A proposito di Giampaolo
Pansa
Giorgio Vitali
Giustamente, Pansa esprime le sue idee sul fatto che in Italia c’è una latente
situazione di guerra civile. Avrebbe ragione se si riferisse a tutta la storia
d’Italia. Che dire infatti delle guerre «essenzialmente civili» che si sono
svolte sul nostro «sacro suolo», tra le quali alcune importantissimi per
l’analisi storica dell’Umanità, come le guerre fra Mario e Silla, il primo ed il
secondo triunvirato, le guerre per la conquista del seggio imperiale, quelle
gotiche, quelle intraprese dai Longobardi, bellicosi per natura, le guerre
risorgimentali, quelle per l’indipendenza nazionale, le guerre
guelfo-ghibelline.
Ma le guerre civili collegate al primo ed al secondo conflitto mondiale non
dovrebbero essere inquadrate come tali. Dietro ad esse fanno da sfondo, appunto,
le guerre che hanno insanguinato il mondo intero.
Dopo il primo conflitto, la guerra civile che ha portato alla vittoria del
fascismo e di Mussolini è parte di quei grandi sommovimenti che hanno
caratterizzato tutto il mondo, e non solo la Russia post-imperiale. In Italia ha
vinto il Fascismo perché il potere viene sempre preso da coloro che hanno
combattuto e vinto. Vedi la Francia post-Terrore.
Durante il secondo conflitto, la «guerra civile italiana» ha riguardato una
situazione complessa che la «vulgata» ha finora taciuto perché avrebbe portato
alla ribalta il ruolo del partito di Togliatti.
Questo partito, come appare evidente dalla lettura di documenti concreti, si è
inserito pesantemente, tramite l’uso indiscriminato dell’assassinio politico, in
una situazione nella quale il CLN, costituito in prevalenza da partiti moderati,
attendeva con la massima calma il cambiamento politico che sarebbe emerso alla
fine del conflitto, nel quale i partiti avrebbero svolto il ruolo che di fatto
hanno svolto dal dopoguerra fino ad oggi. Il partito togliattiano ha inoltre
svolto una funzione ambivalente, provocando la disgregazione di tutti quei
movimenti che, come i partigiani di “Stella Rossa”, si trovavano alla sua
sinistra. Questi fatti sono ampiamente documentati dall’opera infaticabile di
uno storico torinese. Anche l’attentato di Via Rasella va visto in quest’ottica.
Un’ultima considerazione: le stragi di fascisti, del tutto inutili alla luce di
quanto successo dopo la fine del conflitto e fino ad oggi, dovrebbero essere
inquadrate più nell’ottica delle stragi eseguite contro gli esponenti della
Comune di Parigi del 1871.
I principi socializzatori della Repubblica Sociale, abrogati come PRIMO ATTO
LEGISLATIVO post-bellico, erano e restano una ragione più che sufficiente per
spiegare la tattica dello sterminio.
Cordiali saluti ed auguri per la nuova rivista alla quale auguro un lungo
successo.
Giorgio Vitali
Caro Vitali,
innanzitutto grazie per l'attenzione.
La sua analisi non fa una grinza, ma io credo che il ragionamento di Pansa vada
inquadrato solo nel periodo che va dal secolo breve ad oggi. Nel senso che
viviamo in un paese in cui, senza pacificazione ma con un'amnistia ambigua che
andò a beneficio sia dei fascisti sia soprattutto dei partigiani vendicatori, ci
trasciniamo da sessant'anni un clima politico da guerra civile (congelato forse
solo negli anni precedenti al terrorismo rosso). Credo che sia questo il senso
delle parole di Pansa: il cruccio di chi arrivato a 70 anni ha raccontato nella
sua vita un'Italia divisa e mai mite, cui il bipolarismo ha fatto male perché ha
accentuato gli odi. Ecco, il tema dell'odio è quello prevalente e in merito le
consiglio anche una lettura dell'ultimo libro di Vespa. Cordialmente
Fabrizio D'Esposito
Anche il ragionamento di Pansa non fa una grinza. L'avevo capito a priori,
perchè seguo da tempo gli scritti di questo giornalista. La questione da me
sollevata, tuttavia, non era questa. Io, ad esempio, trattando dell'argomento,
ho scritto più di una volta che nessuno si è mai chiesto che fine abbiano fatto
-tanto per citare qualcuno- i seguaci di Massenzio dopo la battaglia di Ponte
Milvio del 312. Sappiamo che Costantino se l'è presa coi pretoriani che in
quella battaglia si erano battuti da leoni. Ci sono delle carenze storiche che
partono da lontano e che ci permettono di inquadrare il livello di rimozione
verificatosi dopo il 1945. Che tutte le questioni siano state lasciate in
sospeso dopo il 1946, vendette politiche «ufficiali» a parte, vedi l'assassinio
di Vezzalini, tanto per fare un nome, è anch'essa una faccenda risaputa, ma è
anche all'origine di una «stasi» politica che, digrignamento di denti a parte,
non può passare inosservata ad alcuno «storico». E va definita come «mancanza di
serietà». In Italia, ed in parte lo ammette anche Ida Magli nella sua bella
intervista, non è successo più niente... se si esclude qualche bombetta qua e
là, tanto per fare un pò di chiasso. (Questo è il prezzo reale che si paga alla
storia per la mancanza di serietà).
Ecco il punto della mia lettera: manca, assieme ad altro, anche un'analisi
POLITICA della questione, ma fatta da uno storico serio. Gli storici di
spessore, ce ne sono stati e ce ne sono... si sono fermati al 1945. Li posso
capire, ma la mia comprensione non cambia la situazione.
Giorgio Vitali
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