Italia - Repubblica - Socializzazione

Controcorrente

ANNO I - nn. 5, 6, 7, 8 e 9 - Giugno 1974

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dimensioni: cm. 16,5 X 22 * pagine n° 4

 

 

LE FORZE ARMATE SUPPORTO DEL SISTEMA

(seconda parte)


IL CASO DELL'ITALIA
Fino a quando rimarranno operanti le clausole del "diktat", cioè fino a quando lo Stato italiano non potrà autonomamente:
* fabbricare tutte le armi, comprese quelle atomiche e le relative munizioni;
* decidere gli organici delle proprie FF.AA.;
* liberarsi da assurde alleanze che vorrebbero rendere atlantica una nazione mediterranea per tradizioni millenarie come la nostra;
è privo di senso parlare di autentiche FF.AA. nazionali, così come è sciocco e ridicolo invitare i civili a difendere l'esercito.
Le FF.AA. in un paese sub-coloniale e militarmente satellizzato come è oggi l'Italia, non possono inoltre non risentire delle spurie maggioranze governative ed essere spesso strumentate come gruppo di pressione.
È essenziale convincersi che oggi, ai fini della ripresa rivoluzionaria è controproducente assumere la loro difesa in quanto il voler basare la propria strategia per la conquista del potere su una presunta frattura tra il sistema ed uno qualunque dei suoi istituti (che ne sono in realtà valido supporto) e quindi contare sull'appoggio che questi gruppi potrebbero dare ad una battaglia antisistema è totalmente errato.
Ogni altra via, a nostro avviso, conduce inevitabilmente alla collaborazione col sistema.
Nel 1949, quando, dopo la firma del Patto Atlantico, si iniziò il P.A.M. (programma di aiuti militari ai paesi europei), il nostro paese era ridotto a terra, per lo sfacelo materiale e morale seguito alla sconfitta, e per le condizioni capestro del Trattato di pace. Gli aiuti militari USA, di modestissima entità e qualità più che scadente, superarono però ben presto i rigorosi limiti stabiliti dal trattato; e a giustificare la nuova situazione si escogitò il cavillo giuridico di considerare "non nazionale" (in quanto sottoposto ai Comandi NATO in Italia), tutto ciò che eccedeva l'entità massima concessaci dal trattato.
Col passare degli anni, alcuni settori di industriali e militari si fecero promotori della rinascita dell'industria bellica italiana. Mentre la cantieristica riprendeva un timido sviluppo soprattutto dopo il periodo del rimodernamento delle unità di vecchio tipo ancora in servizio (cioè dopo il 1962), l'industria aeronautica appariva la più sacrificata, nonostante i progetti più arditi di nuovi aerei fossero stati da tempo presentati; essa, che nel 1940 contava ben 200.000 operai, ora ne allinea appena 12.000. Per giustificare la sua opposizione alla rinascita italiana, lo Stato Maggiore della Difesa nel 1952 rilasciò queste sconcertanti dichiarazioni: «Questo non rappresenta un essenziale problema militare; riguarda il ministero dell'Industria. A noi basta che l'America continui a inviarci gli aerei di cui abbiamo bisogno».
Col tempo, quando la nostra industria bellica fu definitivamente ridotta a fabbricare armi individuali e derivati della "jeep", e i nostri migliori tecnici e progettisti furono emigrati, arrivarono anche i conti da pagare. Non più regali di paccottiglia senza valore, pazientemente rammendata dai nostri soldati: ora, per avere i medesimi fondi di magazzino, si doveva pagare.
Complice di questa situazione era la mentalità dei governanti e dei capi militari italiani, agganciati irrimediabilmente all'atlantismo, i quali trovavano giusto ripararsi sotto l'ombrello atomico americano e limitare la forza militare italiana a compiti rappresentativi e di polizia dei confini, con tre giorni di fuoco!
Si credette di potersi scrollare di dosso la prevaricazione americana intorno agli anni '60 quando, in previsione del necessario ricambio delle armi e dei mezzi delle forze armate, si svilupparono progetti nazionali riuscitissimi (come il Fiat G-91 che nonostante i molti anni di vita, con le sue numerose versioni, è riuscito ad imporsi sul mercato europeo destando la preoccupazione degli americani) e si presero in considerazioni commesse straniere.
Ma avevamo fatto i conti senza l'oste. John Kennedy infatti proprio allora impose l'acquisto dei prodotti bellici americani di dubbia efficienza, al quale accennavamo prima.
All'interno le reazioni non mancarono. Il PCI, invece, iniziò stranamente una campagna scandalistica contro la FF.AA., «corrotte e preda di involuzioni antidemocratiche». La destra, dal canto suo, accusò di sovversivismo chiunque chiedeva il motivo degli acquisti. Gli interessi della Fiat, lesi dal tacito divieto di estendere la produzione del G-91, furono compensati da Togliattigrad, che può ben assurgere ad esempio della nascente politica di distensione tra le superpotenze, e dalle solite "licenze" per la costruzione di modelli USA. Tale sistema di prevaricazione e di ricatto non è certo venuto meno con l'amministrazione Nixon, e sussiste a tutt'oggi.
Per quanto riguarda la riduzione delle FF.AA. a strumento burocratico, essa è stata raggiunta attraverso la costante ed abile propaganda antimilitarista (ma al servizio del regime), sviluppata dalle forze della sinistra radicaleggiante.
Basti pensare alla campagna per l'obiezione di coscienza portata avanti dalla stampa comunista, clericale, governativa ed extraparlamentare, concordemente.
Il fatto è che alla classe dirigente non occorre un Esercito, ma solo un buon numero di poliziotti a difesa del regime capitalista. Senza contare la possibilità di imbastire manovre politiche con la scusa dei golpe fasulli, magari col permesso del SID.
Tutto ciò rientra nella logica dei giochi di potere delle dominanti forze moderate.

GUERRA RIVOLUZIONARIA
È opportuno pertanto dare una risposta alla guerra psicologica altrui. Rigettando il pacifismo radicale e le rivendicazioni piccolo-riformistiche, in cui si dibatte il mondo della sinistra, extraparlamentare o no, che è conservatore, non rivoluzionario come si afferma da destra. E rifiutando le teorie destriste che contrabbandano per guerra rivoluzionaria fatti controrivoluzionari, messi in atto in appoggio alle "forze sane", per la collaborazione col sistema ed il suo rafforzamento. In ultima analisi tali fatti si riducono alla preparazione di corpi speciali in grado di svolgere operazioni poco pulite, senza che i soldati con la divisa si sporchino le mani: i cileni hanno visto all'opera tali mercenari.
Potenza e mobilità erano i poli della azione bellica tradizionale. Fede incrollabile e volontà di lotta ad oltranza sono i cardini della guerra rivoluzionaria. Né, del resto, sarebbe concepibile un esercito di mercanti e di bottegai, estratto da plebi rissose intente solo alla ricerca del benessere economico, che le rende sempre meno ricche e sempre più schiave. Appellarsi all'Esercito, inteso in senso tradizionale, o peggio ancora ad una concezione tecnocratica di esso, significa non aver compreso la lezione della seconda guerra mondiale, che ha fatto giustizia degli uomini dediti alla sola professione delle armi, e degli eserciti a coscrizione obbligatoria; e significa ancora non aver compreso la drammatica realtà vietnamita. Un esercito reazionario non potrà mai vincere un esercito rivoluzionario.


SCUOLA DI REGIME

La scuola attuale -istituto di semplice specializzazione, creatore di uomini robot- invece di essere una palestra formativa per il giovane, in grado di svilupparne la personalità e le doti creative, si preoccupa unicamente di fornire un tanto di istruzione ed un poco di cultura, per permettere al sistema di usare lo studente ai fini della produzione capitalistica e del suo mantenimento.
La fase di sviluppo del capitalismo e la sua area di collocazione prevedono una scuola ad esso conforme. Il Grande Capitalismo (USA-URSS) necessita di un certo tipo di scuola, mentre il capitalismo dei paesi assoggettati (es. Italia) che segue la volontà dei padroni più grandi, dovendosi accontentare delle briciole, deve fornire un tipo di scuola evidentemente inferiore.
Viene così attuata la criminale volontà dei Padroni del Mondo di tenere in perenne stato d'inferiorità le nazioni assoggettate, provvedendo anche alla fuga (leggi: razzia) dei cervelli che si elevano dalla mediocrità. Basti vedere a tale scopo la funzione delle succursali IBM in Europa, dei corsi d'addestramento da parte d'industrie straniere, il "Trattato di Non Proliferazione" che vieta la ricerca in campo atomico (agli europei), l'inattività dei centri nazionali di ricerca e di programmazione, resi asfittici dalla mancanza di mezzi che sono invece largamente elargiti presso le università USA e le centrali URSS.
La logica rivolta a questo stato di cose, operata dai giovani da vari anni a questa parte, è stata purtroppo riassorbita in termini di moda e incanalata sui binari di una contestazione sterile, che si perde ancora dietro la falsa antitesi anticomunismo-antifascismo, alimentata dal sistema a suo uso e consumo.
L'antitesi tra destra e sinistra, falsamente contrapposte ed in realtà cooperanti al mantenimento del regime, serve infatti a smorzare ogni possibilità rivoluzionaria, accecando le coscienze e distraendole dai reali problemi.
La nostra lotta è contro gli schematismi parziali, contro tutto il sistema, per una nuova civiltà di uomini liberi.