Elezioni: la nostra
posizione
Giorgio Vitali
Personalmente non vedo come si possa derogare
anche al presente dalla linea di fermezza antisistema seguita dalla FNCRSI fino
ad oggi. Le ragioni c’erano allora ed oggi sono ancora più cogenti. Aggiungo che
la situazione attuale conferma in maniera inconfutabile ciò che Noi abbiamo
sempre asserito. L’analisi di quanto avvenuto nel nostro paese dalla fine del
conflitto ad oggi è inequivocabile. Questa dichiarazione vale, ovviamente, per
le poche persone che leggono e riflettono su ciò che leggono, in un paese che è
noto nel mondo per l’alto tasso di analfabetismo (originale e di ritorno) ma
soprattutto per la bassa propensione alla lettura di libri e di periodici. Sono
punti fermi che dovrebbero costituire la premessa di ogni considerazione di
carattere storico e politico.
Assieme all’asserzione che noi Italiani siamo controllati da 120 basi militari
americane, di fronte alle quali la presenza austriaca pre-risorgimentale era una
bazzecola.
Senza tener conto di questi due fattori, qualsiasi esposizione di opinione è
sostanzialmente falsa e qualifica il suo estensore come corresponsabile di
interferenza mentale disturbante.
Questa premessa mi permette di iniziare le considerazioni seguenti partendo
dall’esibizione del “duello” televisivo di martedì 14 marzo fra i due esponenti
dei poli antagonisti, svoltosi sotto gli occhi attenti di Mimun. (A
dimostrazione che nel nostro paese tutto è sotto controllo). Esibizione alla
quale non ho assistito avendo preferito (et pour cause) al locale teatro
comunale, un bel concerto di musiche di autori romantici tedeschi. Mi è bastata
la sceneggiata precedente fra Berlusconi e l’Annunziata, palesemente orchestrata
per attirare l’attenzione degli ingenui.
Al ritorno ho però seguito il commento dibattuto fra giornalisti nel salotto di
"A porta a porta". Questo è stato sicuramente più interessante perchè sono
emerse le varie posizioni di chi crede di interpretare e gestire l’informazione
del nostro paese. Qui è stato possibile percepire il sussiego e la spocchia di
tanti personaggi che, in quanto arrivati alla direzione di un periodico, si
ritengono importanti. E ciò sarebbe vero se questi “signori dell’illusione” si
trovassero a vivere in un paese anglosassone, in Germania o in Francia, dove la
consuetudine di leggere i fondi dei direttori è uno strumento del dibattito
cosciente sui destini di una comunità. Non è questo il caso dell’ Italia, dove
l’abitudine dell’acquisto acritico del quotidiano per leggervi i fatti di
cronaca, possibilmente nera, nonchè gli avvenimenti sportivi, ha permesso fino
ad ora molte scalate alla proprietà ed un disinvolto cambiamento di linea
politica, percepito dagli affezionati lettori a qualche anno di distanza.
Fa eccezione, e questo è un buon segno di acquisita consapevolezza, il caso
recente del "CorSera" che ha perso lettori ormai decisamente orientati verso la
Lega, per avere il direttore (Mieli) esplicitato una linea editoriale favorevole
all’Unione che i lettori non avevano ancora capito. (Ma il grande capitale del
Nord è sempre stato favorevole al Centro Sinistra per la semplice ragione che
sono proprio queste compagini governative che permettono operazioni antipopolari
senza suscitare preoccupanti reazioni. Ne tratteremo in conclusione di questo
articolo.
Già oggi peraltro è molto facile osservare certi comportamenti dei cosiddetti
concorrenti al governo del paese. Il loro modo di atteggiarsi, guardingo ed
ammiccante, denuncia una sola apprensione: non dispiacere al padrone reale. Ne
può essere un esempio il ministro degli esteri, Fini, già inquadrato da Craxi
come «un grande vuoto incartato». Nè ci sarebbe da aspettarsi altro da un
perfetto continuatore di quel partito che era già stato giudicato da Enrico
Mattei: «è come un taxi» (Quando lo chiami viene).
OPPORTUNISMI SBAGLIATI - Che questi compiaciuti giornalisti non contino
molto nella vita reale è stato ampiamente documentato dal dibattito da questi
recitato (recitare è il termine appropriato) perchè dai loro discorsi non è mai
trapelata la presenza oggi incombente e minacciante,del contesto internazionale;
senza la quale ogni discorso di politica interna è letteralmente privo di
significato. Se queste persone, invece di crogiolarsi nei loro futili discorsi,
avessero avuto presente il contesto internazionale per quello che rappresenta
per il nostro paese, ne avrebbero accennato. Con ciò non intendo dire che siano
ignoranti, che non conoscono le vicende internazionali, ma che le sottovalutano
perchè sono personaggi da proscenio. Gente superficiale, futile, che recita una
parte. E nemmeno a soggetto. Qui i ruoli sono chiari ed i copione è già scritto.
Di tutto quanto hanno detto e ridetto due sole considerazioni: il richiamo
consuetudinario e servile al costume statunitense delle regole che presiedono il
dibattito televisivo fra candidati alla presidenza, ignorando che in quel paese
una minima parte dell’ elettorato (posto che abbia le televisione), segue quelle
chiacchiere, e l’enfasi assegnata ad una dichiarazione di Umberto Eco, il quale
ha «minacciato» di andarsene all’estero in caso di vittoria del centrodestra,
ignorando che questo “intellettuale” ha da tempo, da troppo tempo esaurito la
sua carica e la sua significanza.
È già stato scaricato. Ma loro, lui compreso, non se ne sono accorti. L’effetto
spiacevole di questi discorsi è acuito dalla constatazione che si tratta
dell’esternazione di opinioni da provincialismo post-bellico, fatto tutto di
ammirazione per la grande democrazia d’oltre oceano. Roba vecchia di più che
mezzo secolo.
E qui voglio ricordare ciò che mi ripeteva uno zio, noto inviato speciale:
l’Italia è il paese degli opportunismi sbagliati. Questi opinionisti embedded
hanno fatto una scelta opportunistica senza accorgersi che i tempi sono cambiati
e continueranno a cambiare con velocità accelerata. Il caso dell’assassinio di
Milosevic ne è un esempio.
Fino a qualche decennio fa qualsiasi dichiarazione in merito sarebbe stata
supinamente accettata. Pensiamo alla morte di Enrico Mattei. (Solo Giorgio
Pisanò, all’epoca del mortale incidente, ebbe il coraggio di parlare chiaramente
di un attentato sul suo periodico di allora: " Secolo XX"). Invece, nella
società di internet sono in pochi a credere alla morte naturale del leader
jugoslavo, mentre pian piano avanza nel mondo la consapevolezza che l’11
settembre è stato un autogol, anche estremamente spregiudicato, e ne vedremo le
conseguenze a breve. Con ciò non intendiamo sottovalutare l’importanza
dell’assassinio politico, se si decidere di uccidere qualcuno vuol dire che si
ritiene utile la sua eliminazione; serva da esempio quella di Ettore Muti.
Tuttavia la sua autodifesa non è passata inosservata, come accade sempre quando
iniziano le rivoluzioni della comunicazione, ed oggi ci troviamo nel bel mezzo
della rivoluzione di Internet.
E vai un po' a chiudere tutti gli Internet Point diffusi nel mondo, e
frequentati proprio da quegli esponenti del terzo mondo, apparentemente
illetterati, sparsi per il primo!... Ma se la gente comune, in Italia come in
Europa, comincia a pensare che il Potere Imperiale racconta balle, è certo che
verranno messe in dubbio molte altre presunte “verità” sulle quali finora quel
potere si è costituito per dominare il mondo!
IL QUADRO GEOPOLITICO - Intanto dobbiamo capacitarci che l’attuale
società cosiddetta “occidentale” è basata su valori utilitaristici che sono
stati imposti al mondo con la forza. L’utilitarsmo e l’asservimento delle vita
terrestre ai concetti dell’utile sta portando l’umanità verso una fine poco
piacevole, e c’è chi se ne è reso conto. Tuttavia, cambiando il contesto, il
medesimo concetto, specie se di carattere economicistico, può con grande
facilità regredire da categoria scientifica, alla quale solitamente si da grande
importanza, a stereotipo privo di senso.
Da molto tempo Noi della Federazione abbiamo affermato che il sogno segreto
delle classi dirigenti statunitensi punta al dominio mondiale. Non sono
formulazioni logiche, ma pre-logiche. Religiose. Con la potenza del dollaro, con
quella delle armi e con l’imposizione del fondamentalismo biblico. Oggi la
faccenda è percepita con chiarezza da molti.
Dopo la molto presunta fine dell’URSS, ma le realtà geografiche non si possono
cancellare, gli USA si sono immedesimati nel ruolo di unica grande potenza senza
più equivoci ideologici. Il "New Order" di Bush senior, il "New Wilsonism" di
Clinton appaiono ormai giochi preliminari alla identificazione di un presunto
«Stato Nazione senza pari nella Storia». (Presunzione massima sostenuta dalla
sostanziale incultura dei vari Kissinger, Brzezinsky, Ledeen, Luttwak e teocons
vari).
Così scriveva di recente Kissinger sul "Los Angeles Times" del 15 settembre
2002: «L’America non si è mai considerata una nazione fra tante, ma si sente
investita di una causa universale, che identifica la diffusione della libertà e
della democrazia come le chiavi della pace. La politica estera americana si
trova più a suo agio con le categorie del bene e del male che con i calcoli di
interesse nazionale cari alla diplomazia europea».
Sulla intrinseca falsità di questa dichiarazione è meglio sorvolare, ma non si
può fare a meno di sottolineare che l’interesse nazionale che sottintende la
diplomazia dei paesi europei coincide chiaramente con l’interesse del popolo che
tale diplomazia difende, mentre i concetti manichei di bene e di male servono
soltanto per la tutela e l’espansione della sola classe dirigente statunitense.
Sempre più ridotta ed elitaria e distaccata dalla vita civile di tutti gli altri
presunti americani, se è vero, come è vero, che non si è mai avuto minimo
scrupolo nel sacrificare la vita dei concittadini pur di creare una scusa per
aggredire altri Stati Sovrani. È la storia del novecento.
A smentire queste chiacchiere, controfirmate dalle idiozie ripetuta ai quattro
venti dai Ferrara, Lerner ed esponenti vari dell’entourage berlusconiano, sta la
lapidaria definizione di Noam Chomsky il quale di recente ha dichiarato: «Gli
USA sono uno Stato fallito. Hanno formalmente istituzioni democratiche che
funzionano ormai a malapena».
Beninteso, nessuno nega certe prerogative statunitensi, come le priorità date
alla ricerca (forse come presupposto per usi bellici e di dominio), ma proprio
da queste priorità deriva il pensiero econotecnico, cioè di una concezione
sociale per cui la tecnica deve essere asservita all’economia (fordismo-keynesismo)
che sarà il solo messaggio ai posteri dell’egemonia americana.
E su questa bisogna essere chiari: il «mito americano» è già tramontato. Esso
nasce a fine ottocento con l’emigrazione (lo Zio d’ America); si sviluppa con
l’intervento nel primo conflitto mondiale, grazie alla defezione della Russia
leninista, dimostrando con ciò la complementarità USA-URSS ai fini del
contenimento dell’Europa, si consolida negli anni trenta con la grande stagione
dei romanzieri tradotti da noti letterati italiani per Bompiani e Mondadori,
editori vicini al Regime; esplode dopo il ‘45 anche e soprattutto grazie al
cinema hollywoodiano ed alle emittenti berlusconiane.
Oggi è già in declino. Nessun autore di grande respiro può sostituire gli
Steinbeck, gli Anderson, gli Hemingway, mentre anche le televisioni
berlusconiane diffondono cinematografia nazionale. Il tracollo del western,
simbolo principe del mito americano, segna la fine definitiva di un primato. Al
Cow Boy vagabondo e giustiziere il cinema ha sostituito il Templare. Non è un
caso. La post-modernità è molto più interpretabile da un pensiero eurocentrico
che da un pensiero che trova nei Mormoni un esempio di vita vissuta.
CROLLO DI UNA EGEMONIA - Se consideriamo la sequenza delle mosse
statunitensi con distacco, ci possiamo accorgere che si tratta di fiato corto, e
ciò malgrado gli accurati studi condotti per decenni da storici embedded del
calibro di un Luttwak e di un Ledeen, proprio sulla decadenza dell’impero
romano.
Il precedente del Kosovo è importante perchè dopo il trattato di Westfalia è
stata la prima guerra sferrata contro uno Stato Sovrano senza dichiararla; e
perchè, dopo la fine dell’URSS ha avuto l’effetto di risvegliare l’unilateralismo
made in USA e perchè infine, è emersa una marginalità europea che ha reso edotti
gli statisti del nostro continente che ci trovavamo in una situazione dalla
quale era necessario uscire.
E quando ti mettono con le spalle al muro non puoi far altro che reagire. È
quello che si sta facendo. Anche se in maniera, ovviamente, poco visibile. L’unilateralismo
è sempre il principio della fine, perchè dimostra una incapacità sostanziale di
gestire la complessità.
Il 23 settembre 2002 "Business Week", il più diffuso periodico della comunità
d’affari americana così sciveva: «Chiamalo unilateralismo, pax americana, o
anche imperialismo compassionevole. Dietro al cambio di regime in Iraq ed alle
battaglie contro il terrorismo c’è il tentativo del presidente Bush e di alcuni
membri della sua Amministrazione di dare una svolta radicale alla politica
estera USA. Essi la chiamano una libertà di azione unilaterale che non tiene
conto delle regole dell’Ordine politico internazionale».
Gravissima dichiarazione. Chi per primo rompe gli indugi, solitamente non è il
vincitore, al contrario è uno che ha l’acqua (o altro) alla gola e va avanti con
colpi di coda. Il successo anche in USA della recente manifestazione del 18
marzo contro la guerra potrebbe rappresentare il preludio ad un crollo del
sostegno pubblico che ci ricorda la crisi vietnamita. Mai illudersi, o
spaventarsi, per la faccia feroce di Bush.
Un piccolo contrappunto: abbiamo registrato lo sviluppo dello «scontro di
civiltà» or è un decennio. L’operazione è evidentemente partita da lontano.
Contrariamente alle nostre previsioni, per un certo periodo ha attecchito,
avendo dalla propria buona parte della pubblica opinione mondiale che è
controllata da chi sappiamo. Anche la Chiesa si è esposta a questa operazione
che va sicuramente contro il progetto woytiliano di leadership sui paesi in via
di sviluppo. Dopo un crescendo davvero drammatico, ci sembra che con
l’operazione vignette e conseguente morte di un prete cattolico si sia raggiunto
il top perchè il sottinteso è stato percepito certamente non dalla maggioranza
dei vidioti, ma da chi seppure in ritardo, riesce a formulare un giudizio
autonomo.
Il semplicismo dei messaggi elaborati per creare paura ed odio contro l’Islam,
utili probabilmente per un pubblico americano costituito per lo più di
fondamentalisti evangelici, urta di necessità contro un’ancorata, e quindi
difficile a distruggersi, capacità di analisi degli europei.
La grossolanità genera disorientamento, come scrive Paolo Branca su "Next" n. 16
del 2003. «Quando parliamo del confronto, dell’incontro, dello scontro tra Islam
ed Occidente, se ci soffermiamo anche un istante soltanto a riflettere sui
termini che utilizziamo, e sui concetti che essi veicolano, il nostro
disorientamento aumenta».
«PRETE ALL’ALTARE, GOVERNO AL SECOLARE» - Questa frase era stampata su di
un manifesto affisso a Ravenna durante la Repubblica Romana del 1849. Si tratta
di un manifesto che elencava tutte le storture del governo papalino, quali lo
spreco economico, la magnificenza inutile e fine a se stessa, la corruzione, le
retribuzioni e gli incarichi che premiano gli ignoranti e gli incompetenti,
«mentre gli impiegati minori che con la sapienza spendevano tutta la giornata
non avevano che miserabili paghe», la lungaggine dei procedimenti giudiziari.
Bisognerebbe sempre informarsi su documenti spiccioli come questo per capire un
sistema di governo. Spesso, con fine ipocrisia, i Media sottolineano certe
storture della vita “civile” italiana come qualcosa di anomalo e di connaturato
al nostro carattere. Errore! Si tratta sempre di un metodo di governo.
Soprattutto le distorsioni della "Giustizia". Berlusconi si lamenta della
Magistratura che lo attacca continuamente accusandola di politicizzazione.
Errore! La Magistratura è politicizzata perchè si vuole che lo sia. Perchè una
Magistratura politicizzata, e quindi in un modo o nell’altro asservita a poteri
che poco hanno a che fare con l’amministrazione della Giustizia, è l’elemento
più valido per inceppare lo scorrimento naturale di tutta la vita civile.
Ma torniamo alla Chiesa. Non è detto che si debba essere forzatamente
anticlericali. È una posizione vecchia, datata. Ma è invece evidente che, se il
sistema clericale di gestione del potere in Italia, seguìto peraltro da tutti i
governi finora felicemente succedutisi dal ‘45 ad oggi e non solo dai soliti
scagnozzi delle parrocchie, è documentatamente questo, bisognerebbe al più
presto liberarsi del clericalismo politico, costi quel che costi.
Seconda constatazione: non ci sembra che la Chiesa di questo papa sia
all’altezza dei tempi. Probabilmente c’è un inceppamento. Ci sembra che stia
giocando, molto flebilmente, di rimessa. È strano che un tale che ha operato
fino ad oggi dietro le quinte ispirando, a quanto si dice, buona parte delle
iniziative del precedente «erede di Pietro», non intervenga con qualche “colpo
secco” nella politica aggressiva di Bush e soci.
Minacce? Ricatti? Interdizioni? Passato militare ingombrante? Ci sembra che la
pretesa di incidere nella politica italiana (sia pure affidata ai vari Ruini)
invece di parlare in modo universale a tutto il mondo, denoti una debolezza di
fondo innanzitutto nei confronti di una religione come l’Islam che non ha ancora
ceduto le armi nei confronti della modernizzazione mercantile.
E tutto ciò indipendentemente dalla piaggeria servile dei candidati di destra e
sinistra che, incapaci di qualsiasi valutazione seria del contesto
internazionale, continuano nei loro salamelecchi rivoltanti.
Un’ultima considerazione: la battaglia per le radici giudaico-cristiane
dell’Europa è una sciocchezza. È pur vero che l’impostazione chiaramente
laicistico-massonica che quei signori avevano approntato per la costituzione del
vecchio continente era un forzatura. Ma voler ignorare le autentiche radici
della civilizzazione europea, quelle greco-romane, alle quali noi non abbiamo
paura di associare anche quelle celtiche, è una forma di estremizzazione che gli
europei non sono disposti ad accettare. Come si è visto nei fatti.
Ma se il Cattolicesimo intende recidere le sue radici greco-romane, ben più
importanti nella sua stessa dottrina, di quelle giudaiche, e probabilmente per
acquiescenza all’ideologia post-conciliare, allora è destinato ad un lento
inesorabile decadimento senile, che è quello che molti si aspettano: soprattutto
evangelici e talmudisti.
CONCLUSIONE - Riconosciamo che non poco è stato fatto dal governo uscente
per quanto riguarda la politica interna, si tratta di azioni concrete ed
assolutamente necessarie, ancorchè prese con ritardo più che decennale, ma
dobbiamo anche confermare che quasi tutte le iniziative consistenti sono parte
del progetto della Lega. E ci vuol poco a capirlo.
Tuttavia, buona parte delle leggi votate da questo parlamento devono ancora
entrare in azione e non se ne possono valutare gli effetti che a decenni di
distanza. Quando saranno state abrogate dal Centro-Sinistra.
Eppoi nel nostro paese le leggi sono messe pari-pari nelle mani dei Direttori
Generali dei Ministeri per l’elaborazione dei decreti di attuazione nonchè al
momento opportuno,nelle mani della Magistratura nazionale che non ha alcuna
intenzione di applicarle. Godendo di una autonomia decisionale del tutto
illogica. Basti dire, per il lettore sprovveduto, che a tutt’ oggi non sono
state ancora prese in considerazione dalla nostra Magistratura le Norme
comunitarie sui medicinali recepite dallo Stato Italiano nel 1992.
E questo è un aspetto che non va mai sottovalutato. Un altro aspetto gravissimo
è l’arretratezza culturale di una classe dirigente che non sa cosa vuol dire
modernizzazione. Se si informasse (leggendo qualche libro) sull’azione del
Fascismo in questo settore, forse si otterrebbe qualcosa; Il caso dello scontro
per la Val di Susa è esemplare. Si tratta di un contrasto ideologico che in
qualsiasi paese centroeuropeo sarebbe stato (anzi, sicuramente lo è stato)
risolto qualche trentennio fa. Il problema è grave e va ascritto a quella
leggerezza con la quale si è proceduto allo smantellamento delle nostre
industrie per privilegiare, forse, un turismo di stampo terzomondista, che
peraltro fa acqua da tutte le parti. Nel disperato tentativo di sfruttare
furbescamente il lascito dei nostri antenati, questi figuri non sono stati
capaci, finora, nemmeno di tutelare il patrimonio archeologico-storico-artistico
che è il tratto distintivo e risorsa di qualsiasi Comunità Civile.
Ma... se in un paese come il nostro, la politica di tutela non è finora entrata
in funzione, perchè i soldi non si trovano mai in quanto destinati ad altre
operazioni, Noi dobbiamo condannare in toto l’attuale classe dirigente come vero
nemico del popolo italiano.
Un’ultima considerazione. Oltre a tutto il resto c’è anche da dire (e scrivere)
che l’Italia è sotto attacco. È la finanza internazionale che vuole carpire i
risparmi degli italiani, ed ha affidato al Centro Sinistra retto da Prodi, uomo
di Goldman Sachs, il compito di completare quello che lui, assieme ai suoi soci
Ciampi ed Amato, hanno in parte attuato con la svendita dei gioielli dell’IRI,
con il sostegno delle operazioni di Soros contro la nostra lira, e con altre
squallide operazioni fra cui il proditorio (è proprio il caso di dirlo) attacco
alla Serbia.
Oggi, una sequenza di interventi internazionali, di Bernard Connolly, capo
economista della AIG (il più grosso gruppo assicurativo mondiale); Martin Wolf,
direttore del "Financial Times" ed autorevole bildelberger; Nouriel Roubini,
docente alla "Stern School of Business", Fels della "Morgan Stanley"; Desmond
Lachman della "American Enterprise", hanno pesantemente minacciato il nostro
paese, facendo dichiarare a Tremonti che si tratta della preparazione dello
stesso scenario del Britannia. Una conferma? La “strana” presenza nel Centro
Sinistra dei Radicali “stranamente” associati ad una frazione socialista.
“Strana” se dobbiamo credere alla definizione che la Bonino aveva dato di Prodi
in una intervista del 6 ottobre 2004: «Cervello piatto».
Ma che strana non è se leggiamo nel programma dei Radicali le priorità:
1) Buone relazioni con Israele
2) Legge Biagi
3 ) Abolizione degli Ordini Professionali
E tanto ci basti.
Giorgio Vitali
|