giovedì 1
marzo 2012
Le "stellette" (regie) e
il Patriottismo
Rutilio
Sermonti
Riceviamo da Rutilio Sermonti una sua replica
a Franco Morini che pubblichiamo con il risalto che le compete..
Doverosamente, mi affretto a rispondere, col
cuore in mano, al camerata Morini, che, animato da encomiabile sensibilità
nazionale, mi invita nominativamente, su internet, a esprimere il mio parere di
"ex-combattente" sul suo appello a rispettare le stellette, il loro significato
e valore, a proposito dei militari che le recano sul bavero oggi. Lo ringrazio
per la stima che mi dimostra, ma spero che le righe che seguano non abbiano a
falcidiarla.
Devo premettere che respingo la qualifica di
ex-combattente, e precisamente l'"ex". Dal 1945 ad oggi, che altro ho fatto se
non continuare a combattere, e sempre per la stessa Causa, pur costretto a
servirmi di altri mezzi?
Questo, peraltro, i lettori di Rinascita lo
sanno a memoria.
Ma veniamo alle stellette. Il 10 settembre 1943,
in Grecia, dove combattevo da sottotenente contro le bande partigiane di
Panaiotis e Begnis (comuniste) e quella del col. Zervas (monarchico), appena
avuta notizia dai Tedeschi e dai civili Greci del tradimento savoia-badogliesco,
con smaccato passaggio al nemico e resa a discrezione, io svitai le due
stellette che portavo al bavero e le scagliai nella macchia. Avevo casualmente
nel portafoglio un fascetto littorio, ricordo di quando ero stato caposquadra
della Milizia, e avvitai provvisoriamente quello.
Ma il ripudio delle stellette fu presto
ufficiale da parte dell'unico Stato italiano legittimo (la RSI), che adottò i
noti gladi, ispirati dal distintivo degli Arditi. Nessuna revoca di tale ripudio
mi risulta essere stata successivamente adottata da alcun potere se non
illegittimo, fraudolento e al servizio del nemico, come quello dell'attuale
repubblica nata dalla Resistenza, che non è meno "fantoccio" e privo di
sovranità del "cobelligerante" savoiardo del 1944-45, e non comanda più neppure
le proprie Forze forse Armate, né dispone del proprio territorio.
Se quindi non posso che condividere la posizione
di kiriosomega, dove afferma che la colpa dell'attuale viscido servilismo che ci
disonora non è dei militari tenuti all'obbedienza, bensì della casta di
necrofagi che ancora banchettano con le residue carni dell'Italia, chiedo
perdono agli ottimi camerati come loro se le badogliane stellette che vediamo
ancora adornare le uniformi inglesi degli itali guerrieri non ci ispirano alcuna
riverenza.
Quanto poi alla qualifica di mercenari (anche se
edulcorata a professionisti) resta o non resta il fatto che sono tutti
volontari?
Certo, lo fanno per guadagnarsi il pane: non
davvero per dedizione alla nobile causa dei banksters e dei sionisti
sterminatori. Ma quando tale servizio implica l'uso di armi letali, contro
disperati che si battono per la vita e la libertà, qualche rischio è fatale che
lo implichi.
Ci dispiace per quei ragazzi, che ci lasciano la
salute e magari la pelle. Ma richiedere da noi il patriottico orgoglio per il
loro rischio, che con la Patria buonanima non c'entra nulla, mi sembra troppo.
Abbiamo ben altro, per cui commuoverci!
Leggete altre pagine: ce n'è
ampia scelta, per farci venire i lucciconi!
Rutilio
Sermonti
la NOTA di
Giorgio Vitali
Pubblichiamo con piacere
l'articolo di Rutilio Sermonti, relativo ad un equivoco che si
prolunga nel tempo, da troppo tempo, nella cultura italiana.
Questo equivoco non è di
oggi, cioè del DOPO 8 SETTEMBRE, ma risale alla nascita stessa
dell'Italia Nazione. Cioè al 1861 o giù di lì. È da questo periodo,
infatti, che nasce e si sviluppa l'equivoco, fortunatamente in parte
sciolto grazie (e dobbiamo dirlo!) alle rievocazioni per il 150ario
del Risorgimento. Da questo periodo inizia una grande mistificazione
ad opera di chi è stato incaricato di VELARE con una fitta rete di
"buoni sentimenti" la realtà storica.
C'è una retorica
risorgimentale che urta necessariamente contro una realtà
storicamente definita. Nulla da dire circa l'unificazione
dell'Italia Centro-settentrionale (leggi: Padania ideata dal genio
geopolitico di Napoleone, ed in preparazione dal 1805), avvenuta
tramite plebisciti che somigliano molto alla Costituente della
Repubblica Italiana dell'immediato dopoguerra.
Ma c'è tutto da
riscrivere in relazione all'accorpamento del SUD, pensato e vissuto
dal Piemonte sabaudo come una conquista. Con tutti gli addentellati
della "prestazione", che non possiamo non considerare mutuati dalla
prassi colonizzatrice dell'Inghilterra imperiale.
Questa conquista fu
vissuta dal Nord, ma solo dai piemontesi, dai veneti e dai liguri,
come un diritto di conquista, concesso secondo i criteri di
benevolenza di Sua Maestà la Dinastia Inglese, allora come oggi
sotto il controllo della finanza ebraica.
Ricordiamo che gli
italiani dell'Italia centrale (emiliano-romagnoli, umbri,
marchigiani) vissero una guerriglia al sud, protrattasi fino a fine
ottocento, come vittime, perchè utilizzati dagli ufficiali
piemontesi con lo stesso "rispetto" a dei sudisti dichiarati. Un
noto intellettuale degli anni trenta, oggi del tutto dimenticato,
Antonio Bruers, ha scritto ampiamente di queste cose documentando
come non fosse casuale la nascita del fascismo proprio nella Padania
meridionale.
Riteniamo opportuno
sottolineare questi concetti per segnalare l'aspetto retorico di una
visione unitaria del popolo italiano (l'Italia è solo culturalmente
unita...) che in realtà non c'è mai stata. La riprova ci proviene
proprio dal periodo fascista.
Nel 1919, a causa di una
(non attesa) vittoria, il popolo italiano si è ritrovato unito solo
perchè il CROGIOLO delle TRINCEE aveva fatto fondere le diverse e
divergenti provenienze regionali ed aveva corrotto i dialetti, fino
allora intraducibili anche grazie all'analfabetismo.
La guerra civile del
1919-1922, che nulla ha insegnato ai fascisti, i quali l'hanno
dovuta subire interamente nel 1943-45,ha però insegnato a NOI, che
gli italiani erano facilmente coinvolgibili in uno scontro di
carattere ideologico. Pertanto, lo sforzo unitario del fascismo,
quel tentativo di accorpare le varie anime del risorgimento: quella
rivoluzionaria soprattutto, (leggere Malaparte, Soffici, Marinetti,
Gramsci, Gentile) con quella monarchica sabauda e massonica (leggere
di Michele Terzaghi: "Fascismo e massoneria", Arktos, 2000), e
soprattutto con quella Kattolika, (i kattolici risorgimentalisti),
era destinato a frantumarsi con lo sbarco inglese (Inglese!! Perchè
era l'Inghilterra che vantava il protettorato sull'Italia anche
tramite la dinastia sabauda) ed immediato allineamento della Corona
italiana, nonchè cambiamento di rotta della politica estera
vaticana, (preoccupata innanzitutto dell'avanzamento del comunismo),
da cui la guerra civile.
Ricordiamo che la guerra
civile fu particolarmente aspra proprio in Piemonte a causa della
indefessa "fedeltà" di quelle popolazioni al loro "lu Re!".
Conseguentemente, e proprio in conseguenza della defezione di colui
che avrebbe dovuto essere il custode dell'unità nazionale, più
legato alla dinastia anglo-rothschildiana che agli italiani,
l'Italia, ridiventata per tutti questi anni un'espressione
geografica dell'imperialismo Anglo-Amerikano, non può essere
concepita come un tutt'uno nazionale, ma un "luogo" ove sopravvivono
gli italiani. Nè i suoi governanti (in conto e per conto della
Triplice USA/GB/Vaticano) possono continuare a fingere una realtà
che ha cessato di esistere dopo l'8 settembre 1943.
CI CREDANO I GONZI CHE
CONTINUANO A CREDERE NELLE PROPRIETÀ TAUMATURGICHE DEL GOVERNO
MONTI.
Di conseguenza, anche
per noi, come per Rutilio Sermonti, le stellette sono un simbolo che
fu rifiutato (con gesto plateale da Rutilio, e fece bene!) da
tantissimi italiani. ANZI! Dalla maggioranza degli italiani attivi
di allora. E basti leggere i dati statistici. (Oltre 1.000.000 coi
gladi e non più di 40.000 con le stellette, vedi gli ultimi scritti
di Gianpaolo Pansa).
Giorgio Vitali |
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