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FNCRSI

quindicinale di informazione e di formazione politica per i Combattenti della Repubblica Sociale Italiana

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 Anno IV - nn. 2-3-4-5 (aprile 1971)

SOMMARIO

Comunicato
Un mito che respingiamo
 

 

Comunicato


Il 18 aprile 1971 si è riunita a Bologna la DN della Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana.
Esauriti i problemi organizzativi e di carattere interno, la DN ha preso in esame la situazione politica italiana, soffermandosi in particolare su quella relativa al Concordato, quale emerge dall'approvazione dell'Ordine del giorno del 7 aprile su iniziativa dei partiti della coalizione e del PCI per cui la Camera ha impegnato il Governo a concludere con la Santa Sede la revisione del Concordato.
La Direzione Nazionale della FNCRSI, rilevato che la manifestata volontà di frazionare il problema di fondo nelle molte questioni derivanti da singoli articoli e disposizioni del Concordato, rappresenta una manovra delle forze confessionali della maggioranza per eludere la definitiva soluzione della questione, e che da ciò deriva un inaccettabile stato d'inferiorità nei confronti della controparte,
constata come siano venute meno le condizioni storiche, sociali e politiche che presiedettero alla stipulazione dell'accordo.
indica nella denuncia del Concordato con la Santa Sede la riaffermazione della autonomia dello Stato e la sua indipendenza dalle pressioni e dagli interessi di Potenze straniere.


Un mito che respingiamo

Coerente a se stesso e alla sua risaputa ideologia, il gran sacerdote della estrema destra Julius Evola, il Metternich di una politica astratta dall'umana realtà, l'ispiratore dei "figli del sole", l'idolatra dell'auctoritas e dell'imperium, l'aristocrate condizionatore dei diritti e della dignità della persona secondo categorie castali, ha sentenziato ex-cattedra su!la Repubblica Sociale e sull'orientamento dei reduci.
Senz'altro riconosciamo l'organicità della concezione di Evola in funzione di una Weltanschauung alla quale si ispira: una metafisica e teologia laica che non fa una grinza anche quando sbocca in una idea dello Stato fine a se stesso talmente rigida da prescindere da ogni fondamento territoriale, temporale e nazionale.
Si tratta di una Concezione che non ammette sfumature, da accettare o respingere in blocco. Noi la respingiamo quale utopia dogmatica e disumana totalmente estranea alla verità della vita, delle sue esigenze, delle sue ricorrenti contraddizioni. Se ne rende conto lo stesso Evola quando cita in fregio al suo libro "Gli uomini e le rovine" questo passo della "Repubblica" di Platone che ben si attaglia alla sua teologia: «Vi è un modello fissato nei cieli per chiunque voglia vederlo e, avendolo visto, conformarvisi in se stesso. Ma che esso esista in qualche luogo o abbia mai ad esistere, è cosa priva di importanza: perchè questo è il solo Stato nella politica di cui egli possa mai considerarsi parte».
D'accordo: dato e non concesso che noi pure fossimo seguaci di tanto etereo modello, è pacifico che si tratta di un modello irrealizzabile, come tanti altri in ogni epoca proposti. Ma noi lo respingiamo a priori per lo spirito che lo informa e per le sue conseguenti implicazioni, astrattezza a parte, come: autoritarismo, totalitarismo, reazione, classismo, oligarchismo, ferreo gerarchismo, razzismo.
Respingiamo quindi le deduzioni di Evola quando dalla sua astratta teoria scende sul terreno pratico, e dal suo sacerdotale fanatismo di estrema destra cade perfino nel rugginoso vizio dei conservatori (di ben altro preoccupati che della visione evoliana) di chiamare comunisti quanti non sono reazionari; esattamente come dall'altra parte fanno i comunisti per i quali è fascista chiunque non sia tesserato di falce e martello. Così come nell'italico Medioevo era considerato guelfo chiunque non si dichiarasse ghibellino, e ghibellino chiunque non si dichiarasse guelfo. Fazioso espediente rettorico al quale un filosofo della politica non dovrebbe ricorrere.
Noi che non flettiamo sotto i tiri incrociati delle due fanatiche estreme, ricordiamo che militammo in Repubblica Sociale non solo per la causa della fedeltà e dell'onore militare, ma anche e soprattutto per sostenere una politica nazionale, sociale e repubblicana sintetizzata nei punti del Manifesto di Verona, da Evola spregiati. Essi furono per noi di enorme importanza intrinseca; colpi di barra, rettifiche di rotta contro le deviazioni anteriori al 25 luglio, corresponsabili di quell'evento. Quel giorno il regime scontò in blocco i suoi precedenti cedimenti a gruppi di potere economico, agli stabilimenti monarchici, militari e clericali. La Repubblica Sociale fu un ritorno sulla rotta nazionale, sociale, repubblicana dell'interventismo del '15 e del 23 marzo 1919.
Contro Evola ribadiamo il nostro favore di principio e di fatto per l'indipendenza di tutti i popoli, per il loro riscatto dai vincoli coloniali; la nostra condanna di qualsiasi intervento, sia russo che americano, nelle faccende interne di qualsiasi paese e nei contrasti tra Stati. Condanniamo in sede politica e più ancora in sede morale, i mercenari della Legione straniera che sono sbandati della vita civile ridotti al livello di prezzolata carne da cannone, disposti perfino a infierire con torture sui legionari autentici combattenti per le loro patrie. Giusto destino ha sconfitto in Indocina e in Algeria questi strumenti umani, questi killers del colonialismo.
Siamo con disprezzo avversi ai vari gran gallonati tipo generale Mac Arthur, aspiranti, beninteso in nome della civiltà, atomizzatori di terre asiatiche, responsabili di barbare intenzioni che spetta ai politici bloccare. Lasciamo a Evola di metterli sugli altari, di accettare la soggezione italiana ed europea all'America, mimetizzata nell'eufemistica alleanza che in effetti è dipendenza economica, militare, peggio ancora morale e di costume attraverso propagande e imbonimenti deturpatori perfino del linguaggio, di cui troppi italiani sono succubi.
L'opaco e stagnante regime spagnolo è, ripetiamo, all'opposto delle nobili idealità nazionali e sociali di José Antonio Primo De Rivera, il cui autentico falangismo giace irretito, accantonato dall'astuta ed ottusa prassi governativa di Franco, insieme ai suoi più autentici superstiti. Nella inerzia, nella miseria e nell'analfabetismo della massa persiste il retrivo e poliziesco regime portoghese, l'ultimo dichiaratamente colonialista e impegnante il più delle risorse nazionali nella guerra africana. Superfluo ribadire la condanna del vergognoso razzismo bianco in Sud Africa e in Rhodesia. Siamo anche favorevoli all'indipendenza dell'Irlanda del Nord e contrari alle medioevali prevaricazioni dei protestanti sui cattolici tenuti per cittadini di seconda categoria. Ma è inutile parlare di queste esigenze elementari di civiltà a chi nega a priori il diritto naturale.
Il riconoscimento della Cina, già compiuto da Inghilterra, Francia, Canada, è stato fin troppo tardivo da parte dell'Italia; ben più tempestivamente Mussolini riconobbe la Russia, con decisione che potrà meritargli da parte di Evola la solita taccia di comunista. Come si vede, siamo in buona compagnia.
Condanniamo tutte le guerre motivate da ideologie politiche, tutte le crociate di religione sia confessionale che laica, oggi, come in passato, sempre mascheranti interessi materiali travagliando popoli e continenti, col pretesto di sacri princìpi da imporre.
Conclusione di questa replica: conosciamo, non da oggi, l'astratta utopia evoliana, ne valutiamo la sincerità, non la condividiamo, crediamo da sempre, coerenti nei nostri ideali assai più umani ed aderenti alla realtà della vita, non teologici, non metafisici, non astratti e degni di rispetto..

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