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Bufale d'autore
"L'altro Che" e la destra radicale

 

Critica di un'intervista a Mario La Ferla

autore di un controverso testo sul rivoluzionario argentino

 

Giuseppe Biamonte   
 
da "Rinascita", 27 Maggio 2009     

 

Ho letto su "Rinascita" n. 95 del 22 maggio u.s. l'intervista di Davide D'Amario allo scrittore Mario La Ferla riguardo all'ultimo suo libro dal titolo "L'Altro Che".
L'autore della pubblicazione in questione si sforza di avvalorare la fantascientifica tesi che la leggendaria figura di Ernesto Guevara, detto "El Che", icona rivoluzionaria espropriata, in maniera del tutto illegittima, da una ben nota sinistra al caviale, sia stata anche un mito e un simbolo per la destra radicale. Tesi del tutto forzata, se non infondata!
Chi, come il sottoscritto, ha vissuto gli anni giovanili della contestazione del 1968 militando, agli esordi del proprio impegno politico, nelle formazioni studentesche della destra lo sa molto bene. E non sono certo i casi-limite e i convincimenti personali, lungimiranti e controcorrente quanto si vuole ma, sfortunatamente, isolati nel contesto generale, di singoli militanti, dotati di personalità e carisma, nelle organizzazioni di destra di allora, né le posizioni di frange culturalmente audaci e avanzate, ma pur sempre minoritarie ed emarginate, come quelle ricordate dal prof. Franco Cardini citato dall'autore, che possono confermare la tesi del La Ferla.
In questo caso specifico, vale la pena sottolinearlo, l'eccezione o le eccezioni non confermano affatto la regola e le enunciazioni dell'autore costituiscono una vera e propria distorsione della realtà.
Entrando nel merito dell'intervista, il La Ferla cita, ad esempio, un articolo pubblicato dalla Giovane Italia ("Il fascista Che Guevara"), facendo intendere che quella fosse la posizione ufficiale dell'organizzazione studentesca controllata dal vecchio MSI. Al contrario simili esternazioni "eretiche" (frutto, il più delle volte, di uno spontaneismo individualista ai limiti dell'ingenuità) assolutamente incompatibili con la "Weltanschauung" regnante sia nell'ambiente destristra parlamentare sia in quello parallelo cosiddetto extraparlamentare, portavano sistematicamente all'emarginazione dei bastian contrari, fino, nei casi più eclatanti, alla loro espulsione.
Non a caso le menti più argute e perspicaci dell'epoca, a cui accenna lo stesso Cardini, non tardarono a cambiare aria, abbandonando ben presto tali formazioni asfittiche e reazionarie e guardando con simpatia, tanto per fare alcuni esempi significativi, a movimenti come "Lotta di Popolo", "Movimento Studentesco d'Avanguardia", "Nuova repubblica" o la "Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana" (FNCRSI).
Il punto di rottura (e di non ritorno) tra le avanguardie giovanili controcorrente e le organizzazioni di destra (ma anche a sinistra la situazione non era diversa) fu, a mio avviso, l'assalto, nel marzo 1968, alla Facoltà di Lettere da parte dei missini guidati da Almirante e Caradonna (le cui truppe cammellate nulla avevano a che fare, in massima parte, con la categoria degli studenti) contro il Movimento Studentesco. L'ordine tornava così a regnare sovrano e i camerieri del sistema potevano finalmente "normalizzare", assieme ai loro omologhi del PCI, una situazione che stava sfuggendo di mano ai partiti di Regime.
Si era definitivamente ristabilito il criminale principio degli opposti estremismi, tanto utile alla conservazione dello status quo e che numerosi sciagurati lutti avrebbe generato, per colpa degli ignobili politicanti in veste di cattivi maestri, tra le giovani generazioni in buona fede.
Altro che Che Guevara! Altro che Fidel Castro «conquistatore del cuore dei giovani di destra»! Persino libri come l'entusiasmante "La guerra di guerriglia" dello stesso Guevara erano considerati, nel contesto dell'abissale ignoranza culturale che aleggiava negli ambienti del destrismo nazionale, semplicemente testi terroristico-comunisti.
Ed era quella medesima destra, parlamentare o extraparlamentare che dir si voglia, piena di coreografie e di simbolismi nostalgici ma vuota di contenuti e di progetti politici, che scendeva in piazza contro il Vietnam inneggiando agli USA o che guardava con favore e compiacenza a Tsahal e allo stato sionista di Israele, alla sua politica genocida contro il popolo palestinese, ai golpisti greci protetti dalla CIA, alle repressioni degli scioperi e delle manifestazioni studentesche in Europa e nel mondo.
Ma la bussola dell'analisi politica il La Ferla la perde definitivamente quando, parlando "della destra movimentista", annovera in tale galassia eterogenea, comunque funzionale alle strategie della tensione messe in atto dai vari governi nel corso degli anni, addirittura la FNCRSI (http://fncrsi.altervista.org). Erede e custode delle istanze storiche, politiche e sociali del Fascismo Repubblicano, la Federazione Nazionale Combattenti della Repubblica Sociale Italiana, guidata in quegli anni, con grande lungimiranza e acume politico, da Gaspare Fantauzzi e Bruno Ripanti, si è sempre trovata sulla barricata opposta a quella occupata dal destrismo reazionario incarnato dal MSI e da tutti i suoi satelliti extraparlamentari.
Sostenitrice convinta delle lotte di indipendenza e di identità nazionale del popolo vietnamita e palestinese, caparbia fautrice dell'indipendenza dell'Italia e dell'Europa dal vassallaggio atlantico-sovietico instaurato a Yalta e di un'economia socialnazionale, la FNCRSI ha sempre rigettato con fierezza, determinazione e disprezzo ogni proposta e ammiccamento politico-elettoralistico che periodicamente proveniva dagli indecenti parolai del destrismo italiano.
Evidentemente il povero La Ferla non ha mai letto, pur citandole en passant, pubblicazioni come "Azimut", "Controcorrente" o "Corrispondenza Repubblicana".
Puntualmente l'analisi storico-politica elaborata in quegli anni, grazie alla lungimiranza e all'intelligenza dei responsabili socialrepubblicani, ha, purtroppo, trovato conferme eclatanti e inconfutabili nella realtà geopolitica ed economica dei nostri giorni.
La prossima volta, caro La Ferla, si documenti in modo serio e non basi le sue esternazioni, come ha giustamente osservato Ugo Gaudenzi, su «testimonianze a posteriori».
 

Giuseppe Biamonte