Italia - Repubblica - Socializzazione

 

Profilo di un combattente antimperialista

Camilo Torres, Presente!!!

Gianni Donaudi     

 

«La sovranità di un popolo non si discute, si difende con le armi alla mano»
Cesar Augusto Sandino

«Solo el pueblo salva al pueblo - y no los imbecilles que nos hablan de "prudencia"»
Evita Duarte

«Al ribelle non è ammessa l'indifferenza»
Ernst Junger

«Il ribelle deve essere armato... ma non delle armi custodite nelle caserme e negli arsenali, bensì di quelle che conserva a casa propria ...»
Ernst Junger


Oltre all'ormai bu$hinezzato Ernesto Che Guevara, il continente latino-americano ha avuto anche altri combattenti per la libertà: da José Marty, a C. A. Sandino, da Camilo Cianfuego a Fidel e tanti altri (tra cui un italiano caduto a Santo Domingo nel 1965 combattendo contro l'inva$ione nordameriKana, voluta esplicitamente da L. L. Jhonson). E in questi giorni, ricorre il 38° anniversario della morte di padre Camilo Torres Restrepo, ucciso in un conflitto a fuoco con i "regolari" di quel regime colombiano, ora con una verniciatura conservatrice e fascistoide altre volte con una liberaldemocratica, ma in ogni caso sempre e comunque legata all'imperiali$mo del dollaro nordameriKano.
Camilo nasce nel 1929, in quella terra che fu anche di Simon Bolivar e più recentemente di Gabriel Garcìa Marquez.
Ordinato sacerdote segue con entusiasmo i lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II (che contrariamente a quanto pensano molti, non sempre fu un "suicidio" per la chiesa), fino a esprimere un profondo dissenso di fronte al legame della chiesa con i potenti della terra e a suoi molti schemi e dogmi sclerotizzati.
Ma occorre subito precisare che il dissenso di Camilo, nulla a che vedere con certa esegesi olandese e nordamericana, che altro non è che una "pacifica convivenza" con il modello liberaldemocratico, neocapitalista, kon$umista, alienante e u$urokratiko, dietro l'apparente miraggio della grande "libertà individuale" e nichili$tica, della difesa della "privacy" o delle " pari opportunità".
Gli impegni intellettuali di Camilo, ricercatore di Sociologia all'Università di Bogotà e i suoi approfondimenti teorici e pratici lo porteranno sempre più a occuparsi delle condizioni dei poveri della sua patria, oppressa da un regime fantoccio, una sorta di governo-Quisling creolo, ed emanazione diretta delle Multinazionali del Petrolevm, del caucciù, della koka Kola, delle Banane e, naturalmente del grande capitale finanziario, anonimo e usuraio.
Camilo constata ogni giorno la vastità dei problemi della sua gente, le infami condizioni in cui versa la stragrande maggioranza della popolazione: la fame, le malattie, l'analfabetismo, lo sfruttamento della prostituzione minorile, ma anche la colonizzazione culturale nordamericana che con diversi mezzi che vanno dal puritanesimo più rigido e bigotto all'edonismo più becero e massificato, vuole uniformare le popolazioni del "cortile di ca$a" ad uno stile di vita ad esse completamente estraneo.
È il caso ricordare queste cose, in un momento che una grossa fetta della "sinistra" si è convertita al Mercato (pardon! al Marketing!!!) e al modello consumista e cerca le ragioni del proprio esistere nello scimmiottamento del modello d'oltre Atlantico (versione clintoniana).
Rivoluzione sociale, quindi, ma anche "nazionalitaria", difesa della specifica cultura di un popolo, "nazionalismo" difensivo e non offensivo, aggressivo, imperiali$ta e fascistoide.
Camilo Torres non rinuncia alla propria fede religiosa ma ben presto si rende conto che «non basta più pregare».
«Non celebrerò più una messa finché giustizia non sia raggiunta nella mia Patria» dice.
Di qui i primi contatti con la sinistra, all'interno della quale, però, predominano i dogmatici i quali si stupiscono che «un prete possa diventare rivoluzionario» e sarà oggetto di profonde diffidenze da parte del Partito Comunista ufficiale, il quale tiene verso Camilo lo stesso atteggiamento che quello cubano avrà agli inizi verso il giovane Fidel Castro, che quello boliviano terrà verso Che Guevara (praticamente abbandonandolo a se stesso) e che, fino all' ultimo avranno i due PC (filo sovietico e filo cinese) nicaraguensi verso il governo e il fronte Sandinista (aderendo addirittura al Listone delle opposizioni organizzato ed egemonizzato dalla destra conservatrice e reazionaria filo-U.$.A.).
Camilo Torres verrà accettato in una formazione marxista-leninista-maoista.
Le gerarchie ecclesiastiche (compromesse coi latifondisti), pur senza scomunicarlo ufficialmente, lo mettono al bando.
Ma Camilo ormai incurante di condanne e al contempo polemizzando con certi "rivoluzionari" da salotto, da bistrò e da cineclub si rende conto di quanto inutili e ridicole siano le frequenti "chiamate all'urna" (già, il kretini$mo parlamentare!) e si convince che l'unica strada percorribile è quella della lotta armata. Da qui l'adesione all'E.L.N. (Exercito de Liberacìon Nacional, tuttora esistente).
Nei suoi scritti, Camilo non si proclama comunista, ma nemmeno anticomunista.
Guarda il caso della Polonia dove "democrazia popolare" e fede cattolica convivono bene (in Polonia la chiesa ha una sua università e permette addirittura al gruppo cattolico nazionalista Pax di avere propri deputati in parlamento, e se legittime critiche al c.d. "socialismo reale" sono da fare, non sono certo quelle dei rapporti con le chiese!).
Altroché "chiesa del silenzio" tanto sbandierata negli anni '50 da tutto il pacellismo filo-atlantico e negli anni '80 da tutto l'occidentalume (compreso quello di "sinistra", dalla Rossanda a sindacati più o meno liberi da certo "opus/deismo di sinistra" e a certe sette evangeliche!!!).
Nel suo finale Proclama alla Nazione Colombiana, Camilo Torres si appella a tutte le forze sinceramente rivoluzionarie: «... siamo rivoluzionari e pensiamo che tra i rivoluzionari possano convivere i comunisti, i cattolici, i socialisti, i democratici cristiani, i nazionalisti popolari di sinistra, i libertari (...) ma anche quella base povera che vota per i due partiti-farsa: il conservatore e il liberale (...) la lotta delle classi popolari deve trasformarsi in lotta nazionale ...»

Dopo la morte Camilo Torres sarà riabilitato un po' da tutti, anche se il prete-guerrigliero fu essenzialmente un uomo libero che scelse (più politicamente che ideologicamente) da che parte stare fino all'estremo sacrificio. Fu forse "l'Uomo Differenziato", «... capace però di generosità, di prontezza d'aiuto, di virtù donatrice, di grandezza d'animo e di superamento della propria individualità».
Certamente non fu un marxista- leninista ortodosso (anche se si ritrovò a militare in tale area). Forse non ha un corrispettivo italiano e/o europeo.
E il suo senso di nazionalità tutto indo-latino, non è nemmeno sufficiente per paragonarlo a certi fenomeni pesanti e "truci" dei "nazionalbolscevichi" dell'Est europeo e post-sovietico.

 

G.D.    
 

Per saperne di più:


Mons. German Guzman, "Cattolicesimo e Rivoluzione in America Latina (Vita di Camilo Torres) - Laterza, Bari 1968

Padre Camilo Torres, "Liberazione o morte!" - Feltrinelli, Milano, 1969

"America Latina" (La chiesa si contesta) a cura di Roberto Magni e Livio Zanotti - Editori Riuniti, Roma, 1969.

"Teologia della Rivoluzione" a cura di G. Vaccari – Feltrinelli, Milano, 1968.

La canzone "Cruz de Sur" di Daniele Viglietti e il "Proclama di Camilo Torres", musicata da Fausto Amodei sono riportate nel libro "Canti Rivoluzionari nel mondo", a cura di Giuseppe Vettori - Newton Compton Ed. Roma, 1975.