Italia - Repubblica - Socializzazione

.

   

"Che" Guevara:

la menzogna a disposizione dei beceri

 

Maurizio Barozzi    (18 dicembre 2015) 

 

«Girano in Internet pseudo tesi storiche, con invenzioni di sana pianta, al fine di screditare la figura di Ernesto "Che" Guevara, un uomo che per la sua irriducibilità all’imperialismo americano, alla società borghese e al sistema capitalista, dà enormemente fastidio. Ed ovviamente i tossico tele utenti modello History Channel e i beceri di destra ci si buttano a capofitto, fanno proprie queste menzogne e pensano in tal modo di lavarsi la coscienza di avere, per tanti anni, fatto da zerbino ai nostri colonizzatori statunitensi»

 

 

            E' indubbio che la figura storica e l'immagine del "Che" hanno dato fastidio a tanta gente, essendo una personalità capace di catturare simpatie e adesioni nei più disparati ambiti.

Purtroppo in questa "società degli spettri", industrializzata e consumista la sua immagine non ha potuto sfuggire agli appetiti di quel capitalismo rapace e inumano che Guevara aveva strenuamente combattuto e così, suo malgrado, è finito anche come icona di prodotti da sponsorizzare. Un triste destino, toccato anche a Mussolini messo in gadget e persino come etichetta di vini.

Ma tutto questo lascia il tempo che trova, mentre qui vogliamo parlare di un altro aspetto relativo alla figura storica di Ernesto Che Guevara, quello rappresentato dalla infame veicolazione di menzogne o esagerazioni storiche per tentare di distrurggerne il "mito".

E come iene affamate, su queste menzogne si sono gettati i soliti destristi, borghesi qualunquisti o quelli che a suo tempo, appecoronati a un partito o gruppi di destra filo capitalisti, filo atlantici, filo americani, avevano trascorso anni a inneggiare ai colonnelli greci, a Pinochet, a Franco ed altre monnezze della recente storia, profferendosi al contempo contro la figura di Guevara solo perché, loro anticomunisti viscerali e acefali, ne vedevano l'icona portata in alto dai comunisti.

Non pretendiamo che dei destristi si sfozino di analizzare il pensiero di Guevara, il suo modello di comunismo, di sicuro atipico e idealista, le divergenze di marxisti che ne negano l'aderenza al marxismo comunismo, ma sarebbe bastato che avessero ascoltato l'invocazione di Guevara all'Onu "Patria o Muerte!" per comprendere come nel "comunismo idealista" di Guevara ci fossero molti aspetti da condividere.

In realtà a destra non tutti hanno avuto questa demenziale posizione acritica, ci sono anche quelli che hanno apprezzato e reso omaggio all'irriducibile guerrigliero, combattente e idealista. Ma in ogni caso, anche costoro non sono mai andati più in là di questi apprezzamenti "ideali", ignorando in toto tutto il portato ideale e sociale di Guevara, forse perché si adornava di una fraseologia comunista.

Viceversa ci sono stati fascisti, da non confondere con i neofascisti, ma fascisti quali ex combattenti della RSI (come ad esempio quelli della FNCRSI), che hanno individuato e apprezzato nella rivoluzione ocialsia di Cuba, anche molte scelte sociali, non di rado spesso simili a quelle che Mussolini e Bombacci, non a caso già socialisti, avevano adottato nella RSI.

Tornando ai destristi e borghesucoli vari, riscontriamo che in vari Siti Internet, in alcuni forum, in facebook, spesso costoro se ne escono con insulti, attacchi e denigrazioni del "Che" mutuate, da acefali quali sono e digiuni di qualsivoglia testo storico, da menzogne veicolate on line.

Basta infatti che qualcuno mette on line un articolo, un saggio, spacciandolo come verità storica, ma in realtà un compendio di idiozie, che tutti coloro ai quali quelle menzogne sono gradite e confacenti ci si buttano a capofitto.

Qui ne abbiamo scelto uno per tutti, perchè abbiamo riscontrato che in genere è proprio a questo articolo menzogniero e vile, in quanto neppure firmato, (almeno noi abbiamo trovato lo stesso articolo in alcuni siti e sempre privo di firma) che si fa riferimento.

Si tratta dell'articolo: «Ernesto "Che" Guevara: La Verità Rossa e la Verità Vera».

E stata dura leggere fino in fondo tutto l'articolo, cibandosi questa sfilza di menzogne, ma era doveroso farlo.

Lo riportiamo qui appreso intercalando i nostri commenti.

Bisogna però premettere che questo pseudo articolo è stato forse mutuato dal libro per palati semplici e lettori borghesi in comode poltrone, cioè AA.VV. "L'altra faccia del comunismo" Mondadori 1998, una retorica anticomunista di autori stranieri, atta a descrivere e contabilizzare gli eccidi compiuti dai rossi in varie nazioni ed arrivando a contarne 85 milioni, la cui attendibilità (non perchè non ci siano stati eccidi, ma per la superficialità che lo sostanzia) lascia veramente a desiderare.

Sono libri modello la rivista massonica e americanizzata "Selezione di Rearder's Digest", che scrivevano negli anni '50 e '60 sugli orrori comunisti e quelli dei nazisti.

Non conoscendo la data di pubblicazione on line non sappiamo se poi ha inciso anche un altro articolo pubblicato dal Corriere della Sera:  "Così il Che è diventato il logo del capitalismo" del 15 luglio 2005 a firma Alvaro Vargas Llosa un liberale politologo e saggista peruviano che vive a Washington, editorialista del The Washington Post (il che è tutto dire), figlio dello scrittore Vargas Llosa Mario già candidato di centro destra alle elezioni presidenziali del 1990 in Perù (nel 2010 partecipò ad una riunione della Commissione Trilaterale).

A questo Vargas Llosa Jr. , ebbe a rispondere con "Un bastardo allo scoperto" di Orlando Borrego (http://www.macchianera.net/2006/03/06/su-ernesto-che-guevara/), un uomo della rivoluzione cubana che Guevara lo aveva conosciuto per davvero e definì il Llosa Jr. un mercenario.

Orbene questo Vargas Llosa, raccattando confidenze e pettegolezzi da varie parti elevò le sue accuse su Guevara.

Ricordò come Guevara nel 1957 aveva personalmente sparato ad un spia, Eutimio Guerra, come se questa giusta, seppur drastica decisione, verso un traditore che metteva a rischio le sorti della guerriglia e la vita dei compagni, fosse chissà quale abominio.

Quindi riportò le dicerie di due ricercatori della Florida, Luis Guardia e Pedro Corzo, che lavorando a un documentario su Guevara (dalla Florida si immagina quale genere di documentario si stava facendo), raccolsero la testimonianza di Jaime Costa Vázquez, un ex comandante dell' esercito rivoluzionario noto come «El Catalán», secondo il quale molte delle esecuzioni eseguite a Cuba erano direttamente imputabili agli ordini di Guevara.

Dei ricordi di Javier Arzuaga, che era il cappellano di La Cabana, meglio sorvolare, tanto che Orlando Borrego che ebbe modo di conoscerlo non può che riderci visto che oltretutto questo cappellano, probabilmente sadico, era esattamente il contrario di quello che si è spacciato.

Emblematico poi l'utilizzo di un'altra "confidenza" di un agente della CIA (avete letto bene: agente della CIA!) Félix Rodríguez, dicesi incaricato di dare la caccia a Guevara in Bolivia, secondo il quale, egli avrebbe discusso con Guevara la questione di circa duemila esecuzioni cui il "Che" sarebbe stato responsabile.

Che grado di affidabilità abbiano queste "interviste" da Tv spazzatura modello History Channel per palati alla buona come i tossico tele utenti dell'Occidente consumista, lo rimettiamo ai lettori, noi constatiamo solo che con queste "frattaglie" altri ci hanno elaborato i loro articoli sensazionalistici su Guevara.

Forse più interessante sarebbe stato sapere quanto erano state pagate in dollari queste "confidenze", con affidabilità pari a zero, perché non crediamo che vennero rilasciate gratis.

Insomma mettendo insieme tutte queste "confidenze" racimolate a destra e manca, in genere esuli cubani che vivevano a meraviglia nella Cuba - casinò di Batista, o cubani delusi o non appagati da Castro, alla ricerca di notorietà e qualche soldo, ne veniva fuori che Guevara era uno spietato assassino che aveva fucilato duecento, anzi no un altro diceva quattrocento o come abbiamo visto fino a duemila persone.

E questo soprattutto sarebbe avvenuto quando Castro gli aveva affidato la direzione del carcere di San Carlos de La Cabaña una ex fortezza di pietra divenuta una caserma militare. Guevara ne fu direttore nella prima metà del 1959, in uno dei periodi più neri della rivoluzione (en passant ricorda Borriego, che era presente sul posto, che Guevara a loro ufficiali e militi che si lamentavano della lunghezza dei procedimenti di inchiesta sui condannati, li inviava ad essere pazienti perché bisognava essere assolutamente certi delle responsabilità degli inquisiti).

Problematico districarsi in queste "confidenze", spesso elargite a pagamento o dietro interessi politici, grado di attendibilità zero e non confortate da documentazioni adeguaste, anche se riteniamo che Guevara applicò senza esitazioni una prassi idonea a difendere la rivoluzione cubana, uscita da una guerriglia spietata, contro nemici ancor più spietati, ma questo, a parte il balletto delle cifre riportate allegramente, non può di certo essere ritenuta una "ricostruzione storica", né tanto meno, fare di Guevara un boia e un assassino.

È bene anche citare ancora Orlando Borrego quando sottolinea come la cattiveria raggiunge le punte massime e ricorda «Uno dei primi fatti che evidenziarono presto le qualità umane del Che, e in particolar modo la sua austerità amministrativa, accadde nei mesi successivi al trionfo della rivoluzione. Ancora noi ci trovavamo nel reggimento di La Cabana quando il Che ebbe una crisi d'asma. La malattia gli colpì i polmoni e i medici che l'avevano in cura si raccomandarono di trasferirlo dalla casa dove viveva nel reggimento in un'altra sulla spiaggia di Tararà, per la sua guarigione. Effettivamente era una casa espropriata ma che fosse una villa lo ha scritto il mascalzone (Alvaro Vargas Llosa, N.d.R.). Sono stato in questa casa in varie occasioni per ragioni di lavoro agli ordini del comandante Guevara a La Cabana e posso affermare che quell'immobile ancora esistente non si può definire una villa; era un alloggio piuttosto povero e cadente».

Accennato alle possibili fonti da dove è stato attinto alla buona per denigrare Guevara, veniamo all'articolo in questione: "Ernesto "Che" Guevara: la Verità Rossa e la Verità Vera" che così inizia:

 

·        ® «La storia dovrebbe essere oggettiva, ma in realtà alcuni aspetti vengono da sempre distorti e adattati alle convinzioni ideologiche di chi li tratta. In un paese che si definisce antifascista (ma non evidentemente anticomunista...) certi aspetti "scomodi" del Comunismo sono da sempre ignorati. La Storia ne è piena: i massacri delle Foibe, i massacri dei 20.000 soldati italiani nei Gulag Sovietici su ordine di Togliatti, ecc...».

 

    A parte l'ovvietà che la Storia dovrebbe essere oggettiva, è facile dedurre che l'autore, "ignoto", deve essere un destrista, un qualunquista, che si nutre di pane e anticomunismo. Egli evidentemente non sopporta che l'italia non sia anticomunista come lui vorrebbe: diamine, non sai mai che i cavalli dei cosacchi sovietici arrivino ad abbeverarsi in S. Pietro! "Ma come, se i comunisti non ci sono più?".. "No, no, ci sono, ci sono, lo dice sempre Berlusconi".

Da buon destrista cita i massacri fatti da comunisti o presunti tali (ovviamente dimentica quelli dei democratici, degli americani e dei loro lacchè), ma non vediamo cosa c'entri, se non per avvalorare un certo anticomunismo epidermico. Comuque quello che conta è il fatto che questo "anonimo", non è neppure un dilettante storico, in pratica non è niente e forse è anonimo perchè non ha fatto altro che dei copia-incolla da altri testi.

Ogni storico, infatti, prescinde da preconcetti ideologici comunisti o anticomunisti. Già questo basterebbe per smetterla qui, ma atturiamoci il naso e andiamo avanti.

 

·        ® «La storia di Ernesto Guevara rappresenta forse il più grande falso storico mai verificatosi. Tutti conoscono la storia "ufficiale" del Che. Chi non ha mai sentito parlare del "poeta rivoluzionario?" Del "medico idealista"? Ma chi conosce le reali gesta di questo "eroe"? Da tempo immemore il volto leonino di Ernesto "Che" Guevara compare su magliette e gadgets, in ossequio all'anticonsumismo rivoluzionario. La fortuna di quest'eroe della revoluçion comunista è dovuto a due coincidenze: 1) – "Gli eroi son sempre giovani e belli" (La locomotiva – F. Guccini); come ironizzò un dirigente del PCI nel '69, se fosse morto a sessant'anni e fosse stato bruttarello di certo non avrebbe conquistato le benestanti masse occidentali di quei figli di papà "marxisti immaginari". 2) – l'ignoranza degli estimatori di ieri e di oggi. Il "Che", infatti, viene associato a tutto quanto fa spettacolo nel grande circo della sinistra: dal pacifismo antiamericano alle canzoni troglodite di Jovanotti "sogno un'unica chiesa che va da Che Guevara a Madre Teresa"».

 

   Che il "Che" abbia avuto la triste sorte di finire sulle magliette, sui gadget, sui prodotti di consumo e sia stato icona di comunisti al caviale e borghesi in cerca di emozioni è verissimo, ma non certo per colpa sua, ma per colpa di questa immonda società occidentale e consumista, quel "mondo libero" proprio tanto amato dalle destre e dai borghesi. E comunque è un triste destino comune a tanti personaggi di spessore: per esempio non è finito anche Mussolini su gadget e come etichetta a bottiglie di vino? Quindi, questa disamina critica, l'autore "anonimo" se la poteva risparmiare perché è proprio il suo "mondo" consumista, liberista e capitalista, con le Nike ai piedi e l'Ipod in mano, che ha prodotto queste sconcezze, non Guevara che ha versato il suo sangue per combatterlo. Ma andiamo avanti:

 

·        ® «Meglio allora fare un po' di chiarezza sulla realtà del personaggio: Ernesto Guevara De la Serna detto il "Che" nasce nel 1928 da una buona famiglia di Buenos Aires. Agli inizi degli anni 50 si laurea in medicina e intanto con la sua motocicletta gira in lungo e in largo l'America Latina. In Guatemala viene in contatto con il dittatore Jacobo Arbenz, un approfittatore filo-sovietico che mantiene la popolazione in condizioni di fame e miseria, ma che gira in Cadillac e abita in palazzotti coloniali. A causa dei forti interessi economici degli Usa in Guatemala, viene inviato un contingente mercenario comandato da Castillo Armas a rovesciare il dittatore. Il "Che", anziché sacrificarsi a difesa del "compagno", scappa e si rifugia nell'ambasciata argentina; di qui ripara in Messico dove, in una notte del 1955, incontra un giovane avvocato cubano in esilio che si prepara a rientrare a Cuba: Fidel Castro. Subito entrano in sintonia condividendo gli ideali, il culto dei "guerriglieri" e la volontà di espropriare il dittatore Batista del territorio cubano».

 

   L'ignoto denigratore dimentica di dire che tutte le miserie, le sofferenze e le iniquità che Guevara vede, e tocca con mano, durante il suo giro per l'America Latina. Ma si sa, per un destrista queste cose hanno poca importanza, lui si nutre di ordine e inni nazionali. E dimentica anche di dire che Guevara, costatò con mano come tutte queste miserie e ingiustizie, scaturiscono dal colonialismo americano e dalla rapacità delle sue multinazionali .

Il desso poi butta la sua maschera, quando definisce Jacob Arbenz, un approfittatore filosovietico: il tipico modo idiota dei destristi di definire filo sovietici tutti coloro che si oppongono alla prepotenza yankee o alle ingiustizie del capitalismo. Ricordiamo che in particolare Arbenz si era impegnato in una riforma agraria, tale da intaccare grossi interessi della United Fruit Co. proprietaria di molte estensioni di terra, ma in ogni caso si muoveva in senso socialdemocratico cercando anche il consenso della borghesia, in pratica un fronte popolare che comprendesse borghesia nazionale, piccola borghesia, operai e contadini.

In quel frangente Guevara, che aveva 25 anni, collaborava con articoli a riviste e con la socialista peruviana Hilda Gadea, dell'American Popular Revolutionary Alliance (APRA). Tornato da un viaggio da El Salvador trovò che era in atto una offensiva dei mercenari messi in piedi dagli americani per rovesciare Arbenz.

Nel 1954 infatti il governo di Arbenz, venne rovesciato dai mercenari (guidati dal colonnello Carlos Castillo Armas dirigente del Movimento di Liberazione Nazionale di estrema destra) assoldati con la scusa di combattere il comunismo.

Arbenz e il suo Fronte Nazionale, di fatto, perso il sostegno dei miliari capitolarono quasi subito consegnando il potere ad un militare di loro fiducia, il colonnello Diaz che ovviamente tradì Arbenz accordandosi con gli americani e subentrò una dittatura.

Guevara si impegnò con una giovane milizia armata comunista, ma la sproporzione di forze era notevole. Hilda, venne arrestata e lui trovò rifugio nell'ambasciata Argentina.

I dirigenti del Fronte Nazionale fuggirono in esilio, alcuni morirono senza difendersi, altri caddero prigionieri e pochi passarono in clandestinità.

Non vediamo proprio dove si possa intravedere una denigrazione dell'operato di Guevara. C'è anzi da dire che Il Che aveva toccato con mano la debolezza del riformismo e comprese che il socialismo si sarebbe potuto ottenere soltanto attraverso la lotta armata.

Notare la chicca "destrista" finale: quell' "espropriare" Batista: non cacciare un dittatore venduto ai capitalisti e agli americani, liberare un popolo e salvare la nazione, no, scrive: "espropriare", colui che poi fuggi con il tesoro di stato, e del popolo cubano, in America.

Andiamo avanti:

 

·        ® «Sbarcato clandestinamente a Cuba con Fidel, nel 1956 si autonomina comandante di una colonna di "barbudos" e si fa subito notare per la sua crudeltà e determinazione. Un ragazzo non ancora ventenne della sua unità combattente ruba un pezzo di pane ad un compagno. Senza processo, Guevara lo fa legare ad un palo e fucilare. Castro sfrutta al massimo i nuovi mezzi di comunicazione e, pur a capo di pochi e male armati miliziani, viene innalzato agli onori dei Tg e costruisce la sua fama. Dopo due anni di scaramucce per le foreste cubane, nel '58 l'unità del "Che" riporta la prima vittoria su Batista. A Santa Clara un treno carico d'armi viene intercettato e cinquanta soldati vengono fatti prigionieri. In seguito a ciò Battista fugge e lascia l'Avana sguarnita e senza ordini. Castro fa la sua entrata trionfale nella capitale accolto dalla popolazione festante».

 

    Si "autonomina comandante". Ogni idiozia è buona per insinuare dubbi e denigrazioni. In realtà il 25 novembre 1956 Castro con il fratello Raul e l' "ufficiale medico" Ernesto Guevara e 79 uomini salpano verso Cuba a bordo di una piccola e precaria imbarcazione: il Granma.

Sbarcano a Cuba, a Las Coloradas nella provincia di oriente, un posto sbagliato, il 2 dicembre dopo otto giorni, molto di più di quanto preventivato e il 20 Guevara e un piccolo gruppo di sopravvissuti dopo il disastro iniziale dove furono attaccati in una specie di palude, si riuniscono con Fidel: ne sono sopravvissuti 17.

C'era ben poco da autonominarsi in qualche grado!

Fu a luglio del 1957, che Guevara, già da tempo riconosciuto come un comandante, titolo guadagnato sul campo in seguito alle lotte di guerriglia e, di fatto, secondo solo a Castro  è nominato Comandante della "quarta colonna", in realtà la seconda, essendo la prima colonna comandata da Fidel.

Per Castro e le sue notevoli doti politiche, l'"anonimo" estensore le riduce tutte alla capacità di sfruttare i media, come se in quel momento i media fossero in mano a Castro.

Comunque, per la precisione i soldati catturati nel treno di Santa Clara furono circa 400 e non 50 e ad entrare trionfanti a l'Avana, saranno prima i comandanti Guevara e Camilo Cienfuegos il 2 gennaio '59, mentre Castro arriverà l'8 gennaio.

Al ragazzo ventenne ucciso per aver rubato un pezzo di pane ad un commilitone, possiamo aggiungere dieci neonati affogati per aver disturbato con il pianto i barbudos e una cinquantina di vecchiette impiccate per non aver voluto salutare i vincitori e così Guevara, il criminale massimo, è ancor meglio confezionato.

Proseguiamo:

 

·        ® «Una volta rovesciato il governo di Batista, il Che vorrebbe imporre da subito una rivoluzione comunista, ma finisce con lo scontrarsi con alcuni suoi compagni d'armi autenticamente democratici. Guevara viene nominato "procuratore" della prigione della Cabana ed è lui a decidere le domande di grazia. Sotto il suo controllo, l'ufficio in cui esercita diventa teatro di torture e omicidi tra i più efferati. Secondo alcune stime, sarebbero stati uccise oltre 20.000 persone, per lo più ex compagni d'armi che si rifiutavano di obbedire e di piegare il capo ad una dittatura peggiore della precedente».

 

   In realtà Guevara fu alquanto cauto nella "trasformazione marxista" della società rendendosi conto d3ella situazione sociale dell'isola, tanto che i gravi problemi dell'industria, quasi inesistente, dell'agricoltura, delle abitazioni ecc., vennero affrontati di volta in volta, dedicandogli simbolicamente un anno ("anno dell'agricoltura", dell'istruzione, della pianificazione ecc.).

Preso il potere, infatti, Castro sarà prudente nella emanazione di drastiche riforme strutturali in senso marxista e soltanto con il 1960, quando gli Stati Uniti  aumenteranno il peso della loro ostilità, si indirizzerà decisamente a stringere forti rapporti con i paesi socialisti, in primis l'URSS.

Ma ciò non toglie che si intraprendano subito i primi necessari provvedimenti.

Dopo la vittoria rivoluzionaria, Guevara si getta anima e corpo in quella che lui definisce "battaglia per la pace", ritenendo che il consolidamento del nuovo regime sia essenziale per esportarne l'esempio in tutta l'America Latina. Scriverà Guevara:

«Perché questo popolo è oggi unito e rimane unito, dopo la rivoluzione? Perchè ha un governo che sta emanando, una dopo l'altra, le leggi rivoluzionarie necessarie per migliorare lo standard economico di questo popolo. Perchè sono state già emanate la legge di riduzione degli affitti, la legge sulle tariffe elettriche, la riduzione di quelle telefoniche, la legge che ha messo fine alle discriminazioni sulle spiagge pubbliche. Perché si stanno emanando leggi vantaggiose per tutta la popolazione e per diversi settori operai, tutti i settori del lavoro, tutti i settori della nazione cubana, stanno entrando a far parte di questa rivoluzione. Che ha come sua grande meta quella di fare del nostro paese un paese industriale».

In concreto le prime iniziative del nuovo governo cubano furono alquanto improvvisate, del resto non c'erano stati soviet, né classe operaia. Ci fu sì, per il successo finale della Rivoluzione, uno sciopero generale, ma il proletariato non giocò alcun un ruolo di preminenza o di guida.

Dove poi l'"anonimo" estensore ha pescato queste informazioni circa il presunto scontro con compagni d'armi "autenticamene democratici" non si sa.

Per la storia delle esecuzioni e torture abbiamo già detto a proposito dell'articolo di Vargas Llosa Jr., solo che adesso qui con noncuranza le vittime si moltiplicano fino ad arrivare a 20.ooo, meglio abbondare.

Per renderle poi ancora più raccapriccianti e perfide, si introduce il particolare che la maggior parte degli esecutati sarebbero cubani fedeli a Castro, che però si sarebbero (ma guarda un po', proprio nel momento della loro meravigliosa vittoria e quando ancora il governo di Castro è appena agli inizi!), subito resi conto del carattere ancor più bieco, rispetto a quello di Batista, della nuova dittatura.

Certo che la fantasia non ha limiti, tanto che neppure per una scuola elementare questa favoletta potrebbe essere bevuta.

Per la storia, dopo la conquista del potere, Guevara venne fatto "procuratore generale". Come comandante della prigione La Cabana, gestì i processi e le esecuzioni di quanti erano sospettati o implicati in crimini di guerra sotto Batista, ex suoi ufficiali e componenti del "Ufficio per la repressione delle attività comuniste" (polizia segreta).

I giustiziati a La Cabaña erano sostenitori di Batista e non pochi torturatori e assassini, spie e delatori, trafficanti e approfittatori.

Può essere stato commesso qualche eccesso o qualche ingiustizia? Può darsi come di sovente accade in questi frangenti, ma non di certo da far passare Guevara come un macellaio.

Gli stessi che fingono di piangere su quelle esecuzioni, ben lungi dai numeri sparati allegramente, sono certi bravi borghesi che chiudono gli occhi ai ben maggiori ed efferati crimini americani, o gli stessi destristi che poi esaltano la macelleria di Pinochet e i crimini e le torture in Argentina.

In ogni caso, per le cronache, il 13 giugno 1959, poco dopo il suo nuovo matrimonio con Aleida March, Guevara partì per un lungo soggiorno all'estero a far da ambasciatore di Castro nei paesi afroasiatici.

Grazie alla sua cultura e alle sue doti organizzative Guevara ricoprì compiti diplomatici, all'estero. Visita la RAU di Nasser, il Giappone, l'Indonesia, Ceylon, l'India, il Marocco e la Jugoslavia. Eccolo qui, ripreso in foto a Gaza nel 1959

 

 

Da ottobre Castro lo mette a capo dell'Istituto nazionale per la riforma agraria, si occuperà della riforma agraria al fine di ridistribuire le terre ai contadini abbattendo il latifondismo, come promesso con la rivoluzione. Infine il 26 novembre 1959 è nominato presidente della banca nazionale cubana.

 

·        ® «Nel 1960 il "pacifista" Guevara, istituisce un campo di concentramento ("campo di lavoro") sulla penisola di Guanaha, dove trovano la morte oltre 50.000 persone colpevoli di dissentire dal castrismo. Ma non sarà il solo lager, altri ne sorgono in rapida successione: a Santiago di Las Vegas viene istituito il campo Arca Iris, nel sud est dell'isola sorge il campo Nueva Vida, nella zona di Palos si istituisce il Campo Capitolo, un campo speciale per i bambini sotto i 10 anni. I dissidenti vengono arrestati insieme a tutta la famiglia. La maggior parte degli internati viene lasciata con indosso le sole mutande in celle luride, in attesa di tortura e probabile fucilazione».

 

    E vai, con la fantasia oramai senza limiti: si moltiplicano le vittime (in base a racconti e confidenze un tanto a parola, non certi documenti che ne attestano poco più di un centinaio) e le efferatezze, tutto fa brodo. Ma a parte le esagerazioni e le invenzioni, non ci si rende conto che si era appena usciti da una guerra civile e il potere appena conquistato era precario, che l'Isola era davanti alle coste della Florida dove avevano riparato la maggior parte degli esuli cubani ex fedeli di Batista, che gli americani erano pronti a qualsiasi pretesto per ribaltare la situazione. Più che normale, anzi assolutamente necessario che vennero istituiti campi dove rinchiudere i vinti e gli oppositori in attesa che si normalizzasse la situazione.

Anzi l'"ignoto" articolista, si è dimenticato di riportare che venne anche istituito un campo per gli omosessuali. Ed anche qui niente di strano, se consideriamo che la Cuba di Batista era un bordello intriso di una depravazione senza limiti, e qualcosa bisognava pur fare per limitare queste abitudini e pratiche che andavano di certo controcorrente rispetto ad un risveglio ideale che doveva coinvolgere e spronare tutto il popolo per procedere nell'arduo cammino che l'attendeva.

Comunque è bene specificare che non si requisirono gli omosessuali in quanto tali, ma quelli presi in flagrate a dare scandalo, gli atti osceni in luoghi pubblici, a corrompere minori, e cose di questo genere.

Ma en passant, una curiosità: come mai l'"anonimo" estensore ha dimenticato quest'altra accusa a Guevara, (che poi non era il solo Guevara responsabile di questi provvedimenti) di aver "represso" gli omosessuali? Non è per caso che in questo caso si poteva pensare che Guevara magari era anche di destra? Meglio evitare si sarà pensato.

Infine quel "Guevara pacifista" come gli scappa? Chi ha mai detto che Guevara era un pacifista, quando è proprio tutto il contrario?

 

·        ® Guevara viene quindi nominato Ministro dell'Industria e presidente del Banco Nacional, la Banca centrale di Cuba. Mentre si riempie la bocca di belle parole, Guevara sceglie di abitare in una grande e lussuosa casa colonica in un quartiere residenziale dell'Avana. E' facile chiedere al popolo di fare sacrifici quando lui per primo non li fa: pratica sport borghesissimi, ma la vita comoda e l'ozio ammorbidiscono il guerrigliero, che mette su qualche chilo e passa il tempo tra parties e gare di tiro a volo, non disdegnando la caccia grossa e la pesca d'altura. Per capire quali "buoni" sentimenti animassero questo simbolo con cui fregiare magliette e bandiere basta citare il suo testamento, nel quale elogia «l'odio che rende l'uomo una efficace, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere». Sono queste le parole di un idealista? Di un amico del popolo? Se si, quale popolo? Solo quello che era d'accordo con lui?

 

    Si pensi un po' dove arriva la perfidia e l'idiozia di questi denigratori. Raccogliendo pettegolezzi gratuiti e inventati Guevara, che avrebbe potuto vivere come un nababbo, da tutti riverito, gira invece il mondo impegnandosi nella organizzazione di guerriglie contro gli Stati Uniti e altri imperialismi, e addirittura finisce poi nella Jungla boliviana con tutta la sua asma, a compiere sacrifici eccezionali, odiato e super ricercato da mezzo mondo.

Se non è infamia questa che non merita neppure di essere confutata! Tano per precisare è bene anche sottolineare quanto da vari biografi riportato:

«Guevara occupò vari posti nell'amministrazione rivoluzionaria: lavorò all'Istituto Nazionale per la Riforma Agraria, fu presidente della Banca Nazionale di Cuba, divenne Ministro dell'Industria. In tutti gli incarichi che ricoprì, il Che rifiutò sempre il salario ufficiale a cui avrebbe avuto diritto, riscuotendo unicamente il suo modico stipendio da Comandante dell'esercito. Il suo intento era quello di dare un "esempio rivoluzionario"».

 

·        ® Guevara si dimostra una sciagura come ministro e come economista e, sostituito da Castro, viene da questi "giubilato" come ambasciatore della rivoluzione. Nella nuova veste di vessillifero del comunismo terzomondista lancia il motto «Creare due, tre, mille Vietnam!». Nel 1963 è in Algeria dove aiuta un suo amico ed allievo, lo sterminatore Desirè Kabila (attuale dittatore del Congo) a compiere massacri di civili inermi! Il suo continuo desiderio di diffusione della lotta armata e un tranello di Castro lo portano nel 1967 in Bolivia, dove si allea col Partito comunista boliviano ma non riceve alcun appoggio da parte della popolazione locale. Isolato e braccato, Ernesto De La Serna viene catturato dai miliziani locali e giustiziato il 9 ottobre 1967.

Il suo corpo esposto diviene un'icona qui da noi e le crude immagini dell'obitorio vengono paragonate alla "deposizione di Cristo". Fra il sacro e il profano la celebre foto del "Che" ha accompagnato un paio di generazioni che hanno appeso il suo poster a fianco di quello di Marylin Monroe. Poiché la madre degli imbecilli è sempre incinta, ancora oggi sventola la bandiera con la sua effige e i ragazzini indossano la maglietta nel corso di manifestazioni "contro la guerra".

Come si fa a prendere come esempio una persona così? Possibile che ci siano migliaia di persone (probabilmente inconsapevoli della verità) che sfoggiano magliette con il suo volto? In quelle bandiere e magliette c'è una sola cosa corretta: il colore. Rosso, come il sangue che per colpa sua è stato sparso.

In un film di qualche anno fa Sfida a White Buffalo, il bianco chiede al pellerossa: «Vuoi sapere la verità rossa oppure la verità vera?». Lasciamo a Gianni Minà la verità rossa, noi preferiamo conoscere la verità vera.

 

E così il nostro bravo "anonimo" estensore, chiude il suo sproloquio di bile con una serie di stupidaggini messe insieme.

A parte le imprecisioni storiche, l'anelito di libertà e giustizia e di liberazione dall'imperialismo americano, diventa vessillifero di incitamento a massacri di civili (chissà forse pensava ai recenti bombardamenti americani sulle popolazioni civili), l'assassinio a freddo di Guevara ammazzato senza neppure un simulacro di processo e con il tentativo di truccarlo come ucciso in uno scontro, diventa "giustiziato".

Notare poi la valutazione di Desirè Kabila presidente della Repubblica Democratica del Congo dal 1997 al 2001 anno del suo assassinio. In quella regione è noto che lotte tribali, odii regionali e altro hanno sempre dato vita a eccidi indiscriminati, così il Kabila come il suo predecessore, ma il nostro "anonimo" estensore, probabilmente sapendo che il Kabila si definiva marxista, ci dà dentro di brutto. Forse non sapeva che la politica di Kabila si poggiava non solo sul collettivismo, ma anche sul capitalismo. In ogni caso Guevara incontra Kabila in Congo non in Algeria.

Per il resto, che poi di Guevara ne abbiano fatto scempio, mito idiota e altro, i borghesi, pacifisti , comunisti al caviale e cretini, non vediamo cosa centri Guevara.

Come abbiamo sostenuto in questa critica, riteniamo che questo estensore anonimo sia un destrista (anche se praticone di copia - incolla), potremmo anche sbagliarci , ma crediamo sia assai difficile.

Ed allora a questo destrista, visto che i destristi hanno sempre fatto da zerbini, da ascari agli statunitensi, tradendo quella Patria di cui si sono sempre retoricamente riempiti la bocca, dedichiamo il meraviglioso cartello, che si è potuto apporre anche grazie all'opera rivoluzionaria di Guevara, al lungomare del Malecon, proprio di fronte alle coste della opulenta e immonda Florida, recante la scritta: "Esta tierra es 100% cubana"».

Loro, i destristi potrebbero solo porre, magari sulle coste della Sicilia, un cartello con la scritta:  «Italyland estensione geografica degli Stati Uniti»!

Maurizio Barozzi    (18 dicembre 2015)       

 

Condividi