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Lettera aperta al dott. Giuseppe Calzati
presidente Istituto di storia contemporanea - Como

 

La difesa della storica versione di Audisio sull'assassinio di Mussolini fatta dall'Istituto di storia contemporanea di Como

 

Solo recentemente abbiamo avuto la registrazione di una trasmissione televisiva della emittente TV "Espansione" di Como, condotta alla fine dello scorso anno dal giornalista Emanuele Caso, con la partecipazione del Presidente dell'Istituto di Storia Contemporanea di Como "Pier Amato Perretta", dott. Giuseppe Calzati ed inerente le vicende dell'assassinio di Mussolini.
La difesa della «storica versione» di W. Audisio, fatta dal Presidente dall'Istituto che rappresenta la massima autorità per la memoria storica di quegli eventi ci ha indotto, sia pure a distanza di tempo, a scrivergli una "Lettera Aperta", qui di seguito riportata, con alcune domande, che per il loro contenuto concreto ed oggettivo, dimostrano inequivocabilmente la non attendibilità di quella "versione".
D'altronde, il regista Carlo Lizzani, pur autore di un film che tanto ha contribuito a diffondere quella vulgata nell'immaginario collettivo, ha ricordato di aver ricevuto nel 1975 una lettera di Sandro Pertini dove si affermava che non fu Walter Audisio ad uccidere il Duce.
Moderne perizie sul vestiario indosso al cadavere di Mussolini visibile in Piazzale Loreto, dimostrano che il giaccone e la camicia nera non passarono sotto le fasi di una fucilazione, evidenziando pertanto un rivestimento di un cadavere morto in orario e circostanze diverse da quelle raccontate.
Recentemente poi si è scoperto che l'atto di morte di Mussolini, conservato nella parrocchia di Sant'Abbondio a Mezzegra, è privo della firma del parroco, ed oltretutto manca quello di Claretta Petacci come se la sua morte non si fosse verificata in quella circoscrizione.
Ma questi sono solo alcuni elementi facenti parte di una serie infinita di domande, valutazioni e riscontri che, per parafrasare lo scomparso Franco Bandini, presi ad uno ad uno mostrano una evidente inverosimiglianza, spesso un grado zero di credibilità, presi tutti insieme, mettono a nudo l'impossibilità fisica che le cose siano andate come si è voluto far credere.
Ringraziando per l'attenzione porgiamo distinti saluti

Maurizio Barozzi (Roma) - Alberto Bertotto (Perugia)

 

Lettera aperta al dott. Giuseppe Calzati
presidente Istituto di storia contemporanea - Como


Roma 22 maggio 2009

Egregio signor Presidente, nella trasmissione "Trenta Denari", mandata in onda dalla TV "Espansione" di Como lo scorso anno, Lei ha voluto ancora una volta, confermare la "storica versione" di Walter Audisio.
Di conseguenza vorremmo sottoporLe alcuni quesiti.
1. Lo stivale destro di Mussolini presenta la cerniera di allacciamento (chiusura lampo) saltata all'altezza della caviglia. Questa "rottura" erroneamente interpretata come una "scucitura", venne rilevata da Walter Audisio già in casa De Maria (Walter Audisio, "In nome del Popolo italiano", Ed. Teti 1975), dall'ufficiale partigiano Orfeo Landini al caricamento dei cadaveri di Mussolini e la Petacci intorno alle 19 del 28 aprile 1945 (R. Salvadori, "Nemesi, dal 23 al 28 aprile '45", B. Gnocchi Ed. Milano, 1945), e risulta visibile in Piazzale Loreto. Non è possibile che Mussolini venne condotto a piedi da casa De Maria, fino alla macchina che attendeva nella piazzetta del Lavatoio in Bonzanigo, con uno stivale in quelle condizioni e soprattutto che nessuno abbia notato questo particolare.
2. Le ferite premortali riscontrate sul cadavere di Mussolini consentono di stabilire quanto segue: il Duce venne attinto da vivo sui due lati del corpo da 9 colpi con polidirezionalità di tiro e inclinazioni eterogenee ed è inoltre indubbia una certa distanzialità tra le ferite. Alcuni colpi presentano una ravvicinatezza di sparo, non oltre i 50 cm. di distanza dal bersaglio.
La Petacci, come si deduce dalla foto delle ferite sul petto e dalla sua pelliccia, forata alla schiena, venne certamente colpita alle spalle.
Queste osservazioni fanno ipotizzare, con ragionevole certezza, alcune dinamiche balistiche, che non si adattano assolutamente con la dinamica di fucilazione raccontata da Audisio e confermata da Lampredi e Moretti.
3. I tre diretti partecipanti a quella fucilazione hanno descritto tre diversi atteggiamenti di Mussolini di fronte alla morte:
- Audisio descrive un Duce come tremante, pavido, incapace di dire e fare alcun ché (W. Audisio, op. cit.);
- per Lampredi, invece il Duce, aprendosi il pastrano, griderebbe: «Mirate al cuore!» e, scrive il Lampredi, che di questo ne è al corrente anche Moretti che si impegna a tacerlo. (Relazione Lampredi 1972, "l'Unità", 26 gennaio 1996);
- Moretti, infine, nel 1990, dirà che lo sentì gridare con foga: «Viva l'Italia!» (G. Cavalleri, "Ombre sul lago", Ed. Piemme 1995).
Di fatto viene smentita tutta la storica versione.
4. Le foto e i filmati del vestiario indosso al cadavere di Mussolini, pur sottoposti a scansioni con moderne tecniche di alta definizione, non evidenziano fori o strappi su quello strano giaccone e neppure sulla camicia nera indosso al cadavere del Duce. Addirittura si vede un probabile alone di sparo sul braccio dx nudo, il rispettivo foro di uscita, ma nessun foro sulla manica dx del giaccone! Niente sul pettorale di destra, dove il Duce venne attinto da un altro paio di colpi e niente alla spalla sinistra, dove venne attinto da una raffica di 4 colpi. Il giaccone, pur abbottonato quasi fino al collo, è intatto e quindi Mussolini non fu ucciso con indosso quel capo di vestiario che gli fu invece messo successivamente! (Perizia equipe del professor G. Pierucci all'Istituto di Medicina Legale dell'Università di Pavia, in F. Andriola, " Mussolini: una morte da riscrivere", Storia in Rete maggio 2006).
5. È stato confermato nel corso della trasmissione citata, dal vicesindaco di Mezzegra Gianfranco Bianchi, che al tempo gli abitanti del circondario di Mezzegra e Bonzanigo vennero "zittiti". Anche l'anziano parroco di Mezzegra, don Luigi Barindelli, lo ha ricordato.
Se quindi all'epoca si cercò con evidenti minacce e intimidazioni di non far parlare la gente del posto che aveva in qualche modo assistito a quegli avvenimenti, si deve dedurre che pur c'era una diversa verità da non far emergere. Ergo la storica versione non può essere veritiera!
Nel ricordarLe che questo Istituto il 25 settembre 1995, a quel tempo "Istituto comasco per la storia del movimento di Liberazione", emise una Dichiarazione con la quale, tra l'altro, si confermava la "storica versione" nell'orario di fucilazione (le 16,10) e nel luogo (il cancello di Villa Belmonte in Giulino di Mezzegra), crediamo sia oggi opportuno, necessario e non più eludibile, che venga emessa altrettanta dichiarazione con la quale, alla luce di quanto fino ad oggi emerso, sia messa in dubbio la "storica versione".


Distinti saluti

Maurizio Barozzi (Roma) - Alberto Bertotto (Perugia)