Precisazioni all'articolo di Franco Morini e la posizione di Pino Romualdi
Maurizio Barozzi
Nota: il quotidiano
"Rinascita", nel corso degli anni ha spesso riportato articoli
inerenti la famosa "resa di Como" delle formazioni fasciste avvenuta
il 26 e 27 aprile 1945 e le relative polemiche che ne seguirono, in
particolare su la posizione di Pino Romualdi. A febbraio del 2009 il
ricercatore storico Franco Morini di Parma, pubblicava un ulteriore
articolo con altre documentazioni su queste vicende, prendendo lo
spunto da un saggio di Maurizio Barozzi, pubblicato anche in questo
sito: "Le ultime ore di Mussolini e della RSI".
Essendo stato
recentemente quel saggio, dall'autore integrato con altre
documentazioni e meglio precisato (sarà in futuro pubblicato),
l'autore stesso ha voluto inviare a "Rinascita" una precisazione in
proposito che il quotidiano ha pubblicato il 19 febbraio 2009. Ne
riportiamo il testo per l'importanza che riveste. |
Roma 19 febbraio 2009
Egregio Direttore,
in merito all'articolo del ricercatore storico Franco Morini di Parma, "Nome
Gladio, paternità Nemo, le responsabilità di Romualdi", apparso il 10 c.m. a
pagg. 14 e 15 del giornale, in cui si prende spunto da un mio saggio su "Le
ultime ore di Mussolini e della RSI" pubblicato on line mesi addietro nel sito
della "Effedieffe", vorrei apportare alcune precisazioni.
Debbo intanto premettere che quella ricerca era alquanto riassuntiva ed oggi,
anche alla luce di nuovi elementi e considerazioni può ritenersi in parte
superata, tanto che in futuro dovrebbe essere pubblicato, sullo stesso tema e
con la stessa intestazione, un lavoro molto più esteso e preciso.
Detto questo e ragionando in termini di ricerca storica, non posso comunque che
confermare la sostanza di una mia affermazione riportata dal Morini: «Il
coinvolgimento del Romualdi con l'OSS americano non sarebbe stato ancora
sufficientemente provato», intendendosi però, con tale affermazione, non già
determinati contatti con strutture facenti capo al servizio segreto americano,
sufficientemente già provati, oltre che dal Morini stesso anche dallo storico
Giuseppe Parlato, ma un atteggiamento del Romualdi, in quel di Como il 26 e 27
aprile, finalizzato ad un tradimento confacente agli interessi Alleati..
Questo se devo esprimermi, responsabilmente, in termini storiografici, perchè se
poi dovessi invece esprimere un mio parere personale e soggettivo, che
scaturisce dalla considerazione di determinati avvenimenti verificatisi negli
ultimi mesi della RSI e confermati nel primo dopoguerra, dove certi personaggi
spinsero i reduci del fascismo repubblicano sulle sponde dell'anticomunismo
viscerale e del filo atlantismo, allora la cosa è diversa e penso di ritenere
che Franco Morini effettivamente ha colto nel segno.
La mia riserva, in termini storiografici, nasce dalla constatazione che le file
degli aderenti alla RSI erano un composito eterogeneo in cui, purtroppo,
primeggiavano ancora elementi di tradizioni conservatrici, nazionaliste o
semplicemente anticomuniste, tutti figli legittimi dell'operato ventennale del
Duce e delle necessità politiche del ventennio, ma alquanto diversi dal nocciolo
e dall'anima del vero fascismo repubblicano. Del resto Mussolini, dovendo fare
di necessità virtù, dovendo ricostruire uno Stato ed un Esercito letteralmente
disintegrati dall'ignominia dell'8 settembre, non aveva potuto andare tanto per
il sottile ed aveva quindi aperto le porte ad una gamma di personaggi che
ritornavano utili per questi compiti. Ma come ben sappiamo, approssimandosi la
fine della guerra e la inevitabile sconfitta, molti di costoro pensarono anche
al "dopo" e trovarono confacente alle proprie inclinazioni di puntare a
riciclarsi come anticomunisti e antisovietici in vista di una spaccatura che
avrebbe potuto verificarsi nel fronte Alleato. Ed infatti, nel dopoguerra,
finirono per fare le "truppe cammellate" dell'atlantismo. A questo si aggiunga
l'operato di Mussolini negli ultimi mesi di guerra, tendente a «salvare il
salvabile», ridurre le pesanti conseguenze della sconfitta e cercare di
conseguire un trapasso indolore dei poteri in modo da limitare un inevitabile
bagno di sangue. In quest'ottica egli lasciò tutti liberi di prendere i
"contatti" e le iniziative finalizzate a questi scopi.
Ed è appunto per questo che, fermo restando il "tradimento ideale", perpetrato
nel dopoguerra da uomini come Romualdi che trasbordarono i fascisti repubblicani
sui falsi valori dell'Occidente e del filo americanismo e pur prendendo in
considerazione certe "collusioni" con strutture facenti capo all'OSS, che
sembrano comprovate, oltre ad un irresponsabile atteggiamento tenuto il 26
aprile '45 a Como e che portò ad una invereconda resa, mascherata da tregua,
resta difficile affibbiare la patente di traditore al Romualdi stesso in
mancanza di prove oggettive che al momento non ci sono, forse anche perchè,
ritengo, sono eventualmente celate negli archivi statunitensi e Vaticani.
Per questo, "contatti" di Romualdi con l'OSS potrebbero, e sottolineo il
«potrebbero», benissimo essere frutto di un "operato di ufficio" quale prassi
consueta in quei tempi ed il comportamento dello stesso, tenuto durante i giorni
di Como, potrebbe anche scaturire da una sua inclinazione a ritenere in quel
momento opportuna una sbrigativa resa agli Alleati, magari con il presupposto
che in questo modo si salvasse il salvabile. Ripeto, esprimo questo in termini
di ricerca storica "oggettiva", perchè soggettivamente la penso in modo diverso.
In ogni caso, tanto per fare un esempio, la patente di "traditore" del fascismo,
può essere tranquillamente affibbiata a Dino Grandi stante il suo operato alla
vigilia del 25 luglio dove, come ben sappiamo, egli si muoveva avendo in tasca
determinati accordi con i futuri fautori del colpo di stato.
Ma un atteggiamento così perfido e subdolo nelle ultime ore della RSI non è al
momento comprovato per Romualdi.
Resta il fatto che, mentre Mussolini in quelle ore si allontana come può dalle
zone dove stanno per arrivare le armate Alleate, in modo da avere le mani il più
possibile libere per giocarsi le sue ultime carte, molti dei comandanti del
fascismo repubblicano giunti a Como la mattina del 26 aprile, invece di
proseguire immediatamente per Menaggio dove il Duce li sta aspettando,
tergiversano ed entrano subito nell'ordine di idee di "trattare" con le ancora
evanescenti forze cielleniste e quindi si sbracano completamente non appena,
dopo poche ore, appaiono su la scena gli agenti americani Dessì e Guastoni. Il
risultato sarà il completo isolamento di Mussolini e la sua colonna a Menaggio,
impossibilitata a muoversi senza i fascisti armati di Como e la inevitabile fine
di piazzale Loreto.
E tutti costoro daranno poi nel dopoguerra una serie di giustificazioni e
rilasceranno testimonianze che alla luce della cronologia degli avvenimenti e
dall'incrocio con altre testimonianze, non sono assolutamente attendibili.
Solo l'apertura degli archivi americani e del Vaticano potrà darci un giorno
l'esatta portata e le precise responsabilità di tutti gli attori di quell'epoca.
Distinti saluti
Maurizio Barozzi
|