dal sito
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Condoglianze
Vincenzo Vinciguerra
Pubblichiamo con molto piacere l'articolo di Vinciguerra che svela buona parte
dei retroscena dell'Italia del dopoguerra.
È importante farne una lettura attenta perché quanto scritto conferma tante
nostre asserzioni di sempre.
Vinciguerra, e dal suo punto di vista ha ragione, sostiene di essere stato
l'unico a diffondere certe tesi che poi uno dei capi del controspionaggio
italiano ha confermato. in realtà la sua dichiarazione non corrisponde a verità
perché, e chi scrive lo può documentare con la massima tranquillità, da parte
nostra (cioè da parte della nostra Federazione) i dubbi su questo o quel
personaggio ci sono sempre stati. Specie dopo incontri fra organizzazioni varie
e distinte. In questi incontri NON si riusciva mai a trovare un terreno comune
d'intesa, talchè fummo indotti a produrre una piattaforma ideologica unitaria
proprio per non creare equivoci sui nostri intendimenti.
Detto ciò occorre fare alcune precisazioni. L'interferenza dei servizi segreti
nella vita pubblica, non solo in Italia, ma in tutti i paesi del mondo,
giustifica tutti coloro che sono propensi a vedere in ogni avvenimento i
movimenti della "manina invisibile". Ci chiamano "cospirazionisti", ma sanno che
abbiamo ragione. Ci chiamano anche "negazionisti" ed anche in questo caso sanno
che abbiamo ragione. Con ciò intendiamo dire che il cambiamento, qualsiasi
cambiamento, qualora sia possibile, non può prescindere dalla trasformazione in
senso radicale della società. E con ciò intendiamo NON che devono scomparire
certe forme societarie che si sono sempre autoalimentate nella storia, ma che
devono cambiare gli uomini. Già!! Cambiare gli uomini!
Infatti, ci vuol poco a capirlo, gli uomini che (non) si sono avvicendati ai
Servizi sono stati sempre gli stessi (almeno fino a che non sono andati in
pensione). Dall'inizio del Novecento fino ai giorni d'oggi. Questo è il punto!
Sempre gli stessi. Ed allora: o siamo noi che ci sbagliamo quando, partendo da
alcuni presupposti ideologici e dottrinari, intendiamo promuovere una
trasformazione della società, ovviamente in senso geopolitico (cioè coinvolgendo
tutte quelle forze che,in altri paesi e sotto differente forma, combattono
contro la globalizzazione finanziaria), o hanno ragione gli "altri" che,
partendo da considerazioni di vario genere (fra cui anche l'espediente degli
uomini e delle rovine ... ma più che rovine noi intendiamo "discariche")
ritengono inutile ogni forma di "resistenza" contro un potere invincibile e si
vendono al miglior offerente. Comunque vadano le cose, cioè che la
trasformazione del mondo non avvenga così rapidamente come noi intravvediamo,
NOI ABBIAMO RAGIONE E LORO HANNO AVUTO SEMPRE TORTO!
Giorgio Vitali |
Il 2009 si è chiuso con una pessima notizia per gli storici e i giornalisti, più
o meno "esperti" in trame "nere" e "terrorismo" in genere.
La conferma fornita dal generale Gianadelio Maletti sulla dipendenza di "Ordine
nuovo" dal servizio segreto militare, affermata da oltre venti anni da chi
scrive, ha certamente ferito l'orgoglio e la presunzione degli storici e dei "pistaroli"
neri italiani ed italioti che sui "nazisti" di Ordine nuovo hanno scritto
migliaia e migliaia di pagine per dimostrarne l'accanimento contro lo Stato
democratico ed antifascista che essi, naturalmente, volevano distruggere per
costituire il IV Reich.
Definirli fessi non sarebbe giusto perchè sarebbe concedere a costoro il credito
della buona fede. Invece, abituati a scrivere la storia, gli articoli, i libri
con la penna intinta nell'inchiostro dell'antifascismo e dell'opportunismo, si
sono eretti difensori ed assertori di una "verità" che era suggerita, fra gli
altri, dagli stessi uffici addetti alla disinformazione di quegli stessi servizi
segreti che, dall'immediato dopoguerra, utilizzano "neofascisti" più o meno
presunti.
E ora? Dopo mezzo secolo di "trame nere", di "terrorismo nero", di fascisti
lanciati all'assalto dello Stato virtuosamente democratico ed antifascista, cosa
faranno storici e pistaroli?
Non potranno invocare la buona fede, perchè non serviva attendere la conferma,
per quanto autorevole di Gianadelio Maletti, per affermare che non è mai
esistita, nel dopoguerra, una forma organizzata di "neofascismo" all'opposizione
dello Stato attuale.
Le prove c'erano tutte, bastava non negarle come invece hanno fatto gli storici
e i "pistaroli" di questa piccola Italia dove la viltà è coraggio e la menzogna
verità.
L'italico storicume, accademico e giornalistico, è certamente impegnato, oggi, a
trovare un alibi a sé stesso, a escogitare il modo di neutralizzare la portata
di una verità che avrebbe dovuto sconvolgere i palazzi della politica e, invece,
come sempre, è stata, coperta dal silenzio.
Non sarà certo Gianni Letta ad essere rimasto sconvolto dalla notizia che il
"nazista" fognaiolo Pino Rauti era, in realtà, un agente "Zeta" del servizio
segreto militare, perchè il Letta a Rauti lo conosce bene e sa perfettamente che
costui è stato assunto a "Il Tempo" di Roma per riscuotere la paga dello spione.
Non si sconvolge, certo, Gianfranco Fini, che, al congresso nazionale del MSI,
mandò i suoi scagnozzi a gridare contro Pino Rauti lo slogan «SISMI, SISMI»
sotto il palco quando costui prese la parola.
Nel mondo della politica, nessuno si è sorpreso se non del fatto che Gianadelio
Maletti ha confermato quanto chi scrive afferma, da solo, da oltre un ventennio.
Una notizia sorprendente solo per quanti, storici, pistaroli, magistrati, hanno
creato nei loro libri, nei loro articoli, nelle loro ordinanze e sentenze il
fantasma del "terrorismo nero", alimentato in massima parte dai "nazisti" di
Ordine nuovo.
Autocritiche da parte di costoro non ce ne attendiamo. Eventualmente reazioni
rabbiose, scomposte, tipiche di quanti vengono colti in flagrante menzogna ma
ritengono di poter reagire con arroganza, forti del numero e dei loro appoggi.
Hanno ritardato di un quarto di secolo quel processo di revisione storica da me
iniziato nel corso del processo di Peteano, durante il quale, in dibattimento, e
crollato il castello di fango e di bugie costruito dallo sciacallo Felice Casson
e si è evidenziata quella verità che, un poco alla volta, si sta comunque
affermando e che varrà per le prossime generazioni.
Cercheranno di ritardare ancora, il più possibile, nel tempo il riconoscimento
definitivo delle responsabilità di uno Stato che per il proprio tornaconto e per
difendere gli interessi americani ed israeliani ha provocato in Italia una
guerra civile, fingendo di averla subita e vinta.
Hanno perduto la loro battaglia, storici del "quanto mi paghi" e pennivendoli
del "servo vostro", perchè, volenti o nolenti, le prove che il "terrorismo nero"
è stata un'invenzione propagandistica dello Stato ormai esistono tutte.
Il MSI che si è presentato -ed è stato presentato- come il partito erede dei
combattenti della Repubblica dell'onore, ha avuto come presidente due badogliani
(Birindelli e Covelli), come parlamentari tre direttori dei servizi segreti
(Giovanni De Lorenzo, Vito Miceli, Luigi Ramponi), come segretario nazionale uno
spione a pagamento del servizio segreto militare e, poi, una marea di
confidenti, informatori, doppiogiochisti.
Non sarà dagli eredi del MSI che verrà mai un contributo di verità, perchè
troppo hanno da nascondere e troppo di cui vergognarsi, condannati quindi a
proclamarsi "terroristi neri" ed eredi del "terrorismo nero", oggi ridotti ad
affogare la loro impotenza politica e la umana imbecillità in capaci boccali di
birra, rigorosamente doppio malto.
Non verrà -come non è mai venuta- dalla magistratura per la quale giustizia è
parola vana, mentre carriera, autopromozione individuale e difesa ad oltranza
del prestigio dello Stato e delle istituzioni sono realtà concrete.
Non verrà nemmeno dall'italico storicume italiano impegnato a scrivere libri che
possano aumentare il conto bancario e procurare inviti a convegni, dibattiti,
trasmissioni televisive.
Non escludiamo eccezioni, ma questa è la regola. Se le prime ci saranno, non
mancheremo di prendere atto e di dargliene atto, ma fino oggi attorno a noi c'è
solo il grigiore della melma che cova i suoi rancori e il suo fallimento sui
piani umano, morale e culturale.
Dinanzi al crollo della costruzione "storica" da costoro fatta è giusto
porgergli le nostre condoglianze, con la certezza che sono le prime di una lunga
serie.
Vincenzo Vinciguerra, Opera 24 gennaio 2010
Il commento di Maurizio Barozzi
Un importante ricercatore storico ed esperto in "Intelligence" quale
Aldo Giannuli (vedi "Bombe a Inchiostro", Bur 2008, e "Come
funzionano i servizi segreti" Ed. Ponte alle grazie 2009), ha
riconosciuto una certa ragione in Vincenzo Vinciguerra laddove
questi sostiene la non identificazione con il fascismo per i vari
partiti e gruppuscoli del "neofascismo" coinvolti nel periodo
stragista.
La perplessità dello storico è quella, semmai, che dovendosi in
questo modo elidere dal considerarli come fascisti, il MSI e le
altre organizzazioni "extra", in pratica rimangono poco persone da
doversi ritenere dei veri fascisti.
Al Giannuli abbiamo risposto personalmente e anche con un articolo
qui pubblicato nel notiziario ("Bombe a inchiostro un libro da
leggere e da correggere") e gli abbiamo illustrato la storia, non
molto conosciuta, della FNCRSI di cui proprio in questi giorni è
uscito il libro "Storia della Federazione Nazionale della Repubblica
Sociale Italiana" (prestampa in proprio della FNCRSI 2010)
In ogni caso, ancora Vincenzo Vinciguerra, l'autore dell'articolo
qui sopra riportato, dopo aver più volte elencato svariati elementi
del "neofascismo" e dettagliato le loro collusioni con i Servizi,
aveva lucidamente segnalato (nel suo articolo "Cellula spionistica"
del 1 ottobre 2008) quanto segue:
«Degli imputati per la strage di piazza Fontana del 12 dicembre
1969, non ce n'è uno solo -dicasi uno- sul conto del quale non è
emerso il rapporto con i servizi segreti militari, civili o con
l'Arma dei Carabinieri, con i servizi segreti militari e la Central
Intelligence Agency americani, con i servizi segreti israeliani».
In pratica, sosteneva più o meno Vinciguerra, nessuno dei tanti
"neofascisti" trovati implicati in qualche modo nella strategia
della tensione, può essere definito un fascista, perché erano tutti
collusi e/o confidenti dei "Servizi", dunque di quello Stato
democratico e antifascista e di quello Stato Maggiore erede di
Badoglio, che dicevano di voler combattere. Per non parlare poi
della subordinazione agli occupanti americani.
In molti casi, aggiungiamo noi, non può neppure applicarsi la
"giustificazione" che magari "qualcuno", facendo politica, quindi
essendo nella necessità di "agire", abbia ritenuto utile avere un
"contatto" con questi servizi onnipresenti sullo scenario politico e
quindi possa ritenersi, in qualche modo, in buona fede.
La natura e il prolungarsi nel tempo (se non il loro servizio
permanente effettivo) delle collusioni, infatti, e la evidente
nefasta conseguenza che un tale agire conseguiva, escludono
decisamente questa giustificazione.
La storia quindi, delle "cellule nere", "terroristi neri" e via
dicendo, non aveva ragione di esistere, perchè qui non trattasi
affatto di fascisti, ma è stata subdolamente portata avanti da tutti
coloro (sinistra compresa) che avevano interesse a minimizzare le
responsabilità dello stragismo e quindi garantire una certa
"continuità di potere", ripiegando su la nota versione dei "servizi
deviati", una "massoneria deviata" ed appunto una fantomatica
"eversione nera", quando invece non sono mai esistite deviazioni
sostanziali nei Servizi e nella Massoneria e non ci sono stati
fascisti, nel vero senso della parola, che progettavano o eseguivano
attentati che potevano ferire e uccidere altri italiani.
Anni addietro il giudice Guido Salvini, nel corso di una intervista
video, in seguito rivista dallo stesso giudice, il 27 novembre 2000
prima di pubblicarla, ebbe a rivelare quanto segue:
«Nelle ultime indagini si è messo a fuoco il ruolo delle basi
americane in Veneto della NATO, che sono coinvolte nei fatti più
importanti della strategia della tensione, in particolare
addirittura che elementi di Ordine Nuovo entravano e uscivano dalle
basi, svolgendo con una doppia veste attività di informazione,
mentre si stavano preparando gli attentati. Recentemente l'ordinovista
Carlo Digilio ha parlato di rapporti diretti fra suo padre,
anch'egli agente americano e il capo dell'OSS in Italia, James
Angleton».
Orbene se elementi di ON erano in tali rapporti con gli americani,
questo sta a significare non tanto che costoro si appoggiavano agli
americani per le loro attività eversive, quanto che erano gli
americani, dall'alto delle loro posizioni di forza e di
organizzazione, che controllavano e avevano in pugno questi elementi
per utilizzarli nelle loro strategie e tali elementi lavoravano per
gli americani, punto e basta!
Con estrema lucidità, sempre Vinciguerra nel suo articolo del 2000,
"12 dicembre 1969: stato d'emergenza", farà anche notare:
«Non a caso, nello scorrere la lunga lista di testimonianze e note
informative degli apparati dello Stato che tutto registrano e parte
archiviano, in questa valanga di attentati fatti e proposti non ce
n'è uno solo che riguardi l'odiato Partito comunista italiano e gli
aborriti 'filocinesi', ma tutti invece sono indirizzati a provocare
'vittime innocenti' e colpire sedi istituzionali (non uomini delle
istituzioni) e simboli del capitalismo».
Evidente una strategia da false flag finalizzata agli interessi
atlantici.
A nostro avviso tra non molti anni verranno desecretati vari
documenti, in particolare quelli americani, che porteranno altre
conferme storiche, ma già adesso possiamo dire che certe verità sono
oramai consolidate.
Quello che semmai bisognerebbe fare è un doveroso distinguo tra
capi, capetti, sottocapi e ducetti vari, di queste organizzazioni
neofasciste (più opportuno chiamarle "destriste"), e i tanti
militanti che magari credevano di far parte di un gruppo o movimento
sicuramente fascista.
Ma questo oramai diverrebbe un discorso puramente accademico.
Noi, fascisti della Federazione Nazionale Combattenti della RSI, già
al tempo consideravamo il MSI come un partito antifascista e le
organizzazioni "extra", nè più nè meno che il «MSI fuori dal MSI»:
l'archivio della nostra stampa dell'epoca, qui nel sito in buona
parte riportato, sta a testimoniare come l'abbiamo sempre pensata in
proposito.
Giorni addietro, sulle pagine del quotidiano "Rinascita", Rutilio
Sermonti affermava che lui personalmente giudicava i contemporanei a
seconda di come questi consideravano il 25 aprile. Una giusta
considerazione.
L'altro ieri qualcuno però, sempre su lo stesso giornale, faceva
notare che questa condizione per giudicare le persone e prendere
certe posizioni non è sufficiente. Giusto anche questo.
Per sintetizzare, noi possiamo dire che le condizioni per giudicare
i nostri contemporanei sono precisamente due: come si pongono di
fronte al 25 aprile (liberazione o occupazione) e come si sono posti
nel dopoguerra di fronte alla colonizzazione dell'Italia da parte
degli USA e la sua subordinazione nel sistema NATO (collaboratori o
avversari).
Per la FNCRSI non ci sono mai stati dubbi in proposito.
Maurizio Barozzi |
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