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Oramai la "vulgata" sulla morte di Mussolini

cercano di attestarla con le lapidi

 

Maurizio Barozzi      

 

 

Al giorno d’oggi, quando vari storici, intervistati in televisione, hanno oramai preso le distanze dalla "vulgata", e questa estate anche RaiTre con il Servizio "La Grande Storia" curato da Enzo A, Cicchino  e poi la prestigiosa rivista History BBC Italia, l’hanno definitivamente bocciata, ecco che nelle località del comasco, tra Tour turistici Dongo-Mezzegra e lapidi varie la vulgata viene riciclata in qualche modo, del resto in quelle località del comasco ci sono interessi politici ed anche economici non indifferenti.

Leggiamo qui sotto, su "il Corriere della Sera", inserto "Lombardia Milano":

 

«Como - La guerra è finita da 67 anni ma a Giulino di Mezzegra il secondo conflitto mondiale echeggia ancora. Sui muri, soprattutto, dove da mesi, ormai, si sta consumando una sorta di battaglia delle lapidi tra combattenti e reduci della RSI e ANPI. È ancora fresco il ricordo della cerimonia, con enorme seguito di polemiche, con cui gli ex repubblichini in primavera ottennero il via libera per affiggere alla destra del cancello di Villa Belmonte -il luogo della fucilazione di Mussolini e Claretta Petacci- una lapide di marmo con le foto della coppia. L'ANPI all'epoca bollò come una vergogna l'evento. E nel frattempo ha messo a punto una controproposta. Murale, ovviamente. Che diventerà realtà il prossimo 6 ottobre. Quel giorno ... di fronte alle foto di Mussolini e Claretta Petacci, i partigiani affiggeranno un'altra lapide. Con questa testuale iscrizione: "Qui alle 16.10 del 28 aprile 1945 fu eseguita la condanna a morte di Benito Mussolini, decretata dal CLNAI. La resistenza italiana pose cosi fine alla dittatura fascista". La motivazione dell'iniziativa, avallata esattamente come la precedente dal sindaco leghista di Mezzegra, Claudia Lingeri, è illustrata direttamente dal presidente dell'ANPI di Como, Guglielmo invernizzi. "In questo luogo venne fucilato Mussolini su ordine del CLNAI -spiega invernizzi- e dopo tanto tempo è venuto il momento di ricordarlo". Una risposta alle foto del Duce e di Claretta?" In un primo momento affiggere la nostra lapide sembrava impossibile -conferma Invernizzi- Poi abbiamo visto che è stato dato il permesso per quelle due immagini. Noi siamo ritornati sulla questione che finalmente si è sbloccata».

 

Gli antecedenti. Anni addietro Mario Nicollini, un anziano ex combattente della RSI, fece apporre una croce sul muretto del cancello di Villa Belmonte, di fatto avallando la fucilazione davanti a quel cancello e per questo suscitò critiche da parte di altri combattenti della RSI.

La lapide rimase in loco, anche perchè, a mio parere, era interesse della varie organizzazioni ex partigiani e dello stesso Istituto di Storia Contemporanea di Como, lasciarvela in quanto, costituiva un avallo della "vulgata" a cui oramai non credeva più nessuno.

Il Nicollini, probabilmente preso dal desiderio di rendere un omaggio al Duce, non si rese conto che, apponendo una lapide al cancello di Villa Belmonte, di fatto, avallava un falso storico.

Era accaduto che un giorno che il sig. Nicollini si trovava a Villa Belmonte, ebbe a incontrare una donnetta del paese, una certa Rainoldi Marta, aiutante della parrocchia di Mezzegra, oggi deceduta, ma nel 1945 una ragazza che soffriva di forti crisi depressive, come ricordato dal parroco di Mezzegra.

La Rainoldi raccontò a Nicollini che il pomeriggio del 28 aprile stava portando a spasso il cane e pioveva, quando vide arrivare l’auto di Audisio. Nascostasi dietro una pianta, che indicò al Nicollini, disse di aver visto e addirittura udito frasi di quella fucilazione.

Un racconto analogo a quello fatto da altri mitomani, o comunque soggetti che in quel giorno di eccezionale emotività, mistificazioni varie e suggestione collettiva, udirono voci di ogni genere e molti finirono per farle proprie. È un fenomeno questo alquanto noto.

A parte il fatto che prima e durante la fucilazione non pioveva, dovremmo credere che, nonostante la "vulgata" ci assicura che Audisio & Co. scacciarono gente del posto e dissero di essersi messi di guardia, ai lati della strada, per assicurarsi che non ci fosse nessuno nei pressi e inoltre, quando poi, come sappiamo con certezza da plurime attendibili testimonianze del posto, erano stati anche fatti tanti piccoli posti di blocco attorno a quelle strade, onde eseguire la messa in scena della fucilazione, dovremmo qui credere che quella fucilazione venne vista e addirittura udita per varie frasi, quindi da abbastanza vicino, da una folla quasi da stadio! E il Nicollini se l’è bevuta.

 

Maurizio Barozzi         

 

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