Italia - Repubblica - Socializzazione

 

Missione impossibile: riformare la Costituzione d'Italia

 

Guglielmo Maria Lolli-Ghetti - Giorgio Vitali
 


Mentre l’intera popolazione italiana sta prendendo drammaticamente atto proprio in questi mesi del progressivo distacco della Classe Politica, nell’insieme di Classe Dirigente, dalla realtà della Nazione, la percezione diffusa della CRISI del Sistema Italia si fa sempre più drammatica a causa della consapevolezza di una sostanziale impotenza nel prendere in mano la situazione da parte di cittadini responsabili e preoccupati per il futuro del nostro paese.
È vero: la realtà sovranazionale e geopolitica è complessa ed i limiti imposti dall’esterno ai comportamenti dei governi nazionali sono sempre più restrittivi, ma è stata una costante di tutto il XX secolo l’interferenza di normative internazionali nella vita interna di tutti gli Stati del mondo. Tuttavia, proprio perché il nostro paese è dissonante con la realtà che ci circonda, cioè tutti gli altri paesi membri dell’UE, tanto da meritarsi interventi punitivi da parte degli Organi Centrali dell’Unione, per inadempienze di vario genere spesso impensabili, e sempre d’alta gravità, noi pensiamo che un serio tentativo riformista accompagnato da un sostanziale ricambio della dirigenza politica può essere proponibile. Oggi finalmente alcuni intellettuali si sono accorti che di fronte alla straordinaria instabilità geopolitica corrisponde da noi una mortifera paralisi sociale.
Spesso, in momenti inattesi, e a dispetto dello sconforto e della rassegnazione, anche una piccola scintilla può provocare quell’ondata d’entusiasmo e d’euforia che rende possibile la trasformazione. Specie in un paese come il nostro nel quale le modificazioni della società civile hanno, fin dal Medioevo, sempre precorso i tempi che solo in un secondo periodo altre Nazioni hanno sistematizzato ideologicamente e politicamente. In questo momento, in particolare, la società civile ha subito delle modificazioni che la Classe Dirigente Politica non può interpretare perché il sistema di selezione di coloro che dovrebbero gestire il potere interpretando queste modificazioni, continua ad esporre alla ribalta personaggi privi anche per deformazione ideologica della cultura necessaria per afferrare il significato del cambiamento.
La riforma costituzionale potrebbe essere un’arma nelle mani dei cittadini, a patto che questi la facciano propria, come hanno dimostrato le rivoluzioni americane e quella francese. Se lasciano questa possibilità alla classe dirigente il destino è segnato. Perché è una costante di tutte le classi dirigenti fare in modo di perpetuare se stesse. Questa situazione in Italia è già molto evidente negli apparati sociali ed in quelli politici, dove vige il familismo più offensivo e contro il quale anche i cittadini più attivi e le associazioni nulla hanno potuto. Si pensi al settore politico dove il seggio parlamentare o la carica locale di prestigio o la cattedra universitaria sono ceduti al famigliare di turno. Abbiamo così una "casta" di 180.000 eletti mantenuti dal popolo e 200.000 funzionari e dirigenti pubblici. Per quanto riguarda le Università il sistema d’inamovibilità familiare garantisce il potere clientelare e baronale a persone del tutto impreparate e per questo arroganti, mentre i nostri migliori cervelli accademici sono costretti ad espatriare., una prima manifestazione di questo problema consiste nei 15.000 medici citati in giudizio ogni anno. Va peraltro rilevato che fin dal primo ottocento uno scienziato inglese, William Whewell aveva elaborato una visione epistemologica che noi condividiamo secondo la quale lo stimolo all’evoluzione del progresso scientifico è fornito sia da teorie corrette che da ipotesi sbagliate. L’importante è raggiungere, aggiungiamo noi, una massa critica capace di elaborare il maggior numero di congetture possibili. La conclusione è che in una recente ricerca dedicata al lavoro, ben l’80% dei giovani ha risposto che per ottenere il lavoro è necessaria la raccomandazione il ché significa, in soldoni, la morte di un’intera società con i giovani rassegnati in partenza ad una vita di sottomissione verso persone che disprezzano e di compromessi, anche perché di questi giovani solo il 3% ha stima degli uomini politici. Ma attenzione a non cadere in errore: tutto ciò costituisce un sistema di potere che la classe dirigente utilizza coscientemente per rimanere a galla. Si tratta del sistema di potere più infame, perché si basa sull’immobilismo sociale in una realtà mondiale che invece si muove a grande velocità creando problemi sempre più complessi. Basti pensare a quello dell’approvvigionamento energetico o a quello dell’invasione dal sud.

Le Costituzioni
Secondo Edmund Burke le Costituzioni non si creano nei salotti illuministici ma sono il risultato della storia, delle guerre, delle circostanze. In poche parole, della vita dei popoli e delle comunità. È quindi chiaro che ogni popolo costruisce le impalcature della vita civile secondo specifiche inclinazioni.
In altri tempi ed in altri paesi le costituzioni hanno saputo interpretare le trasformazioni e sono state esse stesse il veicolo del cambiamento. Il popolo italiano nell’insieme è sempre stato refrattario alle costituzioni, come dimostrato anche nelle consultazioni più recenti nonché nella recentissima raccolta delle firme per il referendum di riforma istituzionale che è avvenuta nella più totale assenza d’entusiasmo e si è conclusa positivamente per i promotori soltanto grazie alla pressione delle organizzazioni di partito ed al residuo di patriottismo partitocratico (definizione coniata da Croce!). La Francia, senza dubbio il paese che ha conosciuto il più gran numero di costituzioni dal 1789 ad oggi ne ha conosciute quindici. In media una ogni dodici anni! Ma anche la Spagna, di recente e senza grandi strepiti, ha dato vita ad una nuova costituzione democratica attraverso un lento ed indolore scivolamento dal regime franchista alla monarchia democratica.
In Italia l’idea di costituzione è stata importata dalle armate di Napoleone il quale, nella tradizione dei grandi italiani della Storia, ha lasciato un imprinting giuridico al quale tutt’oggi sono costretti ad attenersi gli Stati moderni perché il sistema dei diritti dettagliatamente enunciati dalle normative napoleoniche è intrinsecamente ed inscindibilmente collegato e quindi anche aspetti giuridici particolari nati dai problemi sollevati dal progresso tecnologico ed espressi ad esempio nelle tematiche esposte dalla Bioetica, trovano riscontro nel lascito imperiale, che ripristina l'autorità dello Stato in diretto collegamento col diritto romano. Attraverso i principi fondamentali del diritto napoleonico, avviene la trasposizione dell’uomo nel Cittadino ed il Cittadino nello Stato. Ma questo passaggio può avvenire solo attraverso l’ etica, che diventa un’etica civile, come già nel settecento aveva intuito Kant. Viene in questo modo elaborata un’etica civile, sottratta al condizionamento clericale; i comportamenti ed i rapporti reciproci non sono più giudicati alla sola luce dei dettami religiosi, e proprio questa visione "classica" della socialità costituirà il presupposto dell’ideologia della rivoluzione nazionale elaborata da Mazzini, che pone l’accento sui "doveri dell’uomo".
La storia d’Italia dell’ottocento può essere vista anche come una sequenza di tentativi costituzionali. Abbiamo così nel 1802 la ratifica da parte di Napoleone stesso della costituzione della Repubblica Italiana, la proclamazione della costituzione spagnola e siciliana del 1812 (ratificata in Spagna nel 1820) ad Avellino nel 1820, giurata solennemente da Fernando I a Napoli il 13 luglio 1820 ed imitato da Carlo Alberto a Torino il 15 marzo 1821.Il 4 marzo 1848 è emanato lo Statuto Albertino, il 14 dello stesso mese Pio IX concede la costituzione nello Stato pontificio, il 9 febbraio 1849 è proclamata, dall’Assemblea costituente, la Repubblica Romana e la relativa costituzione è votata, dopo eroica resistenza che ha visto la morte del fior fiore della gioventù nazionale, il 1 luglio, mentre i soldati francesi stanno espugnando possesso della città. Dopo queste manifestazioni di creatività e libertà politica, pagate sempre con il sangue, il moto risorgimentale è egemonizzato dal Regno di Sardegna e lo Statuto Albertino non subirà eccessive modificazioni nonostante l’istituzione di commissioni di studio succedutesi lungo il novecento, fino alla fine del secondo conflitto mondiale anche perché le due costituzioni alternative preparate per la Repubblica Sociale Italiana dai costituzionalisti Biggini e Rolandi Ricci non saranno poste ai voti nel difficile periodo 1943-45. Il 22 dicembre 1947 l’Assemblea Costituente approva il testo della costituzione repubblicana con 453 voti favorevoli e 62 contrari dopo 170 sedute di discussione. Il 27 dicembre essa è firmata dal capo provvisorio dello Stato, Enrico De Nicola, che assumerà il titolo di presidente della Repubblica, da Umberto Terracini, presidente dell’Assemblea e dal capo del governo, Alcide De Gasperi. Il 28 dello stesso mese, come per sancire la fine di un’epoca, muore l’ex re d’Italia, Vittorio Emanuele III nel suo esilio in Egitto. Si conclude così una lunga storia attraverso la realizzazione, sia pure in parte, del sogno dei primi martiri della rivoluzione italiana, elaborato nel 1840 dagli eroici e sfortunati baroni Attilio ed Emilio Bandiera: < Italia indipendente, libera, unita, democraticamente costituita in repubblica e con Roma capitale>. Una marcia drammaticamente lenta, costellata da tanti atti d’eroismo, durata centosette anni che ci dimostra la pigrizia con cui la maggioranza della popolazione italica assorbe l’innovazione, ma anche la determinazione che ha sempre animato le minoranze attive ed anticipatrici, fin dai tempi dei Comuni, delle Repubbliche marinare e degli Stati rinascimentali. La Corte Costituzionale, però, nasce solo nel 1956, dieci anni dopo, ed il 23 aprile dello stesso anno tiene la sua prima seduta avviando il processo di revisione, a tutt’oggi ancora in corso, della precedente legislazione; nel 1957 nasce Il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, che dovrebbe rappresentare il punto d’incontro degli interessi economici e del lavoro, una fotocopia della precedente Assemblea Corporativa, ma che non ha mai funzionato, almeno fino ad oggi; nel 1958 si costituisce Il Consiglio Superiore della Magistratura, l’organo d’autogoverno dei giudici. Quanto a rapidità d’attuazione dei principi elaborati nella Costituente, non c’è male!

Incostituzionalità della Costituzione
Volendo agire contro la costituzione vigente, si potrebbero trovare molte ragioni per farla dichiarare, possibilmente dalla Corte Costituzionale, "ufficialmente incostituzionale". Oltre alla ben nota, per le polemiche che ha sollevato nel tempo e fino ad oggi, questione dei brogli legati al referendum istituzionale, al fatto che, un’altissima fetta dei concittadini non ebbe la possibilità di votare a causa delle contingenze post belliche, ed all’indubbiamente illegittimo Decreto Legge Luogotenenziale 25 giugno 1944, n.151, concernente l’elezione di un’assemblea per la nuova costituzione dello Stato, basato sull’articolo 18 della Legge 19 gennaio 1939 n. 129, all’epoca ancora vigente, che vietava di provvedere con Decreto Reale per i disegni di legge di carattere costituzionale. Non scriviamo queste cose per spirito polemico ma, tenendo conto della farraginosità, puntigliosità ed inutile bizantinismo delle sentenze cui siamo purtroppo abituati, l’argomento non sarebbe di second’ordine nel caso in cui le solite forze di "resistenza passiva" interferissero contro tentativi di modernizzazione (e di moralizzazione) della nostra società.
Qui è necessario ricordare il monito d’Aristotele secondo il quale la politica non può essere delegata. L’uomo, al di fuori della politica, è un non-uomo. Non può essere un cittadino vero. Pertanto, per risalire dallo stato di decadenza contemporanea ad una nuova forma di convivenza civile attraverso una riforma costituzionale, dall’immobilismo patologico all’azione riformatrice, possiamo assumere la storia delle costituzioni preunitarie come storia della costituzione della nazione italiana.

La crisi attuale
Secondo Bobbio, nel tentativo di giustificare storicamente una crisi in prevalenza morale, vale a dire coinvolgente l’intera società nazionale, l’inapplicabilità della prima Costituzione di questa repubblica risiederebbe nel compromesso prammatico tra le diverse forze politiche ormai in concorrenza tra loro. Questa scusante può trovare la sua giustificazione nel fatto che le forze politiche che discussero e crearono alla Costituzione erano espressione d’ideologie antitetiche ed antagoniste, e nella sostanza delegarono al parlamento tutte le modalità d’applicazione, compresa la scelta del tipo di governo e della modalità elettorale, che, infatti, è stata modificata più di una volta, ma sempre nel senso di consolidamento delle forze politiche e della certezza di rielezione degli uomini che le rappresentavano. Ne è stata la naturale conseguenza una sostanziale inapplicabilità della costituzione nei suoi articoli essenziali. Anzi, le poche leggi varate per l’attuazione degli articoli costituzionali sono state nella sostanza inapplicate com’è visibilmente accaduto per Servizio Sanitario Nazionale, votato nel 1978 con la legge istitutiva, la 833. Di questa mancata applicazione stiamo subendo a tutt’ oggi le conseguenze., come può essere facilmente costatato dalla tralasciata attuazione del trinomio: prevenzione, cura, riabilitazione, di cui ad oggi ci si è premurati di attuare solo la cura perché più remunerativa per l’intero sistema. In particolare, è un punto cardine della Costituzione vigente l’affermazione che titolare della sovranità è il popolo, e quindi che è il cittadino, in quanto tale, ad essere sovrano. La realtà italiana ci dice invece che il cittadino italiano non è mai stato aiutato ad esercitare questa sovranità, mentre il potere reale è sempre stato saldamente in poche mani e le sporadiche manifestazioni spesso cruente di ribellione si è dimostrato essere state tenute sotto un oculato controllo e gestite con abile strategia come naturali valvole di sfogo.
Gettare uno sguardo ai dati relativi alla corruzione-concussione e soppesare l’indice di percezione della corruzione elaborato da Transparency International che peraltro pubblica solo dati certificati, significa rendersi conto che in Italia dal 2001, data che segna la fine di " mani pulite", la situazione non è di certo migliorata, ma è peggiorata.
Anche i sei indicatori della Banca Mondiale ci condannano. E, fatto ancor più grave, dal 1998 questi dati si sono ulteriormente deteriorati.
Il primo indicatore misura il grado di libertà civili e diritti politici e l’effettiva influenza della popolazione nell’elezione dei dirigenti politici; misura, inoltre, il livello d’indipendenza del sistema mediatico da pressioni politiche.
Il secondo misura la probabilità che il governo in carica sia destituito attraverso mezzi incostituzionali o violenti.
Il terzo misura la qualità dei servizi pubblici, la credibilità del governo riguardo alle misure da realizzare, la qualità dell’apparato burocratico e l’indipendenza dei funzionari pubblici dalle pressioni politiche.
Il quarto misura quanto le politiche implementate siano market-friendly.
Il quinto misura la fiducia dei cittadini nella capacità delle amministrazioni pubbliche di applicare le leggi dello Stato.
Il sesto infine misura la capacità del sistema politico, legale, e giudiziario di prevenire e combattere fenomeni di corruzione.
Quest’elenco, richiamando l’attenzione sulla serie di problemi che coinvolgono qualsiasi società civile, è più che sufficiente per far capire a ciascun lettore, sulla sola base delle proprie conoscenze di fatti di cronaca, quanto sia pesante il declino del nostro paese. Tuttavia il quadro non è ancora completo, se si pensa che una delle truffe più pesanti nei confronti dei cittadini consiste nel varare leggi di garanzia ben sapendo che non saranno mai applicate. Ad esempio, e proprio riguardo allo scandalo degli incendi che hanno di recente devastato il nostro paese (le aree incendiate quest’estate sono il doppio di quelle del 2006), esiste una legge che vieta di costruire nelle zone bruciate, ma i comuni interessati non hanno mai istituito il registro di queste zone e da parte governativa nulla finora si è fatto per incentivare l’applicazione di questa norma ormai già molto vecchia. La scusante sottintesa di questa criminale trascuratezza è il rischio di apparire un’autorità cieca e repressiva. La legge in questione è la ben articolata legge 1 marzo 1975, n. 47: Norme integrative per la difesa dei boschi dagli incendi, peraltro depenalizzata con la nota legge sulla depenalizzazione del 1981, evidentemente elaborata nell’interesse dell’abusivismo edilizio, molto forte presso il potere politico.
Affermavamo che gli italiani sono refrattari al voto referendario, ma ne hanno ragione. Da una parte, infatti, per gli avvenimenti importanti non sono interpellati, com’è accaduto per i referendum che in altri paesi del continente hanno bocciato la proposta di costituzione dell’Unione o per quello relativo all’accettazione della moneta comune, per la quale si è apertamente commessa una truffa di dimensioni colossali fissando un cambio lira/euro non solo falso ma esclusivamente a danno degli italiani, mentre dall’altra si sono disattesi con espedienti di vario genere i risultati dei referendum quando questi avrebbero danneggiato il Sistema, com’è accaduto coi referendum che abolivano alcuni ministeri o ridimensionavano il potere dei sindacati di Regime o dei magistrati.
Del tutto offensivo poi il metodo utilizzato dal parlamento per le riforme del sistema elettorale. Tanto offensivo da assegnare a questi aborti istituzionali nomi appropriati, come Mattarellum o, peggio, Porcellum, come chiamato dal suo onesto inventore: Calderoli.
Per riassumere la vita politica del nostro paese, per chi non lo sapesse, si è dipanata fra questi avvenimenti: 50 crisi di governo in 50 anni, che vuol dire quattro anni e mezzo senza un governo nella pienezza dei poteri.
46 partiti rappresentati in parlamento, fra cui "Associazione Labour", "Dignità parlamentare", "At6 - Lega d’azione meridionale" e tanti altri. 50.000 leggi, delle quali almeno 37.000 in vigore, fra le quali molte mai attuate, di recepimento di direttive europee, contro le 10.000 della Francia e le 9.000 della Germania. Una situazione del tutto contraria ai principi dettati da Mazzini, impropriamente considerato uno dei "padri" di questa repubblica, secondo il quale il "buongoverno" deve basarsi su poche leggi ma severamente applicate.
Per quanto riguarda la Costituzione, l’argomento di nostro interesse, tratta di ben 687 progetti di revisione costituzionale fino al 1993, quando cominciò il balletto delle Bicamerali. Risultato: sette progetti approvati, 680 riforme e tre Bicamerali fallite.

Cosa cambiare?
Due sono gli aspetti salienti della questione: gli articoli ancora significativi ma che non sono stati attuati o lo sono stati solo in parte e male. Un esempio per tutti, l’articolo 81, fortemente voluto da Einaudi, secondo cui: " Con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese. Ogni altra legge che importi nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte". Gli articoli da cambiare definitivamente perché obsoleti.
È evidente che su tutto l’impianto della costituzione dovrebbe essere impostato, prima ancora della discussione politica, una riflessione interdisciplinare nella quale si dovrebbero confrontare per un congruo lasso di tempo, scienziati (storici, antropologi, biologi, ambientalisti, urbanisti, sociologi, giuristi, etc.), ma anche filosofi e teologi, per l’elaborazione e identificazione di percorsi argomentativi e processi culturali idonei alla creazione di un quadro complessivo dentro il quale l’elaborazione di una nuova costituzione si presenti con elementi di modernità ma anche d’intima coerenza.
Ma ciò detto, resta pur sempre l’urgenza di reperire un punto di partenza per affrontare alcuni problemi che si presentano come "emergenza", ed è superfluo aggiungere che per affrontare tali problemi occorrono di sicuro volontà, energia e soprattutto un senso nuovo di responsabilità sociale; di conseguenza occorre una mobilitazione civile non facile in un’epoca di diffusa sfiducia e disaffezione, anzi, di diffusa rivalsa da parte dei cittadini nei confronti del potere politico. Si calcola, tanto per fare una valutazione economica di quest’aspetto, che il fisco perda ogni anno 270 miliardi e forse più d’euro d’entrate tributarie, che non possono essere spiegate citando il solo egoismo individualistico proprio dei nostri concittadini. E di ragioni per tale comportamento se ne trovano a josa se si pensa all’impatto su ogni cittadino della presenza ossessiva di 574.215 auto blu, quando erano 198.596 solo tre anni fa, col suo apparato d’autisti, meccanici, garages, depositi, assicuratori e quant’altro, (tutte spese superflue), che dimostra chiaramente una concezione asiatica (ma di un’Asia preislamica) del potere, ma accompagnata sistematicamente al tradizionale "pianto" per un’eterna mancanza di soldi. Senza contare che ci troviamo ancora immersi nella vecchia regola, che risale ai primordi della storia, consistente nel’ aumentare il gettito con ipertassazione che provoca sempre più spese per il semplice meccanismo che è scatenato secondo il quale le burocrazie e le clientele parassitarie esigono più fondi e li ottengono proprio perché sono vicine al potere reale. La reazione all’andazzo, che è giunto proprio in questi mesi all’esibizione mediatica degli aspetti più degeneri della corruzione, che apparentemente risulta economicamente vincente, non può che basarsi sulla capacità di rilanciare "idee forti" capaci di suscitare una "Rivolta ideale" già auspicata da Alfredo Oriani. La proposta non dovrebbe considerata anacronistica se un recente sondaggio Eurisko c’informa che l’84% degli italiani intervistati è in attesa dell’ "uomo forte" in grado di innervare una democrazia ormai decrepita.

Fondata sul lavoro?
Il primo articolo della costituzione stabilisce, giustamente, che la nostra repubblica è fondata sul lavoro. Questo "fondamento" è dovuto non solo alla provenienza culturale dei costituenti, ma da una realtà politica e sociale precedente che si è sempre basata sulla valorizzazione del lavoro perché manifestazione prioritaria dell’umano agire. Tant’è vero che a tutt’oggi, la maggioranza degli italiani lavora o aspira ad un lavoro. Tuttavia, il potere d’imposizione, contro la reale configurazione sociale, oggi non risiede più nei creatori di ricchezza reale, i lavoratori ai diversi livelli della produzione, ma alle forze della finanza nazionale ed internazionale le quali, manipolando i prodotti finanziari, quindi del tutto parassitari, hanno in mano potenzialità economiche tali da corrompere e di soggiogare la casta politica, che ignora le concrete esigenze del lavoro e sforna leggi contro i creatori di ricchezza reale. È evidente che si tratta di un’organizzazione del potere del tutto antistorica e che va al più presto corretta, anche perché le delittuose incongruenze di questa situazione sono sotto gli occhi di chiunque. Di recente, un’associazione di consumatori ha diramato la notizia che la crisi finanziaria innescata negli USA e basata sulla bolla dei mutui edilizi costerà ad ogni famiglia italiana la cifra di 260 euro. Alcuni esempi non guastano: gli infortuni sul lavoro, che ci danno quattro morti il giorno ed un’infinità di feriti e lesionati in circa un milione d’incidenti, con oltre 25.000 patologie legate all’attività produttiva, non avvengono per caso come sembrano pensare le cosiddette Autorità che in ogni infausta ricorrenza lanciano anatemi, ma sono dovuti alla mancata applicazione delle normative sulla sicurezza emanate dall’Unione Europea e dal nostro paese recepite. La non applicazione è strettamente legata alla mancata sorveglianza da parte degli Enti pubblici preposti, (si dice sempre che mancano gli organici), ed alla propensione della magistratura ad archiviare quanto potrebbe danneggiare attività fiorenti come, ad esempio, quelle sempre ai limiti della legalità delle imprese edilizie. Ci si chiede ormai troppo spesso la ragione per cui a fronte di una pletora di dipendenti pubblici per lo più parassitari, gli organici degli enti di controllo siano sempre carenti e sotto al numero minimo. La politica italiana ignora l’evoluzione culturale che ha caratterizzato il mondo del lavoro. Anzi cerca di arrestarla e la combatte. Coinvolgendo pesantemente anche la scuola. Pertanto, ci troviamo a dover considerare i due aspetti sostanzialmente uniti ed il deficit dell’una si riverbera di necessità sull’altro. È indubbio che il presente è caratterizzato da superamento delle vecchie forme di lavoro manuale, sulle quali era stata costruita l’ideologia comunista. Tuttavia, una classe politica dotata di basso livello culturale non riesce a percepire il cambiamento e penalizza, ad esempio, le professioni intellettuali, tanto svolte liberamente quanto in veste di dipendenti pubblici o privati (Quadri). Secondo un principio egualitaristico ottocentesco, lungi dal pretendere ed organizzare la competenza responsabile dei possessori del patrimonio intellettuale della nazione (lavoratori della conoscenza), se ne svilisce il ruolo e la funzione attraverso l’imposizione di normative nella formulazione delle quali è facile intravedere le forme più rudimentali degli interessi bancari... Siamo arrivati al punto che alcuni periodici stanno gettando l’allarme sul rischio analfabetismo degli italiani. Secondo la prof. Vittoria Gallina, di Roma Tre, ricercatrice dell’Istituto nazionale per la valutazione del Sistema Educativo (Invalsi), reduce da un’indagine dell’OCSE, gran parte della nostra popolazione è priva delle competenze funzionali indispensabili per la vita d’ogni giorno, come leggere una tabella d’orari, completare un formulario, fare calcoli elementari. Ciò significa che, nell’epoca nella quale una larga fetta di popolazione dovrebbe saper utilizzare il computer ed Internet, una buona maggioranza di italiani non è in condizione di leggere l’orario dei treni. Secondo la UNLA (Unione nazionale per la lotta all’analfabetismo), 1,3 milioni di romani (su tre milioni) sono a rischio alfabetico, vale a dire privi degli strumenti minimi per orientarsi in una società evoluta, ciò significa che per anni non hanno letto né un giornale né un libro, fino a perdere la capacità di comprendere un testo scritto (analfabetismo di ritorno). Ai test dell’OCSE sui quindicenni scolarizzati gli studenti italiani si sono piazzati al 20mo posto su 27 nelle prove di lettura e comprensione e nei test di matematica. Su quest’indotta e sostanziale incapacità d’elaborazione sul piano concettuale, si è innestata anche uno vero e proprio tsunami prodotto dall’urto dei gerghi tecnici (soprattutto inglesi), parole usate ma non comprese nel loro significato, i Media, la pubblicità, la telematica, la politica, la burocrazia, il mondo digitale, come ha analizzato Giuseppe Antonelli: l’italiano nella società della comunicazione, il Mulino, 2007. Ma l’ignoranza del singolo non riguarda soltanto lui, perché questi buchi neri costituiscono tanti intoppi nella vita civile di tutti i giorni, com’è facilmente comprensibile. Ci troviamo a viaggiare in una strada "alla romana"; cioè piena di buche che causano ritardi alla circolazione ed incidenti anche molto gravi. La faccenda è gravissima, le responsabilità della casta politica enormi, se si pensa che l’italiano medio ha una potenzialità intellettiva e creatrice che tutto il mondo ci invidia, ma per essere competitivi a livello internazionale occorre far partire l’inventività da una base culturale già molto alta, come sostiene da qualche tempo Roberto Vacca, altrimenti il genio deve passare buona parte del suo tempo per apprendere da solo ciò che gli altri apprendono a scuola. Buona parte dell’attività lavorativa si svolge nelle società occidentali in conformità a specifiche competenze, che dovrebbero arricchirsi d’anno in anno, visti i progressi delle scienze e delle tecnologie, mentre i lavori manuali sono sempre di più riservati a manodopera proveniente dal terzo mondo. Si pensi che ogni dieci anni in campo biologico e medico le conoscenze si rivoluzionano a 360 gradi. Tuttavia, la preoccupazione sull’effettiva preparazione di chi opera ai diversi livelli della vita sociale, non sfiora i responsabili politici. L’Italia è il paese più arretrato nel mondo occidentale per quanto riguarda l’organizzazione dell’aggiornamento; anzi, le nostre Regioni sono state pesantemente penalizzate dall’Unione Europea per aver chiesto finanziamenti di corsi mai organizzati, mentre quasi tutti i corsi universitari sono stati riorganizzati "al ribasso", con la riduzione delle ore di lezione al numero minimo indispensabile. Ne consegue che stiamo assistendo ad un proliferare di corsi universitari per la creazione di figure professionali tecniche, dotate di una bassa infarinatura di nozioni, sicuramente più deficitarie di quelle che a suo tempo impartivano gli Istituti tecnici, con la conseguenza di degradare il ruolo che è sempre appartenuto alle Università: quello di formare classi dirigenti capaci di prevedere, organizzare, programmare, costruire. Pertanto, la nuova centralità del lavoro deve sorgere da una nuova concezione della creatività intellettuale e partire dalla riforma del sistema scolastico.
La Ricerca, che è alla base del progresso in tutti i paesi del mondo, in Italia langue. I ricercatori a tempo pieno sono circa 70.000. La percentuale è ferma al 2,8% contro la media europea del 5,4%, statunitense del 9%, giapponese10,1%.
Così, secondo Gianantonio Stella, ("Corsera", 17 maggio 2007), il danno prodotto in Campania dai rifiuti vale 1.825 milioni d’euro. Soldi che avrebbero potuto imboccare strade diverse, assieme ai 250 milioni d’euro previsti per far gestire ai francesi i nostri rifiuti radioattivi come scrive il prof. Luciano Caglioti chimico della Sapienza ma che, secondo una logica veterocapitalistica, hanno preso la via della camorra. Pertanto, paghiamo paesi a noi equivalenti culturalmente ed economicamente per importare energia elettrica che sapremmo produrre autonomamente, per gestire rifiuti che sapremmo smaltire, per costruire infrastrutture che realizziamo in tutto il mondo. Analogamente, è proprio dai paesi nordici che ci viene un insegnamento importante. Svezia e Finlandia hanno investito nelle tecnologie dell’informazione e della formazione, ottenendo tassi di crescita della produttività del lavoro superiori a quelli americani, senza ridurre la spesa pubblica né le tasse, rendendo produttivi economicamente e socialmente gli investimenti per il benessere dei cittadini. A conclusione di quest’excursus è d’uopo riportare la notizia citata da una recente inchiesta dell’Espresso., secondo la quale Maria Rita Gismondo, superata in un concorso universitario a Palermo da un concorrente senza titoli, ha vinto il ricorso al TAR, ma dopo ben sette anni aspetta ancora la cattedra. Inutile rilevare che, in questo caso, la vittoria attraverso la Giustizia costituisce solo un fatto formale, perché il giudizio della magistratura non ha scalfito per nulla la sostanza del potere baronale universitario, dimostrando l’asservimento della cosiddetta Giustizia agli interessi di particolari settori della vita associata, che sono quelli maggiormente interessati al mantenimento di una situazione di sottosviluppo. Se la giustizia non è in condizione di tutelare il debole nei confronti dei più forti, soprattutto se privi d’alcuna legittimazione nelle loro manifestazioni di prepotenza, la giustizia perde la ragione d’esistere e permane una casta che trova la propria ragion d’essere nell’interesse economico. Infatti, i magistrati avranno a gennaio 2008 un aumento retributivo dell’4%, ma una nuova legge in via d’approvazione allinea tutti gli stipendi a quelli dei giudici amministrativi, ai quali è riconosciuta un’anzianità di 8 (otto) anni in più dei magistrati ordinari di pari grado, il ché costituisce un aumento del 12% circa. Ma poiché la retribuzione dei magistrati è agganciata a quella dei deputati e dei senatori, tale aumento dovrà ricadere anche sui nostri "eletti" i quali, poverini, versano in cattive acque. Questi aumenti vanno naturalmente ad agganciarsi agli aumenti retributivi degli ultimi anni i quali, pressoché unici, sono stati la ragione del tanto decantato aumento del pil nazionale. Se consideriamo, come dovremmo tutti, il lavoro sotto un aspetto proporzionato e solidaristico, tutti i comportamenti su accennati devono essere visti solo come una distorsione della vita associata, nocivi agli interessi collettivi e quindi doverosamente estirpati. E quanto finora scritto ci riporta all’ultimo capitolo di questa breve carrellata.

Esiste in Italia una Giustizia?
Dopo quanto finora elencato, resta un solo aspetto da aggiungere per documentare il livello d’assenza della giustizia nel nostro paese. La lungaggine dei tempi processuali. Si tratta di un vero e proprio blocco dell’attività giudiziaria, per lo più a scapito dei più deboli che non possono sostenere le spese di un’attesa a volte decennale che, troppo spesso, se il colpevole è un "potente", si esaurisce con la prescrizione; non a caso infatti una nuova recente legge ne ha ulteriormente accorciato i tempi. Queste manifestazioni di sostanziale ingiustizia sono anche manifestazioni di malafede e viltà perché nascondono dietro ad una apparente casualità, un preciso intento persecutorio.
Di recente i Media hanno dato risalto ad alcuni aspetti di questa situazione, senza peraltro evidenziarne le forme di profonda illegalità, che qui riportiamo. Nove milioni di processi pendenti, destinati ad aumentare perché, come noto, la carenza della giustizia induce il criminale potenziale a reiterare il reato, oltre a demotivare le forze dell’ordine. Basti pensare che i dipendenti di Malpensa filmati a rubare nel deposito bagagli e visti dai telespettatori italiani sono stati tutti riassunti per disposizione della magistratura. Inutile sottolineare che questo comportamento costituisce truffa perché la maggioranza degli italiani continua a ritenere che i ladri, che tanto male hanno arrecato, qualora ce ne fosse bisogno, anche all’immagine del nostro paese, soggiornino meritatamente in carcere. Sono due milioni e mezzo i reati denunciati ogni anno. Se lo Stato dovesse risarcire per l’irragionevole durata tutte le cause in sospeso, il ministero della giustizia dovrebbe portare i libri contabili in tribunale: solo per quelli iscritti nelle sezioni stralcio, dunque ancora indennizzabili, si dovrebbe sborsare, sostiene l’Associazione nazionale forense, non meno di 441 milioni di euro. Dunque, lo Stato italiano sottrae, per la sua colpevole inefficienza, ben più di questa cifra a tutti i cittadini, che dovrebbero in qualche modo essere risarciti. Trent'anni per risolvere contenziosi immobiliari, venti per un’eredità. Risultiamo i primi tra i 25 stati membri dell’UE per condanne della Corte Europea. Dal 2000 al 2006 ben 1.648 condanne, tutte o quasi comminate per l’eccessiva durata dei processi. I quali arrivano alla prescrizione in quantità pari ad un quarto della totalità. La situazione è giunta ad un punto tale che nella sola Roma le istanze d’indennizzo in base alla Legge Pinto, presentate in Corte d’Appello per l’eccessiva lunghezza dei processi sono state, nel 2004: 4.456 e nel 2005: 6.416, andando così ad intasare ulteriormente l’attività giudiziaria. Se a questa panoramica aggiungiamo che la tecnologia avanzata non ha avuto ancora accesso nei palazzi di Giustizia, non c’è informatizzazione se non a pelle di leopardo e si viaggia ancora con milioni di pagine di carta, come scrive Vittorio Feltri nella prefazione dell’ottimo libro curato da Davide Giacalone: La Malagiustizia, il quadro si fa più completo. Ciò significa che una causa , che è costata alla collettività svariati milioni in inchieste, udienze, impegno delle forze dell’ordine (polizia, carabinieri, guardia di finanza, vigili urbani, guardie forestali), finiscono nel nulla, facilitato, e probabilmente voluto, dall’avvicendarsi dei membri del collegio giudicante, a causa del quale il procedimento ricomincia logicamente di nuovo.
Confartigianato ha recentemente calcolato quanto viene a pesare sui bilanci delle aziende la lentezza nelle cause, cui si aggiungono le perdite del sistema economico derivanti dai fallimenti. Si tratta di una perdita di quattro anni, 10 mesi e cinque giorni tra primo e secondo grado di giudizio. Per una procedura fallimentare l’attesa arriva in media ad otto anni, sette mesi e 10 giorni. Complessivamente i fallimenti provocano al sistema economico una perdita di 10.780 milioni di euro, pari allo 0,76% del PIL. Confartigianato ha infine costatato che, a dispetto delle promesse politiche, i tempi processuali non sono variati nel tempo: 873 giorni nel 2006 contro gli 876 dell’anno precedente. Ma, come precedentemente accennato, il danno maggiore provocato da questa situazione lo subiscono i più deboli, economicamente e culturalmente, i lavoratori dipendenti, ingiustamente licenziati, le persone truffate da enti come banche o finanziarie, costretti ad attendere senza retribuzione una sentenza che potrebbe essere "condizionata" da pressioni di vario genere. Specie se la controparte è particolarmente potente. Ma l’Italia è in testa anche nell’elenco delle procedure d’infrazione per un’applicazione non corretta delle direttive UE. Si tratta dei seguenti settori: Ambiente, Fisco, Norme doganali, Energia e Trasporti. Un primato invidiabile, che coinvolge tutti gli organi di controllo, magistratura compresa. Ma se queste sono le conseguenze più diffuse di una situazione di stallo che coinvolge tutta la popolazione, anche i grandi processi per eventi drammatici e spesso catastrofici costituiscono un esempio di malagiustizia sistematica tesa più a trovare compromessi utili al potere economico-politico che a garantire giustizia al semplice cittadino. Dal Vajont, a Seveso, a Bologna, a piazza Fontana, a Marghera, ad Ustica, il depistaggio giudiziario prima ancora di quello messo in atto dai Servizi cosiddetti "deviati" è un esempio di perfezione certosina per eludere i fondamentali doveri di uno "Stato di Diritto."
Tutto ciò premesso, ci permettiamo di proporre alcune

Modeste proposte di riforma costituzionali
1. Lavoro. Il lavoro umano deve avere la priorità assoluta. L’impostazione costituzionale del 1946 deve essere confermata, anche in relazione al progresso tecnologico. Pertanto, la gestione del lavoro deve essere impostata sullo sfruttamento della macchina e non dell’uomo. Attualmente, al contrario, si cerca di sfruttare l’uomo per salvare la funzionalità della macchina. Ciò riguarda anche l’attuazione della normativa europea sulla sicurezza in ambito lavorativo che impone l’obbligo del datore di lavoro di rinnovare sistematicamente gli impianti e le attrezzature utilizzati per garantire la sicurezza dei lavoratori. La riduzione dell’orario lavorativo a sei ore giornaliere, assieme al prolungamento dell’orario di lavoro anche fino a 24 ore, come già ora in molti paesi, dato che la vita cittadina si è spontaneamente allungata fino a notte, dovrebbe garantire un ampliamento delle assunzioni per negozi, uffici, fabbriche. Per quanto riguarda le recenti invenzioni quali il lavoro precario saltuario ed altre forme di sfruttamento delle competenze e del tempo umano, (tenendo ben presente che le competenze professionali sono state acquisite in precedenza dal lavoratore ed a proprie spese), costatando che la retribuzione ha perso negli ultimi tempi il 50% del valore reale mentre i costi fissi come gli affitti o i mutui e le spese per i servizi sono aumentati a velocità esponenziale, con evidente danno per l’unità e l’integrità delle famiglie, qualsiasi iniziativa per alleviare il peso dei nuclei familiari deve essere valutata, contro l’ideologia liberista corrente, come strumento utile per la coesione sociale.
2. Giustizia. La Giustizia, nella situazione precedentemente descritta costituisce solo un baluardo a difesa del potere pseudolegittimo o illegittimo che sia. Serve soltanto per disperdere e frammentare la richiesta di giustizia che sale dalla popolazione. A tal proposito è bene ricordare che non è la carità che tiene insieme le società umane, ma la giustizia. Se non c’è risposta alla sete di giustizia che sale dalla società, la carità è sempre un debole palliativo che può funzionare soltanto su un substrato di giustizia. Altrimenti la carità diventa elemosina provocando risentimento e sete di vendetta. A maggior ragione se si prende in considerazione l’abuso della custodia cautelare, che ci è imputata dall’UE come violazione dell’articolo tre della CEDU in cui si proibisce l’uso della tortura e dei trattamenti disumani o degradanti. La questione è ancora più grave se si considera che la custodia viene utilizzata come una minaccia permanente nei confronti delle persone oneste, le quali sono giustamente terrorizzate alla sola idea di dover soggiornare, innocenti, per un tempo indefinito nelle patrie galere nell’attesa che sia istruito il processo, mentre per il delinquente abituale, nella peggiore delle ipotesi, questo periodo costituisce parte della pena. Nel nostro paese poi, la permanenza in prigione costituisce uno stupido pregiudizio difficile da estirpare. La riforma della Giustizia pertanto deve prevedere una serie d’articoli inseriti nella costituzione che confermano la certezza della pena in un quadro effettivamente garantista delle esigenze fondamentali d’ogni uomo, e non solo del delinquente, come propugnava Mazzini. Aumento del numero dei magistrati e degli uffici in funzione delle moltiplicate esigenze della società postindustriale ed in relazione alla media europea, informatizzazione accelerata di tutta la struttura e collegamento fra gli uffici giudiziari e le periferiche delle molte polizie esistenti nel nostro paese. Inasprimento delle pene per molti reati, al fine di affrontare le emergenze criminali che si presentano drammaticamente con l’apertura delle frontiere, come il rapimento dei bambini a fini di trapianto, traffico di schiavi, delitti efferati e quant’altro. Va abolita la distinzione, del tutto formale, fra colpevole principale e coloro che risultano a vario titolo correi. In caso d’omicidio, occorre limitare l’uso di formule tendenti a ridurre la responsabilità penale del delinquente. La vita umana ha un valore in sé che deve essere sempre tutelato attraverso la deterrenza delle pene. Il permissivismo ha definitivamente mostrato i propri limiti. Deve essere prevista la libertà di scegliere personalmente la propria difesa, tanto in sede civile e penale, senza dover necessariamente ricorrere ad un avvocato. Non ci stupisce pertanto il fatto che le recenti leggi sulle cosiddette "liberalizzazioni" siano state concepite per colpire la professionalità degli avvocati, ma non per facilitare la libertà di scelta del cittadino il quale, se in possesso di adeguata cultura è anche capace di leggere un codice. La certezza della pena deve riguardare tutti coloro che soggiornano nel nostro paese. Un extracomunitario si trova ancora in Italia dopo aver reiterato per 16 volte lo stesso reato. Di recente una giovane zingara è stata arrestata 100 volte e rimessa sempre in libertà. Si tratta di comportamenti socialmente assurdi ed incivili. I casi di persone che, in possesso di patente dopo gravi precedenti incidenti, investono ed uccidono altre persone, spesso bambini o giovinetti, non devono più ripetersi. A tal proposito deve essere reso attivo tramite norme d’applicazione rigorose, il responso delle urne che al referendum sulla responsabilità dei magistrati diede la maggioranza assoluta ai sì. L’irresponsabilità del magistrato, l’abbiamo troppe volte costatato, induce le persone di poco carattere ad inclinare verso comportamenti di megalomania paranoide., con la perdita del senso delle proporzioni, favorita anche da un diffuso atteggiamento servile qual è facilmente percepibile nelle aule giudiziarie. Di recente, un magistrato che aveva rimesso in libertà un incendiario preso con le mani nel sacco perché non aveva ancora appiccato il fuoco, è stato ricondotto a miti ragioni dalla giusta reazione popolare. A tal proposito occorre istituire una nuova Magistratura che tuteli il cittadino nei confronti dell’amministrazione giudiziaria e della classe politica. In questo caso potremmo risalire alla tradizione latina attraverso l’istituzione di un " Difensore civico" o meglio " Tribuno del Popolo", svincolato dalla logica dei poteri forti. Lo straniero che commette un reato deve essere rinviato nel proprio paese sotto custodia cautelare, dopo il pagamento dei danni e mai più riammesso in Italia. Il minore, (dai 14 anni), dopo una sola reiterazione di reato va inviato ad un istituto di rieducazione ed il genitore deve essere responsabilizzato nel pagamento del danno. Il genitore può allontanare da casa il figlio che ha raggiunto la maggiore età, se esiste una situazione di "disagio familiare". La prostituzione deve essere messa definitivamente sotto controllo attraverso modalità coerenti con le altre legislazioni europee. Si tratta di pratiche che riconducono automaticamente a comportamenti criminali. Va da sé, nell’attesa di una legislazione comunitaria, che le prostitute extracomunitarie vanno rimpatriate appena arrestate, in altre parole appena immesse sul "mercato". Un altro aspetto che riguarda la Giustizia è costituito dal problema degli espianti d’organo da vivente. Più che un problema sanitario si tratta di un problema giudiziario. A tutt’oggi in Italia non è ancora in funzione un sistema informativo in ottemperanza al principio del " consenso informato". Nessun italiano è stato messo in condizione di conoscere in cosa consiste un trapianto d’organo, mentre è in vigore il principio del "silenzio-assenso" assolutamente illegale se non criminale perché si tratta di un istituto previsto solamente per gli enti pubblici. A questo proposito occorre aggiungere che l’istituto del consenso informato, in applicazione dei princìpi contenuti nell’articolo 32 della presente costituzione, è stato finora bypassato con espedienti di vario genere. La nuova costituzione deve prevedere che l’assenso a qualsiasi intervento di carattere sanitario deve essere richiesto sulla base dell’effettiva capacità di comprensione delle persone interessate, che possono chiedere la tutela di un avvocato di fiducia ma soprattutto delle Associazioni di consumatori che abbiano al loro interno persone specificatamente competenti.
3. Sanità. L’applicazione dell’articolo 32 della vigente costituzione è assolutamente carente, mentre i responsabili che si alternano alla guida del ministero continuano ad elargire con malizia promesse mai realizzate. Il principio fondamentale dell’uguaglianza di tutti i cittadini si deve esplicare attraverso il diritto di accesso alle cure in tempo reale attraverso il sistema informatico in tutto il territorio nazionale. I quattro cardini fondamentali di un sistema di salute sono: informazione, perché il cittadino deve essere tenuto informato delle prestazioni e della loro qualità in tutto il territorio nazionale; prevenzione, finora mai programmata ed applicata, se si escludono le vaccinazioni, sull’opportunità delle quali i dubbi non mancano; cura, che va impostata su protocolli basati sulla congruità ed efficacia; riabilitazione, nella quale il nostro paese è ancora terribilmente carente rispetto all’UE. Le inadempienze in tema di sanità, che è gestita con i contributi diretti dei cittadini, ci portano all’argomento
4. Tasse. Ci deve essere la reciprocità assoluta fra cittadino e Stato in materia fiscale. Il cittadino ha il diritto di rivalersi sullo Stato nei tempi e nei modi previsti dalle norme da stabilire. Va snellito il sistema tributario che oggi è gravato da un’infinità di voci che servono soltanto a generare confusione. Occorre ritornare alla tassazione medievale con le decime. Le tasse all’acquisto di beni e servizi non dovrebbero tutte superare il 10%, facilmente conteggiabile. Se lo Stato è carente o insolvente esso deve restituire le tasse pagate per quella specifica funzione. In tal senso il decisore è l’ufficio del "Tribuno del Popolo". Se ci deve essere concorrenza fra amministrazione pubblica ed attività private questa si deve basare su tre punti di forza: Controlli amministrativi, Autorities che agiscano nell’interesse dei cittadini, Codici deontologici per tutte le professioni intellettuali, soprattutto quelle di nuova costituzione, che devono essere regolamentate autonomamente attraverso Ordini o Associazioni, enti ausiliari dello Stato sotto stretto controllo delle autorità ministeriali competenti, cioè Sanità, Interni, Finanze, Giustizia. Le Pensioni non possono essere tassate, come avviene in Germania. Lo Stato non può lucrare anche dalle pensioni, che costituiscono risparmio sulla retribuzione. Tassare le pensioni significa attuare un’ingiusta discriminazione a vantaggio dei ricchi i quali possono fare a meno della pensione, al contrario, le pensioni devono essere agganciate all’evoluzione degli stipendi, perché derivano dagli stipendi e devono seguire lo stesso principio d’adeguamento al costo della vita. Deve essere anche ripristinato il meccanismo della contingenza. Poiché i beni energetici, gas, elettricità, petrolio per usi domestici, costituiscono una necessità sociale collettiva che travalica l’aspetto privatistico, questi devono essere considerati alla stregua di una tassazione e non possono essere contabilizzati per presunzione, con evidente vantaggio economico delle società che si servono di quest’espediente per lucrare sugli interessi composti. E’obbligatoria la costruzione d’impianti per l’ottenimento d’energia utilizzando fonti rinnovabili, indipendentemente dalla resa economica degli impianti stessi, come mareostati per l’ottenimento dell’energia dalle onde marine, endotermici, per l’utilizzo delle forze sotterranee da vulcani ed altro. Sempre per garantire l’autosufficienza ambientale ed alimentare, ogni amministrazione locale deve provvedere costantemente al rimboschimento, anche attuando precise regole di rapporto fra essenze e neonatalità umana ed animale. Ogni Regione dovrebbe provvedere alla creazione d’impianti d’acquacultura in ogni bacino idrico utilizzabile. La proprietà della propria abitazione è un diritto e non può essere tassata con imposte tipo ICI. La tassazione per i servizi cittadini deve essere pagata solo da coloro che li utilizzano in proporzione ai tempi d’utilizzo. Una tassa di questo tipo è quella sui rifiuti urbani, di provenienza europea, non a caso inattuata in Italia, perché il nostro Sistema non è capace di mettere in pratica il facile meccanismo su cui si basa questa legge. Le costruzioni devono essere tutte a norma per i seguenti rischi: sismico, inondazione, antincendio, elettromagnetico. Devono essere costruite con autorimesse ed invasi igienizzati per la raccolta dell’acqua piovana. Devono essere tutte alimentate con cellule solari a diversa e perfettibile tecnologia. Gli ammortizzatori sociali sono un ulteriore strumento di speculazione, perciò vanno tenuti strettamente sotto controllo. Le Aziende che ricorrono agli ammortizzatori devono consegnare il numero d’azioni pari all’importo della cifra richiesta. Nel caso in cui il valore delle azioni non sia sufficiente gli azionisti devono fornire anche personalmente forme alternative di garanzia sotto forma d’ipoteche o pegni. Ogni società per azioni potrà essere acquistata o controllata soltanto dopo l’avvenuta acquisizione, da parte dell’acquirente, del 51% del pacchetto azionario. È obbligatoria l’assicurazione, possibilmente mediante enti assicurativi pubblici, contro i rischio di danni al patrimonio artistico, immobiliare, storico, culturale, sia pubblico sia privato.
5. Difesa. Ogni cittadino ha l’obbligo di essere difeso contro aggressioni esterne, ma poiché gli obblighi civici sono reciproci, ogni cittadino ha l’obbligo di concorrere alla difesa della collettività. Quest’obbligo non si può assolvere col solo pagamento d’eventuali contributi come accadeva negli staterelli italiani antecedenti l’unificazione, perché non è concepibile l’idea d’utilizzo di mercenari come sembra essere l’orientamento attuale d’alcuni paesi. Se un paese non è in condizione di combattere per la propria difesa (ed indipendenza) non è nemmeno degno di esercitarla. Pertanto chiunque, a qualsiasi età, si rifiuta di intervenire in difesa della propria terra perde automaticamente la cittadinanza.
6. Elezioni. L’unica forma d’espressione piena della volontà popolare è costituita dal sistema proporzionale puro, usato peraltro nelle elezioni europee. Inutile elencarne le evidenti ragioni. Vanno combattute tutte le forme di mistificazione del voto al fine di mantenimento di posizioni predominanti mascherate d’ingegneria elettorale periodica. Al cittadino che è inquisito per evasione fiscale deve essere inibito il diritto di voto. Va evitata ogni forma di democrazia virtuale, perché suscettibile di truffe. I deputati ed i senatori eletti sono vincolati al voto ricevuto. Qualora non intendano proseguire nel sostegno del movimento politico col quale sono stati eletti devono dimettersi, perché il parlamento non è a loro disposizione. Lo Stato va concepito non soltanto come un organismo giuridico, politico ed amministrativo, ma anche come organismo etico. Il cittadino deve essere informato dei cambiamenti più importanti promossi dalla pubblica amministrazione o dal parlamento e pertanto deve ricevere un’informazione completa, stampata in caratteri leggibili ed in Braille. Poiché i quotidiani di partito usufruiscono di copiosi contributi con la scusa della libertà d’opinione, anche la stampa periodica di carattere culturale e politico se d’iniziativa documentatamente privata deve poter usufruire, come minimo, di sgravi fiscali per la stampa e dell’eliminazione delle spese postali.
7. Istruzione. Per uscire da questa fase di stallo, dovuta anche all’immissione nella scuola d’insegnanti provenienti dalla fase storica della cosiddetta "contestazione", occorre ripartire da zero nell’organizzazione dell’istruzione pubblica, col presupposto che detta istruzione è una condizione imprescindibile della vita associata. Se fino al primo quarto dell’ultimo secolo l’analfabetismo era tollerabile, perché l’economia in prevalenza agricola si avvaleva di conoscenze tramandate da secoli, oggi queste conoscenze sono state oscurate dalla società consumistica e dall’industria alimentare, mentre siamo costretti ad assistere ad un analfabetismo di ritorno che rende i giovani incapaci di affrontare i molteplici aspetti di questa società, sempre più complessa. Occorre garantire la permanenza nella scuola dell’obbligo fino al compimento dell’età prevista dalle normative che si riterrà di emettere, ma nella previsione della frequentazione di corsi d’aggiornamento obbligatori non limitati alle sole professioni intellettuali. Di questi corsi dovranno farsi carico gli Istituti d’istruzione pubblici e privati nonché le Università in rapporto al territorio di competenza. Lo Stato deve garantire la difesa della lingua nazionale contro barbarismi e linguaggio "globish". In un paese come il nostro popolato da analfabeti come precedentemente dimostrato, la coesione sociale consiste nella comprensibilità del linguaggio, mentre sappiamo dalla storia che la discriminazione sociale, la sovrapposizione di gruppi egemonizzanti su altri è stata sempre legata all’utilizzazione di linguaggi diversi. A tal proposito è utile il ripristino dell’insegnamento pieno dell’analisi logica e del latino, che deve essere favorito fin dai primi livelli della scuola media. Nella scuola pubblica d’ogni ordine e grado deve essere favorito l’apprendimento o almeno la conoscenza dell’artigianato artistico e della musica, considerata da chiunque elemento primario dell’apprendimento. Deve essere ripristinato il Diapason Verdiano. Deve essere favorito nell’insegnamento delle materie non letterarie il possessore di titolo di studio coerente. Un laureato in Scienze Biologiche per l’insegnamento di questa materia, un laureato in Chimica per la chimica e così via. La scuola non può essere teatro di lotte fra le professioni per "sistemare" chi non è in possesso di conoscenze adeguate. Di fronte a particolari esigenze lo Stato può avvalersi anche di persone senza titolo di studio, che abbiano raggiunto la maggiore età ed abbiano un curriculum di studi adeguato pur senza aver raggiunto il titolo. In tal caso lo Stato può contribuire economicamente al raggiungimento del titolo, e ciò in contrasto a quanto avviene attualmente. Vengono, infatti, concessi diplomi di laurea a pagamento a persone che hanno svolto una particolare attività senza aver percorso l’iter di studi necessari per acquisire una mentalità idonea al ruolo.
8. Maggiore età ed obblighi inerenti. Noi sappiamo che la riduzione della maggiore età ai diciotto anni è stata voluta per ragioni elettorali e nell’interesse dei costruttori di veicoli. Ma la maggiore età costituisce anche assunzione piena di responsabilità. Al raggiungimento della maggiore età legale, il giovane deve decidere responsabilmente del proprio futuro e deve essere totalmente responsabilizzato anche nei confronti della famiglia d’appartenenza. Se nel secolo passato ed in quello precedente la società contadina faceva maritare i giovani attorno a quell’età per ragioni ed esigenze comprensibili ed il matrimonio era stabile anche perché la residenza era fissa, guerre ed emigrazioni a parte, dal primo dicembre 1970, con l’istituzione del divorzio, i rapporti civili all’interno del matrimonio si sono pubblicizzati ed il matrimonio è considerato a tutti gli effetti come un contratto, mentre i divorzi sono aumentati in progressione geometrica. Pertanto, a tutela dei nuovi nati, è necessario perfezionare l’istituto con un " contratto prematrimoniale" nel quale siano inseriti i beni posseduti da entrambi i contraenti. Questo semplice accorgimento dovrebbe servire per eliminare lunghe, deprimenti e dispendiose pratiche giudiziarie.
9. Signoraggio monetario. Lo Stato non può assegnare a privati i proventi del signoraggio e della stampa della moneta. Come verificato dalla ricerca scientifica del prof. Giacinto Auriti, la proprietà della moneta cartacea spetta al popolo. Il valore del signoraggio della banca d’Italia e degli interessi caricati sulla moneta cartacea in circolazione costituisce il valore complessivo del Debito Pubblico. La banca d’Italia va pertanto messa alle dipendenze del Ministero del Tesoro. La crisi finanziaria in corso può essere affrontata con titoli quinque-decennali garantiti dall’oro della banca d’Italia, oppure attraverso l’emissione di euroequivalenti in "moneta sovrana dello Stato italiano" garantita dal credito pubblico e protetta dagli attacchi speculativi. Secondo Ezra Pound, l’emissione di denaro onesto è un servizio, e se lo Stato assolve tale servizio ha diritto ad una giusta ricompensa, che però differisce da quasi tutte le forme note di tassazione…d’altro lato, una nazione la cui misura di scambio è alla mercé di forze esterne alla nazione stessa è una nazione in pericolo, è una nazione senza sovranità nazionale. È una nazione di stupidi incompetenti che la portano alla rovina. Il problema dell’equa distribuzione dei redditi ed equa distribuzione fiscale non si risolve certamente con misure tampone prese estemporaneamente da governi provvisori che non possono disporre nemmeno della possibilità di controllare la circolazione della carta moneta che tutti i cittadini per le loro attività sono costretti ad utilizzare. Il problema del supercapitalismo finanziario internazionale, causa prima d’operazioni truffaldine che si diffondono sempre e comunque, attraverso l’intermediazione delle banche nella vita intima delle popolazioni perché i correntisti bancari oggi costituiscono la maggioranza della popolazione (le nuove disposizioni di legge impongono ai liberi professionisti di aprire un altro conto bancario!), si risolve soltanto mettendo sotto il controllo dello Stato i meccanismi dell’economia.
10. Titoli nobiliari e relativi predicati. L’articolo 14 delle norme transitorie e finali della vecchia costituzione stabilisce che i titoli nobiliari non sono riconosciuti. I predicati di quelli esistenti prima del 28 ottobre 1922 valgono come parte del nome. La legge regola la soppressione della Consulta araldica. Si tratta di una forma inutile e retorica di giacobinismo, anche perché molti titoli nobiliari post Marcia su Roma furono assegnati dalla monarchia per autentici atti di valore compiuti durante la terribile prima guerra mondiale. In ogni caso questa norma va soppressa perché il titolo nobiliare documentato che può essere vecchio di millenni, rappresenta un indubbio valore storico e culturale che deve essere valorizzato, anche perché alternativamente s’impongono pseudotitolati da intrattenimento televisivo.
11. Contro la burocrazia ed i burosauri. Il giornalista Luigi Furini ha recentemente dato alle stampe per Garzanti un libro di successo che s’intitola: "Volevo solo vendere la pizza". In esso l’autore descrive le disavventure burocratiche nelle quali incorre chi, nel nostro paese, ha qualche iniziativa produttiva. Nella classifica della Banca Mondiale, infatti, dedicata ai paesi che facilitano l’attività imprenditoriale, l’Italia è all’82° posto, dopo il Kazakistan, la Serbia, la Giordania e la Colombia. La nuova Costituzione, nel confermare tutte le norme italiane ed europee per la tutela della cittadinanza e della salute, deve contemporaneamente prevedere norme tassative contro l’«accanimento burocratico», perché la funzionalità di un sistema complesso è strettamente legata alla attuazione di tutte le norme utili. È proprio quando non funzionano i controlli e la giustizia non viene applicata che si scatenano le piccole potenzialità vessatorie di una burocrazia costantemente frustrata.
 

Guglielmo Maria Lolli-Ghetti - Giorgio Vitali