nasce da una concezione unitaria dello Stato non suscettibile di essere contrabbandata come fatto di destra. Né, francamente, si vede come una parte di un sistema composito possa porsi quale alternativa dell'intero sistema medesimo.
Noi crediamo che «gli uomini possono sentirsi uniti per sangue, per tradizioni comuni, per finalità comuni».
Ebbene, nella mozione conclusiva del 9° congresso missista non ravvisiamo nessuno di questi tre fattori essenziali, né pensiamo sia da considerare per «comune finalità» l'anticomunismo e l'occidentalismo missisti, che traendo origine da analisi disattente ed interessate delle due pseudo-dottrine, comportano, peraltro, l'adesione all'ebraismo, all'atlantismo ed al conservatorismo sociale.
Infatti, nessuna idea per una nuova politica mediterranea ed europea e nessuna sincera volontà di lotta contro l'antifascismo emergono dalla mozione acclamata.
È stata però ribadita la decisione di ostacolare -secondo gli schemi della destra DC- l'istituirsi della «repubblica conciliare» la quale, a nostro avviso, è già nei fatti ed il combatterla esige ben altre volontà, ben altre idee, ben altre capacità di lotta.
Visto poi che il congresso ha sapientemente evitato qualsiasi riferimento al Fascismo ed alla RSI, non si vedono le ragioni dell'intervento, nelle rispettive abusive qualifiche, della Gatteschi e di Languasco i quali, come al solito, hanno rivelato un totale, bovino grado di ammaestramento.
Perchè parlare ancora di tali strani figuri? Da essi ormai non sarà più possibile attendere un minimo di onestà né di discernimento politici.
L'equazione «MSI = RSI» è oggi una bestemmia e forse non è lontano il giorno in cui saranno puniti i bestemmiatori, i transfughi e i seminatori di discordia.
In sostanza il MSI esce dal suo 9° congresso completamente assorbito nella dialettica del sistema. L'abbandono di certe liturgie (niente più giovanotti in maglione nero, niente aquile e gagliardetti, ma solo tricolori e vantaggiose figliole in minigonna) vorrebbe dimostrare che, mentre all'esterno, nella forma, si deve dare la sensazione di aver rinunciato ad ogni aggancio col passato, all'interno, e cioè nella sostanza, a quel passato sempre maggiormente si aderisce. Ma così non è. La sostanza della quasi totalità degli interventi e soprattutto quella della mozione conclusiva, lo dimostrano clamorosamente.
A nostro avviso, comunque, se il MSI saprà continuare nella linea emersa dal congresso è certamente destinato a mietere più di un successo a destra, a scapito dei liberali, dei monarchici, del PSU e, dopo il morboso attaccamento dimostrato al concordato e all'indissolubilità del matrimonio, anche della stessa DC.
Un fatto però è certo: il MSI, dopo il suo ultimo congresso, è un partito irreversibilmente antifascista.
 

I periodi di crisi possono spaventare i "moderati", la cui politica consiste nell'affidarsi ai gendarmi, ma sono una buona scuola per coloro che conoscono il prezzo del rigore e dell'intransigenza e sanno che non si mettono fondamenta se non su queste virtù.


Maurice Bardèche


Pseudo-evoliani e civilizzazione USA

Da qualche anno andiamo notando in pubblicazioni missiste e in operazioni piazzaiole della stessa gente, la strumentalizzazione del pensiero evoliano verso fini tutt'altro che dignitosi. La volgarizzazione dei fondamenti del pensiero tradizionale in articoletti di maniera denuncianti l'epidermico quanto di breve durata entusiasmo verso gli aspetti che più si prestano a retoriche speculazioni. Ciò che da fastidio è la fatuità insita in simile operazione attuata con cialtronesca determinazione da una classe politica capace di tutto compromettere e slordare pur di conservare i suoi facili privilegi (non parliamo poi dei colonnelli del Kentuky o degli sceriffi onorari del Kansas City). È chiaro peraltro che non solo la Tradizione ma anche Evola col suo pensiero è al di là ed al di sopra di coloro che sono capaci di tutto ridurre alla propria infima misura.
Una parola va anche riservata a quei piccoli gruppi qua e là esistenti per l'Italia, che del loro farneticante ed opportunistico astrattismo ideologico fanno un alibi per un reale abbandono di ogni posizione virile. Li sentiamo parlare di Tradizione, di Evola e poi via via, mentre si dipana il discorso, li sentiamo parlare di protezione americana contro la Russia, di cappello atomico, di Occidente che va salvato, ecc. Noi non siamo portati molto a credere al senso di dignità di individui i quali cianciano di Libertà e di indipendenza contro il padrone di altri ed accettano la «protezione» del padrone che hanno in casa. Ma non è tutto. È vero che la civilizzazione americana è forse peggio della società russa per ciò che di degradante essa contiene per l'essenza dell'uomo. Distinguendosi quella russa solo per la brutalità e la cinerea violenza della sua oppressione. Ora, questi sedicenti tradizionalisti mostrando di temere molto più la diminuzione delle attuali comodità che la azione demolitrice giornaliera attuata nella nostra società dalle idee del positivismo mercantile. A commento di ciò riportiamo alcuni passi inequivocabili tratti da diversi scritti di J. Evola.
«... Se così stanno le cose, una soluzione è senz'altro da scartare: quella che consiste nell'appoggiarsi a tutto ciò che sopravvive del mondo della borghesia, nel difenderlo e nel servirsene da base contro le correnti più spinte della dissoluzione, eventualmente dopo aver cercato di rafforzare e di animare questi resti con alcuni valori più alti, cioè tradizionali». ("Pagine Libere", Agosto 63).
«... si sa come nel periodo fascista vi fu una tendenzialità antiborghese che avrebbe voluto esplicarsi in un non dissimile senso. Purtroppo anche qui la sostanza umana non fu all'altezza del compito. E perfino dell'antiretorica si seppe far la retorica».
«... Ma in sede di idea, Russia e America sono da considerarsi come due branche di una stessa tenaglia in via di stringersi definitivamente intorno all'Europa. In due forme diverse ma convergenti agisce in esse una stessa forza, estranea e nemica. Le forme di standardizzazione, di conformismo, di livellamento 'democratico', di frenesia produttiva, di più produzione illimitata, quindi per una esasperazione e riduzione all'assurdo di ciò che la stessa Europa elesse. (...) Ma primitivismo, meccanicismo e brutalità stanno tanto dall'una che dall'altra parte. In un certo senso, l'americanismo per noi è più pericoloso del bolscevismo: per essere una specie di cavallo di Troia». ("Orientamenti").
«... Dell'una e dell'altra ideologia economico-sociale l'errore e l'illusione sono gli stessi, cioè l'assumere seriamente che la miseria esistenziale si riduca a quella di chi, in un modo o nell'altro, soffre dell'indigenza materiale, del depauperamento dovuto ad un dato sistema economico-sociale; che essa, pertanto, sia maggiore nel diseredato e nel proletario che non in chi vive in condizioni economiche agiate o privilegiate; che, di conseguenza, essa debba venire automaticamente meno con la "libertà dal bisogno", con l'elevamento delle condizioni materiali dell'esistenza... Solo agli strati più bassi ed ottusi della società si può dare ad intendere che la formula di ogni felicità ed integrità umana sia ciò che è stato giustamente chiamato L'"ideale animale", un benessere quasi da bestiame bovino». ("Cavalcare la tigre").
«... Lo standard morale (bolscevico) corrisponde a quello pratico dell'americano. Il comfort alla portata di tutti e la superproduzione che caratterizzano l'America, sono state pagate col prezzo tragico di milioni di uomini ridotti all'automatismo nel lavoro, ad una specializzazione ad oltranza che restringe il campo mentale ed ottunde ogni sensibilità... Qui Stalin e Ford si danno la mano, e naturalmente si stabilisce un circolo: la standardizzazione inerente ad ogni prodotto meccanico e quantitativo determina e impone la standardizzazione di chi lo consuma, l'uniformità dei gusti, una progressiva riduzione a pochi tipi, che va incontro a quella che direttamente si manifesta nelle mentalità... Così, quando le dighe non siano rotte dal fenomeno della delinquenza organizzata e da altre forme selvagge di "super compensazione", alleggerita con ogni mezzo dal peso di esser una vita a se stessa, portata per il sentire e l'agire sui binari già fatti, chiari e sicuri di Babbitt, l'anima americana torna semplice e nativa come può esserlo un ortaggio, saldamente protetta contro ogni preoccupazione trascendente dalle paratoie dell'"ideale da animale" o meno prepotente ed esplicito Brain Trust, di materialismo spicciolo nell'americanismo, possono solo servire a spianare la strada per la fase ulteriore, che è rappresentata sulla stessa direzione, dall'ideale puramente comunista dell'uomo massa. Il carattere distintivo dell'americanismo è che l'attacco contro la qualità e la personalità non vi si realizza attraverso la bruta coercizione di una dittatura proletaria e di un pensiero di Stato, ma è quasi spontaneamente, lungo le vie di una civiltà non conoscente ideali più alti di ricchezza, rendimento, e dalla concezione moralistico-ottimistico-sportiva... Inoltre ciò che nel bolscevismo sovietico è stato programmato e qua e là realizzato in fatto di espressioni "teatralizzate" del risveglio del mondo proletario ai fini di una dinamizzazione metodica delle masse, in America ha trovato da tempo il suo equivalente su ben più vasta scala e in forma, di nuovo, spontanea: è il delirio insensato dei meetings sportivi (e musicali aggiungiamo noi) incentrati in una degradazione plebea e materialistica del culto dell'azione, fenomeni di irruzioni del collettivo, questi, che peraltro come è noto, da tempo hanno varcato l'oceano... Come in Russia vi è solo da aspettar che adeguati sviluppi risolvano i residui primitivistici e caotici dell'anima slava, così negli Stati Uniti vi è solo da attendere che i residui individualistici dello spirito dei frontiers, dei pionieri del West, e di quanto ancora si scatena e cerca compensazione nelle gesta dei gangsters ed in fenomeni consimili, sia ridotto e ripreso nella corrente centrale». ("Rivolta contro il Mondo Moderno", Bocca 1951).
Dopo quanto abbiamo riportato e che speriamo sia stato letto già da tempo da qualcuno dei suddetti pseudo-evoliani, noi chiediamo se è possibile che persona a contatto epidermico giornaliero con una società che è l'espressione diretta dell'apporto della civilizzazione americana alla nostra vita, avvenuto con l'invasione e sconfitta dell'Europa nelle due ultime guerre mondiali, possano non ribellarsi ad essa con tutte le forze. Sarebbe come colui che, avendo una belva pronto a sbranarlo, si preoccupasse soltanto del pericolo che altre belve un domani non gli entrassero in casa.
Evidentemente, quello che manca è la sostanza, è la razza interiore. Il coraggio fisico ci potrebbe anche essere. Ma in questo caso sarebbe un ben misero alibi.
 

«Gli Americani con i loro films e i Russi con le loro cellule cominciano a macinare questa vecchia pietra e a farne un cemento anonimo... I fascisti sono uomini del XX secolo che non vogliono morire schiacciati da tutte le malattie che affliggono gli immobili e i sedentari, con delle grosse pance e dei muscoli fiacchi, sulla terrazza d'un caffè o nel buio d'un cinema».


Pierre Drieu La Rochelle


Due risposte da dare

Su "l'Unità" del nove dicembre è apparso un trafiletto dal titolo "Due risposte da dare" dal quale stralciamo qualche brano:
«Proprio ieri mattina (mattina del giorno otto! n.d.r.) pubblicammo un ammonimento sui propositi delle forze reazionarie e fascistiche ...»,
«... Se noi -sulla base di un'attenta osservazione politica delle nostre organizzazioni- intuivamo il pericolo, altri, che dovrebbero avere il dovere di vigilare in difesa della Repubblica e della Costituzione, dovevano conoscere ...»
«... una richiesta precisa... è la richiesta di scioglimento di tutti i gruppi armati fasciatici ...».
Crediamo di essere tra coloro che hanno gli elementi per interpretare nel giusto senso il "linguermetico" usato dal giornalista dell'organo del PCI. Approfittiamo quindi per dare anche Noi, dopo esame delle segnalazioni fatteci dalle nostre organizzazioni romane e nazionali, contemporaneamente due risposte, chiare ed inequivocabili, senza "linguermetici" di sorta; una alla cosiddetta sinistra ed una al cosiddetto centro-destra.
Alla sinistra: Noi e voi non abbiamo nulla da spartire e nulla avremo mai da spartire: voi siete (e sareste) su una barricata, Noi su un'altra. Fine del discorso.
Al centro e alla destra: Noi e voi non abbiamo nulla da spartire e nulla avremo mai da spartire: voi siete (e sareste) su una barricata, Noi su un'altra. Fine del secondo discorso.
A questo punto anche il più sprovveduto dovrebbe finalmente capire che secondo le Nostre Vedute le barricate sono tre, non due e sarebbero sempre comunque ed immediatamente tre.
Per coloro che per ottusità cronica non avessero ancora del tutto inteso cosa intendiamo dire e continuassero ad illudersi circa un ipotetico quanto assolutamente inesistente legame affettivo (tipo... amante tradito, per intenderci!), saremo ancora più espliciti:
noi non spenderemo mai le nostre energie, il nostro spirito di sacrificio, il nostro sangue, nè per gli interessi dell'URSS e dei loro servi, nè per gli interessi degli USA e dei servitori loro... tanto meno poi per un tizio qualsiasi che, fattosi magari il suo gallone quotidiano di vino, ci deliziasse da lungo tempo con i fantasmi della resistenza.
Nessuno si faccia mai più avanti in tal senso, né "camerati", né amici, né padri, né fratelli. Non avemmo e non avremo riguardo per nessuno se non per Noi e per le Nostre Idee.
Noi soli... e siamo soli!

Alfredo Oriani

Vogliamo richiamare l'attenzione dei nostri lettori su una abbastanza recente pubblicazione della "Lotta Politica in Italia" di Oriani nella collana economica e quasi tascabile della "Universale Cappelli".
È l'unica veste veramente accessibile di questo trattato fondamentale per la conoscenza della storia d'Italia. Ci sono alcune limitazioni: non è l'opera completa, iniziando solo dal Risorgimento, eppoi, come dice il curatore nella prefazione, vi sono stati apportati alcuni tagli «nell'economia della collana». Ci preme sottolineare anche la notevole presentazione. In essa, Giovanni Spadolini descrivendo l'uomo Oriani, e soprattutto il significato della sua presenza nella storia d'Italia, delinea chiaramente quello che ha rappresentato nella evoluzione della nostra società il fascismo italiano. Il nostro fascismo come quello che nacque agli inizi del secolo e si estrinsecò sia nella fase della dittatura mussoliniana che attraverso la RSI attraverso la quale divenne un messaggio politico universale.
L'esigenza infatti che mosse i primi fascisti fu quella di comporre le grandi contraddizioni inerenti alla unità italiana appena realizzatasi. Quella tra la dottrina radical-democratica, sottofondo del nuovo Stato nazionale, e la rivoluzione mazziniano-garibaldina che ne era stata l'animatrice nelle coscienze e che superava in una visione umana più completa, eroica, creatrice, la sterilità della ideologia giacobina. Quella tra l'animo gretto della politicuccia delle cose e la vocazione universale dell'italianità. Tra le profonde disparità sociali, culturali, ambientali alle quali allora come oggi non si vuol porre rimedio, e la necessità di una fraterna collaborazione fra italiani per una elevazione economica ma soprattutto culturale e morale degli elementi più arretrati della nostra società. Senza la quale elevazione culturale non è possibile collaborazione e comprensione, risolvendosi tutto nel disprezzo reciproco, nei rapporti basati sulla forza e sullo sfruttamento, nella prevaricazione politica e nell'emigrazione. In questo senso va intesa la nostra spinta espansionistica verso l'Africa che ebbe tutte le caratteristiche a conferma di ciò, checché voglia far credere lo Spadolini, il quale, conforme alla prassi presente ed eterna per certi uomini, di servile piaggeria alle idee (se ce ne sono) del Potere in atto, assimila il Fascismo al Nazionalismo, e di quest'ultimo lascia intendere ciò che comunemente si attribuisce agli egoismi nazionali. Sempre in ossequio a tale piaggeria accademica, si sottolinea che gli eredi spirituali di Oriani sono i vari esponenti dell'antifascismo militante mentre gli uomini di cultura del fascismo gli furono contrari. Oggi, veramente, il termine cultura e le sue implicazioni morali è talmente scaduto nella coscienza dei più, che si può dire e scrivere ciò che si vuole. Mussolini volle la edizione completa delle opere di Oriani a prezzi economici proprio per far percepire al maggior numero di italiani l'ampio respiro storico del pensiero di Oriani. Dal silenzio in cui era stata relegata, "Lotta Politica in Italia" assurse a testo storico fondamentale e, come spesso è capitato in questo sciagurato paese, la moda sopravanzò la cultura. Tutti coloro che aspiravano ad avere la "tessera" compravano "l'Opera Omnia" che rimaneva intonsa negli scaffali, e ne parlavano con compiaciuta ed ignorante vanteria nei salotti mondani. E ciò che si diceva sull'argomento in quei salotti è l'unica conoscenza di Oriani che hanno gli intellettuali d'oggi i quali, su di lui, continuano gli accademismi arcadici.

Import-Export

La libertà (almeno come la intendono i clerico-socialisti ed i democratici in generale) è un gran bell'affare. Soprattutto per i popoli liberi ed evoluti. Dalla libera Scandinavia, infatti, in cambio dei prodotti del nostro lavoro, noi importiamo foto di donne, di uomini, di mezzi-sesso, ignudi, per un valore di 7 miliardi di lire. Ecco cosa significa la spregiudicatezza, la libertà di stampa e tante altre belle parole inventate dai radicali di tutto il mondo per derubare i fessi, abbrutire le masse, sciupare e ingaglioffire la gioventù.


Il caso "Lotta Continua"

Il periodico "Lotta Continua" ha da poco il suo nuovo direttore nella persona di Marco Pannella segretario nazionale del Partito Radicale e della LID Lega Italiana per il Divorzio.
È la logica evoluzione di una pubblicazione che facendo dell'estremismo da accademia, serve egregiamente, coi suoi falsi scopi, a mantenere stabile la situazione politica illudendo i gonzi, titillando gli esteti, distorcendo le forze di qualche bollente giovinotto verso vicoli ciechi e possibilmente verso angoli bui (ciò riguarda i più entusiasti) ove sia possibile, poi, il ricatto.
Dice Ernst Jünger: «Nessuno si lascia subornare più facilmente di colui che non sa ciò che vuole». Tutto sta quindi con opportuni impulsi razionali o psicologici, a frastornare il maggior numero di persone che non si trovino per istinto o chissà per cos'altro, a non accettare questo regime. D'altronde, l'abilità con cui sono riusciti a far diventare una ARCADIA la Contestazione, è sotto i nostri occhi. Il solo sentirne parlare genera nei più lo stesso senso di fastidio di una barzelletta vecchia e consunta. Il bello è che ciò si svolge in piena luce, con la massima impunità, e senza celare niente, tante sono le sfumature dialettiche utilizzabili, in propria difesa, in questo momento politico caratterizzato dal vuoto più assoluto di concretezza. Quindi, più si mantiene il caos delle idee e delle proposte, più si chiede, più il potere viene esercitato incondizionatamente da chi lo detiene. Questo diciamo perchè, se è vero che la Socialdemocrazia è un coacervo di interessi settoriali tenuti insieme da un leggerissimo filo ideologico intessuto di compromessi per gestire stancamente in funzione extranazionale la cosa pubblica, è supremamente reale che il vero sottofondo culturale della società industriale atlantica e panslava è il radicalesimo, nelle sue varie sfumature. Dalla suddetta pubblicazione stanno partendo da qualche tempo, degli attacchi contro alcuni uomini della Federazione, i quali vengono assimilati a missisti o destristi vari. Il nesso con quanto detto sopra è evidente. Si tratta di neutralizzare il più possibile forze che, contrarie al Sistema, agiscono da diverse posizioni di partenza, coinvolgendole con forze del sistema che in funzione del mantenimento di esso agiscono, dentro e fuori della legge.
 

"I nostri articoli"

Qualche nostro lettore ci scrive congratulandosi perchè scriviamo degli articoli "cattivi".
Di ciò ci rammarichiamo perchè noi scriviamo soltanto ciò che pensiamo e che è vero. E forse perciò diamo l'impressione di scrivere per scrivere. L'esempio della stampa italiana è deprimente. I più scrivono per la pagnotta o per coprire, coi più strani contorcimenti, altrettanto strane operazioni politiche di vertice. Peraltro la legislazione sulla stampa è tale che non si sa mai quando si sconfina nel condannabile e quindi tutta l'abilità consiste nel dire e non dire, nello scivolare sulle parole e sulle definizioni, in sostanza nel non dire niente. Sopratutto se si azzarda qualcosa sul futuro.
Ecco perchè pensiamo che alcuni siano rimasti colpiti più dal tono che dalla sostanza del nostro discorso. Anche se volutamente non curiamo la forma, e ciò proprio perchè teniamo a far vedere che non scriviamo per autocompiacimento. Ora, compiacersi delle esercitazioni formali è un bruttissimo modo di interessarsi di politica. E ciò lo diciamo perchè nel campo della destra e di certo missismo esiste una vera inflazione di brillanti scrittori, polemisti, strappalacrime i quali si fanno leggere per queste loro doti letterarie, e arrivano a inventare situazioni, per scrivere una certa brillante battuta che hanno sognato in una notte di euforia. Costoro sono la vera espressione dell'immobilismo della destra e molto spesso traviano i giovani riducendoli ad un estetismo di maniera. Ora, passino i vecchi, per i quali l'azione politica è fisiologicamente un «tirare in lungo», mantenere uno status quo, pur che sia. Ma i giovani mostrano, così comportandosi, assenza di senso della realtà e della responsabilità. Perchè qui non si tratta di fare del rivoluzionarismo di maniera o meno, ma di attuare una serie di trasformazioni impellenti, di cui la più importante è quella del carattere, attraverso la cultura.


Quelli che vogliono operare nella DC

Esiste in Italia un certo movimento di idee che fa capo ad un ristretto numero di persone le quali ritengono di condurre avanti una lotta per una non meglio (da essi) identificata Tradizione, operando nella Democrazia Cristiana. Premesso che ognuno fa sempre ciò che vuole, noi ci limitiamo a dire che la DC sarà sempre un partito di sagrestani, di baciapile smidollati, invidiosi dell'altrui virilità. Un movimento di sgorbi morali, contro tutto ciò che è virile, che tiene conto del senso dell'onore. Trafficanti all'ombra degli altari, tra una preghiera ed uno sbaciucchiamento di anelli. Tra servizievoli inchini, raccomandazioni o ricatti sussurrati a fior di bocca, col migliore dei sorrisi. Per costoro andare verso il popolo vuol dire solleticare in esso qualsiasi tendenza plebaica. Lungi dall'elevarlo, avvicinandosi ad esso col loro mellifluo sorriso suscitano in esso, ed a ragione, uno sprezzante rifiuto per tutto ciò che essi porgono. Essi comandano perchè diretta proiezione del Vaticano. Quel Vaticano che per bocca del suo Capo nell'allocuzione al popolo del 1.1.1971, identificava il popolo in quel giovane romano che, dopo il bombardamento del 12.8.1943 inseguiva la macchina di Pio XII aggirantesi fra le macerie urlando «Meglio la schiavitù che la guerra».
E questo coacervo dovrebbe essere sensibile ai temi della Tradizione!
L'Italia d'oggi, in mano ai guelfi; o meglio, ai piagnoni, è diventata simile allo Stato Pontificio di soli cent'anni fa, mentre un soporifero mare di parole, per tutti i canali di informazione, si spande per l'aere.


Mishima

Il gesto del Samurai giapponese è esemplare. Con esso egli ha toccato una corda profonda e molto sonora nel suo popolo. Ha fatto con fredda determinazione l'unica cosa che poteva fare per risvegliare il sopito senso della dignità nazionale e della fierezza tradizionale. Ma non è il solo. Contrariamente all'abulico servilismo dei popoli europei, affogati nel grasso o abbrutiti nel grigio mondo dei cosiddetti regimi proletari, in Giappone germoglia il senso della rivolta verso i padroni americani e la loro Way of Life. La morte di Mishima è un sintomo ed uno stimolo. Ad Okinawa se ne cominciano a vedere i frutti.


Racconto fantascientifico
Fantasmi a Roma

«Porco Giuda! Ma proprio questa notte s'ha da fare la rivoluzione?» cosi pensava fra sé Fabrizio del Dongo, più noto negli ambienti attivistici della capitale coll'onomatopeico nomignolo di "Moccio" mentre avanzava lentamente, sdrusciando contro i muri dei seicenteschi palazzi, alla testa del suo Commando. In effetti, quella notte d'inverno appena iniziato era la meno adatta per una passeggiata e tantomeno per eroici furori, che vengono sempre immaginati in assolati meriggi. Ma la Patria, così era stato detto, doveva essere redenta, al più presto, e le leggi ferree della "guerra rivoluzionaria" non ammettono deroghe. Già da qualche anno, infatti, gli spiriti erano stati destati al richiamo di un eroico futuro. L'Italia era stata pervasa da un brivido di lotta ed il segnale era atteso nelle megalopoli e nei piccoli borghi, nelle sonnacchiose città di provincia e nei casolari sperduti. Alcune telefonate ad esponenti del regime avevano provocato la fuga precipitosa dì questi e l'ilarità generale, rinforzando il senso della vittoria imminente. Non si era pensato che quelle fughe erano connaturate alla natura di quei signori, abituati dalla nascita a fuggire ed a mimetizzarsi perfino nella gestione del potere. Si era creduto invece che il panico fosse stato generato dalla coscienza della debolezza.
Perciò, I organizzazione si era intensificata.
Il Capo aveva girato in lungo ed in largo il paese, prendendo contatti con nomi influenti e con umili cittadini. Alcune manovre erano state fatte. (La stampa di ogni colore aveva dato sufficiente risalto ad innocue scampagnate di qualche sparuto gruppetto di esibizionisti in divisa paramilitare provocando fremiti di eccitazione nei travet e di presunzione nei teorici della guerra rivoluzionaria).
Ma da qualche mese le notizie si erano fatte più pressanti. Corrieri segreti percorrevano le campagne, gettando fermento e sgomento, i telefoni squillavano in piena notte, interrompendo delicati sogni, tumultuosi amplessi, laboriose partite a carte. Finché, quella sera, era scattata l'ora X. Il Capo li aveva tutti chiamati e divisi per squadre. Aveva loro rivolto poche parole incitandoli alla lotta, li aveva rincuorati assicurando un successo matematico. Poi erano state distribuite le armi. A lui era stata data una cerbottana, ma Bartolomeo Colleoni, detto "Coglia" nel variopinto ed attivissimo ambiente politico della Città Universitaria, si pavoneggiava con una fiammante e nuovissima fionda. Gli altri tre erano armati di forconi e li brandivano come avevano visto nel televisivo "Cinque giornate".
Moccio, avvicinandosi alla meta, notava delle stranezze. Ad esempio, uno strano via vai di uomini in divisa. Altri in borghese ma con abiti sgualciti e soprabiti tutti uguali. Costoro passavano e ripassavano fingendo di non notarli ed il bello era che un gruppo di sciagurati, fradici di acqua, che nel pieno della notte brandendo forconi camminano come i pellerossa sul sentiero di guerra non possono non destare una ilare curiosità. Il pensiero di "Moccio" volò al film "Le spie" visto alcuni anni prima. E soprattutto ricordò una sequenza nella quale si verificava un traffico incredibile di spie che si spiavano a vicenda dai posti e con i mezzi più strani, fingendo di ignorarsi. Già in serata, in quella sala, Moccio aveva notato strani congegni: registratori, flashes, microcamere. Tutto quell'apparato dava un tono mistificatorio alla loro impresa che lo andava pian piano disgustando. Oltre ad impensierirlo. Ne parlò con il Coglia. Questi andò indietro a parlare cogli altri. Si fermarono un po' a borbottare. Moccio udiva imprecazioni e bestemmie. Non ci fece molto caso. Qualsiasi cosa dicessero, non glie ne fregava niente. L'acqua continuava a cadergli addosso fredda, ghiaccia, scocciante. Il letto era a due passi. Bastava solo salutare gli amici, lasciare le consegne a qualcuno e andare a dormire, a stendersi al caldo. Scacciò la tentazione e fece un fischio sordo al gruppo borbottante, riprendendo la marcia di avvicinamento. Ogni tanto si fermavano per passarsi una sigaretta e per smoccolare assieme. In vicinanza della meta accelerarono spontaneamente l'andatura ed arrivarono di corsa, trafelati, al punto prestabilito. E qui, non sapendo cosa fare, cominciarono ad aspettare. In verità non avevano ricevuto molte istruzioni. Era stato loro detto di raggiungere quella meta e di tenere quella posizione. Ma quella piazza scarna e nuda come poteva essere difesa, e quelle strane persone che continuavano a gironzolare con fare svagato, ed i portaordini che non arrivavano? Non c'era di che lamentarsi troppo. Tutto funzionava come sempre, cioè nel disordine e nella inefficienza più completi. Uno si ruppe le scatole e se ne andò. Gli altri insaccarono la testa nelle spalle, e battendo i piedi e fregandosi le mani attesero. L'acqua, imperterrita, continuò a cadere gelida, invincibile, dilagante e non si poteva neppure infilarsi in un androne. Dopo circa un paio d'ore arrivò qualcuno e disse che bisognava ritornare al punto di partenza. La tortura era finita, la tensione si quietò e più distesi presero la via del ritorno sfottendosi a vicenda. Moccio era deluso, non più né meno delle tante altre volte che aveva partecipato a quei strani giochetti di piazza che servivano alla stampa ed ai partiti per imbastire le loro speculazioni, i ricatti, gli scambi di vertice.
Lo stanzone nel quale si ritrovarono sapeva di fumo e di vapor acqueo. Erano circa la metà di quanti fossero tre ore prima, e ciò era scontato in partenza. Da quel calderone uscivano frammenti di bestemmie, offese varie e imprecazioni. Voci grevi ululavano che si erano rotti i testicoli di aspettare e volevano andarsene a letto. Finalmente arrivò il Capo. Si fece silenzio. Il Capo disse brevemente che il colpo di stato non si poteva fare per sopraggiunte complicazioni e veniva rimandato ad una stagione migliore. Finì dicendosi fiducioso degli immancabili destini, e salutò commosso i suoi fedeli. La sua partenza fu salutata da un imponente, fragoroso, entusiastico coro di pernacchie.


Antifascismo = Opportunismo

Ancora sangue italiano sulle piazze d'Italia ed è la tragica prova delle contraddizioni nelle quali i gruppi di potere si dibattono nella logica delle false antitesi e nella incapacità di risolvere i problemi più elementari della vita civile e sociale.
Lo stato di tensione è la conseguenza dei tentativi di capovolgimento che -nell'ambito del sistema- tenta di imporre la destra reazionaria a difesa di privilegi altrimenti compromessi. Lo stato di tensione è favorito dalle sinistre per la espansione delle proprie posizioni di potere.
In questa situazione la persecuzione ai fascisti è il ritornello sul quale è possibile ricucire tutte le solidarietà della democrazia ciellenista che si sente inutile e perciò in pericolo. E ciò avviene proprio perché quella persecuzione non ha significato politico e non comporta alcun impegno verso la soluzione dei problemi più scottanti. È un alibi per non fare niente. Scuola, sanità, urbanistica, riforme tributaria, giudiziaria, amministrativa ecc. possono attendere tranquillamente.
Il fascismo non è sinistra. Ma non è destra, non è conservazione, non è reazione, non è subordinazione alla confessione religiosa; il compromesso con le forze che le espressero durante l'esperienza di regime, di questo segnò il limite e lo portò alla sconfitta. Tali forze oggi costituiscono l'antitesi del fascismo.
Il tentativo di identificare il fascismo coi suoi opposti è puerile: va smascherato perché ha il solo scopo di coprire sia la subordinazione alle potenze padrone del globo, nell'interesse delle quali le agitazioni politiche e sindacali vengono oggi imbastite, sia gravi manovre ai danni della unitarietà e della autonomia dello stato e degli interessi del popolo italiano.
In questo clima e solo in questo clima assume consistenza il disegno clerico-bolscevico di acquisire il PCI -non meno retrivo della destra- nell'area di governo.

Italia - Repubblica - Socializzazione

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