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Fasanella Giovanni & Rocca Giuseppe

 

La storia di Igor Markeviĉ.

Un direttore d'orchestra nel caso Moro

Ed. Chiarelettere 2014

 

 

un libro indispensabile:

La storia di Igor Markeviĉ.

Un direttore d'orchestra nel caso Moro

 

Maurizio Barozzi  (26 novembre 2014)

   

Di solito recensisco o invito a leggere libri che definisco importanti, ma in questa occasione arrivo a definirlo addirittura indispensabile.

E si badi bene, non perché il libro presenti un altra sua verità sul caso Moro, ma perché espone una serie di fatti e circostanze, una ricerca che è indispensabile per arrivare alla verità sul caso Moro. Fatti e circostanze che in buona parte già si conoscevano: (noi stessi pubblicammo un articolo in merito su Rinascita del 22 dicembre 2009: "La sinistra antagonista nella strategia della tensione"), ma che si era sempre cercato di mettere in secondo piano e che precisano quella che può essere definita una "ipotesi fondata", ovvero che Aldo Moro, negli ultimi suoi giorni di vita venne trasferito in una "prigione" sita nel ghetto ebraico di Roma. E si delinea anche meglio la figura del famoso direttore d’orchestra Igor Markeviĉ, un personaggio straordinario, intimo e sodale dai tempi della guerra di ambienti di Intelligence di varia estrazione, ma soprattutto ebraici e di Israele.

Circostanza questa, che unita al contesto del "comune" ambiente fiorentino, dove si trovava la "direzione strategica" delle BR durante il caso Moro, al ruolo di Giovanni Senzani e alle ricerche e indagini dei Servizi, stranamente tralasciate, fanno capire che la verità di Moro, "terminato", nel Palazzo prestigioso sito nel ghetto ebraico, doveva essere tenuta nascosta.

Si sono addirittura prodotte inchieste del tutto campate in aria, per negare o comunque sminuire questi indizi, si sono pubblicate "rivelazioni" clamorose, ma false, di falsi "ex agenti" che asserivano che Moro era sempre stato prigioniero in via Montalcini, si è cerato di smitizzare la figura di Igor Markeviĉ per renderlo assolutamente inadatto ad un ruolo, magari di intermediario, dell’Affaire Moro, e tutto questo era sempre stato sospetto, alla luce di tanti evidenti indizi che dicevano il contrario.

Ora i due autori, hanno ricostruito con dovizia di particolari la vita del "musicista russo" e i suoi tanti legami politici e di intelligence e hanno riassunto tutti gli indizi che portano a ritenere che in quel palazzo nel ghetto o sue vicinanze vi era l’ultima prigione di Moro, proprio come aveva indicato Mino Pecorelli (by Servizi).

Ma perché tanto accanimento nel negare questa circostanza?

Perché tra tutti i segreti che il caso Moro porta con se, quello della prigione nel ghetto è tra i più delicati, in quanto dimostrerebbe un ruolo del Mossad israeliano, nella uccisione di Moro, sia per tutti i personaggi che ruotano attorno alla vicenda e sia per il fatto che il ghetto romano, zeppo di sottopassaggi, magazzini e garage, è una zona dove niente può passare inosservato, può sfuggire alla comunità ebraica che ci risiede e quindi è ovvio che il Mossad non ne era estraneo.

Attorno alle BR insomma viene ad emergere che ci furono personaggi , che in qualche modo riuscirono a condizionarle e il tutto nell’orbita di vari Servizi internazionali, soprattutto la triade di quelli dell’Est, della CIA e del Mossad. E questo non deve stupire, perchè noi siamo abituati a ritenere che il rosso è rosso e il nero è nero, ma per chi traffica con i Servizi le cose non stanno così, anzi quasi mai stanno così, perché questi personaggi hanno sempre una ambivalenza, se non agiscono dietro una triplice influenza di Servizi diversi e magari contrapposti. Non da meno spunta anche il ruolo del nostro anomalo "Noto servizio" detto l’Anello.

Ripetiamo il libro non presenta una sua Verità, ma espone fatti e circostanze importantissime. Non ci meraviglia che la sua prima edizione nel 2003 venne boicottata, anzi a nostro avviso, per aver toccato ambienti che gravitano nei Servizi, nelle logge massoniche, personaggi sulfurei dediti all’esoterismo, ma potentissimi nella società, gli è andata fin troppo bene. La stroncatura di questo libro che tentò di fare a suo tempo, "La Repubblica" di Scalfari, anzi, costituisce la prova lampante che il libro ha messo il dito su una brutta piaga. Consiglio quindi di leggerlo assolutamente. Io l’ho ricevuto ieri e la sera avevo finito di leggere le sue 480 pagine, anche se avevo saltato qualche pagina o qualche rigo della Prima parte, quella della biografia di Igor Markeviĉ, per leggere con più attenzione tutta la Seconda parte, quella della "Ipotesi fondata" e l’Appendice.

Rotto il ghiaccio su questo aspetto del rapimento Moro, attendiamo adesso che si prenda in considerazione una ricerca sulla posizione che in questo Affaire ha tenuto Berlinguer (il suo Euro comunismo che "occidentalizzò" definitivamente il PCI, spalancando le porte alla sua "neoradicalizzazione", la sua "politica della fermezza" che di fatto condanno Moro). Berlinguer il segretario del PCI e rampollo del clan dei Berlinguer, agiati latifondisti sardi (imparentati con altri notabili e latifondisti del luogo anche per via endogamica), capostipite Mario un grembiulino massonico di stampo anglofilo, e preposto durante la guerra dal PWB britannico all’Alto commissario per le epurazioni. Quel PWB che ritroviamo nel libro in oggetto e di cui in Italia ne fu "colonnello britannico" Ralph Merril, alias Renato Mieli, il padre di Paolo Mieli, già attivo durante la guerra a organizzare cellule clandestine comuniste, e nel dopoguerra attorno ad ambienti della sinistra. Come Jesus J. Angleton dell’OSS americano svolse un certo ruolo negli ambiti della destra neofascista, così "Ralph Merril", già del PWB lo svolse in quelli di sinistra. Potremmo così finalmente conoscere le attività e il vero ruolo avuto al esempio da certi "comunisti antagonisti", oggi noti personaggi della politica, della cultura e della stampa, che negli anni settanta gravitavano in Potere Operaio e Lotta Continua. Ma non auguriamo ai due autori di mettere il dito anche in questi altri aspetti: finirebbero per scottarsi definitivamente.

Meglio e più tranquillo "cavalcare" il nuovo filone di indagini che è stato aperto sul ruolo di Steve Pieczenik l’uomo del dipartimento di Stato americano che dicesi pilotò i fatti per determinare l’esecuzione di Moro. Tutte cose scontate, marginali, che non possono portare a niente di nuovo rispetto a quanto già si sapeva, ma che finiranno per monopolizzare ogni nuova ricerca che non potrà portare da nessuna parte.

 

Maurizio Barozzi

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