Italia - Repubblica - Socializzazione

 

PRIORITÀ  DELLA  POLITICA

A proposito  di una mozione della UNC-RSI  che dovrebbe essere presentata al Congresso di Rimini nei prossimi giorni 11,12,13 ottobre 2002.

 

Giorgio Vitali

 

Colgo l'occasione di un intervento di Stelvio dal Piaz, pubblicato su "Rinascita" del 25 settembre 2002 che riguarda la posizione di alcuni esponenti della UNCRSI, ed in particolare di coloro che fanno riferimento al gruppo "Continuità Ideale" per esprimere alcuni concetti che ritengo doverosi, anche se da parte mia e di altri sono stati più volte esplicitati in questi lunghissimi  50 anni di dopoguerra e di post-fascismo.

Mentre per un verso ritengo  un fatto positivo che finalmente la UNCRSI (posto che la mozione pubblicata su "Rinascita" venga approvata dalla maggioranza), decida di chiudere una parentesi equivoca che dal punto di vista storico e politico non ha alcuna rilevanza, dall'altro questo avvenimento richiede alcune osservazioni.

Pur cercando di essere quanto più breve e conciso, cercherò di esaminare l'argomento attraverso una sequenza logica:

1) Le dichiarazioni di Gianfranco Fini, causa della presa di posizione di molti postfascisti.

2) Analisi politica del postfascismo e del MSI

3) Posizione della FNCRSI e sua  convalida storica.

4) Conclusione politica: priorità della politica.

 

1- Dichiarazioni di Gianfranco Fini.

Si tratta di alcune dichiarazioni sgranate nel tempo fra cui la recente richiesta del perdono agli ebrei per le leggi razziali del 1938. Su questo argomento mi è capitato di leggere qua e là, Internet compreso, alcune invettive che lascio volentieri ai loro estensori. Invece ritengo molto valido un breve articolo pubblicato su "Voce del Sud" n. 29 del 21 settembre 2002 scritto da Gigi Montonato, dal quale traggo due concetti:
a) Fini da vice primo ministro non può parlare a nome di tutti gli italiani. Lo può fare soltanto il Capo dello Stato. Al massimo può parlare a nome di Alleanza Nazionale, previa consultazione dei dirigenti di quel partito:
b) Riporto per intero la frase: «Darò per nullo il risentimento del reduce salodiano Mirko Tremaglia».

Già altre volte mi era capitato di far notare l'atteggiamento di accondiscendenza se non di sufficienza con il quale tutti i Media, e forse anche gli altri esponenti di  quel partito, accennano a quel deputato ed al suo senile accanimento nel voler far votare gli italiani all'estero. Non ci potrebbe essere peggiore forma di liquidazione, e giustamente Gigi Montonato dà per nullo, in quanto politicamente ininfluente, il suo risentimento per quelle parole che, a ben vedere, sono soltanto delle parole ... almeno per il momento. Insomma, superata la fase della menzogna e dell'invettiva, fallito il comunismo, buona parte di coloro che ritenevano politicamente utile diffamare i Repubblichini (ma «quando l'accusa è esorbitante diventa insignificante» come diceva Talleyrand) hanno finalmente  deciso che è meglio tacere per non subire ritorsioni peggiori e pertanto ... gli ex combattenti RSI diventano reduci salodiani, patetici nei loro ricordi e nelle loro pretese. Questo atteggiamento mi ricorda le fotografie ingiallite delle manifestazioni  patriottiche del primo dopoguerra, con quei vecchietti in divisa da garibaldino ad indicare la continuità ideale fra l'aspetto rivoluzionario ed interventista del Risorgimento e la guerra per il completamento del medesimo. E come i decrepiti garibaldini erano invitati per avallare scelte politiche della Monarchia e del giolittismo che ben poco avevano a che fare tanto con il mazzinianesimo quanto con l'epopea garibaldina, così per tanto tempo i «reduci di Salò» sono stati funzionali ad iniziative politiche di vario tenore che ben poco avevano a che fare con la Repubblica Sociale Italiana. Tra parentesi, il tentativo di storicizzare il fascismo ed il repubblicanesimo sociale, cioè di avallare la tesi secondo cui quanto fu elaborato fra la fine dell'ottocento ed il 1945 è chiuso  nel tempo e quindi non soltanto irripetibile ma anche da dimenticare, è stato reso possibile soltanto dall'avallo di coloro che hanno permesso che si pensasse  che un partito come il MSI, con la sua paralisi politica durata mezzo secolo, abbia potuto rappresentare l'intera eredità del fascismo. Va comunque aggiunto che questo tentativo è ampiamente fallito, perché il fascismo è vivo e vitale, come dimostrano la valanga di studi e di pubblicazioni che ci inondano da sempre e come dimostrano due recentissime iniziative: "La storia del Nazismo e Fascismo" pubblicata a fascicoli dalla De Agostini e le cassette dei documentari di guerra diffusi dall'Istituto Luce. Iniziative queste decise da vertici aziendali che conoscono molto bene il mercato.  Altro punto importante che va qui sottolineato è l'aspetto sollevato da Fini  con la sua richiesta di perdono per le leggi antiebraiche  del '38. Anche questo atteggiamento parte sempre dallo stesso presupposto culturale: storicizzazione del fascismo, un partito supposto erede del partito fascista che rinuncia all'eredità in quanto impraticabile ed improponibile, richiesta di perdono e chiudiamola così. Ma qui c'è un punto fondamentale, ed è questo: che comunque si vogliano mettere le cose, qualunque sia l'esperienza o l'insegnamento che si voglia trarre dal fascismo o dalla storia del XX secolo, sta di fatto che il problema ebraico, nato agli inizi del XIX secolo tanto che lo stesso "Manifesto" di Marx fu la conseguenza di quel problema, che egli si era precedentemente posto e risolto solo in parte con un'opera fondamentale quanto poco conosciuta: come: "La questione ebraica" diffusa attraverso l'unico volume degli "Annali franco-tedeschi" pubblicato nel 1843, il problema ebraico è oggi più che mai attuale in tutte le sue implicazioni che vanno dall'aspetto politico a quello geopolitico, da quello culturale a quello religioso, da quello militare a quello dello «scontro  fra civiltà» e non sarà certamente il perdono chiesto da Fini ad «incidere di un ette» sulle forze in gioco, quelli evidenti ma  soprattutto quelle sotterranee, che si stanno affrontando sullo scenario mondiale. E qui chiudo questo primo paragrafo sottolineando la vacuità degli interventi di coloro che ritengono importanti le richieste di perdono di Gianfranco Fini.

            

2 - Analisi politica del postfascismo e del MSI.

La politica, come ho più volte sostenuto, è un'arte precisa. Primo atto della politica è un'analisi molto accurata  del quadro sociale cui deve seguire una scelta di posizionamento. Da qui discende «l'identificazione del nemico» di schmittiana memoria, ma non è tutto. Perché scegliere un nemico può essere un puro esercizio intellettuale o anche soltanto una mistificazione per fare adepti se non si viene identificati dal «nemico»  come nemico. Si ha la riprova della significatività della propria presenza nel contesto sociale soltanto se si viene identificati come «il nemico principale».  Solo in quel momento un gruppo, un partito, un movimento costituiscono una presenza vera, tangibile, che lascia il segno. Scegliere un posizionamento qualsiasi, che può essere l'estrema destra nell'emiciclo parlamentare di per sè non ha alcun significato. Aggiungiamo che un partito, un gruppo, un movimento politico si fregiano dell'aggettivo "sociale" quando la loro azione tende a coinvolgere il popolo con iniziative che non restano chiuse dentro il parlamento, ma escono allo scoperto, come ha fatto il Fascismo regime, con le bonifiche, con l'assegnazione delle terre, con le conquiste e le bonifiche per lo stesso scopo in Africa, con la costruzione di città, con interventi non transitori sull'economia. Nell'Italia del dopoguerra, caratterizzata da una falsa libertà e dalla gestione a tre della cosa pubblica fra USA, URSS e Vaticano, fu da alcune persone costituito un partito che aveva potenzialmente il voto degli ex repubblichini e dei nostalgici fascisti. Queste persone scelsero una linea politica, e lo fecero del tutto legittimamente, che fu una politica di destra, indipendentemente dal retaggio che essi intendevano a parole rivendicare. Conosco la storia della nascita del MSI anche grazie all'amicizia e frequentazione con l'avvocato Redenti, morto recentemente e che qui voglio ricordare. La linea politica di destra è stata dal MSI fedelmente seguita ed ha comportato delle conseguenze evidenti. L'emarginazione e l'allontanamento graduale di tutti coloro che, provenendo dall'esperienza repubblicana, non si identificavano in quella linea. Costoro trovarono asilo in tutte le formazioni politiche presenti nel paese, nessuna esclusa. Altri, che non vollero annegare la loro esperienza precedente nelle lotte di potere interne a quelle organizzazioni, si riconobbero in gruppi di opinione o in piccoli raggruppamenti politici. Non è un caso che quanto di più interessante ha prodotto il postfascismo in questo lungo dopoguerra venga da questi gruppi e dai loro leader: Pino Rauti con "Ordine Nuovo", Luciano Lucci Chiarissi con "L'Orologio", Giorgio Pisanò con "Il Secolo XX" e con "Il Candido", Marco Tarchi ed altri con la "Nuova Destra". La sinistra interna al MSI, quella del prof. Massi e di Beppe Niccolai ebbe  sempre vita stentata ma fortunatamente ha lasciato il segno. Di questo MSI l'espressione culturalmente più compiuta è stata per lungo tempo rappresentata da "Il Borghese" di Mario Tedeschi, la cui linea filo-atlantica e filo-israeliana era evidentissima. Ricordo lunghe discussioni al circolo dei Selvatici ... Ignoro esplicitamente le molte organizzazioni giovanili ed attivistiche anche se la loro "polivalenza" potrebbe essere particolarmente utile per chiarire meglio il ruolo svolto dal MSI in questi lunghi anni. Secondo il sottoscritto comunque, per sintetizzare con poche parole la funzione di questo partito, sarebbe utile l'utilizzo del termine di "vaso comunicante" oppure di "vaschetta di riempimento", per la similitudine con la vaschetta che serve per contenere il liquido di raffreddamento delle autovetture quando si surriscalda. Il MSI è servito per tenere in frigo i voti democristiani della borghesia che fuggivano verso destra quando la DC per ragioni tattiche si spostava più a sinistra. Giulio Caradonna è stato molto più cattivo, ma molto più informato, quando ha definito il MSI romano la sputacchiera della DC.  Ripeto che per il sottoscritto, che ha sempre guardato dall'esterno questa organizzazione  politica, si tratta pur sempre di posizioni legittime perché sostenute a viso aperto e senza eccessivi infingimenti sia in parlamento che nelle piazze (vedi, ad esempio, la fusione con i monarchici) e chi le ha sostenute con il voto e con la partecipazione interna se ne deve coassumere la responsabilità. Pertanto Fini, che è il legittimo erede di Almirante in quanto da quest'ultimo voluto a reggere le sorti di quel partito, nell'attuare la trasformazione in Alleanza Nazionale, essendo venuta meno per ragioni anagrafiche l'esigenza di continuare ad illudere i «reduci salodiani», non ha fatto che consolidare una linea politica vecchia di decenni e che aspetta oggi soltanto un'approvazione del tutto «formale» dal mondo finanziario israelitico, non certo sostanziale, perché i flussi di finanziamento in partenza da quegli ambienti non si sono mai arrestati fin dai tempi di Michelini. Un'ultima considerazione. Fini è un uomo politico e quindi ragiona in termini di consenso. La progressiva eliminazione dell'ala sinistra dal partito ha selezionato gli elettori e gli eletti in quelle liste. Si spiega così il fallimento della breve stagione della segreteria Rauti la cui linea politica non poteva non disorientare il tradizionale elettorato missista (incapacità organizzative a parte). Fini si fa forte dell'innegabile successo avuto nelle elezioni a sindaco di Roma quando si presentò in concorrenza a Rutelli. Ma non tiene conto del fatto che quel particolare voto fu l'esplosione della medio piccola borghesia burocratica romana ansiosa di poter votare per il partito appena sdoganato ed uscito dalla tutela democristiana. Però, se oggi Fini pensa di poter ottenere il consenso di quello stesso settore della borghesia vellicandone il naturale cinismo con lo sposare la causa della stessa finanza israelo-americana che vuole la guerra per poter uscire dalla crisi economica, è molto probabile che si illuda.

 

3 - Posizione della FNCRSI e sua convalida storica.

Poche parole bastano per illustrare questo concetto.

La Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana è stato il primo raggruppamento costituito nel dopoguerra fra i reduci di quella esperienza. Per meglio delimitare i confini del problema e non scadere in una rettorica che ci portiamo dietro da mezzo secolo, chiariamoci le idee sulla RSI.

La Repubblica Sociale Italiana è nata, come molte repubbliche dalla vita effimera, per una rivolta popolare nei confronti  della vigliaccheria e del tradimento dimostrati dalle classi dirigenti borghesi dell'Italia pre-fascista che nei compromessi del Regime, (un governo ventennale di Centro-Destra come lo sono stati i governi a gestione democristiana nel secondo dopoguerra) avevano trovato il modo di  mantenere i loro privilegi.

Ma questa rivolta aveva trovato in una legislazione sociale avveniristica il suo complemento, né più né meno di quanto avvenne nell'ottocento europeo con la Repubblica Romana del 1849 e con la Comune di Parigi del 1871. Ambedue soffocate nel sangue come la RSI. Pertanto voler limitare la portata di quell'esperienza politica e militare al solo significato della rivolta dell'onore ferito è stata un'operazione politica dalla chiara connotazione di destra che si è potuta sviluppare grazie al MSI. L'importante era non portare alla ribalta i 18 punti di Verona e le disposizioni del PartitoFascista Repubblicano.Queste iniziative del MSI erano poi avallate dalla più strane giustificazioni ... accettate sempre dalla maggioranza degli adepti. 

Altro punto significativo che non va sottovalutato: il territorio della Repubblica Sociale comprendeva la quasi totalità del territorio nazionale. Questo spiega anche il grande afflusso di volontari e la mobilitazione militare che fu resa possibile dal personale disponibile. Nell'immaginario popolare peraltro, l'abusata terminologia di "Repubblica di Salò" come quella di "Repubblica di Vichy" per significare la Francia nostra alleata, danno l'impressione di un territorio ristretto ai limiti di una cittadina. Al contrario, la RSI governò su un territorio molto vasto che anche negli ultimi tempi  comprendeva la parte d'Italia che va dalla Padania fino ai confini delle Alpi. Si trattò di una Repubblica presidenziale di Centro-Sinistra che Nicola Bombacci (da buon romagnolo se ne intendeva) chiamava nei suoi comizi Repubblica Mazziniana, come la sua stessa denominazione conferma. (Repubblica Sociale era e resta scritta nelle bandiere rosse del Partito Mazziniano), nemica dell'Alleanza Atlantica di allora. Nessuna meraviglia pertanto che la FNCRSI, che è stata e rimane fedele custode dei princìpi istitutivi di quella Repubblica, scindesse ben presto le sue fortune da quelle del MSI, che aveva accettato, nell'ambito di una politica di destra ed all'insegna di un «anticomunismo viscerale» e che si proponeva come il partito «più anticomunista», il paternalismo oppressivo del Patto Atlantico. Questa fu la vera ed unica ragione della nascita dell'UNCRSI, operazione coordinata e diretta da Valerio Borghese che aveva conservato solidi legami con gli ambienti della Corona Britannica, per cui questo raggruppamento di ex-repubblichini svolse la funzione di supporto combattentistico del MSI in sostituzione della FNCRSI. Di queste cose si è a lungo scritto, anche su queste pagine, a firma di Gaspare Fantauzzi, memoria storica vivente della FNCRSI, che ci ha abbandonato repentinamente pochi mesi orsono a causa di un male insidioso ed imprevisto.  Che la posizione politica sempre mantenuta dalla  FNCRSI  fosse quella giusta è dimostrato dagli avvenimenti più recenti a livello internazionale e dalla decisione di alcuni esponenti dell'Unione come quella illustrata nelle pagine di "Rinascita" del 25 settembre scorso.

 

4 - Conclusione: priorità della politica.

Non è necessario scomodare Machiavelli per capire quello che sta accadendo a livello internazionale. Con la fine del bipolarismo USA-URSS sta nascendo un nuovo bipolarismo UE-USA. Di ciò si stanno rendendo conto tutti gli uomini politici che pensano, i quali sanno anche che certi avvenimenti sono ineluttabili e vanno comunque affrontati. Quanto sta accadendo in questi giorni   dimostra a chiare note che gli USA hanno iniziato una guerra di contenimento nei confronti dell'UE attaccando il nostro più probabile  alleato. Lo scenario possibile di un prossimo futuro è stato più volte illustrato su "Rinascita" con articoli  di Geopolitica che si richiamano anche all'opera di Jean Thiriart. Il ritorno in auge della geopolitica anche nel panorama intellettuale italiano significa che a tutti i livelli della speculazione politica si sta dando risalto alla conflittualità emergente come conseguenza ineluttabile dello smembramento dell'URSS e della nascita dell'UE.

Il dibattito alla Camera sulla guerra all'Iraq, che ho potuto ascoltare grazie a Radio Radicale, ha dimostrato la divaricazione fra le posizioni in conflitto nel nostro paese. Personalmente ho apprezzato gli interventi di Mantovani per Rifondazione, Cossutta per i Comunisti Italiani ed Intini per i socialisti. Quest'ultimo è stato l'unico deputato a fare un accenno all'Europa nascente.  (Ciò non significa che io pensi che essi credono in quello che hanno detto!)

Quindi in questo momento ci troviamo a dover fare delle scelte, che però non possono più essere equivoche. Siamo di nuovo dentro la politica. E senza via di scampo: o con gli USA o con l'Unione Europea. Certe persone rappresentative che giudicavo con una punta di disprezzo hanno già fatto una scelta, forse anche opportunistica, non si sa bene, ma l'hanno fatta. Lo stesso, noi della FNCRSI l'abbiamo fatta. Noi stiamo con l'Europa contro l'America, come sempre. Altri decidano. Noi li considereremo amici o nemici sulla base delle loro scelte.

 

Giorgio Vitali