Otto settembre 1943. Una
tragedia annunciata
Giorgio Vitali (26 ottobre 2010)
«Quando si vive nel passato, si paga col presente»
Scrive Giuseppe Prezzolini: «La vera colpa dell'Italia
(davanti al mondo reale) non è di aver fatto la guerra agli
Alleati, ma di non averla saputa fare. Coloro che fanno il
male sono biasimati dal mondo, ma coloro che si propongono
di farlo e non ci riescono sono disprezzati, il che è ancora
peggio (…) La guerra è un esame totalitario: di tradizioni,
risorse, forze, educazione, inventività, tenacia eccetera»
«I Grandi uomini non sono che eccitanti per l'azione, i
libri grandi eccitanti per il pensiero. Uomini e libri
c'ingiungono di camminare, ci suggeriscono di sorpassarli,
ci fanno da scale, non da parapetti. Chi si ferma è uno
scolaro o un erudito, nulla di più, ossia una macchina da
ripetizione o un magazzino di conoscenze. Invece grandi
uomini e grandi libri dovrebbero essere occasioni, pretesti,
tappe». |
Poiché la penso come Prezzolini, il problema non è come
continuare a piangersi addosso, ma come trovare il rimedio.
Sappiamo bene che il destino dell'Italia è un destino
geografico, o meglio "geopolitico”, e proprio a livello
geopolitico deve essere pensato. Lavorare di congetture
senza inserire l'elaborazione del pensiero entro le
coordinate cartesiane della geopolitica è inutile.
Fu proprio un grande italiano, Napoleone, a dichiarare senza
mezzi termini che la Storia è fatta dalla Geografia.
L'interesse verso l'Italia di tutta l'Europa, anche presa
per singoli paesi, come illustra con dovizia di documenti il
giudice Rosario Priore che ha indagato sugli anni di piombo
(R. Priore, G. Fasanella, "Intrigo internazionale”,
Chiarelettere, e E. Salerno, "Mossad base Italia”, Il
Saggiatore) ci indicano con sufficiente chiarezza che
"altrove” l'Italia è valutata per la sua posizione nel
Mediterraneo, indipendentemente dalla linea politica di chi
è al potere. [Presenza e ingerenze del Vaticano a parte].
Pertanto, aveva perfettamente ragione il grande Metternich
quando, in idonea sede, dichiarava che l'Italia era
un'espressione geografica. Su questa frase hanno elucubrato
per un paio di secoli tanti patrioti italiani senza rendersi
conto che il giudizio prescindeva dal "valore intrinseco”
dei suoi abitanti. La storia del nostro paese lo dimostra.
Quando eravamo forti, dominavamo il mondo allora conosciuto;
indebolitici, siamo diventati terra di conquiste e di
competizione. Allora occorre uscire dalle strettoie di una
memoria che non può essere "condivisa” per le ragioni che
poi dirò, per entrare nell'ordine d'idee propositive sul
come e sul quando uscire da una posizione di sudditanza,
costi quel che costi, che è molto più lesiva degli interessi
globali di tutti gli italiani di quanto non appaia.
La prova conclusasi con la resa ignominiosa, a parte
l'eroismo di quanti si sacrificarono coscientemente per
salvare il salvabile agli occhi del mondo, è stata condotta
in maniera innanzitutto "incapacitante”, per usare una
parola finora utilizzata con altri significati. Infatti, il
problema Italia nasce appena si costituisce la nostra unità
nazionale. Tutti i paesi interessati al controllo del
Mediterraneo, dalle grandi potenze europee ai piccoli Stati
più o meno indipendenti, dovettero rivedere la loro politica
e reinventare strategie di breve e di lungo periodo. Ne
conseguì una sequela di interventi non sempre appropriati,
ma che confusero ulteriormente la già improvvisata classe
dirigente italiana, la quale fu sbalzata dalla politica
regionale degli staterelli ad una geopolitica marina di
grande rilevanza mondiale, anche perché l'apertura del
canale di Suez nel 1869, realizzato dal Lesseps sulla base
dei lavori dell'italiano Negrelli, riposizionava il nostro
paese al centro dei traffici navali di tutte le marine del
globo, da cui era stato escluso a causa delle rotte
commerciali atlantiche. Da qui la difficile politica
coloniale del nostro paese, e l'oscillazione costante fra
una geopolitica "continentale” ed una scelta "marittima”.
Per completare il quadro, occorre ricordare che la Sicilia,
da sempre epicentro delle strategie mediterranee, perdendo
l'indipendenza conservata per secoli, era subordinata alle
decisioni di un governo centrale che doveva tener presenti i
rapporti finora tenuti con Francia e Gran Bretagna, che si
erano lottate durante tutto l'arco del nostro Risorgimento
per il controllo dell'intera penisola tramite la parte della
classe politica a loro maggiormente legata. Più
esplicitamente, la Massoneria francese o quella inglese.
Inoltre, negli USA, con la battaglia di Gettysburg le sorti
dell'Unione cominciano a prevalere si quelle della
Confederazione, e ciò indebolisce la posizione inglese, da
sempre tributaria del cotone dei confederati, mentre
Napoleone III coglie l'occasione per la spedizione
franco-austriaca in Messico. Il 1865 vede la resa dei
Confederati ad Appomatox e la subitanea proiezione sul mondo
degli Stati Uniti con la loro esplicita politica di egemonia
mondiale, mascherata da frasi ipocrite. Nel 1867 le truppe
francesi si ritirano dal Messico e sgomberano ulteriormente
il passo alla geopolitica statunitense che si protende
inizialmente verso l'Ovest (Pacifico, con il completamento
della ferrovia Est-Ovest nel 1869) e verso il Nord (Russia,
Passaggio a Nord-Ovest, acquisto dell'Alaska nel 1867).
Nel 1866 è firmato il primo trattato di alleanza e
collaborazione fra Italia e Prussia. Da questo momento
l'Italia è guardata con molta attenzione dalle potenze
oceaniche e la classe dirigente italiana sarà costretta a
valutare di volta in volta l'opportunità delle sue alleanze,
tenendo conto che fu proprio l'alleanza con il "Continente”
a causare i nostri disastri africani (Dogali e Adua).
Date queste premesse, è evidente che per comprendere il
significato dell'otto settembre bisogna conoscere a fondo
gli avvenimenti che hanno portato il nostro paese allo
sfascio, tenendo ovviamente presente che una guerra perduta
è sempre la causa principale di qualsiasi avvenimento
susseguente.
Pertanto, sono portato a consigliare, fra la sterminata
messe di libri sull'argomento, la lettura di quelli di Carlo
Silvestri, da molto tempo fuori circolazione ma
rintracciabili, dei libri, (tutti!) di Franco Bandini, che
mescola intuizioni intelligenti con una conoscenza
approfondita dei retroscena della nostra guerra, "La carta
perdente” di Moellhausen, "Roma nazista” di Dollmann,
"Quarant'anni di colloqui con Lui” di Ottavio Dinale, e, se
possibile testi di autori francesi che aderirono all'Etat
Francais, (detto di Vichy) i quali, più di altri erano in
condizione di valutare il significato geopolitico della
scomparsa della presenza italiana sul Mediterraneo, con la
conseguenza di permettere all'Inghilterra di spostare la
flotta sul Pacifico e quindi colpire ancora più a fondo la
potenza giapponese che iniziava a vacillare. Pertanto, la
scelta della monarchia sabauda di ri-aggregarsi al sistema
incentrato sull'Inghilterra, oltre a portare tragedia e
vergogna tra le nostre fila, ha contribuito in maniera più
consistente di quanto non si creda a interferire contro il
tentativo, fortunatamente in ripresa in questi anni, di
sganciamento dei popoli dall'egemonia anglosassone che,
tanto in veste inglese quanto sotto l'aspetto di yankee, è
durata fin troppo.
Poiché siamo sostenitori di un sistema geopolitico centrato
sul "continente”, che sarebbe per l'Italia l'unica soluzione
auspicabile capace di garantire autonomia e libertà
d'azione, noi vediamo di buon occhio la scelta mussoliniana,
che, nel tentativo di liberare l'Italia mediterranea
dall'accerchiamento inglese, aveva contro questa potenza
iniziato una guerra sostanzialmente impari. I fatti hanno
dimostrato che la "presenza” culturale e di potere del mondo
anglosassone sulla classe dirigente italiana è stata
invincibile. Ciò ha comportato: tradimenti, doppiogiochismi,
sotterfugi, interferenze di ogni tipo (vedasi: "Il cuore
occulto del potere”, di Giacomo Pacini, ed. Nutrimenti) che
risultano incomprensibili a una mente libera e razionale.
Molti casi descritti nella storia della guerra fino al 1943
sono indecifrabili e poi la storia dei Servizi Segreti di
tutto il mondo, operanti nel nostro paese fino al 1945,
ancorché rivelata, deve ancora essere spiegata.
In conclusione: quando si tratta di eventi storici che
coinvolgono, volente o nolente, un'intera popolazione,
occorre tener conto che questa popolazione è composta,
classe dirigente esclusa, da individui che sono costretti
dagli eventi, tutti, a fare una scelta. Fosse anche quella
di nascondere la testa sotto il classico cuscino.
In Italia è accaduto molte volte, una fra tutte, la guerra
gotica, che vide lo scontro durato ben 16 anni, fra i Goti (Vitige,
Totila e Teia) ed i bizantini guidati da Belisario e Narsete.
Come per la difesa della "Linea Gotica” del sesto secolo, i
goti del XX secolo difesero passo passo l'Italia
dall'invasione degli Atlantici, gli uomini del mare. E
tuttavia i bizantini avevano prerogative storiche e
culturali superiori a quelle vantate dagli Atlantici, come
loro stessi amarono definirsi. In sede di analisi storica è
necessario, pertanto, delle scelte di TUTTI i gruppi
coinvolti, e non solo di quelli che si sono accodati agli
(apparenti) vincitori. Questi ultimi sono, anzi, i veri
perdenti, perché hanno dimostrato di non contare nulla.
Giorgio Vitali
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