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FNCRSI

quindicinale di informazione e di formazione politica per i Combattenti della Repubblica Sociale Italiana

La pubblicazione è aperta alla collaborazione di tutti gli iscritti alla FNCRSI. È però riservata al giudizio insindacabile della Direzione del periodico l'accettazione del materiale pervenuto. Gli articoli firmati esprimono solo la opinione degli autori e quindi non impegnano la FNCRSI né la Direzione del periodico se non per il giudizio generico di riconoscimento dell'importanza e tempestività dell'argomento trattato e della opportunità che esso venga conosciuto e dibattuto dai Camerati ai quali la pubblicazione è inviata. I manoscritti anche se non pubblicati non si restituiscono. Distribuzione gratuita agli iscritti alla FNCRSI

 Anno V - n° 11-12 (15 dicembre 1972)

SOMMARIO

Avviso
Anniversario
Dall'atto al fatto o della ellisse spiritiana



A molti l'atteggiamento del vigente sistema politico che, mentre da una parte rifiuta o cerca di allontanare il referendum sul divorzio per che potrebbe determinare una frattura fra italiani, dall'altra imposta-tutto un programma repressivo contro il cosiddetto neofascismo, in sostanza contro una buona fetta di italiani, appare contraddittorio. Niente di più falso.
Si tratta in ambedue i casi di bloccare o sviare l'emergere di esigenze latenti nella nostra società e far si che esse non diventino evidenti alla coscienza civile di buona parte degli italiani.
L'organizzazione politica imposta dalla sconfitta militare ha avuto, nelle intenzioni dei vincitori, lo scopo di arrestare il processo unitario iniziatosi nel XIX secolo, processo unitario che potrà dirsi compiuto solo quando la Giustizia sarà uguale su tutto il territorio italiano, quando tutti gli italiani riusciranno a sentirsi uguali di fronte a una stessa Patria (solo così il termine Patria avrà un significato comprensibile a tutti). Ciò equivale a dire che si è dovuto arrestare la formazione di una società aderente ai tempi e alle loro esigenze. Il processo di ricostruzione è stato tumultuoso e caotico perchè solo in questo modo si sarebbe potuto controllare completamente sul piano politico la situazione nazionale, mentre chi di dovere poteva tranquillamente usufruire di una produzione industriale che gli veniva a costare ben poco rispetto ai prezzi interni. E venderci ciò che riteneva più opportuno. Ricordiamoci che noi siamo una propaggine USA e che tutto ciò che avviene presso di noi è un riflesso della vita politico-economica americana.
Lo stesso artificiale miracolo economico ha avuto la funzione di distrarre buona parte degli italiani dalle esigenze della collettività. Oggi che il miracolo economico ha mostrato l'altra faccia, assieme alle caotiche e frazionate rivendicazioni economiche cominciano ad emergere le fondamentali esigenze politiche che coinvolgono di necessità anche quelle religiose, sia perchè la religione vive su un piano più alto, ma parallelo a quello della politica, sia perchè in Italia la vita politica risente alle radici della presenza vaticana. Il referendum postula il dibattito, non solo ristretto al parlamento, dei rapporti tra Stato e Chiesa. E questo comporta una presa di coscienza collettiva ed un giudizio di fondo sull'attuale democrazia dei partiti.
Così lo scatenamento della repressione contro il cosiddetto «neofascismo» non riguarda tanto i raggruppamenti attivistici di estrema destra i quali, con le loro azioni più rumorose che squadristiche, sono molto utili alle grandi manovre dei beneficiari del sistema, quanto quelle persone che cominciano a sentire intimamente il bisogno di una trasformazione delle strutture. Tutto deve servire come minaccia latente sul capo di tutti. È bastato che un santone dell'antifascismo definisse lo squadrismo «attività propria del fascismo». Ben altro è l'alternativa che si pone e si deve porre al regime. La crisi è una crisi di rappresentatività ed il sistema non ha in se la forza di rinnovarsi; ma ciò non significa la crisi del sistema. Sono in crisi le sue istituzioni.
Il sistema è siffatto, che ogni variazione degli umori popolari convogliata alle elezioni, comporta la ristabilizzazione dell'equilibrio.
Aldilà del muro massiccio rappresentato da una burocrazia sempre più inerte, gli italiani non vedono nei loro rappresentanti, anche se personalmente onesti, un interessamento ai destini della collettività, non vedono per nulla dei rappresentanti, ma solo automi al servizio di superfetazioni nebulose, i partiti, i quali operano a loro volta al servizio di interessi extra-nazionali. Ogni pericolo di una presa di coscienza in quanto aspetto della realtà politica viene stornato da tutto l'apparato informativo composto dalle linee RAI-TV e dalla congerie di riviste, bollettini e giornali, che hanno la funzione di spargere cortine fumogene, con false notizie e con interpretazioni cervellotiche di dichiarazioni o di incontri. Ma, e questo è il peggior vanto del regime di restaurazione, il sistema è stabile proprio nella misura in cui provoca lo scontento e lo convoglia verso i partiti che lo debbono amministrare. Ciò aggrava ulteriormente il naturale disimpegno politico degli italiani. perchè consente loro di scaricarsi di un disagio col voto e di acquisire la convinzione liberatoria di aver fatto tutto ciò che doveva essere fatto. Invece non hanno fatto niente e restano sempre più al di fuori dell'occhio del cittadino i grossi problemi che interessano o dovrebbero interessare tutti.
Un esempio. Le elezioni anticipate hanno portato un aumento di voti, che ha fatto molto rumore, al MSI e al PCI ma non hanno spostato i termini della gestione del potere. Il PCI è già nella camera dei bottoni, per quanto gli serve, da 25 anni buoni, né crediamo che un qualche ministero comunista possa essere diverso per l'Italia da quelli socialisti già sperimentati. I voti al MSI, pur se variamente motivati, non possono non essere stati voti di destra, sostanzialmente liberali, dati a scapito della destra DC e del PLI. Anche se la DC si è venuta a trovare in difficoltà a livello parlamentare e quindi come forza di pressione sugli altri partiti per la gestione privilegiata del sottogoverno, la situazione politica è restata la stessa di prima: bloccata sull'equilibrio dell'immobilità che aveva già qualificato il centrosinistra.
Gli scambi ed i giochi di vertice non rappresentano un mutamento politico. Sono le schermaglie del potere che, sempre e comunque indenne, resta al di fuori dell'ambito del voto.
 

Avviso

Alcuni ex Dirigenti della Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana (FNCRSI), decaduti -ai sensi dello Statuto- dagli incarichi ricoperti per non aver preso parte per quattro volte consecutive alle adunanze della Direzione Nazionale regolarmente convocata, non hanno accettato la declaratoria della decadenza loro regolarmente notificata e si sono incontrati a Peschiera del Garda, il 19 ottobre 1972, con altri camerati ai quali hanno esposto che li avevano convocati per celebrare la VIII Assemblea Nazionale dell'Associazione.
Il fastidio che ci viene dal doverci occupare ancora, dopo la nota dissidenza di Borghese, di fatti analoghi è notevole; lo affrontiamo per separare le responsabilità. I partecipanti alla riunione sediziosa di Peschiera non hanno costituito l'VIII Assemblea Nazionale della FNCRSI per i seguenti motivi:
1) da un gesto di sedizione non può scaturire una manifestazione di legittima volontà, quale appunto è chiamata ad esprimere l'Assemblea Nazionale;
2) gli organizzatori della riunione non avevano la facoltà di fissare la adunanza dell'Assemblea Nazionale;
3) alla riunione hanno preso parte camerati che non avevano diritto di concorrere alla costituzione dell'Assemblea Nazionale mentre molti camerati titolari di tale diritto non sono stati convocati.
È ovviamente nulla ed inefficace per la FNCRSI ogni decisione che si è inteso adottare nel corso della riunione sediziosa in questione.
La Segreteria Politica della FNCRSI

Anniversario

Il 23 settembre è ricorso il ventinovesimo anniversario della fondazione della Repubblica Sociale Italiana.
Quel che ce da constatare è che non tutti coloro che ne fecero parte e vi aderirono liberamente e spontaneamente, non perchè dovessero rendere conto alla giustizia penale, come vuole l'antifascismo del livore, ma avevano, per sola coerenza morale e ideologica, da mettere in gioco la pelle, il posto di lavoro ed il destino della propria famiglia, come s'è largamente verificato a vicenda conclusa, sono d'accordo sul significato storico, politico e sociale della RSI.
Per quanto riguarda la strage dei 300.000, dopo la deposizione delle armi e l'arrivo degli eserciti stranieri vincitori, l'antifascismo nega anche questo e batte la grancassa sulle vittime delle rappresaglie di guerra dell'esercito tedesco, minacciato dalla guerriglia dei partigiani di Alexander e dai franchi tiratori delle retrovie.
La storia di domani ristabilirà la verità, sulla base delle documentazioni esistenti, se è stato possibile farlo per la Guerra dei trent'anni o la persecuzione degli Albigesi o per la peste bubbonica del Seicento.
Noi c'inchineremo davanti a tutti i morti, quando gli altri lo faranno davanti ai nostri.
Ma l'atto di fondazione dello Stato repubblicano, che agì, per ventidue mesi impossibili a cancellarsi, su gran parte del territorio nazionale, non può avere il semplice significato di fedeltà all'onore militare, come vorrebbero certi colonnelli dai connotati più regi che fascisti, o di caposaldo della crociata anticomunista, come continuano a farneticare certi piccolo-borghesi, che vedono il boia Walter Audisio, ma si rifiutano di riconoscere i suoi mandanti sionisti, massonici e clericali, che hanno sottoscritto il mandato dell'odio irrefrenabile e della guerra civile, al servizio della colonizzazione capitalista.
L'ignoranza filosofica e la malafede dottrinaria di certe guardie del corpo della civiltà occidentale perde le staffe, ogni volta che noi parliamo di Stato di popolo o di alternativa rivoluzionaria al marxismo, che la RSI avrebbe consegnato ai superstiti della sconfitta militare ed ai depositari dell'annuncio mussoliniano.
Trattandosi di anniversario, a questi poveri pretoriani di Dayan, che adorano la penombra delle sacrestie e lo scintillio degli sportelli della banca privata, diciamo subito che la nostra coerenza con le premesse e le puntualizzazioni del pensiero di Mussolini, depurato delle scorie del pateracchio monarchico-liberal-gasparriano del ventennio, è perfetta.
La "Corrispondenza repubblicana" n. 16, dal titolo "Della vera libertà", scritta di pugno suo da Mussolini, al 9° capoverso, suona testualmente:
«Libera da tutti i compromessi, la Repubblica Sociale, propugnata dal Fascismo, vuole e deve essere il solo ed autentico Stato di popolo. Scelgano i lavoratori».
Chi si scandalizza dei nostri termini e ci indica come marxisti non ha letto mai Marx e non ha capito ciò che voleva Mussolini, di là dai suoi compromessi pragmatici d'improvvisatore, e con tale bagaglio di bassa cultura non può essere che servo sciocco del padrone di turno.

 

Dall'atto al fatto o della ellisse spiritiana

Il prof. Ugo Spirito ebbe l'onore, negli anni immediatamente precedenti all'ultima guerra mondiale, d'essere considerato l'intellettuale italiano capace di rappresentare il Fascismo di sinistra, anzi di poter recuperare a sinistra tutto il Regime annaspante sul compromesso corporativo, che tanto piace agli epigoni della reazione capital-massonica riaffiorante nella cosiddetta destra nazionale, come alternativa al marxismo e non come semplice opposizione.
Ma non se ne fece niente ed il più bravo discepolo di Giovanni Gentile, caduto sotto il piombo partigiano, si mantenne all'ombra del maestro, scrisse da Firenze solo di Machiavelli e Guicciardini e forse assistette da lontano al drammatico trasferimento del corpo dell'assassinato, durante un bombardamento nemico, da S. Miniato alla cripta clandestina in S. Croce.
Finita la guerra, il prof. Spirito inizia una sua curiosa gara di coerenza o fedeltà all'attualismo, per reagire, si dice, allo splendido isolamento in cui il pensiero europeo, ma, in particolar modo, quello anglosassone, aveva relegato il neohegelismo italiano, fin dagli anni del suo apparente splendore, sui cui giardini incantati s'arenò anche l'intuito mussoliniano, finito a non distinguere più tra immanenza e trascendenza ed a cadere nella trappola gasparriana e tacchiventuriana della pacificazione religiosa.
È così che Spirito nel '48 scopre l'aporetica di Nicola Hartmann, senza rammentarsi troppo delle sue origini ontologiche e fenomenologiche; la problematicità dell'essere e del pensiero gli dà la possibilità di uscire pateticamente allo scoperto, per dichiararsi quasi vinto e chiedere una risposta ai giovani.
Ma, immediatamente dopo, il Nostro torna agli antichi amori e, poiché avanza Mao-Tse ed anche la nuova formula della rivoluzione tradita, ecco l'attualismo spiritiano a riscoprire la matrice dialettica che l'accomuna al pensiero di Carlo Marx, in un'affannosa ricerca di accostamento al campo nemico, come su un'orbita ellittica di ritorno alle posizioni già superate dalla teoria dello atto puro, attorno al fuoco immobile, perchè mummificato dagli atti della storia, del razionalismo scientista.
Il suo maestro, grande anche se non ne condividiamo lo averroismo mistico ed il solipsismo morale, con quella sua mania di ridurre lo Stato all'interiorità, aveva demolito con l'ironia sottile il positivismo grossolano e terrestre di Roberto Ardigò; egli tenta di riconciliarsi con quello planetario di Augusto Comte.
E questo partire dal positivismo per tornare al positivismo sarebbe perfetta coerenza neohegeliana, per ammissione dei suoi stessi nemici.
Crediamo che il giudizio del prof. Del Noce, restauratore dell'ortodossia cattolica, sia crudele ed interessato.
Il nocciolo della questione è costituito, però, dall'esplicita esaltazione che Ugo Spirito fa, oggi, dello scientismo e della scienza, del suo meccanicismo e della sua assolutizzazione ai danni dell'uomo.
Che egli sia, per vocazione un positivista lo dimostra il suo punto di partenza; egli parte, difatti, con constatazioni di fatto.
Il mondo è cambiato e bisogna registrare il cambiamento in termini di senso comune, sulla base della vastità territoriale e dell'istantaneità delle comunicazioni radiotelevisive.
Non è troppo filosofico; ma, l'uomo è cambiato?
Spirito pensa di si, se insiste sul cangiamento delle prospettive morali e sul tramonto dei valori tradizionali.
Certo, non gli si può dar torto, se egli s'accorge della decadenza delle religioni positive, perchè sono mitologie, delle metafisiche sistematiche, perchè sono teologie, delle dottrine politiche, perchè sono teocrazie, delle teorie estetiche, perchè sono contenutistiche, e così via.
È perfettamente vero, anche se altri, inguaribilmente, parla di temporanea eclissi.
Basterebbe far avanzare l'indagine filosofica sulla struttura dei valori e sospettare che il soggetto dei valori è sempre lo spirito umano, del quale cambia semplicemente il metro.
E, invece, se n'esce col mito più pesante, volgare ed annichilente della scienza, come valore che sorge ed è assoluto.
La scienza, modestamente, si guadagna la sua patente di valore, perchè non promulga verità assolute, ma fa semplici ipotesi. Per questo, trova credito universale ed è unificatrice.
Ma questa unificazione non è certo da attribuire al carattere ipotetico della scienza, in quanto la gente comune, che accetta d'essere unificata, crede al valore assoluto della verità scientifica, oltre la quale non sa
andare. Il successo, lo sanno tutti, è nel suo carattere pragmatico e di verificazione sperimentale, onde i risultati tecnici della sua applicazione sono palesi e palpabili.
Qui l'attualista coerente non è che si vendichi dell'isolamento in cui lo ha tenuto il pensiero anglosassone, dopo l'adozione di Wittgenstein e del Circolo di Vienna, da parte di Russell e dell'Università di Cambridge, perchè vi scivola definitivamente dentro ed accetta la riduzione quantitativa dello spirito umano ed il trionfo dei valori scientifici.
Prima di procedere oltre, vorremmo porre la domanda all'illustre discepolo di Gentile, se la sua profonda convinzione sul valore unificante della scienza sia esente da sia pur minime vibrazioni emotive, all'idea che Enrico Fermi abbia potuto fingere di andare a Stoccolma per riscuotere il premio Nobel e consegnare agli americani la pila atomica, ritrovata nell'Istituto di via Panisperna, onde impedire la vittoria dell'Asse.
In quanto all'assolutezza ed all'universalità, la teoria di Einstein, col mito della velocità invarcabile della luce, è stata intaccata dalle fatiche più o meno solitarie di oscuri sperimentatori, da tempo.
Ma la conclusione luminosa del prof. Spirito è la sua trasposizione dei valori scientifici in campo morale .
Ne discutono, ormai, anche i cineasti, ma egli ci fa intravedere, come se non l'avessimo letto da un'altra parte, che l'uomo conterà solo per la sua relazione sociale e questo è già marxismo-leninismo moscovita, ma sarà completamente irresponsabile sul piano individuale e, con buona pace di Cesare Lombroso, chi commetterà delitti o solo delle porcherie verrà dichiarato pazzo o malato, come si vede già nei telefilms americani.
Siamo, del tutto, all'inveramento della fantascienza e delle Andromede televisive.
La morale scientifica comporterà che si potrà agire sull'individuo, modificandolo fino al livello dell'ideale sociale del tempo.
Col rinato gusto dell'omosessualità, staremo freschi!
Ma, a parte gli scherzi, chi sarà a codificare l'ideale sociale, lui od io, o quelli che, a loro volta, potrebbero o dovrebbero essere modificati?
La tara positivistica, fenomenologica e deterministica ha tradito l'idealista.
Vagheggia un uomo ridotto ad oggetto da trasformare scientificamente, su indicazione di quelle scienze serie, come la biologia o la genetica, ed anche di quelle equivoche, come la psicanalisi o la cibernetica!
Meno male che l'ing. Ceccato non è riuscito a far comporre musica o poesia od anche un miserabile film di propaganda, alla sua macchina con gli occhi!
La conclusione sarebbe che gli scienziati costruirebbero, agendo su geni, cromosomi e virus filtrabili, il superuomo ruminato da Nietzsche, dal romanticismo decadente e dallo estetismo dannunziano, ma non potrebbero agire su sé stessi, già costruiti con i mezzi ordinari e limitati dalla naturalità e dovrebbero fare gli schiavi delle loro creature.
Lasciamo stare il prof. Del Noce, che polemizza con Ugo Spirito in posizione fallita, perchè spera di restaurare, contestando il mondo già contestato e perciò fa la figura di don Chisciotte contro i mulini al vento, ma al nostro attualista, senza ricordare che lo scientismo è sotto processo per mano degli stessi uomini di scienza, come, ad esempio, Giuseppe Sermonti, dell'Università di Palermo, noi, che lo avremmo visto volentieri a sostenere il suo primitivo disegno di inverare filosoficamente un fascismo di sinistra, che sia alternativa al marxismo, un Mussolini, insomma, che venga dopo Marx, alla luce degli eventi storici più recenti, facciamo alcune domande supplementari.
Se è vero che egli non intende negare l'instaurazione di nuovi valori universali, accusando quelli antichi di dogmatismo e particolarità, come può dimenticare che proprio il suo maestro Gentile ed il suo antagonista Croce hanno sempre accusato la scienza d'essere dogmatica, astratta e particolare?
Se egli vuole negare la scienza, come attività scientifica a contenuto circoscritto e vuol fondare una scienza, come ricerca di una verità che abbia valore universale (universalità soggettiva, ci sembra, secondo la definizione di Kant), non gli sembra di cadere, lui, nell'equivoco di Alexis Carrell, in "L'uomo, questo sconosciuto", il quale vagheggia una scienza delle scienze, ignorando che essa è sempre esistita nella sua concretezza ed universalità, come filosofia?
Se la contestazione del mondo moderno non è quella di Augusto Del Noce e non ha il carattere antimodernista che intende conferirle la restaurazione cattolica ortodossa, nel qual caso siamo d'accordo con lui, circa la sua negatività, essa è quella che fa seguito al fallimento del marxismo od alla rivoluzione fallita od alle posizioni della cosiddetta scuola di Francoforte degli Adorno e dei Marcuse ed, allora, come si può accettare lo scientismo, che sta proprio alla base dei disastri della civiltà tecnologica, dell'alienazione e della strumentalizzazione dell'anima?
Il guaio è che Ugo Spirito è un immanentista inguaribilmente legato all'antica identificazione della trascendenza con la teologia cristiana, della metafisica con la mitologia religiosa e della filosofia con la storia della filosofia.
Il suo immanentismo lo riconduce, con perfetta coerenza di posizioni ed atteggiamenti, al naturalismo più romantico, matrice comune all'idealismo ed al positivismo.
Il problema è, invece, di escogitare un nuovo metro di valore, nella triplice direzione dello spirito, in cui lo condiziona la trascendenza assoluta, l'alterità ed il dualismo processuale.
Ma questo è un discorso che noi, disposti all'alternativa rivoluzionaria, continueremo da soli.

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