la definizione stessa dell'eroismo militare
Rivelazione: Saddam era ragionevole. Bush no
Maurizio Blondet
www.effedieffe.com
27 maggio 2008
Tre anni prima dell’invasione americana, Saddam Hussein «offrì agli stati Uniti
un accordo: avrebbe aperto (agli americani) dieci nuovi giganteschi giacimenti
petroliferi a condizioni "generose", in cambio di un alleviamento delle
sanzioni».
Lo ha rivelato ad una commissione parlamentare inglese l’economista petrolifero
Mahmaoud Salameh, cittadino britannico, che è consulente insieme della Banca
Mondiale e dell’UN Industrial Development Organisation (UNIDO). Se l’offerta
fosse stata accettata, il greggio sarebbe oggi a 40 dollari il barile anzichè a
137.
«Certamente avrebbe prevenuto il rapido rincaro che constatiamo», ha detto il
dottor Salameh. «Ma gli USA avevano un’altra idea: occupare l’Iraq e annettersi
il suo petrolio» (1). Non è stata una buona idea, diranno gli ingenui.
Le forze USA occupano l’Iraq al costo di 780 milioni di dollari il giorno (per
confronto, la FAO ha chiesto al mondo, per affrontare i rincari alimentari che
le rendono impossibile sfamare gli ultimi degli ultimi, 480 milioni di dollari;
mezza giornata di occupazione), e tuttavia non riescono a succhiare dal
sottosuolo iracheno nemmeno tanto petrolio quanto ne estraeva, negli ultimi
tempi, il governo di Saddam, nonostante le difficoltà imposte dalle sanzioni:
3,5 milioni di barili al giorno. Oggi sono 2 milioni. E i rincari dovuti alla
guerra costano al mondo intero, in maggiori costi energetici, 6 mila miliardi (6
trilioni) di dollari.
Tuttavia, i meno ingenui diranno che l’idea è stata ottima, se si tiene presente
che il vero scopo strategico dell’avventura militare non era impadronirsi del
petrolio, ma il bene supremo di Israele: che voleva essere liberata da un
avversario potenzialmente serio, ed ora -mai contenta- vuole da Bush che la
liberi, con le ultime forze rimastegli, dell’altro nemico immaginario, l’Iran.
In questo senso l’operazione è stata un successo, che gli USA pagano con la
rovina della loro egemonia, della loro credibilità e della loro economia, e a
cui tutto il mondo noachico contribuisce pagando cifre stellari alla pompa di
benzina, ed entrando perciò in recessione.
La rivelazione del dottor Salameh ricorda un noto precedente storico: anche il
Giappone, nel 1939, offrì a Roosevelt un accordo molto ragionevole -persino
l’uscita dall’Asse- in cambio di un alleviamento del blocco economico,
soprattutto petrolifero, che Washington aveva imposto a Tokio. Per tutta
risposta, Roosevelt confiscò i beni e i conti giapponesi nelle banche USA. E
aspettò l’inevitabile Pearl Harbour, il proditorio attacco nipponico, da un
Giappone messo con le spalle al muro. L’America ufficiale voleva la guerra, e la
ebbe.
Come sappiamo, il centro neocon PNAC (Project for a new american Century)
auspicò nel 2001 «una nuova Pearl Harbor» onde avere il pretesto per la nuova
tornata di guerre per la democrazia. La nuova Pearl Harbor venne puntuale l’11
settembre 2001.
È probabile che l’offerta di Saddam fosse arrivata prima, forse ancora quando
era presidente Bill Clinton: ma Clinton -se fu lui a rifiutare il compromesso-
era sotto minaccia di impeachment per il suo amorazzo con la Levinsky, la
Giuditta degna di un tale Oloferne (le numerose donne di malaffare che nella
Bibbia si danno carnalmente al nemico per distruggerlo o controllarlo sono
eroine in Giuda: non è un caso che abbiano imitatrici lungo tutta la storia).
Ora si capisce meglio perchè è stato necessario impiccare alla svelta Saddam, ed
ora i liberatori si preparano ad ammazzare il cristiano Tarik Aziz con un
processo-lampo (e farsa): anche il ministro degli Esteri di Hussein deve essere
messo a tacere. Nè è probabile che il petrolio iracheno, sotto confisca
americana, torni a fluire a fiumi.
Prima, c’è da perfezionare il progetto israeliano finale: smembrare l’Iraq in
tre province etniche e reciprocamente ostili, di nessun peso politico, onde
impedire la rinascita di un avversario potenziale moderno e funzionante. Così,
l’esausta superpotenza, prima di tramontare, deve infliggere altre crudeli
sofferenze al popolo irakeno, sul modello che viene inflitto ai palestinesi da
Sion.
Dopo 4 anni di occupazione, continuano i bombardamenti sulla popolazione
occupata, le uccisioni e gli arresti arbitrari, fra combattimenti che la stampa
servile non riporta. Continua la battaglia per togliere a Muktada Al-Sadr il
controllo di Bassora, e questo groviglio di bombe e massacri è stato chiamato
dal Pentagono "Operation Peace". Ancor meno visibile, un «mini pogrom di
sunniti» è in corso a Mossul, ed è chiamato offensiva contro Al-Qaeda in Iraq.
Ma la realtà è un’altra, come rivela Pepe Escobar (2), uno dei pochi coraggiosi
giornalisti che in Iraq fanno il loro mestiere col rischio immanente di essere
eliminato da «terroristi islamici» (Al-Mossad in Iraq). I collaborazionisti
curdi vogliono Mossul come capitale - e Mossul non è curda, essendo una città
multietnica e multireligiosa di 1,7 milioni di abitanti. Dunque occorre una
preliminare pulizia etnica, che viene condotta dalla milizie del «governo» dello
sciita Al-Maliki, con l’appoggio armato di Washington. Il numero degli ammazzati
è salito dai 90 del settembre 2007 ai 213 del marzo 2008.
Le forze di Al-Maliki hanno arrestato da gennaio ad oggi oltre 1.100 persone,
quasi tutti ufficiali ex Baathisti - il Pentagono li chiama «Al Qaeda in Iraq» e
annuncia una vittoria su «al Qaeda». La minoranza araba di Mosul denuncia che il
«governo» sciita di Maliki ha tagliato l’acqua alla parte della città dove
abitano loro, «come punizione collettiva contro gli arabi che rifiutano la
kurdizzazione di Mosul». Intanto, le milizie curde (Peshmerga) vanno casa per
casa a far firmare alle minoranze delle lettere, in cui le persone devono
dichiarare che la loro proprietà è collegata ad un’area dominata dai kurdi.
Peshmerga e miliziani sciiti di Al Maliki (che ora formano l’esercito regolare,
diciamo così) sono noti per far sparire uomini a decine, che poi vengono trovati
orribilmente mutilati. La gente firma.
Il tutto in vista delle elezioni provinciali di novembre (sono state rimandate
di un mese): dove, dopo questo trattamento, la popolazione di Mosul liberamente
sceglierà di passare sotto il Kurdistan, oggi protettorato di Al-Mossad. Anni ed
anni di orribili sofferenze attendono ancora gli iracheni. E’ stupefacente però
che questo popolo massacrato, privo ormai di tutto, dove tutti sono nemici ormai
l’uno dell’altro, continui ad opporre una continua, potente e inarrestabile
resistenza all’occupante.
Lo riconosce il sociologo statunitense Michael Schwarz (3): «A Washington, per i
politici democratici non meno che per i repubblicani, l’idea resta quella... di
un Iraq con una economia neoliberista, con un settore petrolifero moderno in cui
le multinazionali usano la tecnologia più avanzata per aumentare al massimo la
produzione di petrolio che stagna. La resistenza irachena, di ogni genere e ad
ogni livello, ha tuttavia impedito a questa visione di diventare realtà. A causa
degli iracheni, la gloriosa Guerra Globale al Terrore si è tramutata in una
guerra vera, senza fine e senza speranza. Gli iracheni hanno pagato un prezzo
terribile per resistere. L’invasione e le politiche sociali ed economiche che
l’hanno accompagnata hanno distrutto l’Iraq, lasciando il suo popolo in
privazione totale (destitute). Nei primi cinque anni di questa guerra senza
fine, gli iracheni hanno sofferto più, resistendo, che se avessero accettato e
sopportato il dominio economico-militare americano. Ma, coscientemente o no,
essi si sono sacrificati per fermare la progettata marcia di Washington lungo il
Medio Oriente petrolifero, sulla strada di un Nuovo Secolo Americano che, ormai,
non sarà mai più».
C’è qui il riconoscimento di un evento -cui stiamo assistendo- che non riguarda
più la cronaca storica. Senz’armi e alla fame, irradiati da uranio, senza guida,
senza unità e persino senza umana speranza, coscientemente o no, non nazioni, ma
«fazioni» (4) islamiche stanno resistendo vittoriosamente alla Bestia e alla sua
Babilonia globale, la sfiniscono e la fanno piegare: lo fanno in Palestina, lo
fa Hezbollah, lo fanno gli iracheni. Questi, con «l’estremo sacrificio di sè
sotto le più avverse condizioni» - che è la definizione stessa dell’eroismo
militare.
I media e la propaganda del nemico, stupido vile e feroce, non glielo
riconoscono: li chiamano terroristi. Dio, credo, avrà un altro giudizio. E
quello su noi cristiani complici, temo, non sarà lieve.
Maurizio Blondet
1) Archie Bland, «Oil: a global crisis», "Independent", 25 maggio 2008.
2) Pepe Escobar, «The Mosul riddle», "Asia Times", 24 maggio 2008.
3) Michael Schwarz, «How the US dream foundered in Iraq», "Asia Times", 24
maggio 2008.
4) «Taifa mansura», ossia fazione sostenuta e benedetta, fu l’espressione che
Maometto usò in una delle sue visioni dei tempi ultimi: una fazione appoggiata
(da Dio) avrebbe continuato a lottare anche nelle condizioni più difficili; e
quando gli chiesero quale fosse questa fazione, rispose: «La gente che vive ad
Al-Aqsa e nei dintorni», ossia i palestinesi. (vedi Hamza Piccardo, «Miracolo a
Baghdad», Edizioni Al-Hiikma, pagina 109). Un altro hadith pare riferirsi ai
nostri giorni: «Dice Abu Nadhrah: Noi eravamo seduti in compagnia di Jabir bin
Abdullah (R.A.) quando lui disse: "Presto le persone dell’Iraq riceveranno né
cibo (grano) né soldi". Noi chiedemmo: "Perché accadrebbe tale cosa?" Lui
rispose: "A causa dei non-arabi". Lui disse poi: "Presto le persone di Shaam (la
Siria) riceveranno né cibo, né soldi, né grano". Noi chiedemmo perché sarebbe
accaduto questo. Lui rispose: "A causa dei romani (gli occidentali)"».
il COMMENTO di Giorgio
Vitali:
Le considerazioni qui appresso
espresse da Blondet ci trovano perfettamente consenzienti. La
situazione, per I nostri nemici DI SEMPRE, non è delle migliori. Le
sbruffonate che costoro, con l'aiuto dei Media asserviti e con il
concorso indiretto di classi politiche vili di alcuni (ma solo
alcuni) paesi d'Europa ed il compiaciuto e compiacente concorso
della Chiesa cattolica, vanno diffondendo per il mondo non sono
sufficienti a coprire un definitivo fallimento sociale, economico,
finanziario, militare e soprattutto culturale. Ricordiamo che la
"Way of life" americana è un prodotto dell'industria culturale
d'anteguerra (1940-45), mentre i film "Rosa con piscine", "Esther
Williams", "Bulli e pupe", "Bellezze al bagno", "Artisti e modelle",
sono roba anni cinquanta per sbalordire un'Europa piegata e
ingelosire i paesi sotto dominazione sovietica.
Poi, eccettuate alcune fictions ancora in voga ("Dallas", "Sentieri"
e quant' altro) l'industria d'esportazione culturale statunitense è
passata al solo servizio dello sviluppo e della diffusione della
"religione olocaustica".
Addio America! Addio Sogno Americano! Le università statunitensi
sono vuote di americani, e piene di europei o ex europei. La grande
cultura americana (Ezra Pound, Alice Toklas alias Gertrude Stein, E.
Hemingway, F. S. Fitzgerald, etc. peraltro venuti in Europa alla
ricerca di un antico paradiso), sono anch'essi un retaggio anni 50.
La decadenza incombe e con essa lo spettro del fallimento
internazionale e la morte del progetto di "dominio globale"
attraverso il potere finanziario e la rapina da parte delle
multinazionali schiaviste.
È il POPOLO che vince sempre tutte Le battaglie contro le minoranze
nemiche. La resistenza del POPOLO islamico è determinante CONTRO
qualsiasi tentativo di assoggettamento tramite sradicamento...
mentre il resto dell'Umanità ha capito o mostra di iniziare a
capire.
La tragedia di ogni disvelamento della verità profonda della vita
dei popoli consiste anche nel non riuscire più a mascherare con
menzogne secolari la realtà che sottintende certi ben determinati
comportamenti, per lo più di rapina.
L'alleanza della Chiesa con gli USA fondamentalisti di Bush, basata
peraltro su antiche consuetudini opportunistiche, (l'accordo con
l'imperatore Carlo V dopo l'infame sacco di Roma del 1527, non
risolse i problemi religiosi degli europei, chè anzi metteranno a
repentaglio il potere papale per tutto IL seicento) non migliorerà
di sicuro le credenze religiose e la fede dei cristiani, mentre ogni
tentativo di fomentare l'integralismo per creare un nuovo fronte di
guerra è destinato a cadere da solo di fronte ad una progressiva
presa di coscienza dell'intera umanità dei meccanismi di
condizionamento mentale. E non basteranno i missionari sparsi per il
mondo a garantire un qualche atteggiamento di simpatia dei popoli
affamati verso gli sfarzi della Chiesa di Roma, soprattutto dopo il
summit di Roma della FAO... Anzi! Sono proprio i missionari a dare
segni di stanchezza e di ribellione. (Sergio Romano, "Panorama",
30/04/2008: «Da questo momento la Chiesa cattolica è più Americana
di quanto sia stata in passato. E, di conseguenza, un po' meno
europea»)
Per loro non finirà bene.
Durante l'ultimo conflitto mondiale noi cantavamo che la fine
dell'Inghilterra sarebbe iniziata da Giarabub. Non era un'illusione.
Era vero perchè i meccanismi della storia son sempre gli stessi. Noi
possiamo aver perso, e forse anche male, un durissimo conflitto, ma
l'Inghilterra ha perso l'Impero, conservato per secoli con tanta
fatica. Perchè quando i POPOLI si ribellano (o semplicemente si
difendono) non c'è potere economico o militare che tenga.
Giorgio Vitali
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