Italia - Repubblica - Socializzazione

 

da "Cuori neri"

.... Marziani a Roma
 

Luca Telese       

 

la NOTA di Maurizio Barozzi

 

Lo stralcio del libro qui sotto riportato che rievoca una triste pagina della strategia della tensione, abbisogna di alcune puntualizzazioni.

Innanzi tutto l’articolo che metteva in burletta il presunto Golpe, ancor prima dell’esilarante film "Vogliamo i colonnelli"  di Monicelli del 1973, non era titolato "Marziani a Roma", così come riporta l’autore (chissà dove è andato a prendere il riferimento), ma bensì  "Fantasmi a Roma". Ma questo ha poca importante.

È importante invece  correggere un altra inesattezza asserita, laddove si scrive:  «Per quanto possa sembrare strano, le indagini della polizia sul tentato colpo di Stato, quelle che porteranno alla scoperta del complotto, non prendono spunto dalla velina di un informatore dei servizi segreti o dalle congetture di qualche dietrologo del movimento, ma da un racconto».

Le cose non stanno in questa maniera. Nonostante che il procedimento giudiziario in materia partì tre mesi dopo a seguito della denuncia del quotidiano "Paese Sera", il presunto "traffico" pseudo golpista che si verificò la notte del’immacolata (8 dicembre 1970) era ben a conoscenza di vari apparati dello Stato, i quali seppure ebbero un ruolo ambiguo, spesso di insabbiamento e depistaggio, non si peritarono però di relazionare immediatamente chi di competenza compresa la polizia giudiziaria, fin dai giorni successivi a quella pagliacciata. Basta leggere le varie Relazioni della Commissione Parlamentare d’inchiesta sul terrorismo in Italia nel suo Il Contesto delle Stragi - Una Cronologia 1968 – 1975, e altre documentazioni simili.

Per quanto riguarda la FNCRSI, questa già mesi prima aveva messo in avviso gli ex combattenti del fascismo repubblicano e i veri fascisti in genere, circa strane e ambigue attività politiche in atto e aveva pubblicato nel suo Bollettino di ottobre 1970, data quindi non sospetta, il seguente significativo articolo che parlava del famoso "Fronte" di Borghese, definendolo:

«…un Fronte di cartapesta, che si regge (non si sa fino a quando) a suon di ottima carta moneta. Portatore di nessuna idea, né vecchia né nuova, esso vorrebbe riesumare uomini ed ambienti logori e squalificati, nel tentativo di allestire un contraltare all'attuale classe dirigente. Siffatto coacervo di interessi, di velleitarismi e di mal sopite libidini di potere raccoglierebbe adesioni nei più disparati ambienti: da certo social-pussismo, a certi ambienti curialeschi, al solito comandante, ai residui circoli monarchici, al MSI ed alle sue organizzazioni parallele, alle varie avanguardie, gli ordini nuovi, le vere italie, certi militari a riposo, una certa loggia; sarebbe nelle grazie di non poche cosche mafiose e della destra DC» e rispetto agli intenti che questo Fronte Nazionale si prefiggeva la FNCRSI sarà estremamente chiara e spietata, affermando: «… L'iniziativa -che non può ovviamente avere nulla a che fare con il Fascismo- ha galvanizzato numerosi ex-fascisti da tempo abbandonati a se stessi in quanto ormai idealmente logori e sfiduciati e pronti quindi ad abbracciare l'ignobile professione dei lazzari. Sarà certamente l'ultima loro lazzaronata; l'iniziativa infatti è destinata ad abortire per intrinseca incapacità politica degli eterogenei ispiratori e propugnatori. Ove però, per una eccezionale quanto improbabile concomitanza di interessi interni ed esterni, il "Fronte" riuscisse a dare qualche frutto, questo risulterebbe più antifascista del sistema attuale. Starsene lontani quindi, oltre che ad una imprescindibile opportunità politica, risponderebbe ad un preciso imperativo morale».

La FNCRSI quindi assolse, fin da subito, il suo doveroso compito di orientare i fascisti e di metterli in guardia da ogni eventuale "lazzaronata".

Quell’articolo "Fantasmi a Roma", del gennaio 1971 poi, non fu altro che una messa in prosa di varie barzellette e burlette che giravano nei bar cittadini probabilmente a seguito di "qualcosa" che pur era accaduto la notte dell’8 dicembre precedente.

Se lo si fosse saputo, molto più spietatamente avrebbe potuto esprimersi la FNCRSI. Basterebbe, per esempio, che si fosse conosciuto quanto ha confidato il generale Gianadelio Maletti, numero due del SID, recentemente riportato nel libro di Seresini, Palma e Scandagliato: "Piazza Fontana Noi sapevamo. Le verità del generale Maletti", Aliberti 2010, dove il generale oltre a riferire, tra l’altro, che Ordine Nuovo era controllato dal SID, a precisa domanda ha risposto: «D. "E chi c’era dietro il golpe Borghese?"  R. "Gli americani, senza dubbio, sapevano tutto. Seguivano gli sviluppi dell’azione ora per ora, passo per passo"».

Ma ancor più nella stessa intervista riportata in questo libro, il generale Maletti riferisce un esilarante aneddoto che si sarebbe verificato quella golpistica notte. Dice Maletti che un gruppetto di "golpisti" si recarono a casa del capo della Polizia per arrestarlo. Entrarono nel palazzo e si ficcarono nell’ascensore. Non avendo però letto la targhetta che indicava il carico massimo di portata per l’ascensore, il gruppetto rimase bloccato nello stesso per tutta la notte. Un aneddoto che se lo avesse conosciuto Monicelli lo avrebbe sicuramente inserito nel suo film "Vogliamo i colonnelli".

 

Maurizio Barozzi

   

(...)
Per quanto possa sembrare strano, le indagini della polizia sul tentato colpo di Stato, quelle che porteranno alla scoperta del complotto, non prendono spunto dalla velina di un informatore dei servizi segreti o dalle congetture di qualche dietrologo del movimento, ma da un racconto. E che racconto: si intitola "Marziani a Roma", l'autore ovviamente è ignoto. È scritto alla maniera di Ennio Flaiano, e appare nel gennaio 1971 sull'ultima rivista in cui uno si immaginerebbe di trovare tracce di esercitazioni letterarie. Una pubblicazione per «addetti ai lavori» a partire dalla sua testata, tecnicamente impronunciabile: si tratta di FncRsi, il quindicinale "di informazione e formazione politica" degli ex combattenti della Repubblica Sociale. "Marziani a Roma" è un racconto in codice, un messaggio in bottiglia di cui si può intuire il mittente, ma non il movente. È strano, sarcastico, feroce, con un protagonista che ha un nome rubato alla "Certosa di Parma" di monsieur Stendhal: Fabrizio Del Dongo.
Per chi -come la maggior parte degli italiani- in quei giorni del 1971 ancora non sa cosa sia accaduto nella notte dell'Immacolata, quelle tre paginette non dicono nulla più della finzione narrativa. Ma per tutti coloro che invece sanno è un messaggio chiarissimo. Insieme all'odissea grottesca di Fabrizio Del Dongo, detto «Moccio», infatti, si racconta anche quella dei congiurati che si sono raccolti nel tentato golpe del generale Borghese (ferocemente irriso e perfettamente riconoscibile sotto l'appellativo di «Capo»). L'ironia comincia fin dalla descrizione dei preparativi: «corrieri segreti», «eroici furori», proclami roboanti, «spiriti destati dal richiamo di un epico futuro».

La lama affonda quando si prende a narrare l'impresa militare:

«Quella sera era scattata l'ora X: il Capo li aveva divisi per squadre. Aveva rivolto poche parole incitandoli alla lotta, li aveva rincuorati assicurando un successo matematico. [...] Poi erano state distribuite le armi. A lui era stata data una cerbottana, ma Bartolomeo Colleoni, detto Coglia nel variopinto e attivissimo ambiente della città universitaria, si pavoneggiava con una fiammante e nuovissima fionda. Gli altri erano armati di forconi e li brandivano come avevano visto nel televisivo "Cinque giornate"».

La parte più interessante, ovviamente, è quella sull'epilogo dell'impresa. Vale la pena di riprodurla in integrale.
"Marziani a Roma" (anonimo), FncRsi, n. 1, gennaio 1971:

«Lo stanzone in cui si ritrovarono sapeva di fumo e di vapore acqueo. Erano circa la metà di quanti fossero tre ore prima, e ciò era scontato in partenza. Da quel calderone uscivano frammenti di bestemmie, offese varie e imprecazioni. Voci grevi ululavano che si erano rotti i testicoli di aspettare e volevano andarsene a letto. Finalmente arrivò il Capo. Si fece silenzio. Il Capo disse brevemente che il colpo di Stato non si poteva fare per sopraggiunte complicazioni, che veniva rimandato ad una stagione migliore. Finì dicendosi fiducioso degli immancabili destini, e salutò commosso i suoi fedeli. La sua partenza fu salutata da un imponente, fragoroso entusiastico coro di pernacchie».

Chiunque fosse, l'anonimo letterato repubblichino non doveva essere un grande estimatore di Borghese.
(...)

Luca Telese     

 

dal libro" Cuori neri"

di Luca Telese

Cap. 4

Il principe, l'operaio e il delitto fantasma

Emanuele Zilli, Pavia 5 novembre 1973

(pag 133-135)

 

Per leggere l'articolo "integrale" della FNCRSI su questo sito,

andare in "Periodici", "FNCRSI Bollettino" e selezionare il numero del Gennaio 1971

       

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