da
www.marilenagrill.org
L'arte del doppiogioco -
Il silenzio
Vincenzo Vinciguerra
la NOTA di
Maurizio Barozzi
Crediamo sia opportuno far
conoscere questi due articoli "L'arte del doppio gioco" e "Il
silenzio", scritti recentemente da Vincenzo Vinciguerra recluso nel
carcere di Opera.
Per noi la risposta alle domande
che Vinciguerra pone in questi articoli è sempre stata scontata e
non da oggi, ma fin da molti decenni scorsi, quando con la
Federazione Nazionale Combattenti RSI cercavamo disperatamente di
far capire a tutto un ambiente che il più subdolo e pericoloso
antifascismo era proprio quello rappresentato dal MSI.
Recentemente, in alcuni convegni
storici, si sono rievocate le documentazioni che evidenziano certe
collusioni, non solo nell'immediato dopoguerra, ma perfino durante
il periodo della RSI, di presunti fascisti con l'OSS americano.
Collusioni che, passetto dopo passetto, portarono alla creazione di
quel partito bottegaio, reazionario, filo atlantico e filo americano
che è stato il MSI i cui epigoni oggi fanno la fila per recarsi a
prendere ordini a Gerusalemme.
Qualcuno ha avanzato timidamente la
scusante che forse, a quell'epoca, con le stragi di fascisti ancora
in atto, tutto sommato potevano anche capirsi certe scelte di campo.
Ma è una scusante che non regge:
primo,
perché quelle scelte, reazionarie e filo atlantiche, quelle
collusioni con i servizi segreti occidentali, non furono affatto
transitorie, non furono solo il disperato rimedio ad una situazione
contingente eccezionale, ma furono "ideologiche", definitive,
comportarono l'inglobamento nelle file della destra, di mezzi
monarchici e uomini della più retriva industria nazionale e persino
ex venticinqueluglisti, e quelle scelte le ritroveremo poi nella
difesa ad oltranza dell'atlantismo, nelle tante collusioni con il
SID, l'ufficio AA.RR., l'Anello, la CIA, Gladio, gli americani della
base Fatse NATO nel Veneto, ecc., tutte putride situazioni che si
riscontrano soprattutto nel famigerato e cruento periodo della
strategia della tensione, e così via.
Secondo
poi, quelle scelte filo atlantiche, il cui sbocco ovvio e
consequenziale sono le odierne guerre pro interessi USA-Israel, per
le quali gli italiani sono costretti a portare altrui armi, hanno
rappresentato un vero e proprio tradimento degli interessi
nazionali.
Se un domani gli italiani avessero
la ventura di tornare liberi e poter giudicare l'operato di tanti
presunti "neofascisti", non c'è alcun dubbio che la condanna
potrebbe essere una sola: il plotone d'esecuzione. E il tiro alla
schiena come si deve per tutti i traditori della Patria.
Maurizio Barozzi |
L'arte del doppiogioco
Vincenzo Vinciguerra
(Opera 21 marzo 2011)
Qualche giorno fa, l'ex nazifascista Ignazio La Russa, ora fiero antifascista,
ha celebrato la figura di Giorgio Almirante. Abbiamo già avuto modo di occuparci
di Almirante, rilevando come abbia, costui, ricoperto un ruolo di rilievo nella
storia più tragica di questo nostro Paese. Abbiamo ricordato come Giorgio
Almirante che nell'Italia fascista, impegnata dal 1935 in avanti in ben quattro
guerre (quella di Etiopia, Spagna, Seconda guerra mondiale e guerra civile) sia
riuscito nell'impresa di non combatterne alcuna. È certamente degno di nota che
Giorgio Almirante, impegnato ancora nel biennio 1943-45 ad esaltare le teorie
del razzismo e dell'antisemitismo sia riuscito contestualmente a proteggere un
ebreo che non doveva essere uno sprovveduto se è stato proprio lui, come ha
rivelato Assunta Almirante, a fornirgli i documenti falsi dopo il 25 aprile 1945
per vivere in clandestinità. Peraltro, abbiamo scritto senza incontrare smentite
che Almirante risulta, al momento, il solo funzionario ministeriale della RSI,
nonché iscritto al Partito Fascista Repubblicano e, in queste vesti, componente
di una Brigata Nera, a non essere processato per collaborazionismo.
A suo carico non risulta nemmeno iniziata un'istruttoria, certamente non è mai
stato emesso un ordine di cattura nei suoi confronti e fatto un processo.
Strano, perché le istruttorie e i processi li hanno fatti, dopo magari brevi
periodi di detenzione, anche a personaggi di un certo livello della RSI che sono
stati prosciolti od assolti con formula ampia per aver dimostrato di aver
condotto il doppio gioco.
A Giorgio Almirante è stata risparmiata l'onta della pubblica ammissione di aver
tradito, ma il nostro sospetto che è proprio questo quello che ha fatto, poggia
proprio sull'eccessiva benevolenza dello Stato antifascista nei confronti di un
individuo che era conosciuto come giornalista razzista ed antisemita, che era
capo dell'ufficio stampa del ministero della Cultura popolare con accesso,
perfino, per le sue funzioni, all'ufficio di Benito Mussolini, che era milite di
una Brigata nera.
Certo, è da tenere presente che il posto di capo dell'ufficio stampa del
ministero della Cultura popolare, fino al mese di dicembre del 1944, era stato
ricoperto da Gilberto Bernabei.
Proprio costui, quell'ultimo mese del 1944, varcò la linea del fronte e si
rifugiò a Roma, occupata dagli alleati dove iniziò una silenziosa ma brillante
carriera come "anima nera" di Giulio Andreotti. A prendere il posto di Gilberto
Bernabei fu proprio Giorgio Almirante, destinato nel dopoguerra a fare pubblica
e brillante carriera come uomo politico autoproclamatosi rappresentante
ufficiale dei combattenti e dei caduti della RSI.
Quante volte dal 1945 al 1988, Almirante ha pronunciato la parola "onore"? Tante
volte, perché sulla fedeltà agli ideali fascisti e sull'onore dei combattenti
della RSI ha fondato le sue fortune personali e politiche.
Oggi, chiediamo una doverosa verifica, sul piano storico, dell'onore di Giorgio
Almirante di cui, in modo documentato, dubitiamo che esso sia mai esistito
nell'uomo e nel politico che ha fatto fortuna sull'onore degli altri, sfruttando
cinicamente, secondo il nostro parere, l'onore altrui non possedendone uno
proprio. Se qualcuno vuole provare il contrario, se è in grado di portare la
documentazione riferita alla persecuzione giudiziaria e poliziesca subita da
Giorgio Almirante dopo il 25 aprile 1945, se qualcuno vuole illuminarci sulla
figura dell'ebreo protetto da Almirante e poi suo protettore con rilascio di
documenti d'identità falsi, si faccia avanti.
In caso contrario, il nostro dubbio si dovrà trasformare in certezza.
E, dopo, aggiungendo quest'ultimo tassello a tutti gli altri, non sarà difficile
provare che il neofascismo italiano del dopoguerra è stato creato, organizzato e
diretto dall'antifascismo anticomunista, dai suoi esordi alla sua fine.
Il silenzio
Vincenzo Vinciguerra
(Opera, 23 aprile 2011)
Siamo ancora in attesa che qualcuno raccolga il
guanto di sfida che abbiamo lanciato e risponda alla domanda che abbiamo posto
su Giorgio Almirante. Nessuno fra gli estimatori del «fondatore della destra
moderna» vuole difenderne la memoria e l'onore, pubblicando gli atti del
processo per "collaborazionismo" che noi asseriamo che non ha mai subito?
Fra tanti frequentatori di Questure, caserme dei carabinieri, uffici coperti dei
servizi segreti, nessuno è in grado di darci la prova che Giorgio Almirante è
stato perseguitato, dopo il 25 aprile 1945, dallo Stato antifascista, dalla sua
polizia, dalla sua magistratura?
Tutti zitti. Eppure, c'è Assunta Almirante che potrebbe farlo.
C'è Ignazio La Russa, che come ministro della Difesa non avrebbe alcuna
difficoltà ad acquisire documenti negli archivi dello Stato per onorare la
memoria del suo capo.
Ci sono tanti altri che ancora oggi vedono in Giorgio Almirante il "duce" del
neofascismo postbellico. E nessuno parla?
Abbiamo scritto che il MSI mutua il nome da un omologo partito francese (il
Movimento sociale francese, MSF) e fa proprio anche il simbolo di quest'ultimo,
la fiamma tricolore, senza ottenere un fremito, un battito di ciglia dai
militanti di destra.
È provato che questo partito è stato fondato per le esigenze dei servizi segreti
americani, della Democrazia cristiana, del Vaticano e della Confindustria, con
il proposito di usare la massa fascista come "carne da cannone" contro i
comunisti nelle piazze e trasformarla in una massa di militanti di destra quando
il fascismo si è sempre qualificato al massimo livello (leggi Benito Mussolini)
di sinistra.
Non si è levato nemmeno un belato a difesa del Movimento sociale italiano.
È storicamente provato che Franco Maria Servello, uno dei capi del neofascismo
post-bellico identificato con il MSI, in realtà, nel 1945, scriveva articoli
antifascisti su "Il Corriere di Salerno".
È certo che lo zio di Servello, Franco De Agazio, era stato messo in galera dai
fascisti della Repubblica Sociale Italiana, e che, forte di questa benemerenza,
nel mese di agosto del 1945, mentre i fascisti morivano per le strade uccisi dai
partigiani,otteneva dagli alleati il permesso per pubblicare la sua rivista,"Il
Meridiano d'Italia".
È vero, lo ha ucciso la "Volante rossa", ma perché stava pubblicando articoli
sull'«oro di Dongo», non certo perché fascista.
Arturo Michelini non ha mai aderito al MSI, Biagio Pace faceva il confidente dei
carabinieri reali ai danni di fascisti e tedeschi, Pino Romualdi è stato salvato
dai servizi segreti americani e protetto in latitanza fino al marzo del 1948.
Insomma, fra tutti presunti eredi della Repubblica Sociale Italiana, fra tutti
questi «guerrieri senza sonno» che, a sentir loro, negli anni Settanta ha
condotto una guerra fino all'«ultima cartuccia» per il fascismo, c'è qualcuno
che vuole porsi delle domande, che le voglia porre o, almeno, che si sente in
grado di dare delle risposte?
A quanto pare no. La paura della verità paralizza i codardi, coloro che
preferiscono vivere nella menzogna, consapevoli di non avere un passato sul
quale costruire il proprio futuro. Ignari di cosa sia stato il fascismo,
timorosi di scoprire cosa sia stato in realtà il neofascismo, vegetano rinchiusi
nei loro ghetti dai quali escono per andare a votare i "camerati" intruppati nel
partito di Silvio Berlusconi. Chi non ha un passato non è in grado di
distinguere il proprio dall'altrui, né ha consapevolezza di cosa sia la dignità
personale, gli basta tirare a campare facendo piccoli giochi per raggiungere
derisori obiettivi.
Nessuno di costoro potrà mai dare risposta alle nostre domande, perché sarebbero
obbligati a risvegliarsi dal sonno degli imbelli e degli imbecilli per scoprire
se sono in grado di pensare e di agire da uomini.
E la risposta li spaventa, giustamente.
Vincenzo Vinciguerra
Condividi
|