Italia - Repubblica - Socializzazione

 

da "SGM"   


Seconda Guerra Mondiale - Uomini in guerra

Comandante Luigi Carallo

Riccardo Maculan    
 

Chi si occupa di storia militare italiana recente, sia da storico o da appassionato, si è sicuramente imbattuto nel nome del C. F. Luigi Carallo. Oltre che conosciuto per essere stato Comandante in seconda della celebre Divisione Decima durante il periodo della Repubblica Sociale Italiana e per le controverse circostanze del suo decesso, il Comandante Luigi Carallo vanta un curricu­lum militare di tutto rispetto.

 

Carriera Militare
Nato a Baronissi nel 1896, militare di vocazione sin dal 1911 quando, appena diciassettenne, entra a far parte del XL Battaglione Volontari Ciclisti, allo scoppio del primo conflitto mondiale, nel 1914, milita ancora come volontario nei Garibaldini delle Argonne. Con l'entrata in guerra dell'Italia è chiamato alle armi come sergente allievo ufficiale di fanteria. Nel 1915 è sul Carso, sul Monte S. Michele, sul Monte Calvario, a Peteano con i fanti ed è ferito per la prima volta. Non ancora rimesso dalla ferita, col braccio al collo, ritornava in linea col 30° Reparto mitraglieri, durante la "Strafexpedition" austriaca nel Trentino, prendendo parte alla resistenza e alla controffensiva con la Brigata "Arno" che doveva portarlo tra i primi in Asiago riconquistata. Restava ininterrottamente in linea tutto l'anno 1916 fino alla primavera del 1917. Dopo essere stato promosso ufficiale, ottiene il passaggio ai Reparti d'Assalto, frequenta la scuola di Sdricca di Manzano ed è assegnato al XVI Reparto d'Assalto "Fiamme Nere". Il 5 gennaio 1918 entrava nel IV reparto "Fiamme Rosse" e con questo prendeva parte alla difesa di Udine. È catturato sul Monte Valbella il 28 gennaio 1918 dopo essere stato intossicato dallo scoppio di granate caricate a gas, in quell'assalto superbo che procurò al suo reparto la qualifica di "Diavoli Rossi". Gli fu allora concessa la Medaglia di Bronzo al V.M. con la seguente motivazione: «Alla testa della prima ondata del suo reparto, con bello slancio, ardire e sprezzo del pericolo raggiungeva e sorpassa la prima e la seconda posizione avversaria, conquistandole e catturando nemici Successivamente sorpreso dalla reazione avversaria e dal nostro tiro d'interdizione, attaccato dai gas venefici, veniva catturato. Monte Valbella, 28 gennaio 1918». Alla vigilia della battaglia di Vittorio Veneto rientrava in Patria dopo una romanzesca peregrinazione. Nel marzo del 1919 si offre ancora una volta volontario per i Cacciatori d'Africa e nel 1921 è congedato col grado di capitano. Nel 1935 è trasferito dall'Esercito alla Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale col grado di Seniore: gli è affidato il comando del Battaglione Camicie Nere "Perugia". L'anno successivo chiede e ottiene di ritornare nell'Esercito e di combattere in Africa Orientale. Al termine della campagna torna alla Milizia ma nel 1940 passa un'altra volta all'esercito con il 31° Regg. di Fanteria "Siena" e partecipa alle operazioni in Albania, rimanendo gravemente ferito a Karicta mentre partecipa ad un assalto. Merita anche una ricompensa al V.M, conferitagli appena nel 1952 di cui citiamo la motivazione: «Carallo Luigi fu Giovanni e di Gallo Francesca, da Baronissi (Salerno) classe 1986, maggiore di complemento, 31° Fanteria Siena - Comandante di Battaglione incaricato di riconquistare un'importante posizione, impegnava il nemico in due giorni di aspri combattimenti, durante i quali, alla testa dei suoi fanti, si lancia ripetutamente all'assalto e al contrassalto, riuscendo a porre in fuga l'avversario. Resisteva poi tenacemente sulle posizioni conquistate, nonostante i violenti e reiterati attacchi nemici. Quota 817 del costone di Carità (fronte greco) 11-15/01/1941". In seguito alla ferita deve lasciare il Comando di Battaglione e rientra in Patria.

Con la Decima MAS
Con l'inizio del 1944 si presenta volontario alla Decima Flottiglia Mas. Borghese, visti i suoi trascorsi militari, lo accoglie a braccia aperte. Nella primavera dello steso anno manifesta la volontà di costituire nell'ambito della Decima un Battaglione di Bersaglieri, avendo lui stesso combattuto in tale specialità durante la prima Guerra Mondiale. Il neonato reparto è battezzato "Fulmine", in continuità con il nome di un cacciatorpediniere della Regia Marina. Almeno fino al 28 aprile Comandante di Battaglione è lo stesso Colonnello Carallo, che in quella data è sostituito dal T.V. Sergio Scordia, proveniente dal Battaglione Barbarigo. Il 1° maggio con la costituzione della Divisione Decima ottiene l'incarico di Comandante in seconda della prestigiosa formazione. Il 25 settembre passa in rassegna il Fulmine interamente schierato nel campo sportivo di Cuorgnè. Il 29 ottobre partecipa a una grande manifestazione politica e militare che si svolge in piazza Castello a Torino. In tale occasione il Battaglione Fulmine riceve la sua "Fiamma di Combattimento", madrina la Sig.ra Orrù; la 3a Compagnia Volontari di Francia il proprio Labaro, madrina Maria Carallo, sorella del Comandante. Nel corso del dicembre 1944 gran parte della Divisione Decima si sposta a Gorizia
- nel vero e proprio territorio dell'Adriatisches Kiistenland, dall'autunno del 1943 sotto giurisdizione tedesca
- stanziando i suoi reparti in città e nei dintorni, particolarmente a Salcano.
Giungono in zona, in aliquota o al completo, due compagnie del Btg. Sagittario, una compagnia del Btg. NP, il Fulmine e il Barbarigo al completo, aliquote del Freccia distaccate presso i singoli battaglioni e i gruppi d'artiglieria San Giorgio e Alberto Da Giussano. Mancano il Lupo, schierato sulla Linea Gotica e il Colleoni, rimasto a Conegliano Veneto. Più tardi arriveranno anche una compagnia del Valanga e una compagnia del Serenissima. La divisione, il cui comando operativo è tenuto dal C.F. Luigi Carallo, comprende in tutto 4.000 uomini; quelli presenti a Gorizia sono però meno della metà. Appena la Decima arriva a Gorizia, il comando tedesco indice una riunione per comunicare i piani dell'azione "Aquila" (Adler Aktion) da attuare nei giorni immediatamente seguenti. Questa grossa operazione ha come obiettivo la distruzione del IX° Corpus jugoslavo che è schierato tra le valli e i valloni di tra Tarnova e Chiapovano. I tedeschi hanno previsto dieci colonne che devono avanzare partendo da Gorizia, Idria, Hotdrisca, Postumia, Sesana, Opacchiasella e arrivare ad Aidùssina, superando Selva di Tarnova. Oltre che alla Decima, partecipano all'operazione alcuni reggimenti di polizia germanica, ustascia, domobranci e cetnici. I battaglioni si sono appena messi in movimento che a Gorizia accade il primo incidente con i tedeschi. In una pubblica esposizione di quadri di artisti italiani e tedeschi era esposta la sola bandiera tedesca. Alcuni marò chiesero al gestore della sala di esporre anche la bandiera italiana ma questi aveva paura di farlo. Allora Carallo ordinò di esporre il tricolore nella sala. Ne nacque uno screzio con le autorità civili e militari tedesche che si appellano alla proibizione di esporre le bandiere italiane e slovene. Alla fine il Comandante Carallo accettò di togliere la bandiera per non pregiudicare le operazioni appena iniziate. Invia subito al Comando "Adler" una richiesta di riparazioni per l'offesa all'Onore della bandiera italiana ed informa immediatamente del fatto il Comandante Borghese con un messaggio che dimostra tutto il suo amore per la Patria, ecco il testo: «... Comunque, in risposta alla proibizione, un'immensa bandiera italiana sventola dal balcone del mio comando, molte vetrine hanno già esposto le bandiere italiane e questa notte inonderò Gorizia di manifestini tricolori con una saluto della Decima alla popolazione della città santa. Avevi perfettamente ragione: la nostra permanenza qui non è solo necessaria, ma indispensabile per non far perdere il sentimento d'italianità a quei pochi restati immuni dalla passiva rassegnazione della politica austriacante, poggiata sul dissidio italo-sloveno-slavo e degli intrighi che vogliono creare tra noi e i tedeschi In tutta la mia azione mi sorreggono gli ufficiali di collegamento delle SS. DECIMA! DECIMA! DECIMA!».

La morte del Comandante
Il giorno 21 dicembre una squadra del III plotone della 3a Compagnia del Barbarigo Comandata dal sergente Cascino e tra cui i marò Angolillo, Gamba, Barbieri e Schiavon rinviene in un avallamento poco distante dalla strada di Locavizza-Chiapovano la salma del Comandante Carallo. Il corpo, completamente denudato, giace bocconi sulla neve e presenta numerose ferite. L'automobile sulla quale viaggiava senza scorta con il T.V. Montanari e l'autista, entrambi feriti nello scontro, insieme ad un ufficiale tedesco rimasto illeso, era stata sorpresa da un reparto del 2° Battaglione VDV (polizia partigiana). Più tardi la salma è recuperata da un'altra pattuglia agli ordini dei G.M. Castellari e Succhielli e composta nel cimitero di Chiapovano. Gli sloveni trovarono indosso al Comandante i piani e le direttrici dell'operazione "Aquila" e questo fornisce a loro un indubbio vantaggio. Le cose si erano comunque già messe male fin dai primi giorni dell'operazione. La mattina del 21 dicembre, verso le 11 del mattino, il Colonnello Carallo viaggia a bordo di una Fiat 1100. È lui alla guida, di fianco l'autista, il Serg. Gori di Bologna in sostituzione di quello personale, il Serg. Ardielli di Peschiera del Garda. Dietro il T.V. Montanari e un ufficiale di collegamento tedesco con il suo cane. Il fatto avviene a Locavizza, un centinaio di metri dall'abitato. L'auto, guidata dal Colonnello, sbanda e si capovolge dopo essere stata fatta bersaglio di numerosi colpi di mitra. Il conducente è colpito al petto, gli altri occupanti, seppur feriti, raggiungono a piedi il vicino abitato di Chiapovano. Quando la squadra del serg. Cascino arriva sul luogo dell'agguato e trova il cadavere del Colonnello prono al suolo. Il corpo è stato totalmente spogliato e al collo, per sfregio, è stata avvolta la cintura dei pantaloni. Vicino si trova l'auto, una Fiat 1100, capovolta, con le portiere aperte. All'interno numerose tracce di sangue, segno che anche altri occupanti sono stati feriti. La squadra Cascino esplode vari colpi di arma da fuoco per richiamare i plotoni che stavano rastrellando le vicinanze. Viene anche individuato il punto in cui erano appostati gli assalitori, tra alcune rocce vicino alla strada. Giunge poi il resto della 3a compagnia con il G.M. Castellari e Succhielli che recuperano il corpo e lo portano nella cappella del cimitero di Chiapovano.

Altre versioni
Esistono altre versioni che danno maggiori o diversi particolari o addirittura stravolgono quella ufficiale fino al punto di ipotizzare che sia stato un agguato preparato dai tedeschi che vedevano in Carallo un uomo che amava sopra ogni cosa l'Italia e quindi in contrasto con Ì loro progetti sia politici e geografici relativi a quelle zone di confine. Per dover di cronaca riporto anche le considerazioni del G.M. Giorgio Farotti del Btg. Barbarigo sull'imboscata al Comandante: «... Desidero esprimere alcune considerazioni sulla morte del Comandante Carallo che fu attribuita a un'imboscata eseguita da elementi della polizia partigiana (VDV) del IX Corpus. Invece sorse il sospetto che essa fosse stata organizzata dai tedeschi usando slavi tratti dai reparti cetnici, loro alleati, ipotesi suffragata dal fatto che gli altri occupanti dell'autovettura erano stati risparmiati, cosa che non si sarebbe certamente verificata se gli attaccanti fossero stati comunisti titini poiché, da sempre, la dura legge della guerriglia in quelle terre, esigeva che non si lasciassero superstiti. Evidentemente l'obiettivo era il Comandante Carallo, molto sgradito alle autorità dell'Adriatische kusterlandper il suo atteggiamento spavaldo e deciso contro le disposizioni del Gauleiter Reiner, volte a cancellare l'italianità di quelle province e a favorire le minoranze slave. Per di più la zona era stata ampiamente rastrellata proprio dal Barbarigo e attivamente pattugliata anche il giorno precedente l'agguato. Ritengo, quindi, molto improbabile che un nucleo di una certa consistenza, quale fu quello descritto dai testimoni superstiti, fosse potuto sfuggire e infiltrarsi nelle nostre retrovie e infine casualmente imbattersi nell'autovettura del Comandante Carallo. Molto più probabile la prima ipotesi anche perché i tedeschi sugli spostamenti del Comandante Italiano sicuramente avevano informazioni più esatte che non i partigiani, dato con lui viaggiava un Ufficiale tedesco di collegamento. Ho voluto riferire quando sopra perche il fallimento dell'Adler Aktion è stato attribuito da alcuni storici al ritrovamento da parte del nemico sul corpo del Comandante, di una carta topografica recante, segnate in rosso, le direttrici d'attacco delle varie colonne. È ampiamente provato, invece, che il piano è di difficile attuazione per la sua macchinosità e condizionato da troppi possibili imprevisti, fallì perché tutte le altre colonne d'attacco non rispettarono i tempi della tabella, di marcia e non riuscirono a infrangere la resistenza loro opposta, per mancanza di spirito combattivo: solo i reparti della X raggiunsero tutti gli obiettivi loro prefissati e nei tempi prescritti". Vi è anche una versione che ritiene l'uccisione del Colonnello Carallo opera di elementi del Btg. Barbarigo, che lo ritenevano un traditore, visto la noncuranza e la spavalderia con cui il Comandante si muoveva in Piemonte, attraversando zone controllate dai partigiani senza mai subire nessun attacco. Ma queste sono da considerarsi semplici congetture da parte di soggetti che volevano mettere del dissidio all'interno della Divisione Decima. Il corpo del glorioso Comandante ebbe sepoltura presso il cimitero di Conegliano Veneto assieme alle decine di caduti del Fulmine nella battaglia della Selva di Tarnova. Si ricongiungeva così con i sui giovani Bersaglieri.

Ricordo di Giulio Cencetti
Il Comandante dei Barbarigo, Giulio Cencetti, nel 1950 su "il Meridiano d'Italia", rievoca le gesta dei battaglioni della Decima Mas sul confine orientale e la figura del Comandante Luigi Carallo: «... ma c'è Luigi Carallo che dobbiamo ricordare. Il Colonnello dei Bersaglieri che aveva messo giù il piumetto per il basco della Decima. Che aveva combattuto lassù anni prima da tenente. Asciutto nel volto, sentimentale quanto può esserlo un signore salernitano. Carallo, quello che fece il Fulmine, il suo Fulmine, in cui vedeva ì suoi vent'anni del 1917 ritrasmettersi nel cuore dei ragazzi. Per primo la sorte volle ancora che dovesse muovere il Barbarigo. Nell'alba nebbiosa, ad attendere il Battaglione sul passo del Monte Santo, c'era lui solo. Qualche ciocca della ribelle chioma, mal contenuta nel basco, si agitava quasi a rappresentare il piumetto di allora. Disse qualche parola ai ragazzi. Sarò con voi, dopodomani, prima di entrare nella selva di Tarnova, Ma se lo rivide circa una settimana dopo al Battaglione, il Colonnello. Aveva voluto mantenere la promessa. I primi a incontrarlo furono il Tenente Castellari ed in Tenente Succhielli, i quali, con una rapida puntata si portarono con i loro plotoni nel brullo, distrutto caseggiato di Locavizza, per vedere di rompere il cerchio stretto dal IX Corpus intorno al tragico vallone di Chiapovano, dove si era attestato il Barbarigo, sostenendo scontri estenuanti nel più infido dei terreni. E lo portarono giù, dai marò che lo aspettavano. Nudo, nella sua bianca magrezza, con una grande rosa rossa che lasciava cadere i petali di sangue dalla gola squarciata. Era steso sul fondo, verde d'erba cosparsa, in uno di quei rustici carretti carsici che scendeva lentamente, sobbalzando. L'immensa chioma d'argento, finalmente libera, mandava barbagli al pallido sole morente di quel triste tramonto del 21 dicembre 1944. Dissero i ragazzi che vicino a lui avevano ritrovato venti bossoli di cartucce di mitra, di mitra italiano. Aveva sparato fino all'ultimo. Si era difeso, morente, fino a vuotare il caricatore, il Colonnello, guardando bene in faccia il nemico... Il Colonnello fu messo in fretta nella chiesa deserta di Chiapovano, avvolto in una coperta da campo perché già gli slavi ricominciavano a sparare.... E dalla fredda chiesa discese pian piano Carallo da Chiapovano, a Gargaro, al Monte Santo, giù a Gorizia. Quante, quante italiane velate di nero seguirono in un pianto muto il feretro fasciato di tricolore dell'ultimo bersagliere dall'ancora d'oro... Addio Colonnello!».

Il 4 novembre 1954 le spoglie del Comandante sono esumate con altri due caduti del Fulmine, il marò se. Giuseppe Ferrari e il marò Giovanni Crotti. Presente è anche la sorella, Maria Carallo e i figli Luciana e Bruno. La vedova, che ha avuto in quei giorni un grave lutto per la perdita della mamma, attenderà la salma a Bari per darne definita e degna sepoltura.

Comandante Luigi Carallo. Presente!
 

Riccardo Maculan       


Fonti

Farotti G., "Sotto tre bandiere", Italia Effepì 2005
Guido Bonvicini, "Decima Marina! Decima Comandante", Mursia 1988
Maculari R., Gamberini M., "Btg. Fulmine", Menin 2009
Archivio dell'autore
"La strana morte del C.F. Luigi Carallo" Marino Perissinotto in Storia & Battaglie
Si ringrazia l'amico Andrea Lombardi.
 

articolo tratto da: "SGM"  

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