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Sulla questione "Gheddafi" usciamo dal tifo da stadio

 

 Maurizio Barozzi  (15 marzo 2011)

 

Di questi giorni assistiamo a uno scatenamento dei mass media intenti a manipolare le notizie che giungono dalla Libia atte a disegnare un ritratto di Gheddafi con le stesse modalità utilizzate a suo tempo per Saddam Hussein.
Il giochetto occidentale è noto: si identifica e si tratteggia il "mostro" e si prepara l'opinione pubblica facendogli desiderare che si faccia finita una volta per tutte con questo mostro.
Nel caso di Saddam, sappiamo bene come andò a finire: l'occidente si impossessò delle importanti risorse energetiche dell'Irak e spazzò via un elemento geopolitico, se non antitetico, ma comunque di forte disturbo per Israele.
Nel caso di Gheddafi però, nonostante le analogie c'è qualcosa che stride, che non quadra.
La domanda che subito viene spontanea è ovviamente questa: perchè l'occidente anche questa volta si sta tanto sbracciando per additare il nuovo mostro e quindi farlo defenestare?
E perchè invece in qualche modo lo si è lasciato militarmente riprendere da una sicura caduta?
Cosa nasconde l'ambiguo atteggiamento di Israele in merito alla questione libica?
La situazione è molto confusa.
La prima cosa di cui bisognerebbe prendere atto è quella che singole persone, piccoli gruppi o sporadiche associazioni, che sentenziano e prendono posizione su la questione libica e il problema Gheddafi, volenti o nolenti, non contano nulla, nè hanno alcuna possibilità di incidere nella realtà politica internazionale.
Quindi bisognerebbe pesare bene le prese di posizione, indicare con la massima precisione possibile certe situazioni che si svolgono sotto i nostri occhi, nell'intento di veicolare idee, concetti e chiavi di lettura del quadro internazionale, affinchè sia fatta il più possibile chiarezza.
In sostanza, non avendo possibilità alcuna di incidere nel contesto politico, non è necessario schierarsi con una fazione o con un altra, ma ragionare e far ragionare le persone su quanto accade.
Vediamo: Gheddafi ebbe indubbiamente il merito di sottrarre la Libia dall'area di ingerenza occidentale, creando un certo danno soprattutto agli inglesi e consentendo invece all'Italia di reinserirsi nel gioco del controllo delle fonti energetiche del mediterraneo. Nel suo pregevole libro, l'ex magistrato Rosario Priore avanza addirittura l'ipotesi che dietro Piazza Fontana e la strategia della tensione, c'era a suo tempo, l'intelligence britannica. Una tesi questa forse esagerata, visto che la strategia della tensione, come il golpe dei colonnelli in Grecia, nacquero soprattutto dalla necessità UsaIsrael di controllare, destabilizzandoli, i paesi NATO del sud Europa in vista e in conseguenza della "guerra dei sei giorni" e relativa situazione esplosiva nel mediterraneo.
Ma certamente anche il problema del controllo delle fonti energetiche, il vero problema geopolitico che ha insanguinato tutto il XX secolo, non ne era estraneo (ne sanno qualcosa Mattei e Moro).
Ritornando a Gheddafi possiamo dire che dopo qualche anno, di forte spinta ideale, che aveva fatto nascere speranze di una ripresa di un tipo di politica antioccidentale in medio oriente (noi stessi della Federazione Nazionale Combattenti della RSI ne salutammo con favore l'ascesa al potere in quei primissimi anni '70), a poco a poco, è rifluito e si è chiuso nella gestione delle immense ricchezze che gli rendeva il controllo del petrolio libico. Il fatto infine che per difendere certe posizioni di potere, personale e famigliare, è oggi disposto anche al massacro dei propri concittadini (esagerazioni dei mass media a parte) non ce lo rende di certo simpatico.
In effetti la cosiddetta rivoluzione verde, di antioccidentale aveva ben poco e l'intrusione dei libici nei consigli di amministrazione e nei pacchetti azionari di mezzo mondo finanziario e industriale, la dice lunga.
Da anni poi si era riappacificato totalmente con gli USA, ed una sua certa politica, apparentemente anti israeliana, in realtà ha fatto il gioco proprio di Israele, facendo sorgere il grave dubbio sulle origini di Gheddafi, ebreo da parte di madre, visto che la nonna ebrea aveva abiurato la fede per sfuggire al marito che la maltrattava. Oggi Gheddafi, per la "legge del ritorno", potrebbe anche tranquillamente esiliarsi in Israele, ovvero fare alyah, come tanti altri criminali, oligarchi e mafiosi ebrei russi.
Maurizio Blondet ha scritto un interessante articolo proprio su queste origini spurie di Gheddafi e sul suo "doppio gioco" che da anni va conducendo in medio oriente dove predica un apparente anti americanismo e antisionismo, ma in realtà finisce per fare gli interessi di questi presunti nemici.
Ricorda Blondet, in parte riprendendo da Thierry Meyssan: «Tra i personaggi liquidati dal colonnello su istruzioni israeliane, Meyssan nomina Abdel Khaled Mahjoub: leader del Partito Comunista Sudanese, nel luglio 1971 tentò un colpo di Stato nel suo Paese, fallito il quale chiese ed ottenne asilo politico a Gheddafi, che credeva amico. Il colonnello lo accolse, e prontamente lo riconsegnò al nemico politico sudanese di Mahjoub, il generale Numeiri, che fece fare al capo comunista la fine che immaginate. Le sole guerre condotte da Gheddafi contro l'imperialismo ebraico americano sono guerre di parole, nel cui oltranzismo è certamente imbattibile. Peccato che ogni sua altra iniziativa apparentemente anti-israeliana sembri escogitata per danneggiare i nemici di Sion. Così, nel 1980, per far pagare al presidente egiziano Anwar Sadat il coraggioso trattato di pace con Israele, il colonnello espulse dalla Libia 200 mila lavoratori immigrati egiziani, con le conseguenze sociali immaginabili in Egitto. Nel 2003, quando volle tornare nelle grazie di Washington, Londra e Sion, Gheddafi apertamente rinunciava al (ridicolo) programma nucleare libico: approfittando dell'occasione, rivelò le cooperazioni sul nucleare degli altri Paesi arabi e musulmani, Pakistan, Algeria, Siria».
Noti sono i vertici della Lega Araba che Gheddafi ha fatto fallire e anche un certo suo ambiguo gioco che, di fatto, ha impedito a Saddam di trovare una via di uscita quando era oramai evidente che Bush si accingeva ad attaccarlo.
Blondet accenna quindi alla strana faccenda dei" mercenari" e al mistero che: «Gheddafi abbia chiesto alla ditta di "military contractors" israeliani Global CST di reclutare e fargli arrivare 50 mila mercenari e il governo Nethanyahu abbia dato il via libera alla ditta per salvare il suo dittatore preferito. La CST è una emanazione del regime israeliano, e ve ne sono molte prove: è stata per esempio la CST ad inquadrare ed addestrare le forze della Georgia per poi lanciarle allo scontro con le truppe russe per liberare l'Ossezia del Nord. Il suo direttore è il generale Israel Ziv, oggi a riposo, ma che nel 2006, da capo delle operazioni di Tsahal, è fra i grandi responsabili dei crimini di guerra commessi da Israele in Libano: bombardamenti che sterminarono 1.187 civili, distrussero 15 mila edifici e ridussero un milione di persone alla condizione di profughi. Non è solo che Gheddafi paga bene, offrendo 2.000 dollari al giorno per ogni mercenario africano (che riceverà 100 dollari al giorno, il resto rimane alla CST)».
Conclude quindi Blondet:
«Se si tien conto del fatto che nella sua ultima fase il colonnello si è devotamente convertito alle visioni fantastiche dei necon USA, farneticando che sono Al Qaeda ed Osama Bin Laden ad aver incitato la rivolta dei libici contro la sua dittatura -una tesi che nemmeno Magdi Cristiano Allam o la Nirenstein hanno la faccia di sostenere- forse quel che abbiamo scoperto nelle righe precedenti risponde ad alcune delle domande».
Fin qui Blondet. Detto questo è visto e ripetuto che noi non dobbiamo necessariamente prendere posizione pro o contro Gheddafi, ma rilevato che è in atto nel mondo arabo l'esplosione di forti contraddizioni che gli occidentali cercano di cavalcare a loro vantaggio, come praticamente hanno fatto in Egitto, le domande che bisogna farsi sono queste:
* Come cambierebbe lo scenario nel medio oriente e nel mediterraneo nel caso di una caduta di Gheddafi?
* Chi è veramente interessato alla sua caduta?
* Cosa rappresenta questa rivolta del popolo libico dietro la quale vi è un indubbio sostegno dell'occidente?
* Quali ripercussioni geopolitiche avrebbe il nostro paese dalla cacciata di Gheddafi e magari dal ritorno di un pieno controllo anglo americano su quelle fonti energetiche?

Non sono questioni di poco conto e necessitano di una chiave di lettura scevra dal banale tifo da stadio pro o contro Gheddafi.
 

Maurizio Barozzi