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Fascisti paradossali al servizio di Israele
Francesco Fatica
il commento di Giorgio Vitali
Questo articolo di un anno fa è quanto mai
chiarificante sul ruolo di tante persone che avevano militato nella
RSI a guerra finita. Chiariamo subito che, contrariamente a quanto
si può credere oggi, il rapporto di forze fra coloro che avevano
militato a vario titolo per il fascismo repubblicano e coloro che ne
avevano combattuto contro, era spropositato.
Occorre intendere, infatti, che il mito resistenziale è stato
inventato negli anni settanta sulla base di quanto in maniera
rudimentale era stato creato al fine, giustificabile, di attenuare
le condizioni di pace con gli Alleati atlantici.
Approssimativamente, se andiamo a sommare i militari di leva, i
volontari dell'esercito regolare repubblicano, i membri delle SS
italiane, i vari raggruppamenti militari che l'8 settembre si erano
spontaneamente aggregate alle truppe tedesche, i membri del PFR, le
Brigate Nere, il Corpo Femminile Ausiliario (4.500 unità), i corpi
ausiliari tipo la Legione Muti, le CCNN che a vario titolo si erano
battute su tutti i fronti e che erano state fatte prigioniere di
guerra ed erano poi rientrate, gli ex prigionieri di guerra non
collaboratori con gli alleati, i lavoratori volontari in Germania
(circa 1.000.000), i lavoratori volontari in Italia, la cifra è
impressionante.
Di contro, abbiamo i militari dell'esercito del Sud, 25.000 prima e
45.000 dopo la presa di Roma (giugno 1944), ed i partigiani,
calcolabili in alcune diecine di migliaia alla fine del conflitto,
molti di essi non essendo italiani perchè ex prigionieri di guerra
fuggiti dai campi di concentramento l'8 settembre.
Questa è la realtà con la quale dobbiamo fare i conti. Ma li
dobbiamo fare NOI, oggi, che abbiamo la possibilità di valutare
prospettivamente gli avvenimenti di 70 anni fa e non ci siamo fatti
MAI infinocchiare dalle chiacchiere di convenienza sparse a piene
mani nei primi decenni del dopoguerra.
Cosa è successo realmente? Quale tipo d'Italia è uscito dal
conflitto? Che ruolo ha avuto il MSI e che cosa pensavano gli ex
combattenti?
Noi oggi, ed alla luce di quanto avvenuto negli ultimi decenni,
soprattutto sostenuti da una chiara visione geopolitica degli
avvenimenti, sappiamo che avevamo ragione nell'identificare nel
sionismo un fondamentale nemico dell'Europa. Ma quale ruolo reale ha
svolto il sionismo prima e durante il conflitto? Noi sappiamo,
perchè la documentazione è schiacciante, che ci fu un'alleanza
sostanziale fra il sionismo e la classe dirigente nazista. Cosa
intendeva ottenere il nazismo tramite il possesso della Palestina da
parte dei sionisti? Quale è, oggi, la vera politica della Germania?
Noi possiamo allungare gli occhi sulle cartine geopolitiche degli
ultimi duecento anni, e vi vediamo una presenza di Napoleone nel
vicino e medio oriente molto più consistente di quanto la
storiografia convenzionale può farci credere. [Vedi: Ferdinando Prat,
"Napoleone e l'Oriente", Pprincipato, 1944] Il ruolo centrale della
Turchia, offuscato negli ultimi decenni dal bipolarismo USA/URSS,
sta riemergendo potentemente. La Turchia, oggi, è elemento di
saldatura continentale, in senso eurasiatico, tra Iran, Caucasia e
Russia. Ruolo fondamentale esercitato dall'Impero Romano d'Oriente
per 2.000 anni.
La Turchia è sempre stata vista dall'Inghilterra come antemurale
contro la Russia e l'Impero turco fu alleato della Germania durante
il primo conflitto mondiale, solo perchè l'Inghilterra era alleata
con la Russia.
E noi ci chiediamo, oggi, perchè la Turchia asseconda la Flottilla
di aiuti umanitari per Gaza.
Concludendo: per noi, il sionismo in Palestina è una spina nel
fianco. Una testa di ponte USA nel Mediterraneo. Il fatto che la
Palestina sia stata tolta agli inglesi dagli americani può
significare molte cose e forse anche un nuovo protagonismo inglese
nel Mediterraneo, che nasce dalla constatazione della crisi
statunitense. Ma anche la Francia, di sicuro, non sta a guardare. La
Francia ha ancora, nella Siria, la sua proiezione in Medio Oriente.
Ricordiamo che la Siria, durante il secondo conflitto, era
saldamente nelle mani di Vichy e che il suo comandante francese fu
condannato all'ergastolo assieme a Pétain.
Tornando invece al ruolo svolto dagli uomini della Decima in favore
dei sionisti, non possiamo che dedurre uno scopo specificatamente
antinglese, che poi ritornava a tutto vantaggio degli USA.
Giorgio Vitali |
La storia del secondo dopoguerra è feconda di
incredibili paradossi. Oggi col senno del poi, è facile scorgere il contrasto
insito tra Israele e fascismo; non fu così allora per molti fascisti nel
turbinio di rancori, stragi e persecuzioni che flagellarono l'Italia dalla
cosiddetta "liberazione" in poi. In quelle che furono spudoratamente chiamate
"le radiose giornate", scorsero fiumi di sangue; i combattenti della RSI, che
dopo il tradimento dei tedeschi di Wolff, furono costretti ad arrendersi, una
volta disarmati e incapaci di difendersi, furono vigliaccamente massacrati,
spesso ferocemente assieme ai familiari, nella maniera più spietata, mentre le
truppe "alleate", che avevano ormai occupato l'Italia intera, lasciavano fare
alle bande di "giustizieri" rossi il "lavoro sporco" di liberare i nuovi padroni
atlantici dagli oppositori più ideologizzati e recalcitranti all'oppressione in
corso.
In questo clima persecutorio e terroristico, mentre ignobili Corti d'Assise
Straordinarie stravolgevano il diritto irrogando un'alluvione di pene capitali,
ergastoli e altre gravissime pene, chi riuscì a scampare alla mattanza migrò a
sud. Roma pullulava di sbandati, molti fascisti, condannati in contumacia a
morte o ad altre gravissime pene, costretti alla latitanza, si rifugiarono,
quando possibile in casa di parenti, di camerati o simpatizzanti, o più spesso,
in qualche convento ospitale, anche per sfuggire alle bande semiclandestine di
assassini rossi organizzati che terrorizzavano il centro-nord. Roma e Napoli ne
accolsero molti, altri furono aiutati ad emigrare dal Movimento Italiano
Femminile Fede e Famiglia (MIF).
Ma purtroppo parecchi cascarono nella rete della Legione Straniera, che negli
anni 1945-46 aveva predisposto, proprio a Roma una sede di reclutamento,
avendone valutato sciacallescamente l'opportunità. Mario Tedeschi
[1] ha affermato che mediamente partivano cento
italiani arruolati alla settimana, fino a tutto il 1946, per una maledetta ferma
di cinque anni nelle colonie francesi.
Qualche altro, però, fu arruolato perfino dal nascente stato di Israele; si
tratta della storia paradossale di ex combattenti della RSI che crederono di
continuare a contrastare spasmodicamente ancora un volta la Gran Bretagna, la
quale deteneva il mandato sulla Palestina e si era impegnata a contenere
l'immigrazione degli ebrei. Non era facile capire, allora, che l'artificioso
patriottismo su basi bibliche degli ebrei comportava, invece in effetti, una
cinica manovra del Sionismo internazionale per costituire un caposaldo avanzato
in Medio Oriente. Non s'indovinavano i retroscena; chi amava ancora la propria
Patria era spinto istintivamente a simpatizzare per chi mostrava un
"patriottismo" tanto acceso.
C'era bisogno di audaci comandanti sulle piccole navi che violavano il blocco
inglese per fare sbarcare clandestinamente tanti nuovi coloni nella
pretestuosamente rievocata "Terra Promessa", e c'era bisogno anche di istruttori
per i reparti di assalto di terra e della nascente marina israeliana. Fu
mobilitato il "Mossad" il servizio segreto israeliano.
Nell'aprile del 1948, a Trento, Alcide De Gasperi aveva ricevuto riservatamente
Ada Sereni, agente di punta del Mossad, la quale gli aveva chiesto di chiudere
un occhio sul traffico d'armi dall'Italia verso la Palestina ebraica e
sull'attività di contrasto che il Mossad aveva in corso contro l'analogo
traffico verso i Paesi arabi. Appena qualche giorno dopo, il 10 aprile, venne
affondata la nave italiana di piccolo tonnellaggio "Lino", salpata da Fiume e
diretta ufficialmente a Molfetta, per proseguire verso destinazione rimasta
ignota. Uno dei tanti misteriosi episodi delle operazioni clandestine del Mossad
in Italia e dintorni. Ci fu anche uno spettacolare attentato dinamitardo
all'ambasciata britannica a Roma; l'esplosivo era stato fornito paradossalmente
proprio dai fascisti clandestini dei FAR, i Fasci di Azione Rivoluzionaria, in
odio agli inglesi.
Gli americani, dirigevano il concerto. Avevano già da tempo cominciato l'opera
di disfacimento dell'impero inglese. [2]
A Israele conviene «dare un aiuto discreto» chiariva nel maggio 1948, uno
scambio epistolare tra l'ambasciata italiana a Parigi e gli Affari politici del
ministero degli Esteri. L'Italia non vorrebbe inimicarsi gli arabi, ma non può
trascurare le imposizioni dei sionisti, i veri signori della Terra, come ben
capiscono gli impotenti vassalli in Italia.
Il Mossad si muove con prudenza, ma non troppa, sostenuto com'è dalle autorità
italiane. Con le quali esistono rapporti informali a vari livelli, attraverso
Jehuda Arazi e Ada Sereni, del Mossad, e Raffaele Cantoni, presidente delle
Comunità ebraiche italiane: come sempre, ancora oggi tracotantemente, uno stato
nello stato.
«L'Italia non deve scoprirsi con gli arabi, ma assumere anche un atteggiamento
"non contrastante […] con le aspirazioni dei sionisti», come spiegherà ad agosto
l'ampolloso ministro degli Esteri Carlo Sforza all'inflessibile -coi deboli-
Randolfo Pacciardi, ringhioso ministro della Difesa, [3]
che poteva contare, però, sulle decise simpatie sioniste del capo di Stato
maggiore della Marina Franco Maugeri, spudoratamente vantantesi vassallo degli
americani.
La Marina israeliana aveva necessità di costituire reparti d'élite, un nucleo di
mezzi d'assalto, per tentare di ridurre il gap smisurato con la Marina egiziana.
Il Comandante Agostino Calosi, capo del SIS il "Servizio Informazioni e
Sicurezza" della Marina italiana non poteva mandare personale in servizio nella
Marina. Doveva pescare perciò tra gli ex combattenti. della Decima Mas della
RSI. Con essi Calosi, già durante il conflitto -non meravigli troppo- anche
allora capo del SIS del "Regno del Sud", aveva tenuto rapporti clandestini
attraverso numerosi emissari che avevano passato le linee per prendere contatti
con J. V. Borghese. In concomitanza agenti speciali della RSI, in azione al Sud,
avevano preso contatto con il Capo del SIS a Roma (testimonianza dell'agente
speciale Bartolo Gallitto, del Battaglione "Vega" della Decima). Il 26 aprile
1945 il Comandante Agostino Calosi aveva spedito due ufficiali, validi agenti
del SIS, a salvare Junio Valerio Borghese a Milano. Non meravigli troppo quindi
il fatto che i rapporti di Calosi con la Decima erano sul piano della cordialità
più amichevole.
Nino Buttazzoni, capitano del Genio Navale, Comandante del Battaglione Nuotatori
Paracadutisti (NP) della Decima, fu probabilmente uno dei primi ad essere
contattato; l'ufficiale, reduce dalla RSI, in latitanza a Roma, dopo essere
evaso rocambolescamente il 2 settembre 1945 dal campo di concentramento
"alleato" per prigionieri di guerra di Falconara Marittima, ricorda nelle sue
memorie: «Gli anni dell'immediato dopoguerra sono pieni d'iniziative anche "non
ortodosse". Fra l'altro, vengo invitato a prendere contatto con il centro di
coordinamento dei servizi israeliani a Roma. È diretto dalla signora Sereni, con
la quale ho un lungo colloquio. È alla ricerca di una persona esperta che assuma
l'incarico di organizzare e addestrare alle armi e alla guerriglia i numerosi
ebrei provenienti dalle regioni orientali dell'Europa e decisi a raggiungere i
territori del Medio oriente per creare una loro nazione. L'incarico mi attira,
anche perché significa misurarsi ancora con gli inglesi, decisi a opporsi allo
sbarco degli ebrei in Palestina». [4]
Tuttavia Buttazzoni non partì, era impegnato a Roma nella costituzione di un
reparto d'élite dell'Esercito Clandestino Anticomunista, braccio armato dei FAR.
Suggerì però di «avvicinare vari ufficiali degli NP, sia del Nord, sia del Sud».
Alcuni accettarono, tra essi il capitano Geo Calderoni e il sottotenente di
vascello Nicola Conte, che avrebbe istruito gli assaltatori subacquei
israeliani, mentre come istruttore dei mezzi d'assalto di superficie partì un
eroico sottufficiale, il capo di terza classe Fiorenzo Capriotti (uno degli
audaci violatori della base navale inglese a Suda, nell'isola di Creta, medaglia
d'argento al valor militare, partecipe anche alla tentata violazione della base
navale di Malta, ex prigioniero dignitosamente non cooperatore per cinque anni.
Aveva aderito pure al MSI, amico e ammiratore di Michelini, aveva fatto parte
del Comitato Centrale). Ci ha lasciato un'esaltata e un po' partigiana memoria
delle sue avventure (poco obiettiva nei confronti dei palestinesi) nel suo
libro: "Diario di un fascista alla corte di Gerusalemme 1948-2002". In questa
romanzesca vicenda, però, veramente hanno agito il Mossad, l'Haganah, l'Irgun,
De Gasperi, Sforza, Pacciardi, Maugeri e il Comandante Calosi, capo del SIS. Tra
tante intricate vicende Capriotti non accenna per nulla alla -pure già feroce-
pulizia etnica subita dal popolo palestinese. [5]
È la storia paradossale di un "fascista sui generis" che diventa un protagonista
dei primi passi dello Stato d'Israele, offrendo così al Sionismo imperante la
sua spada e il suo petto, già copertisi di gloria nelle battaglie contro gli
inglesi. E "s'innamora", pure, di quegli "ebrei combattenti, disposti a morire
per la Patria".
Sotto un nome di battaglia, forse un po' troppo ironico, "mister Katz", profugo
rumeno diretto in Palestina, protetto dal Mossad, Capriotti va a Milano, dove
Ephraim Ilin, uomo d'affari di origine russa, aveva comprato dalla "Cabi
Cattaneo di Guido Cattaneo" sei MTM (Motoscafi Turismo Modificati) velocissimi e
manovrieri motoscafi d'assalto con due potenti motori marini "alfaromeo", e un
silurotto: efficienti residuati di guerra della Decima Flottiglia Mas. Capriotti
li controlla e collauda all'Idroscalo. Poi accuratamente vengono imballati e
spediti in Israele.
Lui sbarca ad Haifa in giugno con passaporto falso, fornito dal Mossad: «Neppure
mia moglie sapeva dov'ero. Le feci credere di aver accettato un lavoro a
Limassol, nell'isola di Cipro».
A Jaffa si costituisce rapidamente, ma accuratamente e in segretezza il primo
gruppo mezzi d'assalto della nascente marina. Soldati in parte ignari del mare
affluiscono dai kibbutz. I comandanti, però, erano "carismatici, trascinatori",
scrive Capriotti, entusiasta.
Durante l'estate l'addestramento si svolge nel lago di Tiberiade. Poi il ritorno
a Jaffa, con i MTM ben mimetizzati in una disciplinata colonna autocarrata.
La prima azione di guerra è programmata per il 22 ottobre 1948. Obiettivo
l'ammiraglia egiziana "El Emir Farouk", un minaccioso incrociatore alla fonda
nel porto di Gaza. Capriotti è impaziente, incapace di starsene inattivo,
vorrebbe addirittura partecipare all'azione, ma è italiano. Se fosse catturato
ne nascerebbe un incidente diplomatico. E poi, tutto sommato, questi egiziani
non sono mica inglesi, lasciamoli agli ebrei!
Quattro barchini MTM, onusti di beneaugurante gloria della Decima, sono issati
nella notte sulle navi appoggio per l'avvicinamento al bersaglio.
Gli equipaggi tornano alle 2 del mattino, trionfanti, stravolti dall'orgoglio.
Missione compiuta.
Fiorenzo Capriotti rientrò in Italia il 27 ottobre e andò disciplinatamente a
rapporto, come se nulla fosse, dal Comandante Agostino Calosi al SIS, nel
palazzo del ministero della Marina. Calosi era più che soddisfatto: «… gli
americani ci tenevano tanto!».
L'attivissimo sottufficiale di Suda, riciclato in Israele, tornerà nella sua
seconda patria nel 1952, dopo aver curato per altri quattro anni, da Lugano, la
spedizione di preziosi componenti di sistemi d'arma.
Il 22 ottobre 1992, nell'anniversario della mitizzata azione di Gaza, l'ex
violatore di basi navali inglesi è ad Atlit. L'ammiraglio Ami Ayalon, comandante
in capo della Marina Israeliana, gli consegna solennemente una pergamena:
«Fiorenzo Capriotti, che combatté nella gloriosa Unità d'avanguardia "la Decima
Flottiglia MAS" della Marina Italiana nella seconda guerra mondiale; che ci fu
di grande aiuto per fondare e addestrare l'unità di Commando della nostra
marina, durante la Guerra d'Indipendenza, identificandosi completamente, con
devozione e spirito di sacrificio a suo rischio e pericolo. In cambio di questo
contributo alla rinascita dello Stato d'Israele gli porgiamo come omaggio il
titolo: Comandante ad honorem della Tredicesima Flottiglia».
Nonostante i massacri dei palestinesi e l'asfissiante puzzo sionista di
petrolio, il buon Capriotti non è stato il solo italiano ad "innamorarsi"
ciecamente, perdutamente, di Israele e del Sionismo; tanti altri entusiasti,
assatanati filoisraeliani non hanno ricevuto come lui spocchiose pergamene o
vuoti diplomi altisonanti; in compenso, però, a parte la "Chippa" ne hanno
tratto enormi, molto concreti vantaggi.
A nostre spese.
Francesco Fatica
note:
[1] M. Tedeschi, "Fascisti dopo Mussolini",
L'Arnia, Roma, 1950, p. 90.
[2] Le minute degli incontri di gabinetto,
tenutisi a partire dal 1939 fra il Dipartimento di Stato degli USA e il Council
on Foreign Relations (CFR), espongono in dettaglio il ruolo degli USA come
successori dei britannici nella leadership mondiale «… l'impero britannico,
quale è esistito in passato, non tornerà (...) e gli Stati Uniti dovranno
prendere il suo posto …»
[3] Ilaria Tremolada, "All'ombra degli
arabi. Le relazioni italo-israeliane 1948-1956. Dalla fondazione dello Stato
Ebraico alla crisi di Suez", M&B Publishing, Milano, 2003, p. 72.
[4] Nino Buttazzoni, "Solo per la bandiera.
I nuotatori paracadutisti della marina", Mursia, Milano, 2002, p. 125.
[5] Chi vuole documentarsi su sessant'anni
di pulizia etnica legga il rigoroso e ben informato libro di Antonella
Ricciardi, "Palestina, una terra troppo promessa", Controcorrente, Napoli, 2008.
il commento di
Maurizio Barozzi
In
questo bellissimo articolo di Francesco Fatica, ben poco c’è da
aggiungere a quanto ha già sottolineato Giorgio Vitali, riportando
ed inquadrando il problema dal punto di vista superiore, quello
della geopolitica.
Da
parte mia vorrei aggiungere solo alcune considerazioni di carattere,
per così dire "ideale".
Quando parliamo di "fascisti" dobbiamo tenere presente che stiamo
parlando di una realtà politica ed umana, dalla natura alquanto
composita ed eterogenea, tanto da passare dal "fascista di sinistra"
a quello di "destra". In realtà la RSI avrebbe dovuto costituire uno
spartiacque dove gli ex venticiqueluglisti, i conservatori e i
nazionalisti a prescindere, avrebbero dovuto trovarsi fuori e contro
il fascismo repubblicano, ma le tragiche vicende delle "radiose
giornate", l’opera di "recupero" svolta, per i suoi sporchi
interessi, dall’OSS americano e l’immondo operato dei primi
dirigenti missisti nel dopoguerra fecero in modo di trasbordare, sia
pure per gradi, sulla sponda piccolo nazionalista, conservatrice e
filo atlantica, la gran massa di tanti pseudo fascisti.
L’anticomunismo viscerale, opportunamente propagandato, fece il
resto, nel senso che arabi, nazioni nemiche degli USA, realtà
sociali e sindacali, ecc., tutti vennero omologati come "amici dei
rossi" e quindi le scelte consequenziali per i neofascisti divennero
obbligate.
Del resto il vero ruolo di Jalta, finalizzato alla sottomissione e
lenta dissoluzione dell’Europa era proprio quello, ovvero dividere
artificialmente le nazioni, i partiti politici, i circoli culturali
e le popolazioni in partigiani della Nato contrapposti ai partigiani
del Patto di Varsavia: Scemi & più scemi.
Grazie a molti giochi sporchi e vari stratagemmi, se la scelta di
"destra" dei neofascisti fino ai primi anni ’50 aveva determinato
forti contrasti e molte defezioni, già verso la metà di quegli anni,
non faceva più scalpore ed era sostanzialmente acquisita.
Fu
così che Israele venne spacciato come "l’ultimo baluardo dell’uomo
bianco" nel medioriente (e si è visto che razza di "baluardo"
fosse), vennero propagandate fino all’inverosimile le storielle
dell’arabo razza inferiore e degli ebrei che avevano fatto di
Israele un giardino nel deserto, ed infine quella della mitica
figura del "combattente" israeliano, circondato da orde di nemici al
soldo di Mosca, che mentre combatte, impugna la vanga (il Kibbutz).
Tutte cazzate, strumentali e inventate, facilmente confutabili, ma
utili per far presa nei cervellini dei neofascisti, già
abbondantemente impegnati a far da truppe cammellate al colonialismo
USA.
Non c’è quindi da meravigliarci se oggi riscontriamo un certo ruolo,
filo atlantico, di certi neofascisti, nelle vicende paramafiose
della Sicilia (il vero polo geostrategico degli USA nel
mediterraneo), nella guerra non ortodossa delle strategie
stay behind e nel sostegno dato alla violenta nascita dello stato di
Israele.
Due ultime parole sulla Decima Mas di Borghese che, a nostro avviso,
con il suo comportamento nel dopoguerra ha definitivamente sporcato
e liquidato il suo ammirevole ed eroico comportamento durante la
guerra. Certamente i retroscena geopolitici che, di fatto, vedevano
contrapposti americani e sionisti ai residui tentativi inglesi di
salvare i resti dell’Impero, furono un elemento concreto che spinse
ufficiali di questa realtà combattentistica a schierarsi con gli
USA, quasi come una forma di proseguimento della lotta alla Gran
Bretagna, ma è altrettanto vero che in queste scelte pesarono
soprattutto le "dimensioni" politiche ed ideologiche di questi
uomini, a cominciare da Borghese, che non erano affatto fascisti, ma
tutto al più dei nazionalisti, dei militari e dei "conservatori".
Il
loro conservatorismo è rimasto inalterato nel tempo, mentre il loro
"nazionalismo" è oltretutto definitivamente caduto nel momento in
cui si sono messi al servizio dell’atlantismo, ovvero dei
colonizzatori del nostro paese e quindi, di fatto, contro i veri
interessi di indipendenza della Patria subordinata agli americani.
Maurizio Barozzi |
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