Italia - Repubblica - Socializzazione

 

 

21 dicembre 2011

 

Italia, una nazione sotto controllo:

dal "pericolo rosso" allo stragismo di Stato
 

Maurizio Barozzi 

 

STRATEGIA DELLA TENSIONE:
Gli alti comandi militari italiani subordinati alla NATO, alla CIA e agli apparati di controllo di Washington. Negli anni di piombo esplode il fenomeno "brigatista", un evento gestito fuori dai nostri confini

   

Su "Rinascita" di mercoledì 14 scorso, si è data notizia della pubblicazione di un libro di Massimiliano Griner che purtroppo non ho ancora letto e il cui titolo credo sia "Piazza Fontana e il mito della strategia della tensione" edito a novembre da Lindau.
Sulla base dei pochi riferimenti dati da "Rinascita" mi preme fare alcune osservazioni, visto che a suo tempo, su queste stesse pagine, pubblicai due articoli proprio su la famigerata strategia della'tensione: "Cosa c'era dietro la strategia della tensione" del 18.12.2009, e "La sinistra antagonista nella strategia della tensione" del 22.12.2009, che si possono visionare con la funzione "Cerca" nel sito on line di Rinascita (http://www.rinascita.eu/).
Quello che mi ha intrigato è l'intenzione dell'autore di voler leggere quegli avvenimenti in una nuova e diversa prospettiva, scevra da ogni pregiudizio ideologico e senza per forza inseguire documenti ricoperti da "segreto di Stato". Non c'è dubbio che proprio questa sia la strada migliore per far luce su quello spicchio, rosso sangue, di storia italiana.
Purtroppo, senza aver letto il libro, non posso addentrarmi oltre nel considerare il pensiero dell'autore, cosa che rimanderò ad un secondo momento.
Si dà il caso, comunque, che tutti coloro che si sono azzardati ad analizzare la cosiddetta "strategia della tensione" si sono trovati davanti un dedalo di strade, di episodi controversi e di eterogenea natura che ne hanno confuso e non poco l'interpretazione storica ed hanno finito per produrre una mole di interpretazioni eterogenee, tutte con qualche elemento di riscontro, ma nessuna esaustiva.
Non intendo qui ripercorre la storia della strategia della tensione, voglio solo accennare ad alcuni punti fermi, senza entrare nello specifico dei fatti, che possono oggi definirsi acquisiti, e che sono indispensabili a chi vuol far luce su quel periodo storico.
Del resto, se le tante inchieste, almeno quelle più serie e pacate di ordine giornalistico o giudiziario, i documenti venuti alla luce o recentemente desecretati, le confessioni di pentiti e soggetti simili, le testimonianze rese in tribunale e i vari processi messi in atto dalla Magistratura, non sono sufficienti a svelare i tanti misteri che stanno dietro a quei fatti e spesso risultano anche condizionati da interessi di parte, non tutto però è da scartare, perché in queste inchieste, in molte testimonianze, c'è comunque una parte di verità.
Ecco allora la necessità di darsi almeno alcuni punti fermi e di riferimento.
Ora noi, per capire quanto a suo tempo accadde e perché presero ad esplodere bombe dappertutto, dobbiamo partire da un presupposto inequivocabile: l'Italia, con la sconfitta militare del '45 e il suo successivo inserimento negli organismi NATO, non è più stata un paese libero, ma una nazione sotto controllo occidentale, da condizionare in base agli interessi occidentali o da "correggere" in tutti quei casi che potevano produrre una parziale indipendenza del nostro paese. Si badi bene, da allora, in virtù del diktat imposto al nostro paese quale definizione della sconfitta e in base ad accordi, e protocolli successivi, i nostri servizi di Intelligence e i nostri alti comandi militari sono subordinati a quelli NATO e quindi quando parliamo di Servizi nostrani, sia militari che civili (al tempo SIFAR, SID, vari SIOS, AA.RR), in realtà non dobbiamo scordare la loro dipendenza in ambito NATO.
Questo non vuol dire che dietro ogni bomba, ogni fatto di violenza estrema, ogni degenerazione delle tensioni che esplosero in quel lungo periodo (all'incirca 1967-1980) ci sia stata la mano del "Servizio" di turno.
I "Servizi", infatti, furono attivi per ispirare e controllare persone, gruppi e ambienti, di varia natura, e magari, in un secondo momento, per "depistare", ma una volta innescata dalle menti interessate d'oltre oceano, la fase dello stragismo, tutto è andato avanti da sé, quasi per inerzia, perché oramai il seme era gettato ed era germogliato e la politica aveva preso l'andazzo di attuarsi in un determinato modo, laddove il sangue chiamava il sangue.
Ma cosa determinò l'esplosione di questa "nuova fase" storica caratterizzata da una violenza così estrema? Come noto analisti e sociologi hanno versato fiumi d'inchiostro per individuare nelle tensioni generazionali, le cause storiche dello stragismo. Quindi, ad esempio, la cosiddetta "contestazione" giovanile e i contrasti sociali di un capitalismo che si andava razionalizzando e specializzando a fronte di un mondo del lavoro che sempre più prendeva coscienza delle nuove forme di sfruttamento e reclamava nuove regole e retribuzioni adeguate, e così via. Ma sono, tutte queste, analisi di parte, parziali e insufficienti a capire cause e inquadrare il contesto storico.
Perché in realtà a determinare lo stragismo furono le necessità geopolitiche dell'occidente, nella fattispecie le ingerenze britanniche e quelle statunitensi, ognuna per gli interessi che gli competevano, il tutto correlato ad interessi geopolitici di natura energetica e agli interessi strategico militari in rapporto alla situazione medio orientale.
Come vedesi , proprio quelle forze che, come accennato prima, controllavano da sempre il nostro paese. Senza l'intervento di queste "forze", la contestazione e i contrasti sociali, avrebbero anche potuto sfociare in un clima di tensioni e violenze, ma mai evolversi in quel lungo e cruento periodo che è stato definito "strategia della tensione".
E qui nasce una prima sorprendente novità, ovvero il fatto che chi prende in considerazione quei quindici anni di stragismo, si accorgerà di trovarsi di fronte a fasi storiche e strategie non lineari, ma addirittura antitetiche. Non si potrà fare a meno, infatti, di constatare che si ebbe una prima fase stragista, che per comodità di comprensione, potremo definire "autoritaria", ovverosia che aveva tutte le parvenze, ma in realtà solo parvenze, di voler instaurare in Italia un regime autoritario o quantomeno uno "stato di necessità" attuato con leggi straordinarie di carattere repressivo.
Un periodo questo che possiamo individuare, molto superficialmente in quello che va dal 1965 al 1971 (ovvero dal convegno all'Istituto Polio all'Hotel Parco dei Principi a Roma, fino a quel cosiddetto e ambiguo Golpe Borghese).
Ma subito dopo e dopo una fase intermedia in cui si accavallarono fatti e strategie di "transizione" ovvero di tipo misto, cioè dalla seconda metà del 1973 fino al 1980 (ovvero dalla strage di Brescia a quella di Bologna) lo stragismo, oramai innescato, assunse le forme di una nascosta strategia per così dire "progressista", ovvero tesa a indirizzare la politica, la cultura e gli strati sociali del paese su basi progressiste e neoradicali.
Tutto questo ovviamente con un contorno di altri fatti ed eventi, che derivavano dai vincoli di Yalta, ovvero dalla necessità di non consentire l'ascesa del PCI al governo, fintanto che esistessero questi vincoli e soprattutto fintanto che il partito comunista non fosse stato completamente "occidentalizzato", così come si era iniziato a fare con l'avvento alla segreteria di Berlinguer (1972).
Quindi, per riassumere, troveremo che dal 1965 al 1971 bombe e violenza avevano più che altro lo scopo di tingersi di "rosso", di "anarchico" perché dovevano spaventare l'opinione pubblica e deviare le classi di governo del tempo, da ogni velleità o fremiti di indipendenza. Un altro caso Mattei, magari con qualche anelito di libertà di manovra in campo internazionale, non doveva assolutamente riproporsi in quel delicatissimo momento di crisi nell'area mediterranea, e i governi di centro sinistra, del resto oramai alla frutta, non dovevano assolutamente partorire uomini e forze in grado di attuare un forte dirigismo governativo (come stava per accadere qualche anno dopo con Moro).
Ecco che allora si applicò in Italia la tattica della "guerra non ortodossa", in modo che, violenze e bombe, ponessero sotto ricatto tutta la classe politica, la "ingessassero" e la rendessero incapace di qualsiasi iniziativa autonoma e significativa.
Tutto nasceva dagli avvenimenti che si determinavano in quegli anni nel Mediterraneo e in Vicino Oriente, dove si stava preparando lo sviluppo abnorme di Israele, tramite la guerra (giugno 1967) e quindi si sarebbe determinato nel Mediterraneo uno stato di crisi permanente, molto delicato, per cui vi era la necessità di mantenere fermi e strettamente inquadrati nell'alleanza atlantica, soprattutto i paesi mediterranei e del sud Europa.
Il Golpe dei colonnelli in Grecia (mediato dalla CIA, aprile 1967), rientrava proprio in questa strategia ben definita come "destabilizzare per stabilizzare".
E oggi riscontrabile ed inequivocabile (esagerazioni a parte) che collaborarono, pur se non si sa ancora in quale misura (vista la quasi assoluta mancanza di colpevoli nelle stragi quali esecutori e mandanti) e con quale coscienza dei fatti, a questa fase "autoritaria" dello stragismo, ambienti della destra in genere e del neofascismo in particolare (da non confondersi come eredi del Fascismo che è stato altra cosa!), ovvero quelli che fino a quel momento, dal dopoguerra in avanti, "Gladio" e "Stay behind" incluse, erano state, volenti o nolenti, le truppe cammellate dell'Occidente. E guarda caso personaggi e ambiti che sono poi risultati, a vari titoli, collusi con il SID o con l'AA.RR, se con la CIA o basi NATO una collusione che risaliva già a primo dopoguerra dietro la mane del famoso J. J. Angleton.
Visto che negli anni '60 le strutture delle Istituzioni, in particolare di alcune Procure, delle Questure, della Polizia, erano ancora più che altro quelle del passato ventennio, ovvero pregne di una cultura conservatrice e borghese, non fu difficile creare un clima di caccia alle streghe pei far fronte al dispiegarsi di un presunto "pericolo rosso".
Resta il fatto che chi aveva disegnato quella strategia "autoritaria" lo aveva fatto appunto sulla base di necessità contingenti, ovvero "destabilizzare per stabilizzare", cioè come detto imbrigliare le dinamiche dell'azione di governo e dell'economia nazionale al fine sopratutto di mantenere strettamente legata l'Italia nell'ambito NATO.
Per il nostro paese non c'era infatti alcuna intenzione, né necessità, di attuare una vera svolta autoritaria, o addirittura un colpo di Stato, che avrebbe creato molti più problemi di quanti non ne avesse risolti, e soprattutto non erano presupposti ideali per le lungimiranti strategie di carattere mondialista, dove invece, fuori dai momenti eccezionali, il miglior sviluppo e assetto da dare al nostro paese sarebbe stato proprio quello di smantellarne la vecchi cultura cattolica e borghese e di svilupparne tutti gli strati sociali e politici si basi progressiste e moderniste (quello a cui, guarda caso, siamo arrivati oggi).
Ed è così che proprio dopo quella strana guerra detta del Kippur (1973), dove finalmente Israele poteva oramai dirsi strategicamente al sicuro nell'area mediorientale e mediterranea e soprattutto in prossimità della conclusione del Watergate in America (agosto 1974), dove con un vero e proprio colpo di Stato silenzioso, certe forze, certe Lobby, presero definitivamente un potere assoluto nell'amministrazione americana, anche la strategia stragista in Italia, cambiò di segno: da quel momento in poi, infatti, ogni bomba, ogni violenza estrema che si sarebbe verificata nel paese, doveva essere accollata all'estremismo "nero", le bombe, anche in virtù dei loro obiettivi dovevano essere di marca "fascista" in modo da accelerare quella "modernizzazione" del paese di cui abbiamo parlato. Gli anni di piombo, con l'esplosione del fenomeno brigatista, si innestarono poi in questo contesto, a causa di tante altre situazioni e strategie, tutte progettate e indirizzati ad interessi fuori dai nostri confini.
Quindi, analizzando il periodo stragista, siamo in presenza di due ben distinte strategie, sempre e comunque manovrate dei grandi burattinai d'oltre oceano.
Ecco, sono queste le indicazioni di massima che si possono fornire a chi vuole studiare quel periodo storico, così ingarbugliato e contraddittorio, ma non per questo imperscrutabile.

 

Maurizio Barozzi       

 

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