Italia - Repubblica - Socializzazione

 

«I soldati che si battono con cognizione di causa sono sempre i migliori»
(Mussolini, Dottrina
I n. 1 nota 1)

Mozione conclusiva della VII Assemblea Nazionale
Treviso 23 aprile 1967
 

PREMESSA
I documenti conclusivi delle due ultime Assemblee Nazionali della F.N.C R.S.I. ne hanno solennemente riaffermato natura e funzioni. La mozione acclamata a Firenze afferma testualmente ... «È bene ricordare che la Repubblica Sociale Italiana, prima di un alto e nobile episodio del combattentismo italiano ha rappresentato una rivoluzione istituzionale, una profonda rivoluzione sociale e, prima di tutto, una rivolta ideale. Nel riprendere oggi la lotta, abbiamo il dovere di non dimenticare né sottovalutare questi fatti, tenendo nel contempo ben presente che l'azione della Federazione potrà avere un valore costruttivo unicamente su di un piano politico... perché noi non siamo stati i combattenti di una qualsiasi guerra fatta per difendere soltanto ed unicamente «i sacri confini della Patria», la «bandiera» e l'«onore militare» ma abbiamo voluto essere -e siamo stati- i combattenti di una guerra ideologica».
In assoluta coerenza possiamo quindi ribadire che compito della Federazione resta quello di difendere il patrimonio storico-ideale della RSI e di agire per la riaffermazione dei princìpi ideali.
Diciamo subito che a tal fine è stato fatto molto ed è stato fatto poco, da Firenze ad oggi.
La fedeltà ai princìpi ed il rifiuto di mescolarci con uomini ed ambienti del sistema costituisce una componente positiva della nostra azione ed un esempio di ciò che si deve ritenere per intransigenza. Si è trattato di mantenere una posizione piuttosto scomoda ed i contrasti hanno assunto punte drammatiche imponendo un sacrificio organizzativo indubbiamente molto pesante. Ma oggi noi possiamo affermare contro gli scoraggiati, i dimentichi e gli immancabili detrattori che l'avere tenuto, l'essere riusciti a resistere, ha rappresentato e rappresenta un saldo punto di riferimento -per noi e per le generazioni future- ed in questo consiste la nostra vera forza.
Inconsistente appare invece il risultato ottenuto a proposito della ripresentazione politica degli ideali che la Repubblica Sociale Italiana nobilitò.
Nell'individuare le cause dell'insuccesso non dobbiamo perderci alla ricerca di alibi e non dobbiamo nasconderci dietro la crisi organizzativa; contro tale paravento non vi sono rimedi. È infatti la mancanza di una precisa attività politica che ha favorito il confusionismo ed il travaso di forze, una volta attive in mezzo a noi, verso altre esperienze; non viceversa.
È quindi necessario definire una linea politica intesa alla ripresentazione di cui abbiamo discorso a ciò anche chiamati dalla norma statutaria che recita... «educare le nuove generazioni affinchè esse siano adeguatamente preparate a realizzare una lotta ad oltranza per l'affermazione e la difesa dello spirito contro ogni manifestazione del dilagante materialismo ...». E dobbiamo essere coscienti che questa norma va oltre le definizioni. Essa ci impegna alla realizzazione di idonei strumenti perché la linea politica della Federazione acquisti vitalità e diventi operante.

La linea politica della FNCRSI - Tesi politiche
La linea politica va impostata sulla base di tesi ideologico-politiche le quali possano operare nell'attuale situazione à-italiana ed internazionale- che deve essere valutata nel modo seguente:
In Italia il ventennio democristiano ha portato a compimento un processo di sfaldamento dello spirito unitario dello Stato italiano, per conseguire il quale aveva invece felicemente operato il Fascismo. Gli italiani hanno in sostanza perduto la ragion d'essere italiani. Gli uomini possono sentirsi uniti per sangue, per tradizioni comuni, per finalità comuni. Gli Italiani di oggi non sentono nessuno di questi legami. L'individualismo democratico trionfa. Da ciò il potere dei partiti (è in questo senso che noi critichiamo la partitocrazia, non nel senso liberale-missino volto a tutelare il parlamento rispetto ai partiti), di organizzazioni straniere come il Vaticano, dei gruppi di pressione privati come la Confindustria, la Fiat, la Montecatini Edison, degli Enti di Stato, ecc. Il perseguimento dell'interesse particolare ha ormai travolto ogni residuo perfino del galantomismo d'altri tempi ed è stato eletto a sistema di vita da amministratori e burocrati di ogni livello.
Il sistema che ha portato a questi risultati è quello della democrazia parlamentare (regime d'assemblea) in sede istituzionale; della combinazione liberistico-statalista in sede economica; della piccola borghesia salariata in sede sociale, del neo-illuminismo radicale in sede culturale e dell'alleanza fra modernismo cattolico e riformismo socialista in sede governativa.
Questo sistema trova il suo punto di forza, cioè la possibilità di reggere, non nella saldezza della sua struttura ma nell'inserimento in un più vasto e robusto sistema, che è quello del «mondo libero» o «dell'occidente». Ancora una volta torna quindi valida la affermazione -e la validità della nostra tesi è nei fatti- che il sistema democratico è stato imposto all'Italia violentemente dagli eventi della politica internazionale per cui invano l'esaltazione della «resistenza» cerca di accreditare un'origine italiana e popolare del sistema stesso.
L'Occidentalismo è la Santa Alleanza del mondo democratico. I suoi punti fondamentali sono:
1) la leadership statunitense rispetto ai cosidetti «alleati»;
2) la negazione dell'autonomia militare e quindi politica degli Stati Europei;
3) il mantenimento delle sfere di influenza occidentali e orientali stabilite a vantaggio rispettivamente degli USA e dell'URSS a Yalta;
4) La conservazione dei regimi importati nell'ovest e nell'est europeo dopo Yalta.

Altrettanto dannosi che questi effetti politici sono stati gli effetti etici e culturali dell'occidentalismo. Esso ha infatti provocato quel processo di accostamento e di subordinazione del costume e della cultura europea a quella americana che ormai va al di là delle mode, minacciando di intaccare tradizioni millenarie. Trattasi di un nuovo cosmopolitismo i cui valori sono esattamente antitetici a quelli spiritualistici, etici e religiosi che noi affermiamo.
Da ciò consegue che ogni accettazione dell'occidentalismo, anche se limitata ad uno solo dei punti sopra elencati, conduce inesorabilmente al rafforzamento del sistema democratico. In particolare, per quanto riguarda l'Italia, si è visto come l'opposizione, sia di sinistra che di destra, sia stata stemperata nel suo vigore polemico dall'approccio occidentalista fino ad essere trasformata in sostegno del sistema.
Il PCI infatti, che dell'occidentalismo accetta la premessa di Yalta, cioè la divisione del mondo nella sfera sovietica ed in quella americana, ha trasformato il suo carattere di partito rivoluzionario fino a proporsi ormai esclusivamente per funzioni di appoggio alle punte avanzate della sinistra democratica radicale. Vivente Stalin, l'aggressività sovietica faceva considerare in malafede al PCI gli accordi di Yalta, nel sottinteso che la spartizione nei termini stabiliti non sarebbe stata rispettata. Da Kruscew in poi si è ridato a quell'accordo nuova veste (la distensione o coesistenza competitiva) nel timore che la Cina e la Germania potessero metterlo in crisi, rivendicando la nuova autonomia politica. Mentre –quindi- nel 1946 si poteva credere che l'appoggio del PCI alla costituzione borghese italiana fosse di origine tattica, oggi lo stesso appoggio al sistema democratico (politica unitaria fino ai cattolici, rinuncia alla ortodossia rivoluzionaria, pacifismo, clientelismo organizzativo, ecc.) non può che definirsi di carattere strutturale.
Il MSI, che nella leadership militare e politica USA rispetto agli Stati Europei trova l'unica garanzia di fronte ad una aggressione sovietica è poi costretto ad accettare gli altri due punti dell'occidentalismo; Yalta ed il sistema democratico. Ogni prospettiva rivoluzionaria viene in tal modo a chiudersi ed il problema politico di fondo diventa quello dell'inserimento e della collaborazione con il sistema, magari con la giustificazione di volerlo modificare. Tutta l'azione politica del MSI è stata una testimonianza di questo indirizzo riformista e collaborazionista. La linea di colloquio al vertice con la DC (culminata con Tambroni e tappezzata di voti «dati e non richiesti» o addirittura «non graditi» dai vari Zoli e Segni) ne è la prova maggiore ma la stessa qualificazione di partito di destra sollecitata in mille modi e poi provocata mediante l'apparentamento coi monarchici hanno fatto assumere al MSI addirittura la funzione di scialuppa di salvataggio o di valvola di scarico del sistema democratico. È inutile ripercorrere le tappe di un cammino ignobile che sta ora per terminare, ma non possono tacersi gli effetti che il sacrificio dell'indirizzo politico rivoluzionario ha prodotto nella stessa struttura organizzativa del MSI e che consistono esattamente nella strutturazione di vertice del partito (la cricca al potere), nell'abbandono della preparazione dei quadri, nella rescissione di ogni rapporto con una dottrina politica derivante da una concezione del mondo e nella conseguente adozione di una tematica e di una prassi politica impostata sulle piccole idee occasionali, più o meno provocate dalle deficienze altrui.
Una attenta critica deve essere da noi esercitata anche verso gruppi ed uomini che un comune passato ci fa considerare positivamente sotto l'aspetto umano. La cosidetta «sinistra fascista», la quale oltre a questo passato ha avuto anche il pregio di valutare negativamente l'attività para-democratica del MSI, deve tuttavia essere considerata criticamente con riferimento ai suoi due classici errori. Essi consistono:
1) nel piccolo nazionalismo di carattere risorgimentale e con tendenze geopolitiche, che si conclude nel concetto di Stato italiano ma che non intende esattamente il concetto di Idea fascista, per cui non riesce poi a stabilire un rapporto tra Stato ed Idea. Conseguenza dannosa di tale errore è la teoria della pacificazione nazionale, perseguita per rafforzare (illusoriamente) lo Stato a scapito della intransigenza sui princìpi ideali;
2) il sinistrismo economicista che riduce il Fascismo esclusivamente alle polemiche contro Gruppi di potere economico accettando, su un piano empirico, lo spirito ed alcune tesi del materialismo storico, che vengono sganciati da quel preciso e concatenato sistema filosofico.

Conclusioni
Dall'analisi fatta deriva che gli strumenti politici che la Federazione dovrà realizzare avranno il compito di reagire al sistema democratico negli aspetti e nelle articolazioni, interne ed internazionali, sopraelencate e nel contempo affermare un programma politico i cui punti cardinali, fissati nella rispondenza ai princìpi ideali e nella considerazione del presente momento storico, sono:
1) autonomia degli Stati europei nei confronti dei blocchi;
2) ripresa del disegno unitario dello Stato italiano;
3) sistemazione corporativa dell'economia e subordinazione di essa alla politica (per evitare scivolamenti di carattere tecnocratico).
La Federazione dovrà in particolare assicurare che venga sempre mantenuto il giusto rapporto tra programma ed iniziative politiche. A questo fine la Direzione Nazionale dovrà curare con immediatezza la specificazione delle varie tesi derivanti da ciascuno dei tre punti programmatici e la elencazione delle attività che è possibile prendere fin da ora per attuare quei punti stessi.