La strage di Piazza Fontana,
il film, il libro di Sofri e l’intervista a Freda
Maurizio Barozzi
Che in questa società dello spettacolo doveva
uscire un film sulla strage di Piazza Fontana, (Tullio Giordana, "Romanzo di un
strage"), che ovviamente non dice niente di niente, c'era da aspettarselo.
Ho letto poi l'intervista, alquanto risicata, a Freda e il libro on line di
Adriano Sofri su quella strage. Cominciamo da quest'ultimo.
Sofri
All'ex dirigente di Lotta Continua dico solo che forse avrebbe fatto meglio a
tacere su una vicenda alquanto complicata come la strage di Piazza Fontana, per
la quale, mettersi a discutere sull'ipotesi della "doppia bomba", avanzata dal
giornalista Paolo Cucchiarelli, si rischia di aggiungere confusione a
confusione.
L'ex dirigente Lotta non continuista, se proprio avesse voluto dire qualcosa,
avrebbe potuto illuminarci circa certi sospetti che indicavano in Lotta Continua
un movimento alquanto funzionale alle strategie Chaos di matrice statunitense,
tanto che addirittura sembrerebbe che il giornale LC veniva stampato da una
tipografia attraverso la quale si risaliva alla CIA.
A questo proposito, il Sofri, avrebbe anche potuto darci un suo parere su come
sia stato possibile che molti dirigenti di alto rango di quel movimento, negli
anni successivi, sono poi finiti nelle sfere del potere borghese e capitalista
che tanto aborrivano.
Infine, già che c'era, poteva anche darci un suo parere sull'omicidio Calabresi,
omicidio per il quale è stato condannato, e di cui si dichiara innocente,
omicidio in cui molti, e noi tra questi, sono convinti che ben poco c'entri con
la storia di Pinelli, usata solo come false flag.
Insomma tanti fatti e avvenimenti nei quali, per esperienza personale, umana e
politica, poteva dirci qualcosa di interessante.
Freda
Veniamo ora all'intervista a Freda, una intervista che nei toni e in parte nei
contenuti ricalca una altra intervista, sempre strappata con le pinze, di non
molto tempo addietro.
In sostanza, stringando al massimo, Freda ribadisce che lui non ha nulla da dire
a questo Stato, a questa società e soprattutto ai mass media unicamente alla
ricerca di notizie da "spettacolo" e non certamente della verità. Siamo
d'accordo con lui.
A chi, inoltre, gli ricorda che recentemente la Cassazione avrebbe idealmente
indicato una sua colpevolezza nella strage di Piazza Fontana, colpevolezza che
non è stato possibile trasformare in condanna per il fatto che lui, dopo i
giudizi definitivi che lo hanno visto assolto da quella strage, non può essere
nuovamente processato, Freda ha fatto notare che riconosce solo il verdetto di
assoluzione della Cassazione e non quanto possa essere stato poi avanzato in
altre sedi per il semplice fatto che quei successivi processi, in cui non era
presente e non poteva quindi difendersi, non hanno alcuna validità. Anche in
questo, almeno dal suo punto di vista, non possiamo che concordare.
Detto questo però crediamo che tutta questa vicenda, complessa e complicata, non
sia liquidabile con qualche battuta e che anche per Freda era forse meglio che
continuasse a osservare il suo orgoglioso silenzio in proposito.
Personalmente ritengo talmente infame, ignobile ed anti italiano il gesto di
aver deposto una bomba in quella banca, uccidendo 17 persone e invalidandone
gravemente quasi un centinaio che, in mancanza di elementi certi e probanti, non
mi sento di puntare il dito contro persone che sono a suo tempo state accusate
per quelle vicende. Analogamente non voglio formulare ipotesi o peggio dare un
mio giudizio, di colpevolezza o di assoluzione su lo stesso Freda, che del resto
non conosco se non per informazioni di stampa o articoli e libri.
Se le inchieste e i processi su quella strage, che si smentivano uno con
l'altro, sono finiti in un nulla di fatto ed addirittura i parenti delle vittime
sono stati condannati a pagare le spese processuali, le responsabilità sono di
questo Stato e di questa giustizia, nonchè dei partiti politici e della stampa
nazionale, tutti incapaci o impossibilitati a scoprire la verità, ma abili a
disegnare teoremi e scenari indimostrabili con i quali ci raccontano barzellette
circa certi fantomatici Servizi infedeli o Massonerie deviate.
Devo quindi ritenere che se la giustizia borghese, incapace di trovare mandanti
ed esecutori di quella strage, non la si ritiene attendibile, ed io non la
ritengo di certo attendibile, questo dovrebbe valere in tutti i sensi, compreso
quello per cui Freda è stato assolto per Piazza Fontana e mi sembra per
insufficienza di prove.
Stante così le cose, il discorso non può che essere storico - politico e in
questo senso vorremmo comprendere un fatto, questo: Freda, se non andiamo
errati, è stato condannato in via definitiva per le bombe di quell'estate del
1969, quelle alla fiera campionaria e sui treni.
Bombe per le quali, vennero in un primo momento accusati ambienti anarchici,
compresi quelli vicini a Feltrinelli, e quindi quelle bombe, almeno
apparentemente, sembrano ricalcare quella strategia false flag che poi si ripetè
con Piazza Fontana (strage anarchica).
Se quindi Freda, a meno di un errore giudiziario, lo si deve ritenere colpevole
di quegli attentati, viene spontaneo chiedersi cosa si prefiggeva e in quale
strategia rientravano quelle bombe dell'estate del 1969 che fecero diversi
feriti, ma per fortuna nessun morto, per le quali è stato condannato?
La strategia della tensione
Uscendo dai discorsi ad personam, che in mancanza di prove lasciano il tempo che
trovano, posso dire che, a mio avviso, lo stragismo è stato una successione di
eventi, atteggiamenti politici e comportamenti umani che si sono accumulati e
sovrapposti nel tempo e per i quali non è difficile non scorgere grandi
burattinai extranazionali che li hanno a volte ispirati e a volte causati
direttamente. Altri sono poi andati avanti da soli.
Tutto questo inizia esattamente un paio di anni prima di Piazza Fontana quando
cominciano a scoppiare bombe, attribuite ad ambienti anarchici, un pò
dappertutto.
Siamo in un periodo in cui divampa la cosiddetta Contestazione, un evento
epocale e generazionale, contemporaneamente cominciano ad innescarsi forti
conflitti sociali a fronte di un capitalismo che si espande e si razionalizza e
un mondo del lavoro che chiede una più ampia ripartizione dei ricavi e un
migliore utilizzo dei mezzi di produzione.
Siamo in un periodo poi che, a causa dell'aggressione israeliana agli stati
arabi (guerra dei sei giorni) tutto il sud Europa e il mediterraneo vengono a
trovarsi in una delicatissima situazione strategica, tanto più che da non molto
la Francia di De Gaulle era uscita dai comandi militari della NATO.
Non dimentichiamo infine che, proprio in quel 1969 il governo italiano per suoi
interessi di natura energetica, sottobanco e discretamente aiutò il golpe di
Gheddafi in Libia. Golpe per il quale gli inglesi dovettero abbandonare la
cosiddetta "quarta sponda". E anche questa interferenza non era certamente stata
gradita in occidente.
Insomma, c'è n'era di quanto bastava per attivare nel nostro paese certe
tecniche di guerra non ortodossa che destabilizzassero il quadro politico e
sociale, al fine di stabilizzarlo nel senso di tenerlo ingessato nel sistema
atlantico. Insomma si doveva assolutamente evitare che in Italia si
riproducessero iniziative simili a quella di Mattei (a suo tempo, per toglierlo
di mezzo, fu addirittura necessario assassinarlo) o atteggiamenti di
equidistanza nelle relazioni internazionali, non ammesse in quel momento di
crisi geopolitica.
Un clima perdurante di violenze, instabilità sociale e crisi di governo, erano
quanto di meglio potesse desiderarsi affinchè l'Italia non trovasse un governo
forte e capace di iniziative fautrici di spinte autonome.
Questa, grosso modo, la strategia che ha scatenato o comunque incentivato le
violenze ed è sconfinata nelle bombe.
Isolare però ogni episodio di violenza, ogni bomba, ogni iniziativa per così
dire "eversiva", per capire come si era generata e magari individuarne i
mandanti, non è certamente un compito agevole, perchè è ovvio che in quegli anni
e in quel clima, si sommarono iniziative balorde ad altre spontanee, idealisti
ad illusi, provocatori e agenti sotto copertura. Insomma una serie episodi, di
cause e concause che non è oggi possibile incasellare in un teorema generale.
Personalmente, in base a vari ragionamenti politici e storici, riteniamo di
condividere le ricostruzioni di quegli avvenimenti fatte da Vincenzo Vinciguerra
(in particolare nel suo ultimo saggio "1969: Piazza Fontana ed oltre" visibile
in
http://andreacarancini.blogspot.com/2011/12/vincenzo-vinciguerra-piazza-fontana-ed.html
e in http://www.stampalibera.com/?p=37098,
oltre che nel Sito della FNCRSI fncersi.altervista.org).
Un Vinciguerra giustamente molto severo verso l'ambiente degenerato e colluso
con i Servizi del neofascismo, ma ritengo anche sia esatta la valutazione fatta
dal direttore di Rinascita Ugo Gaudenzi che nel suo articolo "Piazza Fontana La
strategia della tensione" del 22 marzo scorso, afferma:
«Le manovre inquinanti di Federico Umberto D'Amato e della sua "spalla" Mario
Tedeschi. E i manifesti "stalinisti" stampati dalla Spes democristiana e affissi
da neofascisti… L'Agenzia Oltremare, l'Assalto di Romualdi che paventa la guerra
civile, la riunione al Pollio, gli strateghi "para"militari, gli ex del SIFAR, i
nuovi del SID, le "Mani rosse sulle forze armate", l'idea ricorrente del "golpe"
risolutore… Insomma tutta la paccottiglia di seriosa counterintelligence ordita
dall'estrema destra… Certo. E, allora?
Né più né meno -con toni diversi, marxiani, naturalmente- di quello che accadeva
tra i neocomunisti con la nascita di Potere Operaio con la sua "insurrezione", i
convegni allo Stella Maris, l'emergere di Stella Rossa di Vincenzo Calò, il
guerrigliero doc Feltrinelli…
Come però afferma Vinciguerra, il 1969 non fu null'altro che "il
ventiquattresimo anno della guerra civile italiana". Esatto. Ma trasformata e
non parte di quella che "in un contesto planetario, opponeva comunismo ed
anticomunismo infiammando ed insanguinando tutti i Continenti. L'errore di
Vinciguerra è di analisi geopolitica. È quello di non aver affatto compreso che
Jalta non si toccava. Che le due sfere di influenza non erano "morbide,
elastiche", almeno in Europa. Nessuno degli allora Due Grandi poteva
destabilizzare il "contratto finale", quello del dopo Grecia (agli atlantici,
assieme all'Europa occidentale, Italia compresa) e del dopo Balcani (all'URSS).
Un unico Stato restava "indiviso", al 50%: la Jugoslavia. Ormai il gioco del
domino si svolgeva a sud del Mediterraneo: a Suez, in Israele, in Libia, in
Siria, in Iraq. In quella regione soltanto la situazione Iran era in un certo
modo "stabilizzata" con l'arretramento sovietico dalle ex neo-repubbliche
sovietiche già costituite nel nord del Paese e poi riunificate ad uno Stato
iraniano influenzato dagli anglo-americani».
Questo per dimostrare che, stante il fatto che la spartizione dell'Europa
stabilità a Jalta era perfettamente condivisa dallo stesso PCI, a nessuno
conveniva rompere definitivamente certi equilibri. Quindi certe iniziative
velleitarie, certi sogni di Golpe, o certe prospettive di uno "stato di
emergenza" con il quale instaurare una governo autoritario, esautorando il
Parlamento, erano più che altro un gioco delle parti, un rincorrersi di ricatti
e contro ricatti, un velleitarismo per illusi o da rivoluzionari da bar, non di
certo una strategia esecutiva finalizzata alla loro attuazione, anche se i
grandi burattinai giocarono proprio su queste "speranze" e velleità per manovre
i tanti burattini nelle loro mani.
E se consideriamo infine che i nostri Servizi di Intelligence, nonostante
qualunque dissidio personale o di arma, potesse dividerli o metterli in
concorrenza, erano subordinati agli alti comandi NATO, possiamo ben orizzontarci
ed avere almeno qualche punto di riferimento per capire quegli avvenimenti.
Non si dimentichi infine, come hanno accertato alcune inchieste e come ha
esplicitamente confermato l'ex capo del reparto D del SID, il numero due di quel
servizio, vale a dire Gian Adelio Maletti, l'esplosivo che poi venne utilizzato
per Piazza Fontana, ma non solo, veniva da un deposito sotto controllo americano
in Germania e arrivato in Italia venne consegnato ad ambienti di Ordine Nuovo
del Veneto nei quali vi erano molti esponenti collusi con i Servizi se non con
la stessa base Fatse NATO di Verona.
Con le sole prove indiziarie non si arriva da nessuna parte, e di eventuali
teoremi abbiamo già detto della loro negatività, ma nessuno porta gli orecchini
al naso, e comunque prima di avanzare ipotesi di colpevolezza in un senso o
nell'altro sarebbe bene essere molto disincantati e prudenti.
Maurizio
Barozzi
la NOTA di Giorgio
Vitali
Nel concordare con Maurizio,
aggiungiamo: secondo logica, nulla avrebbe dovuto accadere in
Italia, dopo una guerra civile 1944-45 e stragi di combattenti
repubblicani. Invece c'è stata una guerra civile molto più insidiosa
e pericolosa. In una recente conferenza, uno storico ha dichiarato
che nella guerra civile precedente NON ci sono stati vincitori e per
questo non si è concluso nulla. Lo scontro era latente perchè in
mancanza di un vincitore e di un "perdente" i giochi erano rimasti
sospesi. Aggiungiamo NOI che il vincitore NON può esserci stato
perchè: 1) Nello scontro fra truppe della RSI e truppe tedesche
contro USA/GB e altri contraenti, fra cui Marocchini, i vincitori
sono stati gli Alleati. I "resistenti" sono stati inventati per usi
opportuni (trattato di pace).
In realtà la presenza di un forte partito komunista,
falsamente revanchista (la resistenza tradita!! ma tradita di che???
non c'è mai stata...tuttavia i giovani non lo sapevano...) ha
falsato i rapporti politici nazionali. Infatti, il partito
togliattiano serviva per garantire rapporti SEGRETI con l'URSS per
approvvigionamenti energetici e materie prime.
Questa era la situazione reale nella quale forze non ancora
ben identificate (questo è il punto!) hanno pensato bene di
scatenare una pseudo guerra civile da tenere in piedi ancora oggi!
L'altro aspetto su cui bisogna riflettere consiste nel fatto
che le bombe NON sono karamelle e, se si escludono le bombe carta
(ma noi sappiamo di stronzi che non sapevano utilizzare nemmeno
queste), ma anche quelle uso apertura/varchi sui monti, le altre ce
le ha l'esercito, o affini.
E allora, stabilito che qualcuno ha messo le bombe... ankorkè
nei cessi dei treni, forse per far cagare meglio i viaggiatori, quel
qualcuno ci dovrebbe dire chi gli ha dato quelle bombe.
E già le castagnole fanno un gran rumore. per quanto riguarda
Sofri, ci ha già detto tutto napolibera, che ci ha anche informato
delle ragioni (anche famigliari e "isolane") che hanno indotto
qualcuno a compiere certi atti... compresa la morte prematura del
Feltrinelli.
La storia di Sofri è esemplare, come quella dei vari
Berlinguer, Manconi, Kossiga, Menconi ed altri sardegnoli.
Giorgio
Vitali |
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