POLITICA INTERNA
1 - Il Consiglio Nazionale DC - tutti
nell'ovile doroteo
Il Consiglio Sezionale della DC ha eletto
a proprio Presidente l'On. Scelba ed ha ridotto a due i vicesegretari del
partito: Forlani e Piccoli.
Il fatto politico di questo Coniglio e stato il successo dell'appello unitario
lanciato dal segretario del partito. Rumor ha letteralmente imposto il
superamento delle correnti perseguendo con tenacia il disegno concepito durante
l'ultima crisi ministeriale per risolvere i contrasti interni delle DC. Dinanzi
alla pesante ipoteca dei "radicali" sul futuro partito socialista riunificato,
si era avvertita dallo stato maggiore doroteo -Rumor, Colombo e Piccoli-
l'impossibilità di satellizzare i socialisti, cioè di ripetere l'operazione che
nel 1948 era riuscita alla DC verso i social democratici. Inoltre si era avuto
il chiaro sentore che una parte della DC fosse, ormai, conquistata alla politica
"radicale", fino al punto di rifiutare lo stesso patriottismo di partito.
Perciò, nel febbraio scorso, i dorotei presero al balzo l'occasione offerta da
Fanfani per tentare di liquidare Moro, che, insieme con la corrente di "forze
nuove" è la parte filo-radicale della DC. Fallito questo tentativo i dorotei
hanno appunto ripiegato su una tattica di compressione della sinistra e nello
stesso tempo di contenimento e di strumentalizzazione dei fanfaniani.
È questa l'azione che ha portato ai risultati del recente Consiglio Nazionale i
quali dovrebbero appunto consentire a Rumor di vincolare tutto il partito alla
politica moderata che il gruppo doroteo intende svolgere e che ormai si può
definire del centrismo a sinistra.
Con tale politica i dorotei ritengono di poter affrontare la concorrenza del
socialismo riunificato e nel contempo di tenere saldamente in mano il partito,
annullando lo spazio di manovra della sinistra filo-radicale e mantenendo nel
contempo in naftalina Fanfani e le sua prospettive di instaurare una repubblica
Presidenziale. Inoltre, nel disegno doroteo Fanfani costituisce la carta con la
quale la DC può ricattare i socialisti in quanto la riforma costituzionale da
lui prospettata è l'unica alternativa al centrosinistra che i socialisti ed i
radicali temono. Rumor l'ha posta come una spada sulla loro testa quando in
Consiglio Nazionale ha dichiarato: «La mancanza di alternative democratiche è
valida per tutti. Se si dovessero imboccare altre strade assisteremo non come si
afferma ad una formazione di blocchi contrapposti ma ad una gara per agganciare
il partito comunista».Questo agganciamento è appunto l'operazione base con la
quale, secondo Fanfani, si potrebbe aprire la strada alla Repubblica
Presidenziale.
2 - La CGIL catturata alla politica sindacale di centrosinistra
Gli ultimi scioperi hanno dimostrato
ancora una volta la crisi ed il sostanziale riformismo degli apparati sindacali
comunisti.
La CGIL si è da tempo accordata con i sindacati di centrosinistra (CISL - UIL)
giungendo a firmare manifesti nei quali appare evidente l'abbandono di ogni
lotta classista ed il sostanziale adeguamento alla linea economica
neocapitalista.
A Roma il "manifesto unitario di lotta" per lo sciopero degli edili dell'8
febbraio così si esprimeva: «le organizzazioni sindacali dei lavoratori aderenti
alla FILLEA, alla FILCA e alla FENEAL, nella formulazione delle richieste di
rinnovo del contratto hanno tenuto nel dovuto conto la situazione economica e
produttiva del settore».
Nel settore metalmeccanico il fenomeno si manifesta ancor più chiaramente con la
tattica delle lotte articolate. Non solo la categoria è stata divisa in due con
l'accordo sulle piccole e medie aziende, ma il programma di agitazione si è
ulteriormente sbriciolato in agitazioni a scacchiera evitando con cura ogni
fusione delle lotte isolate in un'unica battaglia. "l'Unità" del 4 marzo
annunziava che a Milano «dal 16 febbraio sono stati effettuati quasi 300
scioperi di durata diversa in ore diverse dalla giornata».
Questi fatti dimostrano innanzi tutto che la minaccia di "lotte aspre e
sanguinose" fatta da Longo all'ultimo congresso del PCI era un bluff ad uso
della "base", considerato che la crisi del sindacalismo comunista va assumendo
proporzioni enormi (nel triangolo industriale gli operai iscritti al partito non
superavano, nel 1965, il 7% e in centri come Torino e Milano la percentuale
oscilla a tra il 3,5 e il 4,8).
Inoltre, questa nuova politica sindacale del PCI, di stampo unionista e
riformista, sulla quale si è aperto un dibattito di cui appena possibile faremo
il punto, dimostra che la segreteria Longo si presta ottimamente ad essere
strumentalizzata da parte dei "radicali" che conducono la politica di
centrosinistra. Anzi, sembra che l'indirizzo filo-radicale di Longo, di cui già
si valsero i "laici" per far appoggiare l'elezione di Saragat alla Presidenza
della Repubblica, si sia rafforzata dalla confluenza del "radicale" Amendola
sulle posizioni della segreteria.
POLITICA
ESTERA
3 - De Gaulle mette In crisi la politica "occidentalista"
L'«ultimatum» di De Gaulle per il
disimpegno militare della Francia dagli Organismi NATO e la presentazione della
"tabella dei tempi" per l'evacuazione delle basi americane e canadesi dal suolo
francese, ha cominciato a concretizzare il disegno volto a mettere in crisi il
"protettorato americano sull'Europa".
Infatti la decisione gollista, comportando lo sfratto dei più importanti organi
del Consiglio Atlantico nonché la inutilizzazione del nevralgico oleodotto da
Mannheim a St. Nazaire e determinando una particolare situazione per l'Italia
(non più confinante con paesi della NATO), porta ad un considerevole
indebolimento della coordinazione strategica delle Forze del Patto.
Tuttavia, De Gaulle colpisce la politica USA nel suo insieme e non solo quella
verso l'Europa, in quanto la sua mossa e stata effettuata proprio mentre era in
atto il tentativo americano di rilancio dell'organizzazione militare in senso
anti-cinese.
In tal modo, grazie a De Gaulle, gli USA in luogo di conseguire l'auspicato
rilancio della propria supremazia sull'Europa coinvolgendo Paesi europei nella
guerra del Vietnam, vengono a trovarsi di fronte ad una crisi nel settore
atlantico proprio nel momento di maggior impegno nel sud-est asiatico.
Come risposta alla minaccia gollista, la politica statunitense è orientata ad
agire sull'opinione pubblica francese, cioè a sostenere ancor più di quanto
abbia fatto finora, l'opposizione interna al generale, in questo senso sembra
doversi giudicare il recente invito di Lecanuet a Mitterand par una conversione
del gruppo centrista e atlantista verso il deputato della Niève.
Anziché rafforzarsi, però, l'opposizione di sinistra, seguendo questo disegno,
va incontro ad uno sgretolamento, in quanto si annullerebbe quel successo da
essa raggiunto nelle ultime elezioni grazie sopratutto alla convergenza dei voti
comunisti su Mitterand, convergenza che verrebbe a mancare con l'accentuarsi
delle tendenze occidentaliste di quest'ultimo.
L'altra possibile via d'uscita alla crisi del Patto Atlantico potrebbe essere
quella di fare della Germania il fulcro dell'Organizzazione. Anche questa
prospettiva incontra chiare difficoltà. Un riarmo atomico tedesco, che verrebbe
posto da Erhard come condizione, accentuerebbe infatti l'attuale crisi della
linea distensiva tra Washington e Mosca.
La cosa nell'attuale momento non è ben vista dagli USA che non vorrebbero
inasprire i rapporti con l'Unione Sovietica, temendo sopratutto che essa possa
favorire l'avvento al potere dei Gruppi militari che negli ultimi tempi hanno
aumentato il loro potere all'interno dello Stato sovietico.
4 - La Spagna, l'atlantismo e la bomba di Palomares
Il ritiro che la Francia effettuerà dei
suoi soldati ed Ufficiali dalla NATO entro il 1° luglio 1965 ha gettato lo
scompiglio tra le Nazioni aderenti all'Alleanza atlantica dando il via a
frenetici colloqui al livello delle cancellerie.
Il ministro degli Esteri tedesco Schroeder, noto per aver detto in pubblico che
il governo di Bonn ha «per fine ultimo della sua politica il medesimo degli
Stati Uniti di America», ha visitato a Madrid il ministro degli Esteri spagnolo,
Castiella par sondare le possibilità circa una eventuale futura disponibilità
atlantica della Spagna.
L'entrata della Spagna nella NATO, Spagna che è già legata agli Stati Uniti da
un Patto bilaterale, potrebbe sollecitarsi come ottima soluzione ai problemi
sollevati da Parigi relativi all'ingiunzione di ritirare entro il 1° aprile 1967
tutte le truppe americane dal territorio francese e di trasferire altrove il
Quartier Generale dell'Alleanza.
A questo proposito, si è appreso da fonti ufficiose che il Governo italiano si è
offerto di ospitare gli Uffici della NATO ma, per ora, la domanda è stata
respinta senza alcuna motivazione.
Occorre dire che il ministro Castiella ha accolto gelidamente le richieste di
Schroeder facendo notare come la bomba atomica, caduta in mare presso Palomares
in seguito alla collisione in volo tra un bombardiere strategico ed un velivolo
cisterna lo scorso 17 gennaio, abbia molto irritato l'opinione pubblica
spagnola.
Quasi a superare l'ostacolo, l'8 aprile, poco tempo dopo l'incontro dei due
ministri, è stato dato l'annuncio che la bomba "H", dopo quasi tre mesi di
ricerche, era stata finalmente «ripescata».
Però da molte parti si dubita dell'autenticità di queste ritrovamento. Infatti
l'ammiraglio Guest, che ha diretto le operazioni di ricerca, ha fatto osservare
l'ordigno atomico ai giornalisti invitati da circa 200 metri di distanza. Questo
fatto ha suscitato dubbi e perplessità sull'autenticità della bomba ripescata.
Certe è che il ritrovamento influisce sull'entrata, o meno, della Spagna nella
NATO. Ma qualunque siano gli sviluppi dei colloqui e delle trattative,
l'incidente della Bomba di Palomares rimane ad indicare che gli Stati Uniti
considerano l'Europa come un campo di manovra ed un sempre possibile campo di
battaglia.
5 - Vietnam: in crisi la politica americana dei governi fantoccio
Il 10 marzo, dieci degli undici generali
costituenti la giunta militare sud-vietnamita hanno votato all'unanimità
l'estromissione dalla giunta stessa dell'undicesimo membro, il gen. Ngujen Chanh
Thi, comandante il primo corpo d'armata di stanza nella regione di Da Nang, che
comprende le cinque province più settentrionali del paese.
Tale decisione, indubbiamente provocata dal primo ministre Cao Ky, è derivata
dal desiderio di quest'ultimo di liberarsi del suo maggior rivale, usufruendo
del prestigio conferitogli dai colloqui di Honolulu. L'appoggio incondizionato
offerto da Johnson a Ky in tale occasione e la necessità per il governo
americano di sostenere il primo ministro sud-vietnamita dopo il programma comune
concordato, hanno certamente offerto a Ky l'occasione propizia per silurare Thi.
L'importanza dei comandanti delle zone militari in cui si divide il Vietnam
meridionale è vastissima ed ha continuato ad aumentare negli ultimi due anni a
causa dalla debolezza del potere centrale, perché essi hanno acquistato nella
zona di rispettiva competenza una autorità quasi proconsolare.
In particolare Thi, comandante della zona costituita dalle province più popolose
ed importanti, aveva accresciuto straordinariamente il suo potere e governava la
sua area in maniera praticamente autonoma, ignorando e spesso anche opponendosi
alle direttive di Saigon.
Perciò la decisione della giunta militare ha provocato le note reazioni nella
zona di Da Nang, dove si sono susseguite dimostrazioni e scioperi di studenti,
di civili ed anche di militari.
L'elemento che tuttavia ha turbato maggiormente la situazione ed ha fatto temere
lo scoppio di una nuova crisi è stato il rientro sulla scena politica dei
buddhisti e la loro netta posiziona anti-governativa. La loro consistenza
numerica (80% della popolazione) e le negative sorti toccate ai passati governi
che negarono importanza alla loro richieste, rendono l'opposizione dei buddhisti
un fatto non certo da sottovalutare.
Essi operano nel campo politico attraverso l'Istituto degli affari secolari,
fondato dopo la caduta di Diem con lo scopo di assicurare l'espansione
dell'influenza buddhista nel campo politico e sociale mediante un'organizzazione
permanente, realizzata su base provinciale in modo da permettere una
penetrazione capillare sopratutto tra i contadini.
L'Istituto ha subito pubblicato un manifesto di solidarietà con i seguaci del
gen. Thi. Grazie all'estromissione di quest'ultimo i buddhisti hanno ripreso la
polemica anti-governativa. Le loro prime richieste sono state: il ritorno ad un
governo civile di unità nazionale e l'elezione di un'assemblea legislativa;
hanno inoltre domandate la reintegrazione in servizio di tutti quegli ufficiali
che pur avendo partecipato nel '61 al colpo di stato anti Diem, furono poi
allontanati dai ranghi.
Le richieste dei buddisti hanno generato non poca preoccupazione fra gli
americani decisi a sostenere un governo militare dopo i falliti tentativi di
costituirne uno civile e timorosi che nel richiesto governo di unità nazionale
entrino elementi del FLN. Per cercare di appianare le nuove difficoltà
l'ambasciatore americano Cabot Lodge si è incontrato con il segretario generale
dell'Istituto degli Affari Religiosi della Chiesa Unita Buddhista, Tri Quang, ma
sinora nulla è trapelato sui risultati del colloquio.
Oltre a ciò si sono avuti anche vari incontri fra esponenti buddhisti e capi
militari sud-vietnamiti, i quali ultimi vedono, nel protrarsi delle
manifestazioni di Da Nang, un pericolo per le loro stesse posizioni.
Nonostante questi contatti diplomatici ad alto livello, la giunta militare ha
deciso di non fare concessioni agli agitatori buddhisti; sono così risultate
infondate le voci di un probabile accordo fra le due parti, considerata la presa
di posizione del governo sostenuto apertamente da Washington.
La nuova crisi sud-vietnamita dimostra le difficoltà incontrate dagli americani
nel difendere le loro posizioni con la tecnica dei governi fantoccio, la quale
ormai sembra che possa essere usata con successo soltanto nei Paesi dell'area
africana.
6 - Rottura tra i gruppi "radicali"
negli USA
Alla stesso modo che in Italia, dove il
fronte "radicale" si è scisso in due tronconi: uno che accetta il centrosinistra
moderato ("l'Espresso", La Malfa, De Martino) ed uno che lo respinge
("l'Astrolabio", Lombardi, Santi, Parri), cosi negli USA si è operata una
rottura fra i radicali governativi (dei quali è esponente il Vicepresidente
Humphrey) e quelli dell'opposizione, raccolti intorno a Bob Kennedy.
La rottura fra i due gruppi è stata determinata anche da motivi personalistici
ed inoltre ad essa ha contribuito certamente la diversa struttura dei gruppi
stessi.
Dietro Humphrey c'è la vecchia sinistra radicale sindacalista di origine
rooseveltiana e nel contempo i grandi gruppi finanziari abituati al controllo
dei sindacati. Dietro i Kennedy c'è la sinistra cattolica che convoglia le masse
degli emigranti e dei negri.
Da anni la vecchia sinistra segnava il passo ed è stato solo con il defunto
presidente che i radicali sono riusciti a superare l'ondata maccartista e
nazionalista, stabilendo un rapporto con i cattolici e trovando così un terreno
di espansione più fertile di quello tradizionale dei sindacati. Questo rapporto
ha influenzato reciprocamente il radicalismo americano e la Chiesa cattolica. Ad
essa si deve, per esempio il successo progressista in Concilio (dichiarazione
sugli ebrei, schema sulla libertà religiosa, ecc.) e le aperture
ultra-moderniste del clero americane (vedi la partecipazione dei Cardinali
Cushing e Shean a riunioni massoniche).
Morto Kennedy e di fronte alla riaffermazione dell'indirizzo nazionalista e
militarista del governo USA, l'entente cordiale fra laicisti e cattolici nello
schieramento radicale si è incrinata. Da una parte Humphrey ritiene di poter
convivere con Johnson così come questi conviveva con Kennedy, in una posizione
tattica di attesa, nella speranza di succedergli. Questo gli costa
l'accettazione formale delle posizioni johnsoniane, ma nel contempo gli consente
di poter accreditarsi presso l'opinione pubblica nazionalista come il moderato
che potrebbe salvare la faccia dell'America senza i cedimenti kennediani.
Dall'altra parte Bob Kennedy ritiene che la via per la presidenza passi
attraverso la ripresentazione dell'unità fra radicali e cattolici, la quale
potrebbe contare su una sufficiente base elettorale, stimolata dal Vaticano e
dal capi delle organizzazioni negre.
Unico punto a sfavore di Kennedy è quello che egli viene a costituire
un'alternativa estremistica dalla quale l'americano rifugge, come si vide con
Goldwater.
A favore di Humphrey gioca, oltre il ruolo di moderatore, il fatto obiettivo che
la sinistra radicale di opposizione non ha tesi da contrapporre a quelle
johnsoniane sul Vietnam, fatto che giustifica la collaborazione che egli presta
alla Amministrazione Johnson.
7 - La "distensione" prosegue: banche sovietiche in occidente
Attende soltanto di essere confermata da
fonti ufficiali la notizia secondo la quale l'Unione Sovietica aprirebbe una
succursale della Banca Narodny nella Germania occidentale e precisamente a
Francoforte.
Unica difficoltà al momento attuale è la condizione posta dai sovietici di
avere, quali funzionari, propri cittadini. Le recenti dichiarazioni di Erhard,
auspicanti una flessione della tensione con l'URSS, indicano tuttavia che anche
questo ostacolo verrà superato.
In tal modo l'interscambio fra l'Unione Sovietica e la Repubblica Federale, che
già ammonta a 400 bilioni di dollari, potrà svolgersi con trattazioni bancarie
oltremodo snellite.
È inoltre previsto da parte della Gosbank di Mosca della Banca di Salonicco, ad
Istanbul, che verrebbe ad essere utilizzata come succursale in Turchia.
In tal modo, con la succursale londinese della Banca Narodny, già funzionante,
le succursali delle banche sovietiche nell'Europa occidentale verrebbero ad
essere tre, opportunamente dislocate per coprire le aree insulari, continentali
e meridionali.
Lo spirito del neocapitalismo apprezza come si vede il colloquio e l'incontro
fra posizioni ideologiche diverse e lo concretizza, come sempre nel classico e
vantaggioso modo sopra descritto.
CRONACHE DEL
SISTEMA
8 - Parini: le correnti delle magistratura e la svedesizzazione del costume
italiano
Il caso del Parini si presta a
considerazioni di vario genere ma due fra esse sono quelle che si impongono:
1 - nella magistratura esistono tre indirizzi, cha ormai si scontrano
frontalmente e che si sono debitamente organizzati in correnti: "Terzo Potere",
"Magistratura democratica" e "Magistratura indipendente";
2 - è in atto in Italia il tentativo di svedesizzare il costume nazionale. I
Gruppi laicisti e radicali che hanno finora usato come truppe d'assalto la
stampa e l'organizzazione comunista, hanno trovato nel caso de "la Zanzara" la
possibilità di un incontro con la borghesia illuminata italiana. Da "il
Messaggere" a "la Stampa", da "il Corriera della Sera" a "la Nazione", la
vocazione borghese al libero pensiero ed al libero costume, alle posizioni di
avanguardia e al giacobinismo è rispuntata prepotente ed ha affratellato di
nuove i vecchi amici che i contrasti sui principi economici (liberismo e
dirigismo) avevano diviso.
Borghesi radicali e liberali: la programmazione li divide, il laicismo li
unisce.
A questo processo di sovversione non hanno saputo reagire né cattolici né
moralisti borghesi. Il fatto è che sia gli uni che gli altri sono oggi nell'area
culturale e ideale della sovversione laicista, per cui la loro opposizione al
processo incalzante ha ormai la stanca veste dei combattenti di retroguardia.
Non è con le concioni del dr. Lanzi né con gli articoli de "l'Osservatore
romano" che si può fermare ora l'offensiva progressista.
Occorre un'altra concezione dei rapporti fra l'uomo e lo Stato, fra i giovani e
lo Stato.
È bene comunque che il caso de "la Zanzara" sia esploso. Ogni processo di
estremizzazione è positivo negli organismi malati; è bene che il periodo di
incubazione sia finito, e che finalmente la buona famiglia italiana si trovi tra
i piedi le conseguenze del disordine dello Stato. Reagisca ora, se ha un minimo
di forza ed un minimo di dignità, alla esaltazione della ragazzina di 14 anni
che auspica l'uso degli anticoncezionali per non dover porre più limiti ai
rapporti sessuali.
Oppure si acconci a sopportare in Italia quello cha ora avviene tranquillamente
ad Amburgo, come hanno informato i giornali del 24 marzo us: «Presto madri 532
studentesse (8 di 14 anni) ad Asburgo».
9 - In pericolo la professione di collaboratore ed informatore scientifico
dell'industria farmaceutica
Sotto la pressione degli Enti mutualistici
che, con la logica degli enti parastatali e statali, vogliono stabilizzare il
loro elefantiaco complesso strutturale e burocratico, sono allo studio delle
proposte di legge che prevedono l'abolizione della professione di collaboratore
scientifico, professione meritevole quale trait-d'union insostituibile fra
ricerca farmaceutica, sempre in rapidissimo evolvere, e salute pubblica.
Nell'illusione di uno sgravio economico per gli enti parastatali e per le loro
pesanti sovrastrutture, si vogliono sacrificare 12.000 famiglie senza pensare
che la vera incidenza nel prezzo di un prodotto, per le grandi ditte, è quella
determinata dalla ricerca scientifica e non dalla propaganda, mentre la causa
dei prezzi alti della specialità farmaceutiche prodotte da piccolissime società
va proprio ricercata negli intrallazzi cui fan parte immancabilmente dirigenti
di enti mutualistici.
Naturalmente la categoria dei Collaboratori Scientifici, riunita in
un'Associazione, assiste impotente che altri decidano del suo destino in base a
programmi politici e sindacali che esulano dagli interessi concreti del settore
produttivo.
Purtroppo l'unico mezzo attraverso cui si possono far conoscere i propri
problemi è attualmente il sindacato politico, poiché è solo attraverso quel
filtro che la Nazione conosce le esigenze delle forze produttive.
Ma per l'accordo, caratteristico dell'attuale mondo politico, tra sindacati e
capitale, si può star sicuri che tutto sarà concordato in funzione di queste due
entità ed a scapito di chi lavora.
RECENSIONI
10 - D. Irving: "Apocalisse a Dresda" (ed. Mondadori, £. 3.200)
Tra le pubblicazioni che in quésti ultimi
tempi hanno messo in luce particolari eventi dell'ultimo conflitto, l'opera
dell'Irving si distingue e si impone per la serietà della documentazione e per
l'onestà della trattazione.
È per queste sue peculiarità oltreché per l'argomento, scottante quanto
ignorato, che segnaliamo queste libro all'attenzione dei lettori.
L'opera, preceduta da una autorevole prefazione del Maresciallo dell'aria dalla
RAF R. Saundby e ricca della testimonianza di centinaia di protagonisti ad alto
e basso livello e di innumerevoli documenti, ricostruisce, si può dire minuto
par minuto, nei precedenti, nell'esecuzione a nelle tragiche conseguenze, il
triplice attacco anglo-americano che, nell'arco di 14 ore e 10 minuti, il 13 e
14 febbraio 1945, ridusse in un ammasso di rovine ad in una immensa tomba per
250.000 dei suoi abitanti la città sassone di Dresda.
È la descrizione di una tragedia ed al tempo stesso di un crimine.
Che cos'era Dresda alle fatali 22,03 del 13 febbraio, quando il primo bengala
rosso lanciato dai "mosquitos" localizzatori, diede il via all'apocalittica
tempesta di fuoco che l'avrebbe annientata? Era una città indifesa, risponde
l'autore, non vi esisteva un solo pezzo di artiglieria, non un caccia si levò a
difenderla, non vi era un solo bersaglio di importanza primaria di natura
industriale, strategica e militare, ma solo una immensa e smarrita marea di
profughi in fuga davanti alle armate di Koniev e di Zukov.
C'era dunque qualche necessità militare per distruggerla? «Pochi -dice R.
Saundby, il pianificatore dell'attacco- dopo aver letto questo libro, lo
crederanno. La nostra parte, continua il Saundby, consistette nell'eseguire nel
miglior modo possibile, le istruzioni ricevute dal Ministero dell'Aviazione. E,
in questo caso, il ministero della Aviazione aveva semplicemente trasmesso le
istruzioni ricevute dai responsabili della condotta suprema della guerra».
Il tenore di tali istruzioni e la identità dei responsabili è indicata
chiaramente dall'Irving. Il 14/2/42 il Maresciallo dell'Aria Sir C. Portall, in
una lettera esplicativa delle nuove direttive dei bombardamenti, chiarì le sue
direttive: «suppongo sia chiaro che i punti di mira saranno le aree costruite,
NON (in grassetto nel teste - N.d.R.), per esempio i cantieri navali e le
fabbriche di aeroplani (…) ciò va reso ben chiaro nel caso non fosse già stato
compreso» (pag. 46). «... Il maresciallo A. Harris, comandante in capo dei
bombardieri, scrisse nelle sue memorie: "l'attacco (...) fu considerato una
necessità da persone molto più importanti di me" (pag. 141)» ed infine il
Saundby, essendo state seccamente respinte le sue obiezioni all'effettuazione
dell'azione, «... comprese che l'attacco faceva parte di un programma in cui era
personalmente interessato il Primo Ministro» (pag. 140).
Denunciata la responsabilità di Winston Churchill, il futuro occidentalista, in
merito alla strage e definito il significato terroristico delta stessa, il libro
non allarga però l'esame alle cause politiche che la provocarono.
Tuttavia, è anche con libri come questo che va sempre più chiarendosi, nella
storiografia "non impegnata" il concetto secondo cui le stragi compiute ai danni
della popolazione civile nella fase finale della guerra (da Dresda a Hiroshima a
Nagasaki) derivarono direttamente dal principio della "resa senza condizioni"
sancito nel 1942 dagli Alleati a Casablanca.
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