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La resurrezione del Dio Pan

Giorgio Vitali

 

«Quando l'anima si abbandona tutta agli Dei e si affida tutta alle potenze superiori, seguono le cerimonie ed i riti divini. In quel momento tutto risiede negli Dei e tutto negli Dei ritrova il proprio fondamento, e tutto è ricolmo degli Dei. Allora, d'improvviso, la loro luce s'irradia sulle nostre anime ed anch' esse si fanno divine»
Giuliano Imperatore, Inno alla Madre degli Dei, XVIII 15-19

«Un'invocazione alla Madre, come documento della riaffermazione pagana nel dilagare della religione del "figlio", strettamente correlata a quella biblica del "padre" -un padre afflitto da perenni moti di gelosia, ira, violenza, istinto punitivo- induce a pensare il tentativo di Giuliano come un ritorno alle virtuose origini dell'armonia cosmica»
L. L. Rimbotti, "La rivoluzione pagana"

«Come i Romani giudicavano il "giuramento di popolo" una resa di testimonianza agli Dei maggiore delle stesse leggi umane, del pari Machiavelli sosteneva che sarebbe dovuto risorgere quell'antica devozione»
L. L. Rimbotti, ibidem

«Questa Teosofia Teurgia, intessuta di devozione cosmica, come risalendo i raggi dell'evocato demiurgo Sole-Re, perviene ad una prefigurazione di un'unità di armonie»
L. L Rimbotti

«Garante della "Libertas" è Iupiter che, allo stesso tempo, è garante della "Iustitia", la nozione sacrale di "libertas" è connessa allo IUS, è uno "status" nel quale il soggetto, a seguito di un determinato "statuto ontologico", definito dalla "dignitas", ha la capacità e dunque la possibilità, di esercitare una determinata pienezza rituale e sacrale. La "Suprema Libertas" coincide con lo stato di Iupiter, il dispositore di ogni Ius, egli è la persona divina libera da ogni vincolo limitativo, dispositore pieno dello Ius-Iustitiae, stato realizzato dalla suprema autorità romana, civile e religiosa»
L. M. A. Viola, "Essere Italiani. Identità religiosa e missione universale", ed. Victrix

«Nel famoso "incipit" del "Ramo d'oro" James Fraser dimostra come la venerazione della Vergine Maria si fosse innestata su quella di Diana, anch'essa divinità virginale, che in Italia nei primi secoli dell'Era cristiana era al centro di un culto molto vitale. La tecnica dei cristiani fu molto efficace: si limitarono a dire agli adoratori di Diana che finalmente avrebbero potuto conoscere il vero nome della loro dea: Maria»
A. C. Grayling, "Il significato delle cose", Ed "Il Sole 24 Ore", 2008

«Restare nell'ignoranza di ciò che accadde prima che fossimo nati significa rimanere per sempre bambini»
Marco Tullio Cicerone

«Enea costituisce in Lavinium il sacrario fondamentale del suo Genus, il tempio di Vesta, luogo di custodia degli Arcana del Fatum, in particolar modo il Palladium, Pignus Imperii per eccellenza, presenza di quei Penates principali che Enea riattualizza in sé. Penates ha radice pnt o anche pts. In questa radice è espresso uno stato di pluralità unificata, piena, perfetta; Penates indica con un termine generale l'Unità molteplice della Natura divina e, se il primo degli Dei principali è Giano, l'unità trascendente dei Penati s'identifica con l'unità suprema Non Duale»
L. M. A. Viola, ibidem

«Quando, tremila anni fa, fu concepita e redatta la proposizione di portata universale secondo la quale "Dio ha creato l'uomo a sua somiglianza", questa proposizione conteneva in anticipo tutto la filosofia idealistica dell'Occidente, da Platone fino a Cartesio e fino a Kant»
Hermann Broch, Zurich, 1955

«Dovremmo impazzire di gioia al solo pensiero di essere vivi nella carne, di essere una parte del Cosmo vivente incarnato. Io sono una parte del Sole come il mio occhio è una parte di me. Che io sia una parte della terra lo sanno più che bene i miei piedi, il mio sangue è una parte del mare. La mia anima sa che sono una parte della razza umana, la mia anima è una parte organica è una parte della grande anima dell'Umanità, il mio spirito una parte della mia Nazione»
D. H. Lawrence, "Apocalisse", Newton, 1995

«Per risalire all'Uno occorre riflettere, contemplare, operare, cioè ristabilire un'unità non del tutto perduta ma decaduta. Risalendo, si giungerà fino al limite di ricongiungersi in qualche modo con l'Uno, quando si viva l'estasi, ossia quando, usciti da sé e dalla propria particolarità, quasi ci si identifichi con il principio di Tutto»
Vittorio Mathieu, "Perché leggere Plotino", Rusconi

«Come Catone imparò il greco, così i padri della Chiesa si accostarono al Paganesimo e sentirono che esso era forza con cui bisognava accordarsi. L' intransigenza dei primi cristiani si addolcì e si piegò verso il riconoscimento della necessità di un elemento culturale; il Paganesimo si spogliò di quanto poteva contraddire alla "parola divina" e l'armonia si fece da una forza e da una cultura, per una grande civiltà, anch' essa romana, d'indole spirituale. Era un altro "mos pacis" quello che Roma imponeva al mondo essendo la soluzione di un problema universalmente sentito, per mezzo di una formula universalmente applicabile onde si componevano la morale e la fede in una perfetta umanità» Emilio Bodrero.[ La fine di un'epoca].

«L'alleanza tra le due Città era un fatto ormai compiuto quando, esauritosi il processo di insediamento degli invasori (barbari) l'Impero rinacque nella subordinazione almeno teorica del potere temporale a quello spirituale per cui il diritto a reggere e governare discendeva al re barbaro divenuto cristiano, da Dio per il tramite della Chiesa. Il nuovo ruolo assunto di "garante" dell'obbedienza al potere temporale impose alla Chiesa di rifondarsi per divenire da religione di Stato, quale l' aveva proclamata l'imperatore romano Teodosio, religione "fondamento" dello Stato»
Maria Luisa Fagioli Cipriani, "Cristoforo Colombo. Il medioevo alla prova", ERI, 1985

«L'Uomo Verde, le divinità della Natura, le fate e gli elfi, furono demonizzate. La natura, come del resto il corpo umano, doveva essere castigata e controllata in quanto meramente funzionale e non solo di gran lunga meno significativa delle verità spirituali astratte dell'aldilà, ma ostile ad esse in maniera attiva, a meno che non fosse soggiogata»
A. C. Grayling. Ibidem

«La fede, come uno sciacallo, si nutre frugando tra le tombe, e proprio dalle spoglie di questi dubbi raccoglie la sua speranza più vitale»
Herman Melville
«Il diavolo incoraggia gli scismatici che dividono la comunità, e gli eretici, che insegnano false dottrine. Anche per Tertulliano la malvagità spirituale da cui viene l'eresia è stata inviata dal diavolo»
Sant'Ignazio, vescovo di Antiochia, II sec.

«La verità è che l'annuncio evangelico è stato predicato nei primi secoli in maniera aggressiva e con discorsi irrispettosi verso il paganesimo ed i suoi adepti, bollati con i termini più disonorevoli. San Claudio così ingiuria gli idoli davanti al governatore di Egea, Lisia: "I vostri Dei sono demoni immondi"»
Pierino Marazzani, "La Chiesa che offende", Controcorrente

«Avrei voluto essere un usignolo ma Dio ha fatto di me un semplice imperatore»
Marco Aurelio

«Vulgus vult decipi, ergo decipiatur»
Papa Paolo IV

«È necessario che non si dormi, ma ci affatichiamo di estirparli in quei lochi dove potiamo»

San Roberto Bellarmino

«Si erge a idolo colui che si pone contro Dio, e si pone contro Dio chi non ama il prossimo suo, ma solamente se stesso. Sono costoro gli Anticristi in seno alla Chiesa, i quali ammassano sostanze a modo di formiche e truffano ed inducono in tentazione chi viene in contatto con loro»
Paracelso, "Scritti etico-politici"

«Mundus è l'equivalente di Cosmos ed implica l'idea dell'esistenza di ciò che è venuto ad esistere secondo ordine, con ordine. Esso non è creato "ex nihilo" ma procede senza soluzione di continuità dal suo Principio. Mundus, come Cosmos, implica anche l'idea di "ornamento della Causa", del Principio che lo fa esistere. Mundus è il sostegno della Mente Divina, l'apogeo dell'articolazione della contemplazione essenziale del Dio Demiurgo, per cui il Mondo è l'articolazione della sua essenza in segni, cifre, verbi ordinati secondo misura ottima e perfettamente bella»
L. M. A. Viola, "Tempus Sacrum", Victrix ed


La morte del dio Pan
Sebastiano Ciampi (1769-1847) tradusse in volgare italiano il seguente racconto di Plutarco nel trattatello "De Oraculorum delectu".
«Epiterse… raccontava che una volta, imbarcatosi per l'Italia sopra una nave carica di ricche merci, e piena di una turba di passeggeri, sulla sera, trovandosi verso le isole Echinadi, il vento abbassò e la nave andando qua e là con direzione incerta, venne ad avvicinarsi a Paxo. Delle genti di sulla nave molte eran deste e molte, avendo cenato, continuavano a bere. All'improvviso fu sentita una voce uscita dall'isola di Paxo che a gran tuono chiamava: Tamo; di che la meraviglia fu grande. Questo Tamo, egiziano di patria, era il piloto; ma non conosciuto per nome dalla maggior parte di quei che erano sulla nave.
Chiamato due volte, non rispose, finalmente alla terza diè orecchio. Allora colui che chiamava, rinforzata la voce, disse: "Quando sarai giunto a Palode dài la nuova che Pane grande è morto! Raccontava Epiterse che tutti, udito questo, si spaventarono e che consigliandosi se fosse meglio eseguir l'ordine o non se ne dare per inteso, Tamo decise di lasciar correre qualora rialzandosi il vento, avesse potuto tirar via cheto cheto; ma se poi giunto al posto facesse calma e bonaccia, avrebbe in quel caso annunziato ciò che aveva udito. Diceva che, infatti, arrivati a Palode, senza vento e senza movimento d'acqua, Tamo di sulla poppa e con la faccia rivolta verso terra, annunciò, come aveva udito, che Pane grande era morto. Non ebbe peranco finito di dire che fu inteso gran gemito misto a voci di sorpresa non d'un solo, ma di moltissimi: e come che vi si erano trovate presenti molte persone, velocemente se ne sparse la notizia fino a Roma; e Tamo fu chiamato colà dall'imperatore Tiberio. Aggiungono che questi gli prestò fede a segno di aver fatto premurose ricerche e domande attorno a qual Pane grande. Gli eruditi, che in gran numero tenevasi attorno Tiberio, non seppero congetturare altro se non che quel Pane grande essere Pane nato da Mercurio e da Penelope. A Filippo (che è il narratore del dialogo di Plutarco), fu confermato il racconto anche da qualcuno degli astanti, che erano stati discepoli di Emiliano».
Nota: Uno studio critico dell'episodio plutarchiano, contenente un interessante tentativo di interpretazione esoterica del Mito, è stato pubblicato dal prof. Luigi Garello, nel volume: "La morte di Pan", Bocca, 1908. [G. Fumagalli, "Chi l'ha detto?", Hoepli, 1946]

Resurrezione di Pan grande e degli altri dei
Mentre la morte di Pan, narrata da Plutarco, è situata nel periodo d'inizio della diffusione del cristianesimo, è sempre più vasto nell'intero mondo abitato il movimento di RINASCITA degli DEI. Questo movimento trova alimento nell'incontro fra la cultura occidentale e quella orientale, modificando anche la cultura medica in una visione "olistica" fondamentalmente contrastante con l'immagine positivistica della vita che descrive ogni essere vivente come un'accozzaglia casuale di organi autonomi ed avulsi dalla totalità del corpo-anima-spirito.
Quest'ultima visione del mondo è con molta evidenza funzionale all'interesse economico della produzione industriale per la quale è più facile fingere di "curare" queste parti separate dal tutto, per riservare alla mente-psiche che, ovviamente, è esautorata dal controllo totale dell'organismo, altri prodotti (psicofarmaci) dell'industria chimica. È questa la ragione della grande diffusione di sostanze psicoattive, mediaticamente proposte con sempre maggiore violenza alla fine di creare un'assuefazione all'uso di droghe fin dalla prima infanzia.
E tuttavia, proprio in conseguenza della lenta e difficilmente contenibile avanzata della cultura alternativa in nome del rilancio di un'autentica riscoperta della Natura, tutto un mondo, quello del materialismo razionalista, del dualismo (spirito-materia, mente-corpo, mente-anima, cielo-terra, religione-laicismo, animato-inerte, vita-morte, salute-malattia etc…) è destinato a scomparire nelle coscienze e nei comportamenti umani. Un nuovo, autentico Rinascimento, basato su un nuovo Umanesimo, è alle porte.
Secondo René Guénon, il Mondo Contemporaneo è attraversato da un'età oscura, il Kali-yuga della tradizione induista, ciclo caratterizzato da confusione, decadenza e degenerazione. Le sacre verità della Tradizione sono sempre più occulte e irraggiungibili. Sempre secondo Guénon, la più imponente superstizione dei moderni si palesa nella fede irrazionale nelle scienze, nel rifiuto dell'uomo moderno di ammettere una prospettiva di pensiero che non sia stata precedentemente legittimata dalle scienze empiriche e dalla ragione strumentale. La scienza moderna non è vera conoscenza perché, anche se le accade di enunciare cose vere, non sa fornire la ragione delle sue verità. I tanti "fedeli" devoti del mito scientista avrebbero sicuramente molti dubbi se solo venissero a conoscenza con quanti trucchi sono manipolate le famose "ricerche sperimentali" per ragioni puramente economiche e politiche. Aggiunge un altro studioso della modernità… «Filosofia e Religione non possono permettersi di asserire qualcosa che risulti in contrasto col sapere scientifico, mentre questo forma le sue verità incurante di un qualunque confronto con altri ambiti della cultura».
Guénon così si esprimeva: «Tenendo conto di tutte le considerazioni fin qui esposte, è facile comprendere che Roma è, per l'Occidente, un'immagine del vero "Centro del Mondo", della misteriosa "Salem" di Melkitsedeq» (R. Guénon, "Autorità Spirituale e Potere temporale", Luni ed. 1995).
«In tale contesto, la figura del Re del Mondo nella sua realtà principale di detentore dei due poteri-regale e sacerdotale- era rappresentata dallo stesso Giano» (R. Guénon, "Il re del Mondo", Adelphi, 1977)
Arturo Reghini, in un editoriale del 1925 così si esprime: «È nostra profondissima persuasione che la tradizione occidentale debba tornare visibilmente a manifestarsi; che Roma, la città sacra, l'alba città dei costruttori arcaici, eliminate le infezioni esotiche… debba riprendere la sua opera di illuminazione, di unificazione, di universalizzazione e di imperio spirituale. Il reato di usurpazione compiuto da quelli che Dante chiamava "pastori senza legge, idolatri, predicatori di ciance", non andrà prescritto, perché nonostante le parodie indegne, la Tradizione sacra vive pur sempre».
Il pensare classico, peraltro, non ha mai cessato di essere presente nelle opere dei più profondi pensatori, che possono essere scoperte fra le pubblicazioni di questi intenzionalmente messe in disparte.
C'è l'esempio limpido di Goethe, la cui ricerca non si è limitata allo scavare a fondo nelle intime connessioni fra la vita dell'Universo ed i drammi esistenziali individuali. Goethe ha elaborato un metodo scientifico non razionalista, né dialettico (evoluzionismo), né classificatorio (Linneo), ma di assoluta comprensione per immedesimazione nelle forze naturali. Da qui il compito dell'uomo, che non esiste solo per crearsi l'immagine di un mondo in sé compiuto, cioè per riflettere passivamente il mondo, al contrario, l'uomo è partecipe della realizzazione del mondo, della creazione del mondo, continua la creazione del mondo in quanto restituisce al Cosmo in idee ciò che a lui è offerto in fenomeni. In questo, l'uomo è cittadino di due mondi: del mondo fisico e del mondo soprasensibile.
Giovanni Pico della Mirandola, nella sua "Oratio de hominis digitate" ha definito il manifesto del pensiero umanistico. In esso, Pico propone una "Pax philosophica" incardinata sul modello di pace che Dio attribuisce ai cieli che lo attorniano: "Philosophia ancilla pacis". Egli scrive: «Godremo la pace invocata, la pace santissima, l'unione indissolubile, l'amicizia concorde, per cui tutti gli animi non solo si accordano in quell'unica mente che è sopra ogni mente, ma in una maniera ineffabile si fondono in un solo. Questa è l'amicizia che i Pitagorici dicono il fine di tutta la filosofia, questa è la Pace che Dio attua nei suoi cieli; che gli angeli discendendo in Terra annunziarono agli uomini di buona volontà, perché per essa anche gli uomini salendo al cielo diventassero angeli».

La riscoperta di Flavio Claudio Giuliano Imperatore
«Quando l'anima, ripiegando in sé, dapprima con se stessa indugia, poi, nel segreto della propria interiorità, incontra il dio, da sola a solo, non impedita da nessuno…».
Giuliano non è solo l'esempio di un tentativo di restaurazione politica, ma soprattutto la manifestazione di una continuità di pensiero che si diparte dal platonismo per permeare nella sua epoca l'intero pensiero filosofico, religioso, scientifico.
Non esiste discontinuità fra il platonismo pagano (Plotino, Porfirio) e quello cristiano (Agostino), per cui possiamo tranquillamente affermare che il cristianesimo che si è diffuso nei primi secoli dell'èra volgare, altro non era che una visione del mondo elaborata molto lentamente dalle popolazioni mediterranee, che avevano creato molte religioni pagane (misteri greci, pitagorismo, dogmi di Zoroastro, cabala, mitologia pagana) e cristallizzata in dottrina tramite il pensiero filosofico greco, che era la struttura mentale e l'articolazione logica nella quale venivano elaborati i pensieri in quell'epoca.
«Mi è città, mi è patria il mondo, e amici dei e demoni e tutti quanti siano e dovunque si trovino uomini probi. Ma bisogna rispettare ed onorare la terra dei nostri natali, perché questa è legge divina, e bisogna sottometterci alle patrie norme, senza usare violenza e senza recalcitrare allo sprone, come si usa dire a modo di proverbio. Inesorabile difatti è quello che si chiama il giogo della necessità».
A conferma di quanto precedentemente scritto sta un concetto espresso di recente, come emerso da un incontro Blondet-Cacciari: «Ogni società tradizionale, come albero rovesciato, ha la sua radice nella legge divina, nel Nomos».
Scrive Giuseppe Dagnino ("Gli occhi dell'anima, intreccio di scrittura fra Giuliano e Saturnino Secondo Salustio", ECIG, 1996): «Vero è che il cristianesimo in espansione, messo da Costantino sulla via d'esser fatto, fra non molto, religione di Stato, cavalcava accanto alla grande filosofia classica, ed appunto nell'età dei Padri vi cercava gli strumenti concettuali e linguistici della propria edificazione in teologia e in filosofia, intento a fissare la verità contro le ritenute eresie che da ogni parte insorgevano e pur costituivano indizio di fervida ricchezza della nuova religione in ascesa. Appropriandosi di quel linguaggio che veniva fornito dalla filosofia classica e non era soltanto strumento di espressione bensì, come sempre il linguaggio, era corpo reale del pensiero e reale residenza della cultura nell' unicità indivisibile del Logos».
Pertanto possiamo aggiungere che il cristianesimo, basandosi sulla figura sicuramente mitica o comunque necessariamente mitizzata del personaggio Gesù, elaborata in Alessandria, città crogiolo di tendenze culture e religioni gravitanti nell'area mediterranea, (Clemente e Filone) la situava in uno scenario naturale, la Palestina romana, che era pressoché ellenizzata, come dimostra la storia dell'essenismo, tant'è che i Vangeli furono scritti in greco classico, circa un secolo dopo gli eventi narrati..
In particolare, la lettura di Filone ("Commentario allegorico alla Bibbia", Rusconi, 1994, a cura di Roberto Radice) permette di comprendere il meccanismo interpretativo che introduce i personaggi biblici nell'ambito dell'articolazione logico-filosofica greco-romana. Si tratta dello stesso tipo di contaminazione sincretistica dell'arte rinascimentale e post-rinascimentale, con la quale gli stessi artisti interpretavano indifferentemente figure umane simboleggianti divinità pagane, personaggi biblici o personaggi della tradizione evangelica.
Va fatto necessariamente notare che questa "confusione visiva" era intenzionale, cioè commissionata agli artisti dal potere politico-religioso, affinché la "memoria visiva", che è la memoria per eccellenza, registrasse come vere, compresenti ed attuali, immagini contenenti messaggi culturali. Così come oggidì il cinema, e la sua dilatazione televisiva, svolge la stessa funzione, quindi è sempre più difficile distinguere fra un documentario supposto "storico" ed una ricostruzione cinematografica. La memoria da ordine al caos e fonda il presente, rielabora il passato e costruisce il futuro. Stupisce, infatti, che, nell'ambito del formalistico dibattito sulle radici dell'Europa, quando si contendeva sui Media fra una matrice illuministico-massonica e un giudeo-cristiana, con l'intento di una reciproca sopraffazione, non siano stati diffusi giudizi di studiosi "autorevoli" attestanti la verità, e cioè che le matrici dell'Europa stanno tutte nella "Civiltà Greco-Romana".

Riferimento dantesco
In questo contesto non può mancare il riferimento a Dante in quanto interprete della tradizione della classicità platonica, che egli espresse tanto nell'opera poetica, quanto in quella politica ("De Monarchia", "Convivio", "Epistole"), per finire nell'illuminazione totale della "Commedia".
Scrive, infatti, A. Meozzi ("L'utopia politica di Dante", Ed. Athena, 1929): «... Nell'interferenza reciproca delle sue aspirazioni, per cui talora il credente prende il sopravvento sull'uomo di parte e questo talora fa forza al teologo, (si veda per questo l'ardita beatificazione di tutta la storia romana) e tutto il dramma del cristianesimo (Natività-Passione) formalmente asservito alla legittimazione giuridica dell'Impero, si rivela tutto il segreto della sua coscienza. Lo stesso è a dire delle oscillazioni tra l'idealismo etico-religioso che gli fa subordinare l'autorità imperiale al benessere dell'umanità e l'idealismo politico che ne consacra l'assoluta potenza sfuggendo al concreto problema dei limiti della sovranità».

Jung e l'incontro della spiritualità dell'Occidente e dell'Oriente
«La saggezza e la mistica dell'Oriente hanno moltissimo da dirci, sebbene parlino l'immutabile linguaggio loro proprio. Esse debbono rammentarci quel che abbiamo di simile, e che già abbiamo dimenticato nella nostra cultura, richiamando la nostra attenzione su ciò che noi mettiamo da parte come insignificante, cioè sul destino dell'uomo interiore. La vita e gli insegnamenti dell'esperienza orientale ed indiana in particolare, non hanno importanza soltanto per l'indiano, ma anche per l'Occidente, non sono soltanto un documento umano, ma un ammonimento ad un'umanità che minaccia di perdersi nel caos della sua innocenza e della sua anarchia».
(da un articolo di Sergio Bernardi su "Sapientiam Scire" 3-4 Trim.1996)

Il principio antropico
Il principio antropico elaborato dal prof. Giuseppe Arcidiacono tiene conto delle acquisizioni degli studi scientifici non allineati al pensiero unico dominante. In particolare, sulla base della teoria unitaria del mondo fisico e biologico proposta nel 1942 dal Fantappiè, in Natura esistono due opposte tendenze. Una entropica, verso la degradazione ed il livellamento, caratteristica dei fenomeni fisici, ed una opposta tendenza sintropica verso l'organizzazione e la differenziazione, caratteristica dei fenomeni biologici. Tale doppia tendenza si manifesta a tutti i livelli, e dalla lotta tra l'ordine ed il disordine ha origine il divenire.
Per concludere, è proprio la complessità dei viventi che ha portato tanti scienziati ad ammettere che l'Universo non deve essere più concepito come una macchina che procede ciecamente, ma piuttosto come un grande organismo, nel quale vive un'intelligenza cosmica diffusa a tutti i livelli, che guida i complicatissimi processi che avvengono nei viventi.

Conclusione
Questo rapidissimo excursus ci ha guidato per i percorsi della storia alla ricerca della "Rinascenza" della nostra epoca. La Resurrezione del Dio Pan, che non è mai morto nelle coscienze degli uomini delle grandi civiltà. È in questo senso che occorre elaborare una "filosofia politica" intendendo con ciò una potenzialità culturale ed un percorso esistenziale capaci di amalgamare persone coscienti della crisi in atto per le quali il cambiamento sia la condizione stessa dell' esistenza.
 

Giorgio Vitali

 

«Salve! Sia tu felice e dei loro doni ci colmino gli dei!
Fa ritorno alla tua casa, alla cara patria terra!».
("Iliade" ed "Odissea")