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venerdì 10 febbraio 2012

 

Stragismo: la favola dei "Servizi separati"
 

Maurizio Barozzi     

   

A fronte di anni e anni di stragismo che hanno insanguinato il nostro paese e in conseguenza della incapacità delle Istituzioni, magistratura compresa, che non sono riuscite a dare un nome e cognome ai mandanti ed esecutori delle stragi e in virtù di un evidente coinvolgimento di polizie e apparati delle nostre Istituzioni, soprattutto dei Servizi, risultati implicati a vari titoli per istigazioni, omissioni, reticenze e depistaggi, non si è trovato di meglio che inventarsi la favoletta dei Servizi "deviati" o "infedeli", che avrebbero tramato per propri interessi di parte, contro le Istituzioni democratiche.

Una versione questa utile per salvaguardare la "continuità del potere" e facilitare il compito di quelle forze politiche, soprattutto partiti, che non hanno mai avuto alcun reale interesse a cercare la verità, perchè quella verità sarebbe stata troppo dirompente e sconveniente anche per la loro futura esistenza politica.

Senza questo escamotage, infatti, si sarebbe dovuto ammettere che si era in presenza di una Strage di Stato, come all'epoca e da subito venne indicato dagli anarchici del Ponte della Ghisolfa.

A onor del vero non ce li vediamo gli uomini delle Istituzioni del tempo o gli uomini dei Servizi a far deporre, per anni e anni, bombe assassine. I primi, per quanto spesso si siano poi rivelati furfanti e ladroni non arrivavano a tanto, magari in qualche caso "sapevano" e tacevano, ma non più di tanto. I secondi erano in genere dei militari o comunque si sentivano "servitori dello Stato" nel cui interesse ritenevano di agire. Il problema stava nel meccanismo perverso della subordinazione del nostro paese al sistema atlantico che lo esponeva ad ingerenze straniere e consentiva ai grandi burattinai delle strategie internazionali di attuare strategie e ispirare azioni anche di stampo criminale.

In ogni caso questa stupidaggine dei servizi infedeli o addirittura "separati", non sta nè in cielo, nè in terra, per il semplice fatto che il nostro paese, a seguito della sconfitta militare e l'imposizione di un vero e proprio Dictat, a cui seguirono accordi e protocolli successivi, molti dei quali segreti, come ad esempio quelli sulla Gladio, è colonizzato e quindi privo di ogni autonomia militare. Nella fattispecie l'Italia, inserita nel sistema atlantico, ha visto i suoi alti vertici militari subordinati a quelli della NATO.

Questo vuol dire che nessuna polizia italiana, nessun servizio di Intelligence del nostro paese, può scantonare più di tanto o divergere dalle esigenze di questo inquadramento.

Di conseguenza, almeno nei grandi e gravi fatti storici, i nostri Servizi non hanno mai avuto quella autonomia necessaria a consentirgli strategie o iniziative autonome e comunque le Intelligence occidentali ne sono sempre state informate adeguatamente. Se non sono intervenute è perchè c'era un loro interesse a quanto accadeva.

All'interno dei nostri Servizi, che oltretutto dipendono in tutto e per tutto dal potere politico, possono esserci state rivalità personali, referenti politici di diversa natura, cosa questa che implica colpi bassi, lotte intestine, mancanza di scambi di informazioni e quant'altro, ma sono tutte divergenze di settore, marginali, perchè niente si muove se le grandi Centrali Occidentali non sono consenzienti.

Ergo, se uomini dei Servizi depistarono, nascosero prove o agirono illegalmente, eccetto qualche eventuale caso personale, non lo fecero per una loro strategia o interesse di parte, ma fu perchè si trovarono ad operare in un "sistema" che per tutta una serie di cause e concause esponeva il nostro paese a subire condizionamenti, ordini e influenze straniere.

A questo proposito il 20 giugno 1974 su "Il Mondo" Riccardo Lombardi, già partigiano, azionista, poi socialista, ex Prefetto e Ministro, ebbe ad affermare:

«In base agli accordi NATO, il SID è tenuto a passare notizie e ricevere istruzioni da una centrale apposita della CIA che dipende direttamente dalla presidenza della Repubblica (...) Analoghi collegamenti vengono mantenuti con organismi dei paesi comunitari, particolarmente per tramite della Divisione Affari Riservati».

Tanto per avere un idea della nostra subordinazione alla NATO, si consideri solo che per la Francia, pur in qualche modo non sconfitta nella guerra, De Gaulle nel 1966, al momento di far uscire il suo paese dal comando integrato della NATO, ebbe a denunciare l'esistenza di protocolli segreti che ledevano la sovranità della Francia. Si figuri per l'Italia!

In ogni caso, a dimostrazione di quanto qui sopra affermato, vogliamo riportare delle importantissime rivelazioni espresse non molto tempo addietro dal generale Gian Adelio Maletti un pezzo da novanta della nostra intelligence degli anni '70 in quanto fu, dal 15 giugno 1971 al 30 settembre 1975, il numero due del nostro Servizio Informazioni della Difesa (SID) e responsabile del reparto "D" quello del controspionaggio.

Come noto, a seguito di alcune condanne, inflittegli per il suo operato al SID in quegli anni, Maletti si rifugiò in una specie di esilio in Sud Africa.

Qui nel novembre del 2010 venne intervistato dai giornalisti Andrea Sceresini, Nicola Palma, e Maria E. Scandagliato, che poi pubblicarono l'intervista nel libro "Piazza Fontana Noi sapevamo" edito da Aliberti nel 2010. Un libro di estrema ed eccezionale importanza per far luce su quei tragici eventi.

Ora noi sappiamo bene che libri del genere, con rivelazioni così dirompenti, possono avere spesso una loro motivazione occulta e a volte devono divulgare o coprire certe situazioni, e comunque non tutto quello che vi viene riportato deve prendersi come oro colato. Oltretutto si può dare per scontato che non tutti i segreti vengono riferiti e che le informazioni così fornite vanno sempre verificate e confrontate in un più ampio quadro storico.

Per fare un esempio, mentre in questo libro-intervista al generale Maletti, questi sembra mettere l'accento sul ruolo americano nelle stragi e nel golpe Borghese, in un altro importante libro-intervista, dello stesso anno e per gli stessi avvenimenti, edito dalle edizioni Chiarelettere, cioè "Intrigo Internazionale " di Giovanni Fasanella e Rosario Priore, l'ex magistrato che ha indagato per anni sul terrorismo, pone invece l'accento soprattutto sul coinvolgimento della Gran Bretagna.

Comunque sia, nel leggere l'intervista al generale Maletti, la prima cosa che salta evidente agli occhi, se pur ce ne fosse stato bisogno, è la conferma della nostra dipendenza dalla strategia militare americana quindi atlantica.

Apprendiamo infatti che Maletti si formò militarmente dal 1949 al 1950 negli Stati Uniti, nella scuola di Fanteria di Fort Benning, in Georgia, e sette anni dopo, nel 1957, frequentò la scuola di Stato Maggiore di Fort Leavenworth nel Kansas.

Un percorso questo di formazione militare in America, comune a tanti altri nostri quadri militari, compreso il numero uno del SID di allora ovvero il generale Vito Miceli che aveva preventivamente frequentato un lungo corso presso il NATO Defense College

Del resto è noto che anche il nostro servizio di Intelligence civile, posto sotto la direzione di Umberto Federico D'Amato, già collaboratore dell'OSS di James J. Angleton e medaglia Bronz star della CIA, divenuto poi direttore dell'Ufficio Affari Riservati del Ministero degli Interni, era stato anche sovrintendente alla Segreteria Speciale Patto Atlantico ed aveva operato in ambito NATO anche dopo la soppressione dell'Ufficio AA.RR. del giugno 1974. Nella sede di Bruxelles della NATO fu intitolato un salone a Umberto F. D'Amato, il funzionario noto come lo "Edgar Hoover italiano".

Il generale Maletti, dirà anche esplicitamente che gli «americani avevano influenza sul Viminale, avevano influenza sul SID, avevano influenza sul governo, avevano influenza sulla nostra politica estera».

Quindi rivela che all'epoca gli Americani, nella fattispecie la CIA, nei confronti dei colleghi italiani «non sono stati mai chiari e non ci hanno mai dato un aiuto, neanche nel lavoro di controspionaggio, che pure era il loro pane quotidiano», ed ha aggiunto anche che è «Inutile negarlo. Esisteva tra noi e Washington, un rapporto simile a quello che legava la Vienna di Dollfuss alla Roma di Mussolini. Non si possono trascurare inoltre gli aiuti economici: il servizio americano forniva a quello italiano ingenti somme di denaro».

Più avanti nell'intervista, a proposito della Gladio e della scuola di addestramento in Sardegna, Capo Marangiu, aperta anche ai sotto ufficiali di Maletti, questi specifica che non era finanziata dal Ministero della Difesa, ma «era la dimostrazione lampante del fatto che il SID dipendeva dalla CIA: il servizio segreto USA l'aveva finanziata e organizzata».

Come si vede siamo in presenza di una vera e propria colonizzazione.

Già a questo punto potremmo chiudere la nostra tesi che definisce puerile o deviante parlare di Servizi "separati", ma torniamo andiamo avanti.

Veniamo alla strage di Piazza Fontana. Gli intervistatori (Sceresini, Palma e Scandagliato, n.d.r.), gli chiedono dell'esplosivo utilizzato in quell'infame strage.

Risponde Maletti: «L'esplosivo giunse dal Brennero a bordo di uno o più Tir... che erano partiti dalla Germania, erano giunti in Italia e avevano scaricato una certa quantità di materiale in Veneto a Mestre. Si trattava, come detto di materiale esplosivo: fu consegnato ad un esponente della cellula mestrina di Ordine Nuovo (...) Arrivava da un deposito militare americano in Germania».

Altra domanda: «In quanti erano il 12 dicembre 1969 a Piazza Fontana?»

Maletti: «Erano in quattro, due dentro e due fuori dalla banca». E più avanti il generale specifica: «Washington probabilmente non conosceva il bersaglio. Gli americani cioè non avevano idea di dove la bomba sarebbe esplosa. Questa scelta spettava ai gruppi italiani... Gli americani insomma non eseguivano il lavoro sporco: mi pare ovvio».

Spostiamoci ora di un anno più avanti ed arriviamo al famoso "Golpe Borghese".

Gli intervistatori chiedono al generale: «Chi c'era dietro il golpe Borghese?»

Maletti: «Gli americani senza dubbio. Sapevano tutto. Seguirono gli sviluppi dell'azione ora per ora, passo per passo».

Altra domanda: «Quando lei generale, parla di americani, che cosa intende, la CIA?»

Maletti: «La CIA certo, ma non solo. C'era anche il CIC il controspionaggio militare. (...) Le bombe avevano uno scopo ben preciso: creare insofferenza politica. (...) Le sinistre stavano avanzando. Agli Stati Uniti interessava moltissimo se lo stivale, in un modo o nell'altro, si fosse staccato dalla carta della NATO, sarebbero stati guai grossi. Molte ottime basi sarebbero andate perdute. Lo slittamento insomma andava bloccato con ogni mezzo».

Le risposte di Maletti però, se proiettate su oltre 15 anni di stragi, non chiariscono in pieno quali erano le vere intenzioni statunitensi, a nostro avviso solo marginalmente preoccupati dalle sinistre. Nè chiariscono perchè venne organizzato quel golpe da operetta che con quelle forze messe in campo, non avrebbe potuto avere successo: chi e perchè, infine, ordinò a Valerio Borghese di fermare all'ultimo momento l'operazione; quali erano i veri intenti di questa che ha tutta l'aria di essere stata una messa in scena utilizzata successivamente dalle forze politiche per ricatti reciproci, visto che oltretutto gli Americani non potevano avere interesse ad un colpo di stato in Italia che avrebbe causato, a livello internazionale, più problemi che altro. Dunque l'organizzazione e le finalità di quel Golpe, rimangono ancora non adeguatamente decifrate.

A proposito di questo Golpe, il libro delle edizioni Aliberti, svela anche un altro aneddoto esilarante che se fosse stato a conoscenza del regista Monicelli al tempo del suo film "Vogliamo i colonnelli" lo avrebbe certamente inserito nella pellicola.

Dunque, sembra che un commando di "golpisti" si recò a casa del capo della polizia Angelo Vicari per catturarlo. Si introdussero nel palazzo e balzarono nell'ascensore, ma non essendosi accorti della targhetta che indicava i limiti di peso massimi, pigiato il bottone rimasero bloccati. Pesavano troppo. Saranno liberati, dopo una notte di improperi solo la mattina seguente. Commenta il generale Maletti, a conoscenza dell'episodio: «Fu una operazione all'amatriciana».

Ancora sul quel Golpe, il generale Maletti conferma quello che si era sempre saputo:

«La mafia era coinvolta certo. Agiva da supporto. La mafia appoggiava l'eversione, quella di destra, ovviamente. E vi dirò di più. I malavitosi erano in buoni rapporti con gli americani. Gli americani hanno sempre usato la mafia. Lo fecero nel 1943, quando si trattava di conquistare la Sicilia, e lo fecero anche in seguito: non per motivi criminosi, intendiamoci. Per motivi di conoscenza e prevenzione».

Ma non solo per questo, caro Maletti, riteniamo noi.

Questi i passi salienti del libro intervista al generale Gian Adelio Maletti.

Ne consigliamo comunque tutta la lettura che, pur con le riserve dai noi precedentemente espresse, ci attesta un quadro storico veramente inquietante e dimostra la subordinazione dell'Italia nel sistema atlantico, con tutte le conseguenze del caso.

Per fare un altro esempio, l'ex responsabile del reparto D del SID, nomina o conferma tanti cosiddetti "camerati", che all'esterno facevano i fascisti, anzi spesso i nazisti, ed invece erano collaboratori, informatori del servizio segreto o degli AA.RR. e tutti ovviamente in qualche modo implicati, in faccende poco pulite.

La stessa favoletta dei Servizi infedeli o deviati, utile per sviare dai veri responsabili di quelle Stragi, la ritroviamo anche nella valutazione delle responsabilità massoniche.

Anche per la massoneria, infatti, che spesso la troviamo in mezzo alle trame di quegli anni, si tende a parlare di Massoneria deviata. Un altra fola.

In realtà non esiste nessuna massoneria deviata, ma semplicemente la Massoneria ovvero una Consorteria, materializzata sotto varie forme, una lobby di potere che, a seconda delle necessità storiche assume una determinata veste e una particolare funzione, che ha le sue ramificazione e le sue lotte intestine ideologiche o di potere, i suoi personalismi, spesso anche accesi e violenti, ma che sempre e comunque, nei momenti determinati ed essenziali, risponde all'obbedienza dell'Alta massoneria (universale) che la presiede.

Per fare un esempio, citando la tanto demonizzata loggia "P2", si deve avere ben presente che non trattavasi di un corpo estraneo alla massoneria, una massoneria deviata come si vuol far oggi credere, ma era una forma e una struttura massonica che in un certo periodo storico svolse un determinato compito.

Finite queste esigenze ed evolutisi certi rapporti politici è stata smantellata, magari facendo volare per aria qualche straccio, ma questo non deve trarre in inganno.

Comunque sia, se oggi non conosciamo con precisione chi ha materialmente deposto la bomba di Piazza Fontana e tutte le successive bombe e stragi che, più o meno hanno continuato a insanguinare il nostro paese fino ai primi anni '90, possiamo però dire di avere oramai un quadro esauriente di quegli avvenimenti.

Tutta la strategia della tensione, che non inizia nel 1969 ma qualche anno prima, era finalizzata a destabilizzare il sistema politico italiano, affinchè non nascessero, dai governi dell'epoca, iniziative dal sapore autonomistico. Questo, tanto più, mano a mano che ci si avvicinava al conflitto mediorientale, la guerra dei "sei giorni" del giugno 1967, dove si sarebbe determinato uno stato di grave, lunga e delicata crisi nel mediterraneo.

Era quindi necessario che certi paesi, e l'Italia tra questi, rimanessero ancorati saldamente al sistema atlantico e non seguissero l'esempio di De Gaulle che nel 1966 aveva fatto uscire la Francia dai quadri militari NATO.

In Grecia fu necessario attuare un vero e proprio Golpe militare (dei Colonnelli, aprile 1967, diretto dalla CIA), mentre in Italia, non essendo questo possibile, nè utile, si sperimentarono le strategie della guerra non ortodossa e quelle dette Chaos, tutte di matrice americana. Ovvero azioni e manifestazioni violente, bombe comprese, spesso sotto falsa denominazione, che destabilizzassero il quadro politico e sociale del paese, ingessassero i governi (per fare un esempio, non dovevano più realizzarsi iniziative autonome come quella di Enrico Mattei che fu necessario assassinare nel 1962) e quindi, di fatto stabilizzassero la situazione politica nell'inquadramento internazionale dell'Italia.

La violenza e le bombe, una volta così innescate, andarono poi anche un pò per conto loro ed anzi, terminato lo stato di emergenza nel mediterraneo e quindi le esigenze NATO, cambiati certi assetti politici e referenti dei Servizi negli Stati Uniti (Watergate) le strategie occidentali, applicate sulla nostra pelle, cambiarono segno e obiettivi.

Lo fa capire, nel libro in questione, anche il Generala Maletti, quando a domanda: «E da chi partiva la strategia stragista?» Il generale risponde: «Nixon ne era a conoscenza. Era un uomo d'azione: molto spregiudicato e molto anti-sovietico. Tutto ciò andò avanti fino al tramonto di Nixon. Fino alla strage di Brescia, insomma».

Ma dalla strage di Brescia in avanti, le bombe continuarono a scoppiare, ma ora non più per farle apparire come bombe "rosse", anarchiche, anzi ora dovevano sempre più apparire come "bombe nere" quali il frutto del terrorismo neofascista.

Il materiale umano, già precedentemente impiegato dai grandi burattinai, non mancava di certo, nè mancavano varie schegge impazzite che ora erano state abbandonate a sé stesse.

Era quindi in atto una nuova e ancor più subdola strategia finalizzata, dietro l'esecrazione e l'indignazione del terrorismo nero, a spostare tutto l'assetto e la vecchia cultura borghese del nostro paese su posizioni progressiste e culture neoradicali. Quello che infatti è poi avvenuto e che ha agevolato l'attuazione della Seconda Repubblica, quella che, dal 1992 in avanti, ha definitivamente omologato il nostro paese nel nuovo ordine Mondialista.

Una semplice considerazione fa capire tutta la perversa operazione allora in atto.

Il 24 maggio del 1974, dopo che la magistratura si era messa in moto ed aveva chiaramente smascherato le precedenti trame che avevano addossato agli anarchici le bombe ai treni e alla fiera campionaria dell'aprile 1969 ed ovviamente poi quelle di Piazza Fontana del dicembre dello stesso anno (anche se Valpreda risultava ancora imputato), a maggio dicevamo, esplose una terrificante bomba a Brescia, durante un comizio sindacale antifascista.      I soliti morti, feriti, invalidati, ecc. e i soliti depistaggi dei Servizi.

Il fatto è però che in questo caso risultava evidente che, a prescindere da chi l'abbia collocata materialmente, a qualsivoglia gruppo appartenesse, chi ideò di porre una bomba a Brescia ad un comizio sindacale antifascista, era ben conscio che morti e feriti sarebbero stati addebitati alla destra neofascista, visto che oramai da tempo erano in corso tutta una serie di inchieste, procedimenti giudiziari, arresti e così via nell'ambito dell'estremismo di destra da più parti ritenuto responsabile per Piazza Fontana, e tanto più dopo che, pochi giorni prima, un ragazzo della destra neofascista, Silvio Ferrari, era saltato per aria a causa dell'esplosivo che trasportava.

Chi ha ideato o ispirato quella bomba, quindi, lo ha fatto per innescare una sorta di caccia al "terrorista nero" che proseguì negli anni seguenti quando scoppiarono altre bombe sui treni, in particolare sull'Italicus.

Non fu a caso che il 5 agosto 1974 in tutto il paese si manifestò la protesta antifascista contro la strage dell'Italicus, con manifestazioni e cortei anche nelle località turistiche. Il giorno 9 poi, oltre 100.000 persone parteciperanno ai funerali.

Anche questa strage, chiunque ne sia stato l'esecutore, aveva quindi un duplice scopo: tenere ancora destabilizzata la situazione politica italiana ed allo stesso tempo permettere alle correnti "progressiste" di sfruttare il clima di orrore e indignazione che si sviluppa in tutto il paese per stragi che oramai tutti definiscono fasciste. Anche qui, ovviamente non si arriverà mai a individuarne i mandanti.

Come si vede quindi tutto il periodo stragista è alquanto ambiguo: i burattinai sono sempre gli stessi, ma cambia di colore nel giro di pochi anni, è va indagato e interpretato con occhi imparziali, ma soprattutto rigettando i teoremi di facile consumo mediatico.

Quindi non esistono, concretamente, Servizi deviati. Quando questi organismi si muovono in un certo e grave contesto storico, si assumono determinate responsabilità, non lo fanno per interessi di gruppo, o comunque non solo. Ma soprattutto, essendo subordinati al sistema NATO, non possono agire in modo divergente o all'insaputa dei vertici atlantici.

Aver impostato teoremi, inchieste e servizi giornalistici su questa riduttiva interpretazione, non solo è stato un atto abominevole, per chi si diceva interessato a scoprire la verità e a cui stava caro, ma solo a parole, il ricordo delle vittime, ma ha impedito e continua a impedire una indagine a 360 gradi che non guardi in faccia a nessuno.

 

Maurizio Barozzi       

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