Contro la destra
di
Vincenzo Vinciguerra (Opera,
25 febbraio 2008)
http://www.avanguardia.tv/ ("le opinioni degli altri")
Riparte il circo elettorale. Gli attori sono sempre gli stessi: il pregiudicato
Silvio Berlusconi, l'ex-comunista Walter Veltroni, il democristiano Pier
Ferdinando Casini, l'ex-fascista Gianfranco Fini, il condannato (non ancora in
via definitiva) per tentata estorsione e concorso esterno in associazione
mafiosa Marcello Dell'Utri, l'ex-radicale ed anticlericale Francesco Rutelli e,
via via, tutto il codazzo dei peones che sperano di ottenere il 3-4 per cento di
voti e qualche rappresentante in Parlamento, pronto a cambiare bandiera e
casacca alla prima occasione favorevole per la carriera e per le sue tasche.
Indicazioni di voto per partiti e singoli candidati non possiamo darne perché
tutti insieme hanno solo un programma, governare in qualche modo un Paese
impoverito ed impaurito che si affida a Padre Pio, alle lacrime di questa o di
quella Madonna, alla penosa solidarietà della Chiesa cattolica, al sostegno
degli Stati Uniti e alla benedizione della Conferenza episcopale italiana.
Votare per le liste civiche nella speranza, un giorno, di poter presentare una
lista civica nazionale che abbia come unico simbolo la bandiera italiana sulla
quale scrivere le parole "Indipendenza", "Dignità" e "Onore".
Parole e concetti che non hanno senso per i politici di professione, ma li hanno
ancora per i cittadini che, lentamente, riscoprono come il nemico vero dei loro
interessi è quel capitalismo trionfante che rende più ricchi i ricchi e più
poveri i più poveri.
Eredi di una tradizione dimenticata, ma non cancellata dalla storia, ricordiamo
agli immemori e a giovani che non lo sanno che la camicia nera era quella
indossata dagli operai delle zolfatare, i più umili, i più sfruttati, i più
sfruttati, i più disparati fra i lavoratori italiani dell'epoca.
Era una scelta ideologica, umana e politica, che portava un movimento politico
che non ha mai rinnegato le sue origini socialiste a schierarsi dalla parte del
popolo.
Una scelta confermata, sia pure fra mille compromessi, per un intero ventennio
durante il quale l'Italia si pose all'avanguardia delle riforme sociali del
mondo.
Ma le origini offuscate dalla convivenza con la monarchia e le classi abbienti,
tornano a risplendere dopo l'8 settembre 1943: «Il Partito -scrive Alessandro
Pavolini in una circolare del 7 ottobre 1943- sarà in gran parte formato di
giovani. Esso recluterà i suoi aderenti prevalentemente fra gli operai, i
contadini, i piccoli impiegati, i tecnici e i professionisti, tenendo
rigorosamente lontani i plutocrati e gli arricchiti».
E sarà il comunista Nicola Bombacci a rivolgersi direttamente a Benito
Mussolini, scrivendo l'11 ottobre 1943: «Oggi la strada è libera e a mio
giudizio si può percorrere sino al traguardo socialista».
Mentre il 30 ottobre 1943, sulla "Gazzetta dell'Emilia", nell'articolo
intitolato "Ancora i comunisti" si rinnova a questi ultimi l'invito di trovare
«nel nostro partito un possibile orientamento nel momento attuale» provocando il
«risentimento... di moltissimi avversari. Monarchici, liberali, preti in
fregola».
E il 5 novembre 1943, "Il Popolo repubblicano", organo di stampa della
federazione fascista di Pavia scrive: «... noi siamo animati dal proposito di
fare gradatamente tabula rasa del capitalismo antiquato e sfruttatore, della
borghesia flaccida corrotta e inglesofila ...».
Infine, sarà proprio il segretario del Partito fascista repubblicano, Alessandro
Pavolini, ad ordinare che le squadre di polizia del partito, il 5 novembre 1943,
indossino come uniforme «la camicia nera, la tuta blu scura dell'operaio».
Non è retorica, se l'unica legge mai concepita per mettere su un piano di parità
lavoro e capitale, di imporre la presenza degli operai e degli impiegati nei
consigli di amministrazione, fu quella sulla socializzazione delle imprese
osteggiata in egual misura da industriali e tedeschi, da partigiani ed alleati.
In un rapporto a Benito Mussolini del 1° marzo 1945, il ministro del Lavoro
Augusto Spinelli scrive, dopo aver compiuto una visita ispettiva a Torino: «Sono
(...) fortemente preoccupato per quanto riguarda la socializzazione della Fiat.
Non potevo d'altra parte illudermi, con le mie prese di contatto, di rovesciare
in poche ore una situazione che ha messo da tempo radici profonde e nella quale
le masse operaie, secondo il solito, non sono che gli strumenti della
conservazione capitalista che è dovunque per corrompere e manovrare i cosiddetti
caporioni dei partiti cosiddetti di sinistra».
Nulla di nuovo, ieri come oggi.
I partigiani uccideranno il federale Solaro che della Fiat fu avversario
irriducibile, e salveranno la vita e i beni di Giovanni Agnelli e Vittorio
Valletta.
Errori ai quali lo stesso Palmiro Togliatti cercò di rimediare nel dopoguerra
concedendo l'amnistia che nel giugno del 1946 permise a migliaia di fascisti
prigionieri di tornare in libertà, e bisogna convenire che furono migliaia i
fascisti che per ragioni ideologiche entrarono a fare parte dei partiti
comunista e socialista e costituirono, essi, l'ossatura ed i quadri della
Confederazione generale del lavoro.
Del resto, era stato lo stesso Benito Mussolini in una lettera fatta pervenire a
Lelio Basso per i dirigenti socialisti, tramite Carlo Silvestri, il 19 aprile
1945, a far sapere che era suo intendimento «consegnare la Repubblica sociale ai
repubblicani e non ai monarchici, la socializzazione e tutto il resto ai
socialisti e non ai borghesi». Ed ancora il 22 aprile 1945 consegna allo stesso
Carlo Silvestri una lista di fascisti che «egli considera idealmente e
sostanzialmente socialisti» perché siano difesi dinanzi al CLN e sia loro
consentito di iscriversi, se lo avessero voluto, al PSIUP.
È a sinistra che Benito Mussolini guarda perché il patrimonio politico, sociale
ideologico del fascismo non vada del tutto disperso. È nella sinistra che l'uomo
che nel lontano 1922 aveva portato a Vittorio Emanuele III l'«Italia proletaria
fascista» ripone le sue speranze perché la borghesia, quella che lui stesso
aveva definito la «rovina dell'Italia» non riprendesse il sopravvento.
Una realtà che conoscevano tutti i fascisti, tanto che in un rapporto
informativo al Duce del 31 ottobre 1944 si segnalava in un articolo pubblicato
dall'antifascista "Il Terzo fronte" la presenza di un errore «che potrebbe
definirsi classico», di scambiare «il fascismo per un movimento di destra».
E per anni i fascisti che pur costituiscono in maggioranza l'elettorato del
Movimento Sociale Italiano continueranno a ritenersi e a definirsi di sinistra.
Tanto che, il 13 maggio '48 , "Rivolta ideale" dinanzi al furore della base
missina, nell'articolo intitolato "Il nostro posto" deve giustificare la
collocazione dei parlamentari missini nei seggi a destra in parlamento scrivendo
che la scelta è stata dettata dalla necessità: «Dal momento che l'estrema
sinistra è occupata dagli uomini di Togliatti, per logica coerenza, agli uomini
del MSI non rimaneva se non collocarsi al contrario di costoro». Menzogne
pietose ed infami perché i profittatori del fascismo (De Marsanich, Michelini,
Almirante) che con il concorso e l'autorizzazione dei servizi segreti americani,
del Vaticano, della Democrazia cristiana e della Confindustria avevano già
stabilito fin dal sorgere di un partito che di italiano non aveva né il nome né
il simbolo, (erano di fatti mutuati dal Movimento sociale francese) di
utilizzare la figura di Benito Mussolini e i caduti fascisti della Repubblica
sociale per creare una destra nazionale che si collocasse esattamente
all'opposto del fascismo, delle sue origini, tradizioni e di idee.
Una destra classica, tradizionale, nazionalista, conservatrice e reazionaria,
clericale e capitalista.
Hanno impiegato anni, i profittatori del fascismo, per spezzare la resistenza di
quanti non accettavano la loro politica filo-atlantica, filo-monarchica,
filo-vaticana ma, alla fine, alla metà degli '50 i fascisti sono stati
emarginati, espulsi, ridotti al silenzio ed all'impotenza.
A rappresentare il fascismo e la Repubblica sociale italiana, i loro ideali e
i loro caduti, ci sono rimasti loro, Michelini che non aveva mai aderito alla
RSI, Borghese che aveva fatto il doppio gioco con gli alleati, Almirante che
l'antifascismo non aveva mai processato, Servello nel 1945 scriveva contro i
fascisti su un giornale della V armata americana, tutti impegnati fare nel nome
di un'eredità che non gli apparteneva una politica opposta a quella fascista.
Da un fascismo che stava dalla parte degli operai si è così passati ad una
destra di Stato che chiedeva di agire contro gli operai: il 10 marzo 1967,
l'insigne studioso e grande reazionario Giulio Cesare Evola, dalle pagine di
"Noi Europa. Periodico per l'Ordine nuovo" diretto dallo spione Pino Rauti si
rivolgeva a Giorgio Almirante scrivendo: «Avrei avuto piacere che tu avessi
dichiarato che, dato lo stato attuale, santissimo cosa sarebbe, ove fosse
possibile, l'insorgere di elementi sani della Nazione fino a formare squadre
d'azione per combattere la sovversione e distruggere i focolari, compresa quella
degli sfacciati ricatti sociali e politico- sociali che sono gli scioperi».
L'accorato appello del vecchio conservatore è raccolto. Il 6 luglio 1970, una
nota informativa del ministero degli Interni rivela che Giorgio Almirante ha
deciso la costituzione di «quattro raggruppamenti antisciopero» per boicottare
lo sciopero generale indetto per il giorno successivo 7 luglio.
Il 16 luglio 1970, Luigi Cavallo indirizza ad un "Gentilissimo Avvocato" della
Fiat una lettera in cui lo informa, fra l'altro: «… Attivismo d'urto. Abbiamo
organizzato finora 4 squadrette. La prima, costituita tramite Abelli (Tullio
Abelli, vicesegretario nazionale del MSI - N.d.R.) è composta da 4 milanesi,
altre due squadrette costituite tramite il principe Borghese (Junio Valerio
Borghese, iscritto al MSI e presidente del Fronte Nazionale - N.d.R.) sono
costituite da piemontesi. Abbiamo fornito loro targhe false, parrucche da
capelloni e tubi di gomma. Infine abbiamo una quarta squadretta nostra di
'professionisti' milanesi per i lavori più importanti».
La «camicia nera e la tuta blu scura dell'operaio» che costituivano la divisa
delle squadre d'azione del Partito fascista repubblicano di Alessandro Pavolini
sono un ricordo remoto.
I profittatori del fascismo, gli sciacalli che si occultano dietro le
migliaia di cadaveri dei fascisti caduti combattendo nella guerra dell'«oro
contro il sangue» ora reclutano picchiatori per conto del "gentilissimo
avvocato" tramite un uomo dei servizi di sicurezza come Luigi Cavallo, per
aggredire gli operai.
Così è nata e si è sviluppata quella destra che ancora oggi tanti, troppi hanno
l'improntitudine di spacciare per "fascista", anche se ormai sul fascismo e sui
fascisti ci sputano allegramente sopra rivendicando a questo punto le loro
origini missine, anche se qualche sparuto gruppo non ha ancora rinunciato a
sfilare talvolta in camicia nera e saluto romano per prendere i voti di quanti
non si sono ancora rassegnati al tradimento dei loro ex-capi e capetti.
Sono gli "irriducibili" di Silvio Berlusconi, il nuovo capo del centro-destra,
con i suoi 4500 miliardi di capitale personale, i suoi processi quasi tutti
conclusisi per proscioglimento per prescrizione che fanno di lui un pregiudicato
puntualmente lasciato impunito da una pavida magistratura, sempre attenta agli
interessi dei potenti.
Sotto il nome ed il simbolo del Popolo della libertà (provvisoria) ci è andato
di corsa, scodinzolando giulivo, Gianfranco Fini ed i suoi fidi Alemanno,
Gasparri, Landolfi, ecc.
Si è intruppata la "capa" degli ex-nazifascisti del SID e degli affari riservati
di Avanguardia Nazionale l'ex-soubrette Alessandra Mussolini, mentre l'altra 'capa'
dei feroci neofascisti romani alla Storace, la miliardaria Daniela Santachè,
rispettivamente alla testa di raggruppamenti che si chiamano "Destra sociale" e
semplicemente "La Destra", si è defilata. Non si comprende l'aggiunta del
termine "sociale" al gruppo politico rappresentato da Alessandra Mussolini,
visto che con il popolo delle borgate romane ha in comune solo il colorito
linguaggio come i suoi eleganti e signorili dibattiti televisivi hanno spesso
volentieri evidenziato, mentre almeno la Santachè dichiara apertamente di essere
la "destra" che concilia miliardi e santini, feste e Padre Pio.
Una destra che non riesce più ad essere credibile nemmeno quando parla di "legge
e ordine".
Mentre si paventa la minaccia della nomina di Ignazio La Russa a ministro
della Giustizia, è doveroso ricordare che la federazione del MSI di Milano, dove
il La Russa è stato magna pars, ha avuto per attivisti il fior fiore dei
delinquenti milanesi che hanno rubato, spacciato, ammazzato, sequestrato
contando sempre sulla difesa processuale di "Ignazio" come lo chiamavano
confidenzialmente.
Perfino il segretario del Fronte della gioventù milanese Luigi Radice, si è
dedicato ai sequestri di persona. E se La Russa ha saputo educare in questo modo
i suoi militanti alla "legge e all'ordine" chi chiamerà come vice ministro
Marcello Dell'Utri?
Si dice, lo dicono i sondaggi, per quello che valgono a distanza di due mesi
dalle elezioni, che vincerà il centro-destra, questo centro-destra. Può essere.
In un Paese in cui i due maggiori partiti sono quelli della libertà
(provvisoria) e della "disgrazia" permanente, gli italiani voteranno per coloro
che sapranno raccontare meglio le loro menzogne.
Astenersi dal voto, però è un errore perché esistono migliaia di italiani onesti
che magari nei piccoli paesi presentano liste civiche che non intendono, né
possono risolvere i problemi italiani ma quelli locali sì, portando una ventata
di onestà, di pulizia morale, di etica in una Nazione che non ne ha più.
E non importa se le loro idee siano di sinistra, purché non veltroniana, meglio
se non ne hanno di idee politiche ma solo voglia di affrontare problemi concreti
perché questo è popolo, quello stesso popolo di cui noi facciamo parte, con i
quali condividiamo gli stessi problemi di vita e di sopravvivenza, al quale
apparteniamo e che ci appartiene, per il quale, a sua insaputa ci siamo sempre
battuti, ci battiamo e continueremo a batterci perché un giorno riscopra di
essere popolo e non merce da acquistare da questo o da quel gruppo di miliardari
che con promesse, giornali e televisioni hanno addormentato la sua coscienza, la
sua mente ed il suo cuore.
Per questa ragione, se voto deve essere dato sarà sempre contro la destra, se
azione deve essere fatta sarà compiuta contro la destra degli ipocriti, dei
preti, dei padroni che oggi comandano più di ieri.
Contro la destra, quindi, ora e sempre.
Vincenzo Vinciguerra
Opera, 25 febbraio 2008 |