Il Fascismo immenso e
rosso
Alexander Dugin
la Nota di Maurizio
Barozzi
Ottimo, preciso e correttamente
rievocativo questo articolo di Filippo Giannini, su come il fascismo
sconfisse la Mafia. Ne consigliamo la lettura.
Da parte nostra vorremmo aggiungere
un particolare fondamentale: il fascismo mise fuori gioco la Mafia
non tanto e non solo con la mano pesante del prefetto Mori, ma
soprattutto con i dettami dello Stato fascista e della conduzione
governativa dirigenziale di Mussolini, laddove era fondamentale il
presupposto che per lo Stato fascista gli aspetti etici e politici
prevalessero su quelli economici e finanziari, mentre il fondamento
ideologico era: «Tutto nello Stato, nulla fuori dello Stato e
soprattutto niente contro lo Stato».
Sono solo queste le uniche
condizioni che rendono impossibile la vita alla Mafia, come del
resto alla Massoneria (due poteri, non a caso, spesso associati tra
loro).
Maurizio Barozzi |
Nel XX secolo solamente tre forme ideologiche hanno potuto
provare la realtà dei propri principi in materia di realizzazione
politico-statale: il liberalismo, il comunismo e il fascismo.
Anche volendo, sarebbe impossibile citare un altro modello di società che sia
esistito nella realtà e allo stesso tempo non sia una forma delle tre suddette
ideologie. Ci sono dei paesi liberali, dei paesi comunisti e dei paesi fascisti
(nazionalisti). Gli altri sono assenti. E non possono esistere.
In Russia, abbiamo passato due tappe ideologiche, quella comunista e quella
liberale.
Manca un fascismo.
1. CONTRO IL NAZIONAL-CAPITALISMO
Una delle versioni del fascismo che, pare, la società russa è già pronta ad
accettare oggi (o quasi), è il nazional-capitalismo.
Non c’è quasi alcun dubbio che il progetto del nazional-capitalismo o del
«fascismo di destra» è l’iniziativa ideologica della parte d’élite della società
che è seriamente preoccupata dal problema del potere e che sente nettamente lo
spirito dei tempi.
Tuttavia la versione «nazional-capitalista», di «destra» del fascismo, non
esaurisce affatto l’essenza di questa ideologia. Inoltre, l’unione della
«borghesia nazionale» e degli «intellettuali» sulla quale, secondo alcuni
analisti, si fonderà il futuro fascismo russo, rappresenta un brillante esempio
di un approccio del tutto estraneo al fascismo, sia come concezione del mondo,
che come dottrina e come stile. Il «dominio del capitale nazionale» è la
definizione marxista del fenomeno fascista. Essa non prende minimamente in
considerazione la base filosofica specifica dell’ideologia fascista, ignora
coscientemente il pathos di base, radicale, del fascismo.
Il fascismo è un nazionalismo, ma non importa quale nazionalismo, se un
nazionalismo rivoluzionario, ribelle, romantico, idealista, facente appello a un
grande mito e all’idea trascendente aspirante a realizzare nella realtà il Sogno
Impossibile, partorire la società degli eroi e del Superuomo, trasformare e
trasfigurare il mondo. Al livello economico, per il fascismo, i metodi
socialisti o socialisti moderati, che sottomettono gli interessi economici
personali, individuali, ai princìpi del bene della nazione, della giustizia,
della fraternità, sono caratteristici. Infine, la visione fascista della cultura
corrisponde al rifiuto radicale dell’umanesimo, della mentalità «troppo umana»,
cioè di ciò che costituisce l’essenza degli «intellettuali». Il fascista detesta
gli intellettuali. Vede in loro un borghese mascherato, un borghese pretenzioso,
un chiacchierone e un fifone irresponsabile. Il fascista ama simultaneamente il
feroce, il sovrumano e l’angelico. Ama il freddo e la tragedia, non ama il
calore e il conforto. In altre parole, il fascismo non ama niente di tutto ciò
che fa l’essenza del «nazional-capitalismo». Esso lotta per il «dominio
dell’idealismo nazionale» (e non del «capitale nazionale»), e contro la
borghesia e gli intellettuali (e non per quella e con questi). La frase celebre
di Mussolini definisce esattamente il pathos fascista: «Viva l’Italia fascista e
proletaria!»
«Fascista e proletario», questo è l’orientamento del fascismo. Operaio, eroico,
combattivo e creatore, idealista e futurista, un’ideologia che non ha niente a
che vedere con la garanzia di conforto supplementare dello Stato per i mercanti
(anche se sono mille volte nazionali) e le sinecure per gli intellettuali e
parassiti sociali. Le figure centrali dello Stato fascista, del mito fascista
sono il contadino, l’operaio, il soldato. Al disopra, come simbolo superiore
della lotta tragica contro il destino, contro l’entropia spaziale - il capo
divino, il Duce, il Führer, il Superuomo realizzante nella sua persona
sovra-individuale (più che individuale, come «superuomo») la tensione estrema
della volontà nazionale verso l’impresa. Certo, da qualche parte in periferia,
c’è anche posto per il cittadino bottegaio onesto e il professore di università.
Anche loro inalberano le insegne di partito e si incontrano ai meeting. Ma nella
realtà fascista, le loro figure si volatilizzano, sono perdute, indietreggiano
al fondo. Non è tramite loro e per loro che si fa la rivoluzione nazionale.
Storicamente, il fascismo puro e ideale non ha mai avuto realizzazione diretta.
Nella pratica, i problemi essenziali della presa del potere e della messa in
ordine del sistema economico obbligarono i leader fascisti -Mussolini, Hitler,
Franco e Salazar- ad allearsi con i conservatori, il nazional-capitalismo dei
grandi proprietari e dei capi d’azienda. L’anticomunismo fanatico di Hitler, il
capitalismo tedesco rianimato, costò alla Germania la sconfitta contro l’URSS, e
credendo all’onestà del re (portavoce degli interessi della grande borghesia)
Mussolini fu consegnato nel 1943 dai rinnegati Badoglio e Ciano, che gettarono
il Duce in prigione e fra le braccia aperte degli americani.
Franco riuscì a mantenersi più a lungo, al prezzo di concessioni all’Inghilterra
liberalcapitalista e agli USA, e del rifiuto di sostegno ai regimi ideologici
suoi simili dei paesi dell’Asse. Inoltre, Franco non fu veramente un fascista.
Il nazional-capitalismo è un virus interiore del fascismo, il suo nemico, la
garanzia della sua degenerazione e della sua distruzione. Il
nazional-capitalismo non è assolutamente una caratteristica essenziale del
fascismo, essendo al contrario un elemento accidentale e contraddittorio
all’interno della sua struttura.
Dunque, e nel nostro caso, quello del nazional-capitalismo russo in via di
sviluppo, la discussione porta non sul fascismo, ma sul tentativo di sfigurare
in anticipo ciò che non può essere evitato. Si può qualificare tale
pseudo-fascismo come «preventivo», «anticipatore». Esso si affretta a
dichiararsi prima che in Russia nasca e si rinforzi seriamente il fascismo, il
fascismo originale, reale, il fascismo radicalmente rivoluzionario che verrà. I
nazional-capitalisti sono dei vecchi capi di partito abituati a dominare ed
umiliare il popolo, presto divenuti «liberal-democratici» per conformismo, ma
adesso che questa tappa è finita anche loro cominciano ad affiliarsi con zelo ai
gruppi nazionalisti.
Le partitocrazie con i loro intellettuali di servizio, avendo trasformato la
democrazia in una farsa, si sono probabilmente riuniti per infangare con
decisione ed avvelenare il nazionalismo nascente nella società. L’essenza del
fascismo: una nuova gerarchia, una nuova aristocrazia. La novità consiste nel
fatto che la gerarchia è costruita su dei principi chiari, naturali, organici:
il beneficio, l’onore, il coraggio, l’eroismo. La vecchia gerarchia, che aspira
a mantenersi oggi nell’era del nazionalismo, come già in precedenza, è fondata
su delle facoltà conformiste: la «flessibilità», la «prudenza», il «gusto per
gli intrighi», l’«adulazione», ecc. Il conflitto evidente fra i due stili, i due
tipi umani, i due sistemi di valori, è inevitabile.
2. SOCIALISMO RUSSO
È del tutto inappropriato definire il fascismo un’ideologia di «estrema destra».
Questo fenomeno è caratterizzato più esattamente dalla formula paradossale di
«Rivoluzione Conservatrice». Questa combinazione fra l’orientamento
culturale.politico di «destra» -il tradizionalismo, la fedeltà al suolo, le
radici, l’etica nazionale - con il programma economico della «sinistra»- la
giustizia sociale, la restrizione dell’elemento del mercato, la liberazione
dalla «schiavitù della percentuale», l’interdizione dei traffici borsistici, dei
monopoli e dei trust, il primato del lavoro onesto. Per analogia con il
nazional.socialismo, che si definiva spesso semplicemente «socialismo tedesco»,
possiamo parlare del fascismo russo come di un «socialismo russo». La
specificazione etnica del termine «socialismo» nel contesto dato ha un senso
particolare. La discussione porta alla formulazione iniziale della dottrina
sociale ed economica, non sulla base dei dogmi astratti dei razionalisti, ma su
quella dei principi concreti, spirituali, morali e culturali, che hanno formato
organicamente la nazione come tale. Il Socialismo Russo non consiste nei russi
per il socialismo, ma nel socialismo per i russi. A differenza dei rigidi dogmi
marxisti-leninisti, il socialismo nazionale russo viene da questa comprensione
della giustizia sociale che è caratteristica della nostra nazione, della nostra
tradizione storica, della nostra etica economica. Un tale socialismo sarà più
contadino che proletario, più comunale e cooperativo che statale, più
regionalista che centralista - queste sono le esigenze della specificità
nazionale russa, che si rifletterà nella dottrina, e non solamente nella
pratica.
3. L’UOMO NUOVO
Questo socialismo russo dev’essere costruito da un uomo nuovo, «un nuovo tipo
d’uomo, una nuova classe». La classe degli eroi e dei rivoluzionari. I detriti
della nomenklatura di partito ed il loro usurato regime devono perire come
vittime della rivoluzione socialista. Della rivoluzione nazionale russa. I russi
si sono stancati della freschezza, della modernità, del romanticismo autentico,
della partecipazione vivente ad un grande evento. Tutto ciò che è loro proposto
oggi è o assai arcaico (i nazional-patrioti) o assai noioso e cinico (i
liberali).
La danza e l’attacco, la moda e l’aggressione, l’eccesso e la disciplina, la
volontà e il gesto, il fanatismo e l’ironia cominceranno a bollire fra i
rivoluzionari nazionali - giovani, cattivi, allegri, intrepidi, appassionati,
che non conoscono frontiere. Per loro - costruire e distruggere, governare ed
eseguire gli ordini, realizzare la pulizia dei nemici della nazione e
preoccuparsi teneramente dei vegliardi e degli infanti russi. Con passo furioso
e allegro, si dirigeranno verso la cittadella usurata, il Sistema in marciscenza.
Sì, hanno sete di Potere. Essi sanno ordinare. Essi soffieranno la Vita nella
società, precipiteranno il popolo nel processo voluttuoso della creazione della
Storia. Degli uomini nuovi. Infine saggi e coraggiosi. Come devono essere.
Percepenti il mondo esteriore come una sfida (secondo l’espressione di Golovin).
Davanti alla morte, lo scrittore fascista francese Robert Brasillach pronunciò
questa strana profezia: «Vedo che ad Est, in Russia, il fascismo rimonta, il
fascismo immenso e rosso».
Ricordate: non il capitalismo appassito, rosa-bruno, ma l’alba abbagliante della
nuova Rivoluzione Russa, il fascismo immenso, come le nostra terre, e rosso,
come il nostro sangue.
Alexander Dugin
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