A molti l'atteggiamento del vigente sistema politico che, mentre da una parte
rifiuta o cerca di allontanare il referendum sul divorzio per che potrebbe
determinare una frattura fra italiani, dall'altra imposta-tutto un programma
repressivo contro il cosiddetto neofascismo, in sostanza contro una buona fetta
di italiani, appare contraddittorio. Niente di più falso.
Si tratta in ambedue i casi di bloccare o sviare l'emergere di esigenze latenti
nella nostra società e far si che esse non diventino evidenti alla coscienza
civile di buona parte degli italiani.
L'organizzazione politica imposta dalla sconfitta militare ha avuto, nelle
intenzioni dei vincitori, lo scopo di arrestare il processo unitario iniziatosi
nel XIX secolo, processo unitario che potrà dirsi compiuto solo quando la
Giustizia sarà uguale su tutto il territorio italiano, quando tutti gli italiani
riusciranno a sentirsi uguali di fronte a una stessa Patria (solo così il
termine Patria avrà un significato comprensibile a tutti). Ciò equivale a dire
che si è dovuto arrestare la formazione di una società aderente ai tempi e alle
loro esigenze. Il processo di ricostruzione è stato tumultuoso e caotico perchè
solo in questo modo si sarebbe potuto controllare completamente sul piano
politico la situazione nazionale, mentre chi di dovere poteva tranquillamente
usufruire di una produzione industriale che gli veniva a costare ben poco
rispetto ai prezzi interni. E venderci ciò che riteneva più opportuno.
Ricordiamoci che noi siamo una propaggine USA e che tutto ciò che avviene presso
di noi è un riflesso della vita politico-economica americana.
Lo stesso artificiale miracolo economico ha avuto la funzione di distrarre buona
parte degli italiani dalle esigenze della collettività. Oggi che il miracolo
economico ha mostrato l'altra faccia, assieme alle caotiche e frazionate
rivendicazioni economiche cominciano ad emergere le fondamentali esigenze
politiche che coinvolgono di necessità anche quelle religiose, sia perchè la
religione vive su un piano più alto, ma parallelo a quello della politica, sia
perchè in Italia la vita politica risente alle radici della presenza vaticana.
Il referendum postula il dibattito, non solo ristretto al parlamento, dei
rapporti tra Stato e Chiesa. E questo comporta una presa di coscienza collettiva
ed un giudizio di fondo sull'attuale democrazia dei partiti.
Così lo scatenamento della repressione contro il cosiddetto «neofascismo» non
riguarda tanto i raggruppamenti attivistici di estrema destra i quali, con le
loro azioni più rumorose che squadristiche, sono molto utili alle grandi manovre
dei beneficiari del sistema, quanto quelle persone che cominciano a sentire
intimamente il bisogno di una trasformazione delle strutture. Tutto deve servire
come minaccia latente sul capo di tutti. È bastato che un santone
dell'antifascismo definisse lo squadrismo «attività propria del fascismo». Ben
altro è l'alternativa che si pone e si deve porre al regime. La crisi è una
crisi di rappresentatività ed il sistema non ha in se la forza di rinnovarsi; ma
ciò non significa la crisi del sistema. Sono in crisi le sue istituzioni.
Il sistema è siffatto, che ogni variazione degli umori popolari convogliata alle
elezioni, comporta la ristabilizzazione dell'equilibrio.
Aldilà del muro massiccio rappresentato da una burocrazia sempre più inerte, gli
italiani non vedono nei loro rappresentanti, anche se personalmente onesti, un
interessamento ai destini della collettività, non vedono per nulla dei
rappresentanti, ma solo automi al servizio di superfetazioni nebulose, i
partiti, i quali operano a loro volta al servizio di interessi extra-nazionali.
Ogni pericolo di una presa di coscienza in quanto aspetto della realtà politica
viene stornato da tutto l'apparato informativo composto dalle linee RAI-TV e
dalla congerie di riviste, bollettini e giornali, che hanno la funzione di
spargere cortine fumogene, con false notizie e con interpretazioni cervellotiche
di dichiarazioni o di incontri. Ma, e questo è il peggior vanto del regime di
restaurazione, il sistema è stabile proprio nella misura in cui provoca lo
scontento e lo convoglia verso i partiti che lo debbono amministrare. Ciò
aggrava ulteriormente il naturale disimpegno politico degli italiani. perchè
consente loro di scaricarsi di un disagio col voto e di acquisire la convinzione
liberatoria di aver fatto tutto ciò che doveva essere fatto. Invece non hanno
fatto niente e restano sempre più al di fuori dell'occhio del cittadino i grossi
problemi che interessano o dovrebbero interessare tutti.
Un esempio. Le elezioni anticipate hanno portato un aumento di voti, che ha
fatto molto rumore, al MSI e al PCI ma non hanno spostato i termini della
gestione del potere. Il PCI è già nella camera dei bottoni, per quanto gli
serve, da 25 anni buoni, né crediamo che un qualche ministero comunista possa
essere diverso per l'Italia da quelli socialisti già sperimentati. I voti al
MSI, pur se variamente motivati, non possono non essere stati voti di destra,
sostanzialmente liberali, dati a scapito della destra DC e del PLI. Anche se la
DC si è venuta a trovare in difficoltà a livello parlamentare e quindi come
forza di pressione sugli altri partiti per la gestione privilegiata del
sottogoverno, la situazione politica è restata la stessa di prima: bloccata
sull'equilibrio dell'immobilità che aveva già qualificato il centrosinistra.
Gli scambi ed i giochi di vertice non rappresentano un mutamento politico. Sono
le schermaglie del potere che, sempre e comunque indenne, resta al di fuori
dell'ambito del voto.
Avviso
Alcuni ex Dirigenti della Federazione
Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana (FNCRSI), decaduti -ai
sensi dello Statuto- dagli incarichi ricoperti per non aver preso parte per
quattro volte consecutive alle adunanze della Direzione Nazionale regolarmente
convocata, non hanno accettato la declaratoria della decadenza loro regolarmente
notificata e si sono incontrati a Peschiera del Garda, il 19 ottobre 1972, con
altri camerati ai quali hanno esposto che li avevano convocati per celebrare la
VIII Assemblea Nazionale dell'Associazione.
Il fastidio che ci viene dal doverci occupare ancora, dopo la nota dissidenza di
Borghese, di fatti analoghi è notevole; lo affrontiamo per separare le
responsabilità. I partecipanti alla riunione sediziosa di Peschiera non hanno
costituito l'VIII Assemblea Nazionale della FNCRSI per i seguenti motivi:
1) da un gesto di sedizione non può scaturire una manifestazione di legittima
volontà, quale appunto è chiamata ad esprimere l'Assemblea Nazionale;
2) gli organizzatori della riunione non avevano la facoltà di fissare la
adunanza dell'Assemblea Nazionale;
3) alla riunione hanno preso parte camerati che non avevano diritto di
concorrere alla costituzione dell'Assemblea Nazionale mentre molti camerati
titolari di tale diritto non sono stati convocati.
È ovviamente nulla ed inefficace per la FNCRSI ogni decisione che si è inteso
adottare nel corso della riunione sediziosa in questione.
La Segreteria Politica della FNCRSI
Anniversario
Il 23 settembre è ricorso il ventinovesimo
anniversario della fondazione della Repubblica Sociale Italiana.
Quel che ce da constatare è che non tutti coloro che ne fecero parte e vi
aderirono liberamente e spontaneamente, non perchè dovessero rendere conto alla
giustizia penale, come vuole l'antifascismo del livore, ma avevano, per sola
coerenza morale e ideologica, da mettere in gioco la pelle, il posto di lavoro
ed il destino della propria famiglia, come s'è largamente verificato a vicenda
conclusa, sono d'accordo sul significato storico, politico e sociale della RSI.
Per quanto riguarda la strage dei 300.000, dopo la deposizione delle armi e
l'arrivo degli eserciti stranieri vincitori, l'antifascismo nega anche questo e
batte la grancassa sulle vittime delle rappresaglie di guerra dell'esercito
tedesco, minacciato dalla guerriglia dei partigiani di Alexander e dai franchi
tiratori delle retrovie.
La storia di domani ristabilirà la verità, sulla base delle documentazioni
esistenti, se è stato possibile farlo per la Guerra dei trent'anni o la
persecuzione degli Albigesi o per la peste bubbonica del Seicento.
Noi c'inchineremo davanti a tutti i morti, quando gli altri lo faranno davanti
ai nostri.
Ma l'atto di fondazione dello Stato repubblicano, che agì, per ventidue mesi
impossibili a cancellarsi, su gran parte del territorio nazionale, non può avere
il semplice significato di fedeltà all'onore militare, come vorrebbero certi
colonnelli dai connotati più regi che fascisti, o di caposaldo della crociata
anticomunista, come continuano a farneticare certi piccolo-borghesi, che vedono
il boia Walter Audisio, ma si rifiutano di riconoscere i suoi mandanti sionisti,
massonici e clericali, che hanno sottoscritto il mandato dell'odio irrefrenabile
e della guerra civile, al servizio della colonizzazione capitalista.
L'ignoranza filosofica e la malafede dottrinaria di certe guardie del corpo
della civiltà occidentale perde le staffe, ogni volta che noi parliamo di Stato
di popolo o di alternativa rivoluzionaria al marxismo, che la RSI avrebbe
consegnato ai superstiti della sconfitta militare ed ai depositari dell'annuncio
mussoliniano.
Trattandosi di anniversario, a questi poveri pretoriani di Dayan, che adorano la
penombra delle sacrestie e lo scintillio degli sportelli della banca privata,
diciamo subito che la nostra coerenza con le premesse e le puntualizzazioni del
pensiero di Mussolini, depurato delle scorie del pateracchio
monarchico-liberal-gasparriano del ventennio, è perfetta.
La "Corrispondenza repubblicana" n. 16, dal titolo "Della vera libertà", scritta
di pugno suo da Mussolini, al 9° capoverso, suona testualmente:
«Libera da tutti i compromessi, la Repubblica Sociale, propugnata dal Fascismo,
vuole e deve essere il solo ed autentico Stato di popolo. Scelgano i
lavoratori».
Chi si scandalizza dei nostri termini e ci indica come marxisti non ha letto mai
Marx e non ha capito ciò che voleva Mussolini, di là dai suoi compromessi
pragmatici d'improvvisatore, e con tale bagaglio di bassa cultura non può essere
che servo sciocco del padrone di turno.
Dall'atto al fatto
o della ellisse spiritiana
Il prof. Ugo Spirito ebbe l'onore, negli
anni immediatamente precedenti all'ultima guerra mondiale, d'essere considerato
l'intellettuale italiano capace di rappresentare il Fascismo di sinistra, anzi
di poter recuperare a sinistra tutto il Regime annaspante sul compromesso
corporativo, che tanto piace agli epigoni della reazione capital-massonica
riaffiorante nella cosiddetta destra nazionale, come alternativa al marxismo e
non come semplice opposizione.
Ma non se ne fece niente ed il più bravo discepolo di Giovanni Gentile, caduto
sotto il piombo partigiano, si mantenne all'ombra del maestro, scrisse da
Firenze solo di Machiavelli e Guicciardini e forse assistette da lontano al
drammatico trasferimento del corpo dell'assassinato, durante un bombardamento
nemico, da S. Miniato alla cripta clandestina in S. Croce.
Finita la guerra, il prof. Spirito inizia una sua curiosa gara di coerenza o
fedeltà all'attualismo, per reagire, si dice, allo splendido isolamento in cui
il pensiero europeo, ma, in particolar modo, quello anglosassone, aveva relegato
il neohegelismo italiano, fin dagli anni del suo apparente splendore, sui cui
giardini incantati s'arenò anche l'intuito mussoliniano, finito a non
distinguere più tra immanenza e trascendenza ed a cadere nella trappola
gasparriana e tacchiventuriana della pacificazione religiosa.
È così che Spirito nel '48 scopre l'aporetica di Nicola Hartmann, senza
rammentarsi troppo delle sue origini ontologiche e fenomenologiche; la
problematicità dell'essere e del pensiero gli dà la possibilità di uscire
pateticamente allo scoperto, per dichiararsi quasi vinto e chiedere una risposta
ai giovani.
Ma, immediatamente dopo, il Nostro torna agli antichi amori e, poiché avanza
Mao-Tse ed anche la nuova formula della rivoluzione tradita, ecco l'attualismo
spiritiano a riscoprire la matrice dialettica che l'accomuna al pensiero di
Carlo Marx, in un'affannosa ricerca di accostamento al campo nemico, come su
un'orbita ellittica di ritorno alle posizioni già superate dalla teoria dello
atto puro, attorno al fuoco immobile, perchè mummificato dagli atti della
storia, del razionalismo scientista.
Il suo maestro, grande anche se non ne condividiamo lo averroismo mistico ed il
solipsismo morale, con quella sua mania di ridurre lo Stato all'interiorità,
aveva demolito con l'ironia sottile il positivismo grossolano e terrestre di
Roberto Ardigò; egli tenta di riconciliarsi con quello planetario di Augusto
Comte.
E questo partire dal positivismo per tornare al positivismo sarebbe perfetta
coerenza neohegeliana, per ammissione dei suoi stessi nemici.
Crediamo che il giudizio del prof. Del Noce, restauratore dell'ortodossia
cattolica, sia crudele ed interessato.
Il nocciolo della questione è costituito, però, dall'esplicita esaltazione che
Ugo Spirito fa, oggi, dello scientismo e della scienza, del suo meccanicismo e
della sua assolutizzazione ai danni dell'uomo.
Che egli sia, per vocazione un positivista lo dimostra il suo punto di partenza;
egli parte, difatti, con constatazioni di fatto.
Il mondo è cambiato e bisogna registrare il cambiamento in termini di senso
comune, sulla base della vastità territoriale e dell'istantaneità delle
comunicazioni radiotelevisive.
Non è troppo filosofico; ma, l'uomo è cambiato?
Spirito pensa di si, se insiste sul cangiamento delle prospettive morali e sul
tramonto dei valori tradizionali.
Certo, non gli si può dar torto, se egli s'accorge della decadenza delle
religioni positive, perchè sono mitologie, delle metafisiche sistematiche,
perchè sono teologie, delle dottrine politiche, perchè sono teocrazie, delle
teorie estetiche, perchè sono contenutistiche, e così via.
È perfettamente vero, anche se altri, inguaribilmente, parla di temporanea
eclissi.
Basterebbe far avanzare l'indagine filosofica sulla struttura dei valori e
sospettare che il soggetto dei valori è sempre lo spirito umano, del quale
cambia semplicemente il metro.
E, invece, se n'esce col mito più pesante, volgare ed annichilente della
scienza, come valore che sorge ed è assoluto.
La scienza, modestamente, si guadagna la sua patente di valore, perchè non
promulga verità assolute, ma fa semplici ipotesi. Per questo, trova credito
universale ed è unificatrice.
Ma questa unificazione non è certo da attribuire al carattere ipotetico della
scienza, in quanto la gente comune, che accetta d'essere unificata, crede al
valore assoluto della verità scientifica, oltre la quale non sa
andare. Il successo, lo sanno tutti, è nel suo carattere pragmatico e di
verificazione sperimentale, onde i risultati tecnici della sua applicazione sono
palesi e palpabili.
Qui l'attualista coerente non è che si vendichi dell'isolamento in cui lo ha
tenuto il pensiero anglosassone, dopo l'adozione di Wittgenstein e del Circolo
di Vienna, da parte di Russell e dell'Università di Cambridge, perchè vi scivola
definitivamente dentro ed accetta la riduzione quantitativa dello spirito umano
ed il trionfo dei valori scientifici.
Prima di procedere oltre, vorremmo porre la domanda all'illustre discepolo di
Gentile, se la sua profonda convinzione sul valore unificante della scienza sia
esente da sia pur minime vibrazioni emotive, all'idea che Enrico Fermi abbia
potuto fingere di andare a Stoccolma per riscuotere il premio Nobel e consegnare
agli americani la pila atomica, ritrovata nell'Istituto di via Panisperna, onde
impedire la vittoria dell'Asse.
In quanto all'assolutezza ed all'universalità, la teoria di Einstein, col mito
della velocità invarcabile della luce, è stata intaccata dalle fatiche più o
meno solitarie di oscuri sperimentatori, da tempo.
Ma la conclusione luminosa del prof. Spirito è la sua trasposizione dei valori
scientifici in campo morale .
Ne discutono, ormai, anche i cineasti, ma egli ci fa intravedere, come se non
l'avessimo letto da un'altra parte, che l'uomo conterà solo per la sua relazione
sociale e questo è già marxismo-leninismo moscovita, ma sarà completamente
irresponsabile sul piano individuale e, con buona pace di Cesare Lombroso, chi
commetterà delitti o solo delle porcherie verrà dichiarato pazzo o malato, come
si vede già nei telefilms americani.
Siamo, del tutto, all'inveramento della fantascienza e delle Andromede
televisive.
La morale scientifica comporterà che si potrà agire sull'individuo,
modificandolo fino al livello dell'ideale sociale del tempo.
Col rinato gusto dell'omosessualità, staremo freschi!
Ma, a parte gli scherzi, chi sarà a codificare l'ideale sociale, lui od io, o
quelli che, a loro volta, potrebbero o dovrebbero essere modificati?
La tara positivistica, fenomenologica e deterministica ha tradito l'idealista.
Vagheggia un uomo ridotto ad oggetto da trasformare scientificamente, su
indicazione di quelle scienze serie, come la biologia o la genetica, ed anche di
quelle equivoche, come la psicanalisi o la cibernetica!
Meno male che l'ing. Ceccato non è riuscito a far comporre musica o poesia od
anche un miserabile film di propaganda, alla sua macchina con gli occhi!
La conclusione sarebbe che gli scienziati costruirebbero, agendo su geni,
cromosomi e virus filtrabili, il superuomo ruminato da Nietzsche, dal
romanticismo decadente e dallo estetismo dannunziano, ma non potrebbero agire su
sé stessi, già costruiti con i mezzi ordinari e limitati dalla naturalità e
dovrebbero fare gli schiavi delle loro creature.
Lasciamo stare il prof. Del Noce, che polemizza con Ugo Spirito in posizione
fallita, perchè spera di restaurare, contestando il mondo già contestato e
perciò fa la figura di don Chisciotte contro i mulini al vento, ma al nostro
attualista, senza ricordare che lo scientismo è sotto processo per mano degli
stessi uomini di scienza, come, ad esempio, Giuseppe Sermonti, dell'Università
di Palermo, noi, che lo avremmo visto volentieri a sostenere il suo primitivo
disegno di inverare filosoficamente un fascismo di sinistra, che sia alternativa
al marxismo, un Mussolini, insomma, che venga dopo Marx, alla luce degli eventi
storici più recenti, facciamo alcune domande supplementari.
Se è vero che egli non intende negare l'instaurazione di nuovi valori
universali, accusando quelli antichi di dogmatismo e particolarità, come può
dimenticare che proprio il suo maestro Gentile ed il suo antagonista Croce hanno
sempre accusato la scienza d'essere dogmatica, astratta e particolare?
Se egli vuole negare la scienza, come attività scientifica a contenuto
circoscritto e vuol fondare una scienza, come ricerca di una verità che abbia
valore universale (universalità soggettiva, ci sembra, secondo la definizione di
Kant), non gli sembra di cadere, lui, nell'equivoco di Alexis Carrell, in
"L'uomo, questo sconosciuto", il quale vagheggia una scienza delle scienze,
ignorando che essa è sempre esistita nella sua concretezza ed universalità, come
filosofia?
Se la contestazione del mondo moderno non è quella di Augusto Del Noce e non ha
il carattere antimodernista che intende conferirle la restaurazione cattolica
ortodossa, nel qual caso siamo d'accordo con lui, circa la sua negatività, essa
è quella che fa seguito al fallimento del marxismo od alla rivoluzione fallita
od alle posizioni della cosiddetta scuola di Francoforte degli Adorno e dei
Marcuse ed, allora, come si può accettare lo scientismo, che sta proprio alla
base dei disastri della civiltà tecnologica, dell'alienazione e della
strumentalizzazione dell'anima?
Il guaio è che Ugo Spirito è un immanentista inguaribilmente legato all'antica
identificazione della trascendenza con la teologia cristiana, della metafisica
con la mitologia religiosa e della filosofia con la storia della filosofia.
Il suo immanentismo lo riconduce, con perfetta coerenza di posizioni ed
atteggiamenti, al naturalismo più romantico, matrice comune all'idealismo ed al
positivismo.
Il problema è, invece, di escogitare un nuovo metro di valore, nella triplice
direzione dello spirito, in cui lo condiziona la trascendenza assoluta, l'alterità
ed il dualismo processuale.
Ma questo è un discorso che noi, disposti all'alternativa rivoluzionaria,
continueremo da soli.
|