da
http://www.centrostudifederici.org
marzo 2011
Centro studi Giuseppe Federici - Per una
nuova insorgenza
Comunicato n. 25/11 del 21 marzo 2011, San Benedetto
Guerra contro la Libia: il
business dei crimini umanitari
Qualche
considerazione sull'ennesima guerra dell'Occidente apostata,
controllato dal sinedrio dell'alta finanza. |
Il trucco libico
Se ho capito bene, le cose stanno così. In Libia,
c'è un governo. A me, questo governo non ha mai fatto particolare simpatia,
perché conosco storie non belle di migranti che sono passati per quel paese, e
perché comunque un governo dopo quarant'anni al potere inizia sempre ad andare a
male. Inoltre, da traduttore, ho spesso a che fare con chi lavora in Libia, e ho
raccolto molte lamentele sulla natura piuttosto capricciosa e imprevedibile
dell'amministrazione.
Ma queste mie considerazioni emotive non c'entrano con quelle del diritto. Il
governo della Libia è indubbiamente legittimo nel senso più freddo, cioè può
emettere passaporti riconosciuti in altri paesi, e l'uomo più in vista del paese
-che curiosamente non riveste alcun incarico governativo- viene ricevuto con
sorrisi e strette di mano da altri capi di stato.
Tra cui non solo Silvio Berlusconi, ma anche Obama e Sarkozy.
In particolare, il nostro paese è vincolato al governo della Libia da un
"Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e
la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista" firmato "dall'onorevole
Presidente del Consiglio dei ministri Silvio Berlusconi e dal leader della
Rivoluzione, Muammar El Gheddafi".
Tale trattato garantisce «il rispetto dell'uguaglianza sovrana degli Stati;
l'impegno a non ricorrere alla minaccia o all'impiego della forza contro
l'integrità territoriale o l'indipendenza politica della controparte o a
qualunque altra forma incompatibile con la Carta delle Nazioni Unite; l'impegno
alla non ingerenza negli affari interni e, nel rispetto dei princìpi della
legalità internazionale, a non usare né concedere l'uso dei propri territori in
qualsiasi atto ostile nei confronti della controparte; l'impegno alla soluzione
pacifica delle controversie».
Un trattato che nel giro di qualche ora, ha fatto la stessa fine che fece nel
1915 il trattato che vincolava l'Italia a non pugnalare alla spalle l'Austria.
Per motivi espressi con disarmante sincerità da Italo Bocchino.
Il legittimo governo libico è stato oggetto di una vasta ribellione armata. Su
questa ribellione, si è detto di tutto: «è al-Qaida», «no, sono i giovani
cinguettatori di Twitter», «no, sono i fedeli della vecchia monarchia».
Non solo io ignoro chi siano i ribelli; lo ignorano anche tutti gli
editorialisti che pure li esaltano. Due ipotesi sembrano comunque abbastanza
ragionevoli. Ciò che i ribelli appartengano ad alcuni clan tradizionali esclusi
dalle rendite petrolifere; e che esprimano il fortissimo risentimento di gran
parte della popolazione contro l'immigrazione dall'Africa Nera, tanto che la
rivolta è stata accompagnata da alcuni sanguinosi massacri di migranti.
La ribellione ha però incontrato, a quanto pare, l'ostilità della maggioranza
del paese e certamente delle sue forze armate, e nel giro di alcuni giorni ha
subito alcune decisive sconfitte.
Tutto questo è avvenuto in concomitanza con due sommosse nel mondo arabo: quella
dello Yemen e quella del Bahrein.
In un giorno, i cecchini dell'esercito yemenita hanno ucciso 72 manifestanti
(non sappiamo quanto rappresentativi della società yemenita nel suo complesso),
mentre nel Bahrein è intervenuto direttamente l'esercito saudita per sopprimere
una rivolta promossa dalla schiacciante maggioranza della popolazione. Anche gli
Emirati Arabi, che partecipano alla coalizione anti-Gheddafi, hanno contribuito
alla repressione della rivolta in Bahrein con «almeno 500 poliziotti».
Mentre cadevano le ultime fortezze dei ribelli libici, il Consiglio di Sicurezza
delle Nazioni Unite ha approvato la risoluzione 1973, che esige dalla Libia il
cessate il fuoco e la fine di «attacchi contro i civili».
E qui, se ho capito, sta tutto il trucco.
In Libia, lo scontro non è infatti -come invece in Tunisia, Yemen, Bahrein o
Egitto- tra le forze armate da una parte, e masse di manifestanti pacifici
dall'altra. In Libia, i ribelli hanno armi, carri armati e persino un caccia
(che hanno esibito tra l'altro subito dopo l'imposizione della No Fly Zone).
Ma non appartenendo a un esercito regolare, potrebbero essere definiti in
effetti dei "civili".
Anche quando vengono addestrati da truppe straniere. Nei lanci di agenzia
ripresi da Repubblica, ad esempio, leggiamo stamattina: «11:49 Stampa GB: Forze
speciali inglesi a fianco dei ribelli da settimane. Centinaia di soldati delle
forze speciali britanniche SAS sarebbero in azione da almeno tre settimane in
Libia al fianco dei gruppi ribelli, afferma oggi il quotidiano "Sunday Mirror".
Due unità di forze speciali soprannominate "Smash" per la loro capacità
distruttiva, avrebbero dato la caccia ai sistemi di lancio di missili terra aria
di Muammar Gheddafi (i Sam 5 di fabbricazione russa) in grado di colpire
bersagli attraverso il Mediterraneo con una gittata di quasi 400 chilometri.
Affiancate da personale sanitario, ingegneri e segnalatori, le SAS hanno creato
posizioni sul terreno in modo da venire in aiuto in caso in cui jet della
coalizione fossero stati abbattuti durante i raid».
La risoluzione dell'ONU evita di citare o definire l'avversario armato
dell'esercito libico, e non dice nulla su come l'esercito libico debba
comportarsi nei riguardi di combattenti nemici.
L'omissione è talmente evidente, che possiamo immaginare che i suoi autori
abbiano voluto una fatale ambiguità.
Se "civile" vuol dire chi non porta armi, allora si potrebbe chiedere
all'esercito -e anche alla parte avversa- di lasciare in pace i civili.
Ma se "civile" vuol dire combattente, nemico dell'esercito governativo… se
l'esercito libico cessa di combattere con le armi questo particolare tipo di
"civili", sarà costretto a subirne passivamente gli attacchi armati; cioè è
destinato alla sconfitta militare. Cosa che nessun esercito potrebbe accettare.
Ma se l'esercito continua a combattere, verrà accusato di violazione della
risoluzione. E quindi verrà annientato ugualmente, ma dall'estero. Non c'è via
di uscita.
E così leggiamo tra i lanci di agenzia di "Repubblica" di stamattina qualcosa
che non appare affatto nel testo della risoluzione, ma che sospettiamo fosse
nella mente dei suoi autori: «09:03 Il generale Clark: "Tutto lecito per
difendere i civili". "La risoluzione dell'ONU è nettissima riguardo
all'obiettivo finale: sbarazzare la Libia del dittatore Muhammar Gheddafi. Per
questo il Consiglio di sicurezza ha autorizzato il ricorso a ogni mezzo, salvo
l'occupazione militare del Paese. In breve tutto è lecito, o quasi". Lo dice a
"Repubblica" il generale Wesley Clark, ex comandante supremo delle forze Nato
durante la guerra del Kosovo».
Comunque, la risoluzione semplicemente impone il divieto di voli sul territorio
libico, impone un embargo sulle armi e congela i beni di alcuni esponenti del
governo libico.
Il governo libico dichiara subito di accettare in pieno la risoluzione e chiede
l'invio di osservatori, e infatti non ci risultano voli libici, militari o non,
dopo la sua approvazione.
Alcune ore dopo l'approvazione, Sarkozy convoca a Parigi un vertice cui
partecipa anche Silvio Berlusconi. Il quale, prima di partire, ha promesso a
quanto pare al proprio consiglio dei ministri di non lanciare l'Italia in
avventure pericolose, tali da attirare su questo paese centinaia di migliaia di
profughi o qualche missile. Parola d'imprenditore…
Il vertice finisce verso le 15. A questo punto, uno si immagina una delegazione
che vada in Libia, spieghi in modo chiaro le richieste, risolva in maniera
diplomatica i conflitti, apra le vie agli aiuti umanitari. Dando ovviamente
qualche giorno di tempo per permettere a un esercito non certamente prussiano di
coordinarsi e di capire cosa deve fare. No.
Due ore dopo la fine del vertice e poche ore dopo l'approvazione della
risoluzione 1973, gli attaccanti dichiarano che la Libia "non ha rispettato" le
loro istruzioni: in cosa consista tale violazione, non ci è dato sapere;
comunque a partire dalle 17.40, scaricano sulla Libia un intero arsenale.
Tra cui anche 110 missili Tomahawk, prodotti dalla Raytheon Company: ricordiamo
che Obama ha nominato ben tre dirigenti della Raytheon a funzioni chiavi
dell'amministrazione degli Stati Uniti, tra cui il signor William Lynn, che
passa direttamente dalla gestione della lobby ufficiale a Washington della
Raytheon, al posto di vicesegretario alla Difesa con il potere di decidere le
spese che farà il Pentagono. Un solo missile Tomahawk costa 1,5 milioni di
dollari, comprensive di ammortamento delle spese di ricerca.
Moltiplicato per 110 farebbe 116 milioni di Euro. All'incirca quello che costano
allo Stato italiano 15.000 alunni del sistema scolastico pubblico per un anno
(dati Ocse 2008, citati in "Mila Spicola, La scuola s'è rotta. Lettere di una
professoressa", Einaudi, p. 172).
Io non so per quale motivo Francia, Inghilterra e Stati Uniti (l'Italia non
conta) abbiano deciso di attaccare la Libia. Non so per quale motivo, fino a
qualche mese fa accoglievano Gheddafi con tutto il suo pittoresco seguito e oggi
lo vogliono morto.
Il petrolio ovviamente c'entra; ma era necessaria proprio una guerra? Si sarebbe
speso infinitamente di meno per corrompere quattro politici, o per pagare il
medico di Gheddafi a mettergli il veleno in una bevanda.
Le continue guerre americane, quasi sempre contro nazioni indifese, vengono in
genere spiegate con considerazioni geopolitiche: vogliono, ad esempio, il
petrolio iracheno o quello libico, prima che cada in mano ai cinesi.
Credo che l'ipotesi sia perfettamente ragionevole, ma non escluda un'altra -
cioè che il sistema socio-economico statunitense abbia bisogno delle guerre in
sé, perché finanziano il sistema militare-industriale, perché danno un senso
alla vita di milioni di persone, dal clandestino messicano che vende panini ai
muratori della base militare nel deserto dello Utah, all'insegnante di arabo
sovvenzionato dal Pentagono per formare persone che si occupino della "sicurezza
nazionale".
Può darsi che gli Stati Uniti riusciranno a scippare il petrolio libico ai
concorrenti; ma sappiamo con certezza che la Raytheon è riuscita a guadagnare
116 milioni di Euro in un pomeriggio con questa storia.
(Fonte:
http://kelebeklerblog.com/2011/03/20/il-trucco-libico/ )
la NOTA di Giorgio Vitali
Concordiamo con le considerazioni
sopra esposte, che rispecchiano anche il nostro pensiero in generale
sul ruolo e la funzione degli USA. Ci resta un dubbio: per quale
ragione il sistema amerkanocentrico ha deciso in un battibaleno di
colpire la Libia di Gheddafi e tutti i paesi europei che contano si
sono (?) allineati. Un'alternativa può essere la "corsa all'oro
nero", per sottrarlo ai cinesi, i quali occupano bellamente una
posizione chiave dell'Africa: il Corno delle nostre disgrazie (da
Dogali, ad Adua, all'Amba Alagi uno e due). Sapremo di sicuro di più
in futuro. Se, come appare, la corsa all'oro è stata aperta da un
via libera repentino, è logico che ci sia stata la corsa
all'accaparramento, come lascerebbe credere dal precipitarsi anche
dell'Italietta a prendere quel che resta del bottino (che prima era
quasi tutto nostro). La stessa considerazione vale per la nostra
partecipazione in Irak ed Afghanistan. Conclusione: la vita è
PREDAZIONE.
GV
In Libia oggi si
"provano" gli aerei ed i proiettili dell'ultima
generazione, per "mostrarli" e farli collaudare. Sulla
testa del cafon Gheddafi, che in 42 anni s'incaponì,
credendo che tutto si sarebbe sempre risolto come fece
con gli italiani "coloni" cacciati, e con Moro Aldo, che
incassò i risarcimenti dimenticandosi di dividerli con i
"compari di merenda".
Tu sai come Auriti, incalzato e ... suggerito da tal
Antonio Pantano, ha spiegato EZRA POUND! Pound
"conosceva" la STORIA!
Gl'imbecilli d'oggi riempiono tv-radio-giornali con
bestialità che nemmeno infanti ritardati accetterebbero
per addormentarsi la sera!
Cari saluti, il tuo impertinente Antonio Pantano |
|
|