Il grande inganno
Storiella numero 5 -
Presupposti della Prima Guerra Mondiale
(manovre per l'entrata nel
conflitto degli Stati Uniti
e il sostegno capitalista
alla rivoluzione bolscevica)
Il "Quarterly Journal of Economics", in un
articolo pubblicato a Washington nel mese di Aprile del 1887, rileva
l'insostenibile debito pubblico dei Paesi europei, formulando l'auspicio d'un
urgente risanamento dei loro bilanci, esplicitamente espresso nel seguente
monito: «Le finanze d'Europa sono a tal punto compromesse dall'indebitamento
generale che i governi dovrebbero chiedersi se una guerra, malgrado i suoi
orrori, non sia preferibile al mantenimento di una precaria e costosa pace».
Fra lo sconcerto generale che, come si può supporre, il menzionato articolo ebbe
allora modo di provocare, si apprendeva che le Potenze Europee, sottoposte a
rigidi vincoli finanziari, perché debitrici, sarebbero state costrette a seguire
fra il 1887 e il 1914 determinati orientamenti politici tali da condurre a un
conflitto senza precedenti nella storia, allo scopo di pagare il loro debito
pubblico (public debts of Europe (sic)). In breve la guerra (mondiale) sarebbe
stata la sola alternativa alla bancarotta.
Il "trimestrale", destinato a diventare prestigioso negli ambienti economici
internazionali, attribuiva l'origine del colossale debito pubblico europeo
(qualcosa come 5.300 milioni di dollari di allora da pagare annualmente in linea
interessi) alle allegre gestioni dei cosiddetti "sinking funds" (fondi
governativi, costituiti a garanzia dei bonds emessi dallo Stato), omettendo di
precisare che proprio questi sono parte fondamentale del meccanismo adottato dal
Sistema Bancario Internazionale per indebitare i governi e dichiararli
insolventi, quando il prelievo fiscale non è più sufficiente a rimborsare (in
linea capitale e interessi) il "prestito" loro concesso. La tecnica, dell'Investment
Banking, prevede fra l'altro la "mobilizzazione del credito", cioè il
reinvestimento dei fondi (attraverso i servizi della Banca Centrale), e
particolare attenzione alle procedure di ammortamento cui sono soggetti gli
strumenti (per esempio gli armamenti) che il debitore ha acquistato, grazie al
prestito concessogli. Nell'Europa d'inizio Novecento il clima politico, carico
di tensioni, sembrava prossimo a scatenare la tempesta, del resto annunciata da
fermenti rivoluzionari mai sopiti, contrastanti pretese imperialistiche e
pressanti rivendicazioni di tenaci gruppi nazionalistici. Circostanza da cui
emergeva la necessità di provvedere comunque all'incremento delle spese per la
difesa, sebbene il debito contratto dalle Potenze Europee fosse insostenibile.
Le Banche Internazionali, erogatrici dei prestiti, intendevano fra l'altro
suggerire (se non imporre) agli Stati il reintegro e l'aggiornamento degli
armamenti resi nel frattempo obsoleti, consigliandone l'urgente impiego (e il
più largo consumo delle indispensabili munizioni, prodotte dalle loro Consociate
del settore). Suggerimento che avrebbe obbligato i Governi a disporre la
conseguente conversione della produzione economica, necessariamente destinata a
un unico impiego: la guerra.
Il Sistema Bancario Internazionale agiva in perfetta simbiosi con le proprie
partecipate (acciaierie, chimica, munizioni) formando l'efficiente struttura
finanziaria-industriale, chiamata anche "Conglomerate" o "Corporate Banking",
ovviamente inclini a influenzare le diplomazie internazionali affinché le
latenti ostilità si trasformassero in guerra aperta.
Gli effetti dell'influenza esercitata sui governi dalle banche internazionali
sono evidenti in particolare nel cruciale periodo 1907-1914 (crisi finanziaria,
intrighi a non finire intorno alla Anglo Persian Oil Company, piano di
saccheggio del dissolvendo Impero Turco Ottomano, costituzione del Federal
Reserve System) durante il quale si osservano chiari segnali dell'imminente
conflitto. Le grandi Potenze (o presunte tali), perfettamente consapevoli della
loro dipendenza dal Sistema Bancario e orientate a far coincidere gli interessi
di quest'ultimo con i propri, sanno che occorrono capitali e disponibilità di
materie prime per costituire o conservare posizioni dominanti, riservate
comunque ai clienti privilegiati, non certo per simpatie politiche, ma in ogni
caso per il maggior profitto che il Sistema prevede di trarre dall'investimento.
In questo scenario, la Gran Bretagna intende consolidare il proprio impero
(India) e affermare il proprio dominio sugli oceani, senza dimenticare
l'influenza finanziaria che essa esercita, grazie alla Bank of England, sulla
sua ex colonia nordamericana, gli Stati Uniti d'America, attraverso il binomio,
all'epoca costituito fra Re Giorgio V e Leopold Rothschild della Rothschild
House di Londra (che a sua volta si avvale dei propri agenti negli States,
Morgan e Rockefeller).
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Rothschild House
di Londra |
Principale antagonista della Gran Bretagna è la
Germania del Kaiser Guglielmo II, incline a potenziare la flotta per la
conservazione delle proprie colonie e a non rinunciare alle aspirazioni
germaniche sui territori dell'Impero Turco Ottomano. Spinta dal revanscismo,
dopo la sconfitta nella guerra franco prussiana, la Francia è acerrima nemica
della Germania per l'eterna contesa dell'Alsazia-Lorena. L'Italia giolittiana,
conclusa a suo vantaggio nel 1912 la guerra con la Turchia per la Libia, si
annovera fin dal 1850 fra i migliori clienti di Casa Rothschild, cui si
dovrebbe, secondo alcuni, grazie ai pluriennali finanziamenti ai Savoia, la
sospirata Unità Nazionale. Il quadro non è completo. Manca la Russia zarista,
che nello scenario prebellico costituisce un caso a parte, se vogliamo credere a
chi sostiene che tra gli equivoci delle Tesi su Feuerbach e le proteste sociali
dell'epoca c'era di mezzo, come sempre … la Banca. Vale a dire che si può anche
pagare lautamente l'aria fritta, purché, rivenduta in forma d'ideologia, svolga
opportune funzioni livellatrici, determinando illusioni sufficienti a preferire
alla fame i presunti benefici dell'economia collettiva. Ciò significa fra
l'altro che la diffusione di un ideale rivoluzionario e l'indebitamento generale
sono mezzi che giustificano lo stesso fine: il controllo delle masse.
La strategia dell'International Banking punta evidentemente sull'influenza che
esso esercita, grazie alla connivenza politica, sulla Banca Centrale, le cui
funzioni di controllo sulla rete bancaria interna, come le direttive dei tre
dicasteri economici (Economia, Tesoro e Finanze) destinate all'Istituto di
Emissione, diventano competenza quasi esclusiva delle Banche Internazionali.
Questo avviene perché la Banca Centrale è soggetta alla progressiva alienazione
del proprio capitale sociale, ad opera e favore di banche e organismi privati
(Agenzie di rating comprese), ogniqualvolta un prestito internazionale è erogato
a favore dello Stato.
Se la guerra è il più proficuo strumento finanziario, regolatore di posizioni
debitorie, definite all'uopo insostenibili, sarà interesse del Creditore
pretendere il rimborso dei capitali erogati in prestito (alla scadenza stabilita
o in via immediata), precettando i governi debitori. L'eventuale dichiarazione
di insolvenza equivale al rilascio di autorizzazione a incamerare i patrimoni,
costituiti in garanzia, nelle casse del creditore, il quale, al fine di
pervenire al rapido rientro della propria esposizione, ha in ogni caso il
diritto di orientare la politica estera del Governo, obbligandolo a creare
opportunità per nuovi e più estesi investimenti. Questa opportunità, che il
creditore gentilmente concede, si chiama guerra.
Nell'inverno del 1914, divenne urgente rispettare le scadenze, sotto la
minaccia, incombente su molte teste coronate dell'Europa di allora, di veder
confiscati i propri tesori, ben custoditi nei forzieri delle Banche londinesi,
aderenti al "Sistema delle Banche Internazionali". Il caso dei Romanov è
significativo.
Vale la pena al proposito osservare lo sviluppo delle relazioni anglo-russe a
cominciare dal 1876, anno in cui si costituiscono a Londra, grazie anche agli
introiti della Società del Canale di Suez (finanziata al 50% dalla Rothschild
Bank che acquista un anno prima per conto della Corona inglese la quota
egiziana, pagando 4 milioni di sterline a Ismail Pascià), quelle che saranno poi
chiamate "Accepting Houses", speciali organismi bancari, affiliati alla Hambros
e alla Rothschild Bank, che avranno il compito di amministrare il mercato dei
bonds o obbligazioni emesse dallo Stato debitore (oggetto di particolari
attenzioni sarebbe stato ad esempio il debito per le riparazioni di guerra di 31
miliardi di dollari della Repubblica di Weimar). Ma nel caso della Russia
Zarista, sembra documentato il contratto a lungo termine che Alessandro II
stipulò con la Rothschild Bank di Londra al fine di ottenere sostegno
finanziario per muovere guerra alla Turchia nel 1877. Le pretese che lo Zar
avanzò, a guerra conclusa, su Costantinopoli e il Bosforo, furono respinte dal
primo ministro britannico Benjamin Disraeli, non solo perché intralciavano le
rotte inglesi verso l'India, ma anche perché l'Impero di tutte le Russie
risultava insolvente nei confronti dei Rothschild. Ragione per cui lo stesso
Disraeli prospettò l'opportunità politica di concedere prestiti contro il
rilascio di garanzie reali da parte del successore di Alessandro II, lo Zar
Alessandro III, risultato poi altrettanto inaffidabile. La costituzione "in
pegno" di buona parte del tesoro dei Romanov, custodita nelle casse delle
Accepting Houses londinesi, faceva peraltro riscontro al successivo ingresso
della Russia fra le Potenze dell'Intesa, dopo che Nicola II era stato convinto
che un ulteriore aiuto finanziario dei Rothschild (secondo la procedure e le
clausole sopra descritte) gli sarebbe stato necessario per potenziare un
esercito sufficiente a fronteggiare la presunta minaccia degli Imperi Centrali.
Visto poi che lo Zar continuava ad essere insolvente anche per gli esiti nefasti
della guerra russo-giapponese, Londra (o meglio, le Filiali londinesi dell'Investment
Banking) predisponevano il gigantesco tranello di cui sarebbero state vittime lo
stesso Zar e il popolo russo.
Non prima però che si fosse resa politicamente giustificabile quella guerra
totale da tempo prevista per "salvare" i governi europei dalla bancarotta. Il
tutto preceduto dall'avvio di un piano, concordato a tavolino con gli Stati
Uniti, rappresentati dal Presidente Theodore Roosevelt. Costui infatti si
sarebbe proposto quale diligente servitore dell' International Banking fin dalla
guerra ispano-americana, condotta allo scopo di favorire il nascente monopolio
della canna da zucchero di Cuba e l'espansionismo degli States nei Caraibi e sul
Pacifico (Porto Rico e Filippine). La collaborazione con le "Accepting Houses"
londinesi sarebbe stata poi evidente nelle manovre del pool di banche
internazionali, costituito allo scopo di determinare il crollo dell'Impero
Zarista, al fine di tutelare gli interessi delle banche inglesi e a salvaguardia
dell'Impero Britannico.
La potente Bank of England, che nel frattempo avrebbe fatto carte false per
fondare negli Stati Uniti la propria filiale (cioè la Federal Reserve Bank),
avrebbe avuto ampie possibilità di azione nelle Borse internazionali,
principalmente Wall Street, attraverso cui sarebbero stati disposti flussi di
denaro, destinati alla fondazione dell'Unione Sovietica. Sembrano ampiamente
documentati i trasferimenti di denaro eseguiti a favore dei rivoluzionari
Bolscevichi fra il 1905 e il 1920 attraverso la Kuhn Loeb & Company di New York,
i banchieri Jacob Schiff e Olof Aschberg, i quali operavano sotto la regia di
Alexander Helphand, alias "Parvus", il coordinatore dei finanziamenti ai
rivoltosi per conto delle banche tedesche Warburg. Fra i diretti beneficiari di
tali fondi si contavano gli illustri Vladimir Ilich Ulianov, detto Lenin, e Lev
Trotzki, profeti del marxismo e costruttori della futura società sovietica. (Nel
2008, all'Hoover Institution Archives di Stanford - California sono state
declassificate ricevute bancarie dei trasferimenti di denaro, per complessivi 20
milioni di dollari, eseguiti da Parvus a favore di Lenin e Trotzky dal 1915 al
1917).
Manovre finanziarie d'indubbia efficacia, rispetto ai meno soddisfacenti
risultati di analoghe operazioni, eseguite per esempio a sostegno della rivolta
dei Boxer in Cina nel primo anno del XX secolo, che in ogni caso rappresentavano
un banco di prova per i successivi interventi dell'International Banking al
fianco d'ingorde corporations anglo-americane, decise a primeggiare nel
sistematico saccheggio delle risorse minerarie cinesi. Gli americani, saldamente
stabiliti a Canton, e gli inglesi nella valle del fiume Yang Tse, sembravano
decisi a sloggiare i Russi da Port Arthur, i giapponesi da Formosa e dalla
Corea, i tedeschi dalle miniere dello Shantung, i francesi dall'Indocina e dai
territori meridionali. In quella circostanza i soldi consegnati ai rivoltosi
(Boxer) sarebbero serviti a giustificare la presenza sul territorio cinese di
ventimila Marines, guidati dal tecnico minerario e faccendiere Herbert Hoover
(futuro Presidente degli Stati Uniti) contro gli stessi Boxer; la conveniente
tattica adottata dagli americani consisteva nel sostenere prima la rivolta, per
poi sedarla, trasformandola in pretesto per acquisire nuove terre di
sfruttamento, facendosi largo fra i concorrenti.
Ma, tornando ai Bolscevichi, quale interesse avrebbero avuto i Capitalisti
occidentali a favorire la costruzione di una società comunista nella costituenda
Unione Sovietica? Nella strategia dell'International Banking si possono trovare
le seguenti risposte: obiettivi immediati di chi sosteneva i rivoluzionari
bolscevichi erano il già citato crollo del regime Zarista, il sequestro del
tesoro dei Romanov (conservato nelle casse della Rothschild Bank, dopo la messa
in mora di Nicola II, e l'eliminazione di un pericoloso concorrente (lo stesso
Zar) nella corsa al petrolio del Golfo Persico. Il Capitalismo (in procinto di
confrontarsi con un sistema che rappresentasse formalmente il suo esatto
"opposto") avrebbe anche (e proprio per questo) avuto modo di attestarsi su
posizioni più radicali, per altro giustificate, o in via di eterna
giustificazione, dalle teorie ad esso congenite. Il cosiddetto liberismo, in cui
dominerebbe il principio del "laissez faire", o delle limitazioni
dell'intervento dello Stato nelle attività della libera impresa, avrebbe tratto
dalle tesi marxiane occasione di svilupparsi in senso verticale, riducendo il
libero mercato a un'area di privilegio, in cui sarebbe escluso il rischio
d'impresa, a giovamento di chi dispone di mezzi finanziari, idonei non solo a
influenzare l'economia dello Stato attraverso il perpetuo "debito-ricatto", ma
anche ad esso sostituirsi sul piano politico.
Superfluo aggiungere che la costituzione del sistema sovietico, in cui vige il
divieto di attivare ogni libera impresa, e la prevista minaccia dell'espansione
comunista, sarebbero stati funzionali all'idea di un monopolio del capitale, non
solo dividendo il mondo in zone di competenza territoriale, ma favorendo
l'affermazione in Occidente di un'esclusiva "Power Elite" capitalistica. Il
Capitalismo monopolistico avrebbe così avuto modo di consolidarsi, grazie al
comunismo, scongiurando il pericolo che dalla Russia Zarista potesse nascere una
federazione di Stati, tesa ad espandersi nell'Est Europeo e in Asia per crearvi
una nuova forza capitalistica, pronta ad entrare in competizione con gli Stati
Uniti d'America. Il Manifesto del Comunismo avrebbe assunto così valore di
simulacro a Wall Street, dove Lenin sarebbe stato selezionato quale guida di uno
Stato accentratore, garante dell'illusorio potere conferito al proletariato,
allo scopo di pervenire al controllo assoluto delle masse, attraverso il sistema
dell'economia pianificata. Primo passo: la nazionalizzazione delle banche russe,
e la costituzione di una Banca Statale Sovietica, prevista nel programma di
Lenin e con favore accolta da Wall Street.
A sostegno di queste tesi, sembra opportuno aggiungere certi aspetti della
strategia di mercato, legata agli sviluppi dell'industria petrolifera americana,
a partire dai primi anni del Novecento. Di particolare interesse, a tal
proposito, sono le iniziative adottate dal Gruppo Petrolifero
Rothschild-Rockfeller, all'indomani dell'entrata in vigore della legge
"antitrust", Sherman Act, e in previsione dei piani Ford per la costruzione di
automobili in serie. Circostanza che avrebbe spinto il Gruppo (l'associazione
dei due imperi "Banche-Petrolio" non è ovviamente casuale) ad assumere un rigido
controllo del mercato petrolifero internazionale, in conseguenza, fra l'altro,
dello smembramento della Standard Oil, e a seguito del cosiddetto "Caso
Spindletop". (*)
Il riferimento alla moneta statunitense (Petrodollari), sarebbe stato da allora
preteso per ogni transazione sul mercato internazionale riguardante i prodotti
petroliferi, adottando un sistema di contenimento delle fluttuazioni del prezzo
del greggio che scongiurasse pericolose e non lucrative tendenze al ribasso. Il
che avrebbe indotto il Gruppo Rothschild-Rockfeller a promuovere efficaci
campagne di stampa tese a diffondere infondate notizie sulla presunta scarsità
delle riserve (e risorse) petrolifere mondiali, al fine di evitare che si
producessero dannosi effetti "dumping" nel mercato interno (visto che la domanda
di combustibile era in crescita grazie al lancio dell'automobile Ford Modello
T).
Sarebbe stato soprattutto opportuno non limitare la capacità di competizione del
Gruppo sui mercati internazionali. A tale scopo, era evidente che il controllo
politico delle aree petrolifere mondiali più promettenti, come quelle del Golfo
Persico, Medio Oriente, Caucaso e Caspio, sarebbe stato indispensabile.
L'Impero Zarista, che comprendeva allora anche l'immensa area del Kazakhstan,
avrebbe rappresentato uno dei più temibili concorrenti fra i potenziali
produttori di petrolio, certamente deciso a sfruttare i propri giacimenti e a
commercializzare il suo combustibile sul mercato internazionale a un prezzo
assolutamente più basso rispetto a quello imposto dalle Compagnie del Gruppo
Rothschild-Rockefeller, per via della scarsa domanda di petrolio, determinata
dalla quasi assenza di industrie nella Russia Zarista e dallo stato d'indigenza
della maggior parte della popolazione. Per scongiurare tale evenienza, il Gruppo
in questione, vertice del Corporate Banking, avrebbe così favorito
l'instaurazione di regimi che avrebbero garantito, dietro lauti compensi, una
politica sottoposta al controllo di un governo accentratore. Fra le ragioni che
indussero i Capitalisti americani a finanziare la rivoluzione bolscevica si
possono citare infine quelle legate al piano di fondazione di uno Stato ebraico
in Palestina e le iniziative tese a impedire la costituzione in Europa di un
secondo polo capitalistico.
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Federal Reserve |
L'esordio della Federal Reserve nel 1914 avviene in questo clima, al fine di
favorire l'attuazione di questi piani. In coincidenza con l'inizio delle
ostilità, la Fed opera infatti a stretto contatto con la Borsa Newyorkese,
autentico ponte costruito nell'occasione fra l'America e l'Europa, allo scopo di
rendere vane le pretese del Kaiser sul territorio iracheno (ferrovia
Berlino-Baghdad), e obbligando il suo naturale alleato, l'impero
austro-ungarico, a far divampare la "polveriera balcanica". A tale scopo sono
costituiti il Belgian Relief Committee (per aiutare il "neutrale" Belgio invaso
dalle truppe germaniche, ma soprattutto per permettere a queste ultime di
continuare a combattere una guerra non voluta) e l'American International
Corporation, grazie alla quale a Wall Street sarà dato il via a una serie di
investimenti fra i più proficui che la storia ricordi, da cui trarranno profitti
colossali il gruppo Rothschild-Rockfeller e il team di banche internazionali ad
esso associato. Nell'occasione diventerà operativo il già citato Corporate
Banking, creato apposta per obbligare i governi delle Potenze belligeranti ad
usufruire del sostegno finanziario, destinato all'acquisto di armi dal War
Industry Board di Bernard Baruch, banchiere associato e esponente di spicco
dell'Organizzazione Sionista Mondiale, nonché persuasivo consigliere dei
Presidenti americani.
Il grande business della guerra!?
Non occorre chiederlo a Lord Walter Rothschild, né all'esimio Colonnello Mandell
House che nel 1913 ha già stilato i Quattordici Punti, enunciati dal Presidente
Wilson alla Conferenza di pace di Parigi del 1919 (valgono un Premio Nobel, la
frantumazione di tre imperi e focolai infiniti d'odio e rancori dal mare del
Nord all'Oceano Indiano). La strategia dell'Investment Banking, coordinata dalle
Rothschild Houses e da quella che diverrà nota col nome di Standard Oil Company
of New Jersey (poi Exxon), risulta dunque vincente anche negli States grazie al
Sistema Fed, attraverso il quale sono già rientrati, sotto forma di tasse pagate
dai contribuenti americani, i 25 miliardi di dollari, creati dal nulla, e
anticipati ai belligeranti per dare inizio alla Prima Guerra Mondiale.
Nell'occasione si distinguono i Chairmen della Fed, Charles S. Hamlin e William
P. G. Harding, quest'ultimo manager del War Finance Corporation, attivissimo
nelle forniture di armamenti ancor prima dell'entrata in guerra degli Stati
Uniti il 6 aprile 1917.
Nel bel mezzo della guerra, ha modo fra l'altro di prendere forma la cultura
dello stereotipo, o dell'estrema semplificazione cui tenderebbe a conformarsi il
giudizio dell'immaginario collettivo, indispensabile alla costruzione del
consenso e più tardi all'interpretazione "ragionata" del cosiddetto
"politicamente corretto".
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Royal Institut
for International Affairs di Londra |
A Wall Street e alla Fed di New York intanto gli Investitori si fregano le mani.
In attesa che il già concepito Council on Foreign Relations, succursale a
Washington del Royal Institut for International Affairs di Londra, dia inizio
alle sue poliedriche attività, la strategia bellica anglo-americana trova
proficua applicazione in tre settori: finanziario (come abbiamo visto), militare
e propagandistico. Compito della stampa americana è, ad esempio, inventare di
sana pianta atrocità che i tedeschi avrebbero commesso, in pace e in guerra. La
tecnica del reiterato inganno, perpetrato ai danni del popolo statunitense, sarà
più tardi chiaramente visibile nell'intero operato dell'Amministrazione Wilson,
per quanto un giudizio critico sul ruolo dei Presidenti degli Stati Uniti fosse
fin da allora apertamente ammesso dalla storiografia ufficiale. Presupposto che
rende legittima, almeno sul piano etico, una piena adesione alle tesi del
Professor Carroll Quigley, diffusamente espresse nel suo "Tragedy & Hope" , in
cui si rileva, sulla base di indiscutibili prove, l'assoluta dipendenza della
Casa Bianca dalla volontà dei Banchieri Internazionali.
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Sussex |
Esempi significativi della costruzione del
consenso, teso a legittimare azioni impopolari del Governo e comunque ritenute
socialmente e politicamente dannose al rivestimento democratico della leadership
statunitense, sembrano i casi Lusitania e Sussex, creati ad arte (come poi
l'effetto Pearl Harbour e decenni più tardi, l'incidente del Tonchino, senza
dimenticare il più recente "911") per convincere l'opinione pubblica americana
sull'opportunità dell'entrata in guerra (dichiarata o no) degli Stati Uniti.
Nel complesso calcolo dei rischi di guerra, anche se una certa tattica può
giustificare il trasporto in segreto di munizioni e proiettili di grosso calibro
su navi mercantili di Stati "neutrali", risulterà poi ovvio l'intento
provocatorio, utile a dar luogo alla prevista reazione della parte belligerante,
contro cui quel materiale bellico sarebbe stato sicuramente utilizzato, in modo
che le conseguenze acquisiscano l'attesa, enorme rilevanza propagandistica. Lo
provano il Lusitania, le tonnellate di munizioni che il mercantile trasporta in
Inghilterra dai neutrali Stati Uniti, il "provvidenziale" siluro dell'U-Boat
germanico, che provocherà l'affondamento della nave, la morte di centinaia di
civili e il calcolato sdegno dell'opinione pubblica americana. Ancora oggi, i
media televisivi insistono nel presentare l'affondamento del Lusitania come uno
dei più efferati crimini nazisti, quando anche i meno accorti in politica sanno
che un paese neutrale non può procurare munizioni ai belligeranti, senza
commettere con questo un atto ostile, equivalente ad una dichiarazione di
guerra. Ancora oggi l'avvertimento dell'ambasciatore tedesco a Washington,
Zimmermann, è accuratamente cancellato dal testo degli speciali TV di argomento
storico, lasciando intendere che la responsabilità dell'eccidio doveva per forza
ricadere sulla sola Germania.
Alla cultura dello stereotipo si affiancherà poi la cosiddetta "Spirale del
Silenzio", teoria sviluppata da Betty Naumann, secondo la quale il potere dei
media (e dei più importanti "oracoli" accademici) si manifesta soprattutto
attraverso gli effetti persuasivi che riesce a produrre sul pubblico di massa,
il quale non può fare a meno, salvo rare eccezioni, di prendere per vera la
versione di un fatto storico che gli è imposta, sebbene risultino chiari i
propositi censori a fini propagandistici dei mezzi d'informazione. Per cui, chi
dissentisse da una "verità multimediale" accettata e condivisa dalle
moltitudini, rinuncerebbe alla fine a porla in discussione, constatando di
rappresentare una minoranza ristretta e "inaffidabile". (Per fortuna le vittime
della spirale del silenzio tendono a diminuire, producendo stimoli a un'indagine
non mutuata dai media "ufficiali", e comunque propensa a considerare menzogne …
le mezze verità.)
L'affondamento del Lusitania avviene nel 1915, seguito dal siluramento della
"S.S. Sussex, che all'inizio del 1916 sarebbe stata colpita dal solito
"criminale" U-Boat tedesco nel Canale della Manica. Naturalmente il traghetto
avrebbe trasportato cittadini americani, 50 dei quali sarebbero periti in fondo
al mare. Lo stesso Presidente degli Stati Uniti sarebbe stato pronto a
dichiarare questa "verità", costruita ad arte, quando avrebbe chiesto al
Congresso, in data 2 aprile 1917, di approvare la dichiarazione di guerra alla
Germania (malgrado l'offerta di pace da quest'ultima proposta alla Gran
Bretagna, già sul punto di chiedere invece, visto il corso degli eventi bellici
ad essa sfavorevoli, la resa incondizionata). Fra i pochi estimatori della
Verità (quella che non offende il buon senso e il Divino Creatore), si annovera
l'ebreo Benjamin Freedman, che dimostrerà sulla scorta di prove inconfutabili
come le fotografie pubblicate dalla stampa americana e inglese non
riproducessero la carcassa della S.S. Sussex, ma quelle di un traghetto francese
in riparazione nei cantieri di Boulogne sur Mère.
Gli accordi segreti Sykes-Picot del 1916 sulla spartizione dei territori della
Siria e dell'Iraq tra Francia e Gran Bretagna (peraltro ben noti
all'intelligence americana), non avrebbero destato serie preoccupazioni nella
leadership politica degli Stati Uniti, stante il fatto che le Banche Kuhn Loeb e
Morgan detenevano i bonds emessi dai rispettivi governi, francese e inglese, a
garanzia del prestito loro concesso, tramite i Rothschild. Condizione
indispensabile ad assicurare in ogni caso la "porta aperta" alle compagnie
petrolifere americane in Medio Oriente dopo la guerra. L'affondamento del
Lusitania (1915) acquistava peso politico dopo la seconda elezione del
Presidente Wilson (la Casa Bianca si conquista anche con le menzogne!). Nella
circostanza sarebbe stato facile rilevare la costante propensione dell'opinione
pubblica americana a diventare vittima predestinata del "Quarto Potere" di
William Randolph Hearst, magnate dell'editoria e solerte esecutore degli ordini
della "Power Elite" finanziaria, nel promuovere opportune campagne
interventiste, per salvare la faccia di Woodrow Wilson dagli sputi dei suoi
elettori.
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"Quarto Potere" |
Intanto (dicembre 1916 ) i tempi per un ingresso degli Stati Uniti nella Guerra
Mondiale sembrano maturi, anche perché gli inglesi sollecitavano gli americani a
mantenere le promesse fatte. Fra i memorabili e meno noti intrighi che avrebbero
determinato il successivo corso della Prima Guerra Mondiale (e costituito
determinanti premesse della Seconda) sembra opportuno annoverare quelli che
costrinsero Gran Bretagna e Stati Uniti a sottoscrivere in segreto nel mese di
ottobre del 1916 il cosiddetto Accordo di Londra.
L'intervento degli States segnava una svolta decisiva negli sviluppi del primo
conflitto. In pochi mesi, a partire dall'aprile 1917, il corso della guerra,
decisamente favorevole alle Potenze dell'Intesa, determinava fra l'altro le
condizioni propizie per il successo della Rivoluzione Bolscevica nell'ottobre
dello stesso anno. Evento calcolato, nell'imminenza della prevista pace separata
tra Russia e Germania, caldamente suggerita dagli anglo-americani, visto il
malcontento che regnava fra le truppe dello Zar, dalle quali si registravano
quotidiane diserzioni in massa. Il Kaiser, visto l'andamento della guerra,
avrebbe poi accolto l'invito di levarsi dai piedi, archiviando per sempre le
aspirazioni di un grande Impero Germanico, esteso a lambire le acque del Golfo
Persico. Nell'occasione, gli sarebbe stato richiesto l'ultimo favore: consentire
libero transito al treno blindato che trasportava Lenin e Company fino a
Pietrogrado, per instaurarvi il nuovo regime bolscevico, poco incline ad
accettare le esitazioni "socialdemocratiche" di Kerenski, ma ben disposto a
ricevere tanti auguri d'un radioso futuro dal liberale Presidente americano
Wilson, fin troppo pronto a manifestare alla Conferenza di Parigi la necessità
d'un appoggio, morale e materiale, degli Stati Uniti al governo che Lenin
avrebbe meditato e scelto di instaurare sulle rovine dell'Impero Zarista.
NOTE:
(*) Spindletop è una localita del Texas nella
quale fu scoperto nel 1901 un pozzo di petrolio molto promettente che avrebbe
fornito 100.000 barili al giorno. Il Gruppo Rothschild-Rockefeller, allarmato
per il prevedibile calo del prezzo del greggio, conseguente alla scoperta di
tale, abbondante giacimento si impegnò a eseguire continue manovre per
escluderne lo sfruttamento, riuscendo alla fine a farlo chiudere.
.
Prassard
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