Appunti sulla nascita del
neofascismo
Maurizio Barozzi
agosto 2008
Sembra un controsenso, ma la storia del neofascismo italiano ha le sue premesse
dall'infausta data dell'8 settembre del 1943 quando, mentre la parte migliore
del nostro popolo aderiva all'appello di Mussolini per riprendere le armi e
salvare l'onore dell'Italia, il resto maggioritario della popolazione restò
indifferente ed una esigua parte (in quel momento) gli antifascisti, fu
addirittura avversa.
Tra gli indifferenti o comunque i contrari a questo richiamo della Patria e del
Fascismo c'erano anche tanti cosiddetti fascisti del ventennio, in genere una
massa passiva, conservatrice, di indole borghese e spesso di tendenza
monarchica, che aveva aderito a suo tempo e a suo modo al fascismo perchè questo
aveva stroncato il pericolo bolscevico, aveva fatto arrivare i treni in orario
ed aveva garantito un certo progresso sociale e di prestigio alla nazione,
insomma perchè le cose andavano bene.
Teniamola a mente questa componente borghese e reazionaria, sostanzialmente
pavida, già fascista sui generis, perchè la ritroveremo in misura sempre più
preponderante nella componente qualunquista e nazionalista del neofascismo del
dopoguerra.
A settembre del 1943 Mussolini non si era limitato a rimettere in piedi uno
Stato ed un Esercito disintegrati dal tradimento badogliano, egli aveva anche
portato finalmente a compimento il lungo percorso storico ed ideologico del
fascismo al quale vennero dati dei capisaldi politici e sociali di enorme
portata: la svolta socializzatrice per la ricomposizione economica e sociale del
mondo del lavoro e delle imprese e l'impronta repubblicana da dare alle
Istituzioni: era nata la Repubblica Sociale Italiana (RSI) e allo stresso tempo
era anche nato il Partito Fascista Repubblicano che con la costituzione a marzo
del '44 della Legione Autonoma "E. Muti" e a luglio dello stesso anno delle
Brigate Nere poteva veramente definirsi un ordine di credenti e combattenti.
Alla RSI si calcola che aderirono circa 800 mila italiani, ma questo calcolo è
molto approssimato perchè bisogna considerare che, a causa della guerra, il
territorio italiano in quel momento si trovò spaccato in due: grosso modo da
Roma in giù sotto l'occupazione Alleata, mentre da Roma in su nella
giurisdizione della neonata Repubblica Sociale, ma con la ingombrante e scomoda
presenza e ingerenza dell'esercito tedesco reso più nemico che amico dalle note
vicende del tradimento (circa 600 mila italiani erano stati nel frattempo
deportati in Germania come massa di lavoro e peggio sarebbe andata se non fosse
intervenuta la RSI nel pieno delle sue funzioni).
Di fatto tra coloro che aderirono alla RSI si finì anche per contabilizzare
tutti coloro che, dislocati da questa parte, centro nord, della barricata
trovarono più comodo e naturale proseguire nei loro impieghi, nei loro
inquadramenti burocratici e di carriere e servizi militari o civili, nelle nuove
Istituzioni repubblicane che, comunque, assicuravano pane e lavoro.
Era però evidente che mano a mano che il territorio sotto la giurisdizione della
RSI si restringeva a causa dell'avanzata alleata, anche queste adesioni, per
così dire "d'ufficio" venivano meno.
A testimonianza della scelta piena e convinta per i valori ideali, storici e di
combattimento nella visione della vita e del mondo che il fascismo aveva
espresso ed incarnato fino ad allora, restava la minoranza inquadrata nel
Partito Fascista Repubblicano, sotto la guida del segretario provvisorio
Alessandro Pavolini. Una minoranza composita, rappresentata da elementi di varia
tendenza, ma che in genere si riconosceva nella nuova svolta socializzatrice che
Mussolini aveva dato al fascismo, ma dove non mancavano sia elementi che
tendevano ad accentuare gli aspetti di destra della politica fascista ed altri
che invece, addirittura, volevano spingere ad estremizzare ancor più a sinistra
le innovazioni sociali.
Insomma le anime che avevano sempre caratterizzato questo nuovo soggetto storico
come era stato il Fascismo, la tendenza repubblicana o quella monarchica, la
tendenza conservatrice e quella rivoluzionaria, la tendenza socialista e quella
liberale, seppur soggiogate dalla forte personalità e dalla prassi politica
mussoliniana, seppur subordinate ai nuovi dettami politici e sociali della RSI,
non potevano di certo essere scomparse dall'oggi al domani.
Eravamo quindi in presenza di varie "anime" nel fascismo, tutte legittime e
figlie della prassi politica di Mussolini, ma alcune alquanto diverse dalla
sostanza propriamente rivoluzionaria del fascismo repubblicano.
La fine della guerra, con la inevitabile sconfitta e la scomparsa dalle scena
politica di Mussolini le avrebbe certamente fatte riemergere in tutte le loro
sfumature e peculiarità.
Fare di necessità virtù
Di fronte alla impellente necessità di riorganizzare lo Stato ed un simulacro di
Esercito, senza i quali non avrebbe avuto senso, nè il concetto di Patria e
neppure il Fascismo stesso, Mussolini si era quindi trovato costretto a chiamare
a raccolta quanti, fascisti o meno che fossero, si rendessero disponibili a
portare il loro contributo alla ricostruzione della Patria devastata dalle
armate straniere e dal tradimento badogliano.
La scelta repubblicana e la necessità di trovare un correttivo alla esperienza
negativa delle "nomine dall'alto", inoltre, aveva anche indotto a tollerare o
sperimentare alcuni schieramenti politici e culturali o personalità "afasciste",
purchè si riconoscessero nel trinomio «Italia, Repubblica, Socializzazione».
Così come il doveroso imperativo di continuare a combattere al fianco
dell'alleato tedesco, per l'onore e la bandiera, vide anche lo splendido
fenomeno combattentistico di organismi militari particolari, quali la X Mas il
cui comandante, il principe Valerio Borghese, con doti militari, di coraggio e
fascino non comuni, rappresentò un fenomeno a sè stante che non può però essere
confuso con il Fascismo perchè incarnava essenzialmente una tradizione militare
italiana che aveva così deciso di continuare il combattimento.
In pratica vennero dal Duce, in quel tragico momento, anteposti gli interessi
della Nazione a quelli della fazione (il fascismo), dovendo fare di necessità
virtù.
Il punto debole di tutta questa impalcatura eterogenea, con forti connotati di
carattere emotivo, era quello che essa si poteva reggere fin quando anche le
condizioni militari della guerra reggevano. Ma quando con l'esaurirsi della
velleitaria contro offensiva tedesca dell'inverno 1944 e lo spalancarsi evidente
del baratro della sconfitta, il territorio repubblicano, che già a giungo del
'44 aveva perduto Roma, cominciò ad essere invaso, la massa di quegli
ottocentomila prese a vacillare e molti, di fronte alla imminente sconfitta,
cominciarono a porsi il problema del "dopo".
Il PFR bene o male tenne magnificamente, così come tennero fino all'ultimo
alcune strutture militari autonome (la "Muti"), ma il grosso dei partecipanti
alla repubblica entrarono seriamente in crisi. Tra questi varie personalità di
ogni genere e spesso di medio o alto livello sociale, che avevano dato il loro
pur valido contributo alla RSI o altri, magari fascisti sui generis o
addirittura neppure fascisti (i cosiddetti "moderati" e gli afascisti), o ancora
molti ufficiali e sotto ufficiali delle FF.AA. repubblicane, spesso tutta gente
con una mentalità più che altro prevalentemente anticomunista, nazionalista e
comunque di cultura occidentale, erano già mentalmente predisposti a riciclarsi
nel dopoguerra magari sulla sponda dell'anticomunismo, nella speranza che, a
guerra finita, potesse esserci una spaccatura tra Alleati e Unione Sovietica.
Non è un mistero, ed il valente storico Giuseppe Parlato, se pur ce ne fosse
stato bisogno, lo ha dimostrato con evidenti documentazioni, che i "contatti"
con l'OSS americano e ufficiali della RSI cominciarono a verificarsi già prima
del 25 aprile 1945.[1]
A proposito di Valerio Borghese proprio la FNCRSI nel suo "Foglio di
Orientamento della FNCRSI" marzo 2000, firmato Comitato Direttivo FNCRSI, a lui
riferendosi riportò questo aneddoto storico:
«... sin dalla fine del '43, Borghese divenne preda degli emissari
dell'ammiraglio badogliano De Curten, tanto che il colonnello F. Albonetti
(prefetto di palazzo a Villa Feltrinelli fino alla destituzione di Renato Ricci
da Comandante generale della GNR), dopo averlo più volte catturato, paventò
seriamente di doverlo fucilare, ma Mussolini si limitò a farlo sorvegliare, al
fine di valersene come fonte di notizie riguardanti il Governo del Sud.
Comunque, che egli abbia collaborato con i "servizi" anglo-americani durante e
dopo la RSI, è un fatto storicamente certo».
Anche il giornalista scrittore Antonio Nicaso, coautore del volume "Fratelli di
sangue", ha esposto con cognizione di causa varie vicende a cavallo tra la
guerra e il dopoguerra, riguardanti il neofascismo. Nel libro di F. Pinotti
"Fratelli d'Italia" (BUR 2007) egli espone questa ricostruzione storica:
«In Italia la strategia dei servizi segreti americani, dal 1941 in poi,
individuò nella massoneria, nella Chiesa, nei fascisti disposti ad abbandonare
Mussolini e nella mafia, gli alleati che avrebbero permesso, prima di vincere la
guerra, e poi di fronteggiare il comunismo e ogni proposito contrario agli
interessi statunitensi. Alcune Logge americane agirono in Italia sin dal 1941,
in collegamento con l'OSS i cui capi erano tutti massoni di Rito scozzese e
affiliati a ordini cavallereschi. (...) Ci fu una convergenza di interessi che
oggi, consultando gli archivi della CIA, si può anche documentare. Per esempio,
agenti speciali americani hanno lasciato le loro tracce a Portella della
Ginestre. All'epoca l'OSS era guidato dal capitano James Jesus Angleton (colui
che aveva messo in salvo Borghese, N.d.R.). Una decina di uomini che Angleton
aveva reclutato tra le file della X Mas e della sbirraglia fascista sbarcò a
Palermo in anticipo su quel primo maggio».
Ma questo è niente: il giornalista storico Giorgio Cavalleri nel suo recente
libro "La Gladio del lago" (Essezeta/Arterigere 2007) ci fornisce ulteriori
notizie, come si evince da questo riassunto della presentazione del libro:
«... a partire dalla tarda primavera 1944, da una "base" della RSI sul laghetto
di Montorfano nella Brianza comasca, il "Battaglione Vega", un nucleo speciale
della Decima Mas, la famigerata unità di rastrellatori di partigiani nata dalle
ceneri della gloriosa unità marinara protagonista di epiche imprese nel mar
Mediterraneo, si stava addestrando in stretto contatto con la Regia Marina del
governo badogliano del Sud, sotto il diretto controllo dell'OSS (i "servizi"
americani di Donovan) per potere essere impiegato in operazioni di
"intelligence" allo scopo di garantire stabilità politica nel segno della
moderazione e al riparo da temuti ma improbabili sommovimenti comunisti».
Con queste premesse non ci si deve meravigliare della inaudita "Resa di Como"
con la incredibile capitolazione dei comandanti fascisti che avrebbero dovuto
andare in soccorso di Mussolini immobilizzato a Menaggio,[2]
nè della messa a disposizione di ufficiali della Decima per operazioni di
appoggio al nascente Israele nel primo dopoguerra.
Comunque la si voglia rigirare è indubbio che per i fascisti, dopo la
inevitabile sconfitta dell'aprile del '45, si prospettava un solo atteggiamento
coerente con i postulati della RSI e gli ideali del fascismo repubblicano:
operare, nella nuova realtà del dopoguerra, dove il fascismo sarebbe stato
bandito dal consesso politico e civile, qualunque veste si fosse giocoforza
assunta, a difesa delle conquiste economiche e sociali già attuate dalla RSI,
impegnandosi quindi nella lotta a tutto campo contro ogni restaurazione
monarchica e liberista.
Questa indicazione politica, magari comprensiva anche di una transitoria lotta
militare clandestina era, tra l'altro, scaturita dal convegno di Maderno del 3
aprile 1945 del Direttorio del PFR, presieduto da Pavolini nonchè il desiderio,
rimasto inattualizzato, di Mussolini di lasciare le conquiste sociali della RSI
alle componenti socialiste della resistenza.
Di fronte a questa prospettiva ogni diatriba interna ai fascisti, quelli
tendenzialmente di destra o tendenzialmente di sinistra, avrebbe dovuto essere
superata anche perchè proprio il fascismo aveva trasceso questa contrapposizione
pur riconoscendo e prelevando dalla storia del nostro paese elementi positivi
sia dalla destra che dalla sinistra. Le conseguenze della guerra e la nascita
della RSI, oltretutto, avevano definitivamente dato una sistemazione ideologica
e politica al fascismo stesso che non ammetteva diversivi di sorta.
Ma al di la di queste scelte politiche, pur sempre opinabili o comunque
condizionate da atteggiamenti tattici di diversa opportunità, i fascisti usciti
in qualche modo dalla tragedia della sconfitta, avevano un sacrosanto dovere, di
fronte al quale nulla poteva essere opposto, nè aggirato con pseudo formulazioni
tattiche di lotta ad un presunto "pericolo bolscevico":
i fascisti, di qualunque tendenza fossero stati, avrebbero dovuto lottare, a
tutto campo, con tutte le loro forze ed il loro impegno, per una prospettiva di
indipendenza della patria, occupata militarmente e stravolta economicamente e
culturalmente dalla colonizzazione americana.
Se nelle ore finali della RSI Mussolini aveva pur il diritto di sondare tutte le
possibilità che potessero attenuare le conseguenze pesantissime della sconfitta,
ed in queste possibilità potevano anche rientrare tentativi di giocare la carta
di un accordo di resa con gli Alleati o all'opposto con le sinistre, se pur
poteva essere compresa, da parte di molti esponenti della RSI non
particolarmente permeati da uno spirito rivoluzionario, un loro desiderio di
arrendersi agli Alleati, dal 25 aprile 1945 in avanti con il paese oramai
occupato militarmente dagli Alleati, che procedettero immediatamente a
colonizzarlo ogni collusione con costoro non era più possibile, sotto qualsiasi
punto di vista.
Quindi la vera opposizione alla NATO, considerando quella comunista una
opposizione strumentale subordinata alla loro dipendenza a Mosca, avrebbe dovuto
essere quella dei fascisti sopravvissuti e dei reduci della RSI i quali tra
l'altro avevano un bagaglio ideologico, storico e spirituale da opporre alle
nefaste conseguenze del cosiddetto "mondo libero" incarnato nella "way of life"
americana.
Ogni fascista, che dietro qualsiasi motivazione o pseudo necessità tattica fosse
entrato in connubio con l'OSS americano, poi CIA, avesse accettato di entrare in
determinate e famigerate strutture coperte, preposte a quella guerra non
ortodossa come, ad esempio, le strutture della "Gladio", avrebbe dovuto essere
tacciato da traditore e come tale trattato!
È indubbio che il passaggio nello schieramento occidentale, con l'Italia
occupata dagli eserciti Alleati, con la scusa dell'anticomunismo, se ci si
considerava fascisti, rappresentava un doppio tradimento:
* tradimento ideale, perchè seppure tra vari tentennamenti e opportunismi,
l'ideologia e la geopolitica di Mussolini aveva sempre mantenuto una evidente
costante di continuità: la proposizione di un tipo di Stato in cui l'etica e la
politica erano prevalenti sugli aspetti economici e finanziari (questo l'alta
finanza non gliela aveva mai perdonato!) e quindi nettamente in contrasto con
ogni forma statale e istituzionale a base liberista;
* tradimento effettivo, perchè dal momento esatto in cui, con la sconfitta, si
concretizzava l'occupazione Alleata, con il nostro paese brutalmente colonizzato
e subordinato militarmente, economicamente e soprattutto culturalmente, agli
Stati Uniti d'America, ogni forma di collaborazione con gli occupanti
(atlantismo) rappresentava un tradimento vero e proprio della Patria e degli
interessi della Nazione.
Era chiaro quindi che la famosa contingenza di anteporre la Nazione alla fazione
(il fascismo), non poteva più valere di fronte ad una Italia colonizzata dallo
straniero.
Sarebbe oltretutto bastato un semplice ragionamento politico ed un minimo di
esperienza storica per capire che la contrapposizione USA-URSS della guerra
fredda era solo una contrapposizione di livello tattico, non strategico, ovvero
la necessità di mantenere negli accordi stabiliti a Yalta i limiti della
spartizione dell'Europa. Il vero contenuto di Yalta era la cooperazione tra le
due superpotenze che aveva consentito di dividere popoli, governi e schieramenti
politici dell'Europa in attivisti della NATO o partigiani del patto di Varsavia,
insomma tra scemi & più scemi, imbalsamando sotto un tallone di ferro tutta
l'Europa.
Ma la favoletta dei cosacchi che potevano venire ad abbeverarsi nelle fontane di
S. Pietro, faceva troppo comodo ai furboni del destrismo nazionale e proprio su
questa falsa contrapposizione trascinarono buona parte della gioventù italiana e
dei reduci della RSI.
La lotta dei fascisti italiani per l'indipendenza del paese dal colonialismo
americano si sarebbe dovuta riallacciare per simpatia e per rapporti di
interscambio strategico con le altre lotte di liberazione dagli yankee in atto
nel mondo che di li a pochi anni si verificarono dalla Cuba di Castro e Guevara,
al Vietnam, e così via.
E questo non certo per una condivisione ideologica delle ideologie di sinistra,
che poi tra l'altro a guardare bene in quei paesi non erano altro che una
nomenklatura, una opportunità dell'epoca, ma in definitiva il comunismo, utopia
al di fuori della portata umana, poco c'entrava in quelle lotte rivoluzionarie.
La stessa Unione sovietica non era altro che una abbrutita dittatura di Stato, a
volte incarnata anche da autentici gangsters nè più nè meno come le lobby che
controllavano le amministrazioni americane.
Un colonialismo, quello sovietico, teso non ad esportare un ipotetico comunismo,
ma a controllare e sfruttare le aree sottoposte alla sua influenza in base agli
accordi di Yalta. L'errore della sinistra storica è sempre stato quello di fare
delle scelte di campo in base a presunti presupposti ideologici e contingenze
del momento, rimanendo immancabilmente, dopo qualche anno puntualmente delusi
dagli sviluppi geopolitici delle nazioni.
Proprio il fascismo e i fascisti erano quindi in grado di scegliere le proprie
alleanze senza sconfinare in infatuazioni ideologiche e simpatie morali, ma di
subordinarle semplicemente agli interessi della propria patria e alla lotta di
liberazione del proprio popolo.[3]
Lo spostamento a destra e su sponde atlantiche dei fascisti
repubblicani
Oggi, quello che un tempo affermavano i fascisti repubblicani della FNCRSI e che
allora poteva sembrare esagerato, circa una vero e proprio tradimento
finalizzato a spostare su sponde reazionarie e filo occidentali la pur variegata
massa dei fascisti, viene in genere accettato da una storiografia obiettiva.
In sintesi, si ritiene, che approfittando di un periodo di sbandamento e di
evidenti difficoltà, approfittando della composizione eterogenea dei reduci
della RSI, dietro una sottile strategia massonica, sotto l'egida del Viminale
democristiano, benedetto da Washington e dal Vaticano e con l'apporto di alcuni
traditori del fascismo repubblicano ed altri soggetti persino mai stati aderenti
alla RSI, nacque il Movimento Sociale Italiano, il partito che diverrà
tristemente noto come l'incarnazione forcaiola del destrismo italiano,
ultra-atlantico, conservatore e reazionario oltre ogni dire, ruota di scorta per
i momenti di difficoltà della politica parlamentare della Democrazia Cristiana.
Un vecchio, ma eccellente articolo di Franco Morini ha dato con il suo titolo il
senso di tutta l'operazione nascita del MSI: "Nome MSI: paternità SIM".[4]
È inutile ricordare un penoso cammino fatto di inganni, di strumentali
contrapposizioni, di favolette per imbecilli, come quella che non ci si poteva
sedere a sinistra del parlamento perchè lì c'erano gli assassini dei camerati
(come se a destra ci fossero gli amici!), mentre anni dopo un certo Caradonna
confidò candidamente che il metodo migliore per portare i fascisti dalla parte
dell'atlantismo e dell'anticomunismo viscerale era stato quello di farli
scontrare il più possibile con i rossi: più ci si picchiava, più si abbracciava
la destra!
Per non ricordare l'utilizzo di ex (ma veramente ex!) ufficiali della RSI per
gli interessi dell'OSS o gli apporti che furono dati persino in favore della
nascita dello stato di Israele se è vero, come sembra, che dal destrismo furono
persino forniti gli esplosivi alle bande sioniste per i loro attentati e
ufficiali di marina per l'addestramento di sabotatori sionisti.
È meglio stendere un velo pietoso.
In sostanza l'operazione di trasbordo sulle sponde della reazione, che venne
attuata fin dal primo dopoguerra ed in cui si tuffarono un po' tutti, anche
perchè c'era da spartirsi le briciole di qualche fetta di seggi parlamentari o
negli enti locali, fu quella di snaturare il fascismo repubblicano
socializzatore e soprattutto di convincere i reduci della RSI, che avevano
combattuto la guerra «del sangue contro l'oro» di schierarsi, «per difendere
l'Italia dai rossi» sulla ignobile sponda atlantista dell'Occidente e a fianco
nel neonato esercito post-badogliano democratico e antifascista.
Ed è chiaro che si ritrovarono in questo calderone del destrismo nazionale che
andava così formandosi uomini e forze uscite dal magma qualunquista, gli pseudo
fascisti borghesi del ventennio di cui abbiamo parlato e che ben si erano
guardati dal partecipare alla RSI, addirittura i venticinqueluglisti e gli ex
monarchici, oltre ai quei partecipanti "moderati" o "afascisti" della precedente
RSI a cui non pareva vero, dietro il dispiegarsi della guerra fredda di attuare
il loro desiderio degli ultimi mesi di guerra, ovvero quello di riciclarsi come
anticomunisti.
Tutti amalgamati sotto la pretestuosa scelta fuorviante del famoso e subdolo:
«non rinnegare, non restaurare», un esca missista buona per tutti gli usi.
In realtà il fascismo di Mussolini, repubblicano e socializzatore lo si era
rinnegato e come!, ed una mano a restaurare in Italia la monarchia, fin quando
ha potuto tenere (2 giugno 1946), il liberismo ipercapitalista e la forma
mentale più deleteria del fascismo borghese, bigotto e qualunquista del
ventennio, la si era data a tutto campo. Altroché!
E questo andazzo da parte di vari personaggi che reggevano le fila del
neofascismo, orfano di Mussolini, era cominciato da subito, anche con quello
così detto clandestino (i FAR, ecc.), cioè prima che nascesse il MSI e ne
ereditasse il ruolo e la strategia politica.
E il lavorio di imbonimento, di deviazione, di convinzione a spostarsi su sponde
destriste fino ad abbracciare l'atlantismo non fu certo indolore e neppure cosa
da poco come testimoniano feroci scontri e polemiche dell'epoca nel campo
neofascista.
E pensare che già dal primo dopoguerra anche Togliatti aveva cercato di
catturare i reduci della RSI e ancora oggi la collezione di "Candido" il
giornale qualunquista di G. Guareschi con le sue vignette e i suoi trafiletti,
ci attesta questo fenomeno indice evidente di uno strato di ex repubblicani
sensibili al discorso sociale della RSI. Ma la manovra intercettatrice dei
comunisti rimase minimale, mentre quella destrista, ben sostenuta e finanziata
dalle centrali occidentali, in pochi anni risultò pienamente riuscita.
Un doveroso distinguo
Non è però giusto giudicare drasticamente, con gli occhi di oggi e con la
conoscenza storica dei decenni seguenti, i rischi, le scelta e l'impegno di
tanti camerati, oltretutto ingannati, che tra la fine del 1945 e il 1947 diedero
vita o parteciparono ad una ripresa del fenomeno neofascista e poi al MSI.
In effetti le intenzioni subdole e mistificatorie che dovevano portare quel
partito su determinate posizioni, stravolgendo e rinnegando tutto il patrimonio
storico della RSI, erano soprattutto nell'animo e nella mente di coloro che
agirono in questa maniera perchè manovrati dalle centrali occidentali, perchè
già predisposti come loro propria mentalità ideologica e politica di destra e
non da ultimo dietro interessi inconfessabili.
Purtroppo furono proprio costoro, un pugno di imbonitori e di traditori del
fascismo repubblicano, che tennero le redini o comunque vennero opportunamente
fatti assurgere alle cariche direttive di quel partito in modo da guidarlo nei
porti del destrismo nazionale.
Ma tutti gli altri, la gran massa dei reduci repubblicani e dei giovanissimi,
seppur animati da convinzioni politiche ed ideologiche alquanto difformi, da
spinte ideali di varia natura, non possono essere liquidati, con il loro
generoso prodigarsi per la ripresa del fenomeno fascista in Italia con un
giudizio tanto drastico e negativo.
Anche i partecipanti alla nascita ed ai primi anni della vita politica missista
era un composito alquanto eterogeneo, come eterogeneo e con tutte le sue anime,
era stato il Fascismo in tutti i suoi anni di vita sotto la guida di Mussolini.
Il fatto è che agendo su queste diversità si fece in modo di isolare e di
snaturare la componente dei fascisti repubblicani, quella che spesso viene
erroneamente definita "di sinistra", per privilegiare ed incanalare il MSI sulle
sponde della destrismo e del filo atlantismo.
Ecco come il prof. Manlio Sargenti, tra i fondatori del MSI milanese,
rispondendo alle domande di A. Fontana, direttore della rivista "Italia
Tricolore" descrisse con molta efficacia quei momenti e quelle scelte:
Domanda: «Quali furono le motivazione che la spinsero alla scelta del MSI?»
R: «Questo appariva come l'unico soggetto capace di continuare l'opera della
RSI, della quale conservava, nel segno distintivo il ricordo. E fu appunto
questa prospettiva a indurre me, come gli altri che nell'Italia settentrionale
aderirono al Movimento, a scegliere questa alternativa nonostante i pericolo a
cui si andava incontro».
D: «Che posizione ebbe Lei quando il MSI aderì alla NATO?»
«... io fui della corrente che si oppose per i motivi che ora soprattutto si
rivelano determinanti; perchè la NATO si è sempre più rivelata lo strumento
della supremazia americana e del controllo dell'America sulla politica dei paesi
che vi hanno aderito. Lo spirito del MSI fu perduto nel momento in cui il
Movimento votò a favore dell'adesione alla NATO».[5]
In verità, almeno per le sue linee politiche e programmatiche, dettate dai suoi
dirigenti, lo spirito del MSI, nel senso della vera continuità della politica
del fascismo repubblicano era già perso fin dal momento della sua fondazione (26
dicembre 1946) perchè l'operazione che aveva portato alla sua costituzione,
proprio a questo mirava.
Non è un caso che nell'autunno del 1947 il MSI partecipò per la prima volta alle
elezioni amministrative che si tennero a Roma con una propria lista. Giovandosi
anche della crisi che oramai aveva investito il movimento qualunquista, il MSI
raggiunse quasi il 4 percento dei voti e 3 seggi al Comune. Ebbene questi seggi
furono determinanti per la creazione della giunta di centro destra (41 a favore,
39 contro) del democristiano Rebecchini!
Era iniziato, da subito, quel penoso cammino dell'apparentamento con i
conservatori, i liberali, i monarchici, i democristiani di destra, gli squali
del capitalismo, in funzione di ruota di scorta o di supporto alla Democrazia
Cristiana. Funzione di sostegno e di salvataggio nei momenti di crisi politica,
dove erano indispensabili quei pochi "sporchi" voti, così come erano necessari
quando occorreva salvare qualche "ladrone", qualche inquisito a cui al
parlamento si richiedeva l'autorizzazione a trarli in giudizio (mentre nei
comizi e sulle pagine del "Secolo" sempre si usavano parole di fuoco contro
questi "ladroni", puntualmente poi, quando i voti missisti erano determinati per
concedere l'autorizzazione, questi voti guarda caso non erano mai concessi).
Quindi una funzione missista di salvataggio alla DC, richiesta e in qualche modo
ricompensata, ma non gradita e comunque trattata come la mano tesa
dell'appestato, perchè agli occhi dell'opinione pubblica il MSI veniva fatto
apparire come il partito del neofascismo.
E questa contraddizione, questa mistificazione, che portava gli antifascisti a
inquadrare e definire il partito che di fatto era il più distante dal Fascismo,
come la tentata ricostituzione di un partito fascista, a chiederne addirittura
lo scioglimento, quando invece avrebbero dovuto, come poi in effetti sottobanco
facevano, cullarlo, coccolarlo e proteggerlo per il loro interesse nell'agitare
un antifascismo di maniera, un pericolo fascista inesistente e di averlo
all'opposizione relegato in una nicchia reazionaria e priva di prospettive.
La contraddizione evidente di sbandierare un pericolo fascista in un "qualcosa"
che fascista non era se non nella riproposizione nostalgica e con il passere
degli anni sempre più sfumata di qualche icona, di qualche "saluto al Duce" e
superficialità del genere, ha cristallizzato l'immagine falsa di questo
Movimento che agli occhi dell'opinione pubblica cercava di apparire come un
partito democratico della destra nazionale, mentre invece alla sua base si
faceva intendere di essere i continuatori del fascismo, sia pure di un fascismo,
per esigenze tattiche, in "doppio petto".
È inutile continuare a tracciare la storia di questo partito che comunque riuscì
a manovrare e gestire una non indifferente massa del popolo italiano, quella
qualunquista, conservatrice, di destra, seppur con sfumature e tendenze di altra
natura.
Le due vere anime di questo partito, nella loro apparente contrapposizione,
furono quelle di Pino Romualdi e Giorgio Almirante. Erano due anime che erano
sempre state idealmente fuori dal fascismo repubblicano (al convegno di Maderno,
dell'aprile '45, prima richiamato già allora Romualdi, uomo di destra e di
ideologia occidentale, si era dichiarato contrario a quelle linee programmatiche
indicate per il dopoguerra).
Romualdi quindi incarnava la componente di destra di questo partito, mentre
Almirante con le sue doti istrioniche aveva cercato di manovrare l'altra, quella
cosiddetta sociale.
Al primo si può forse concedere l'attenuante di una sua convinzione ideologica e
politica su quelle posizioni, che fin dal primo dopoguerra, nella sua
clandestinità operò per spostare a destra e in senso occidentale la massa dei
reduci della RSI, al secondo neppure quell'attenuante, perchè la sua apparente
collocazione su posizioni "sociali", che all'interno del partito lo portavano ad
essere il leader delle componenti socializzatrici e meno di destra, erano sempre
puntualmente tradite con l'accordo dell'ultimo minuto con la direzione
"liberale" di Arturo Michelini che, di fatto, controllava le casse e le
strutture del partito.
Così al congresso di Milano del 1956, così a quello di Pescara del 1965.
In ogni caso, a latere di questo partito, sorsero anche vari gruppi e movimenti
politici, estremamente minoritari, che di fatto ne fecero la ruota di scorta,
perchè al di là di una certa impostazione extraparlamentare, non erano altro che
«il MSI fuori dal MSI», visto che sui temi della destra, dell'atlantismo e nella
prassi dell'anticomunismo viscerale, non vi erano differenze sostanziali, ma
soprattutto agirono anche altri gruppi che le cronache giudiziarie dei decenni
successivi ce li hanno mostrati nel loro coinvolgimento in quel periodo infame
della strategia della tensione e il loro essere in servizio permanente effettivo
del SID e/o degli Affari Riservati, intelligence con le quali, i loro dirigenti
e svariati militanti erano collusi.
E furono proprio queste collusioni e strumentalizzazioni di tutto un ambiente
umano, oramai allo sbando e disorientato, a trascinare un certo ambiente umano
nel conservatorismo più gretto e nello sciocco servilismo all'atlantismo.
Ma questo è niente confronto a quello che accadrà verso la fine degli anni '60,
cioè nell'appena richiamato periodo stragista, perchè quando in Italia agli
atlantici occorse mantenere ferme certe collocazioni NATO del nostro paese, i
servizi d'oltreoceano non si fecero scrupoli a far esplodere bombe e innescare
provocazioni di ogni tipo.
Bombe per le quali, ovviamente, tranne casi sporadici non si è mai riusciti a
scovare mandanti ed esecutori, ma che trascinarono nel fango per prima cosa i
principali servi sciocchi dell'atlantismo, servi sciocchi che poi nel giro di
qualche anno vennero anche scaricati e lasciati andare in galera o sbattuti
nelle pagine di cronaca nera.
La vera trasformazione del nostro paese, culturale, sociale e istituzionale,
infatti, passate le strette contingenze, doveva gradualmente avvenire in senso
progressista, non conservatore, in senso laico e modernista, non reazionario!
E i reazionari, sbattuti come mostri sulle pagine della cronaca nera dovevano,
con la loro immagine esecrata, indirettamente contribuire a questo spostamento
politico e culturale del paese.
Le "bombe", usciti dalla contingenza della crisi mediorientale che aveva
determinato la necessità, costi quel costi, di tenere il nostro paese saldamente
ancorato alla collocazione NATO (1964-1973 «destabilizzare per stabilizzare»),
in conseguenza dell'ipotetico pericolo che questa collocazione poteva essere
messa in discussione dalla presenza del più forte partito comunista d'Europa o
dalle iniziative imprevedibili dei governi di centro sinistra (già nei primi
anni '60 si era dovuto ricorrere all'assassinio per bloccare le iniziative
economiche, ma con pesanti risvolti di politica internazionale di Enrico Mattei)
dovevano quindi continuare ad esplodere in modo da scatenare la caccia al
"bombarolo nero" e consentire uno spostamento progressista della nazione che
agevolasse al contempo l'occidentalizzazione dello stesso partito comunista.
Prima «destabilizzare per stabilizzare», quindi a seguire «destabilizzare per
modernizzare» in senso neoradicale e progressista.
Tutti eventi puntualmente verificatisi.
Accadde così che venute meno le strumentali accuse agli anarchici per piazza
Fontana, in piena strategia della tensione, dopo la strage di Brescia e poi
quella dell'Italicus (agosto 1974), mezzo milione di persone manifestarono in
tutto il paese, persino nelle località balneari, contro quelli che
nell'immaginario collettivo erano stati fatti passare come gli «attentati
fascisti».
Da quel momento fascismo divenne un luogo comune, sinonimo di bombarolo,
maccelleria cilena, reggicoda degli USA.
E i responsabili diretti, indiretti o semplicemente coinvolti in quelle
strategie infami, che avevano contribuito a consolidare queste ignobili
equazioni, non potranno e non dovranno mai essere perdonati da coloro che hanno
combattuto la «guerra del sangue contro l'oro».
Non è infatti importante, nè interessa appurare se i destristi di ogni sfumatura
abbiano avuto le mani sporche di sangue in funzione degli interessi
statunitensi, o fossero solo stati utilizzati per contorno alle stragi o
semplicemente messi in mezzo come utili idioti «usa e getta», perchè il
risultato storico non cambia di molto se non sul piano giuridico.
Le pagliacciate che si ebbero in ipotetici e speranzosi golpe, alla «vogliamo i
colonnelli», i tanti raduni e comitati tricolore, la costituzione di Fronti e
nuclei a difesa dello Stato gli appelli alle cosiddette forze sane, ecc., hanno
tutti fatto parte di un film già scritto il cui degno finale è stata la
liquidazione non certo gloriosa di tutto un ambiente da tempo degenerato.
Maurizio Barozzi
NOTE:
[1] Giuseppe Parlato: "Fascisti senza Mussolini -
Le origini del neofascismo in Italia 1943-1948", Ed. Il Mulino.
Con la sua ricerca il prof. Parlato ha finalmente riportato quello che da sempre
si sapeva, ovvero come gli americani, anche attraverso l'OSS (il predecessore
della CIA), arruolarono, per i loro scopi e interessi, ufficiali e sotto
ufficiali (in particolare della X MAS), reclutandoli tra i reduci della RSI e
favorirono, al contempo, il neofascismo italiano. A ruota si portarono su quella
sponda ex gerarchi e gerarchetti, giornalisti e manovalanza varia. Noto è anche
come, alcuni di costoro, nel dopoguerra si resero disponibili a sostenere la
causa della nascita dello stato di Israele.
[2] Circa "Le
ultime ore di Mussolini e della RSI" vedere omonimo nostro articolo in
questo stesso sito.
[3] Tutti questi ragionamenti, da noi qui
sviluppati a posteriori (rispetto a quegli anni), abbisognano comunque di una
considerazione, che può sembrare contraddittoria, ma non lo è, perchè in
politica e specialmente nella politica italiana, certe situazioni si sono sempre
verificate anche su forti componenti emotive.
Occorre quindi considerare per l'Italia degli anni '40 e '50, paese a forte
presenza e tradizione cattolica, ma sostanzialmente pregno di uno stile di vita
occidentale, non è che a quel tempo ci fosse così viva e presente una
weltanshaung anti modernista e antioccidentale.
La stessa «lotta del sangue contro l'oro» veniva più che altro intesa per i suoi
aspetti economici, di lotta alle grandi plutocrazie, non tanto ad una scelta di
vita antioccidentale.
La nostra cultura, la nostra cinematografia si era abbeverata di Hollywood e se
si sfogliano giornali e riviste del ventennio vi si trova quella presenza e
quello stile "pubblicitario" sui prodotti e liberista nei contenuti, che ha poco
da invidiare a quello attuale che è solo più raffinato e specializzato.
Del resto l'America, al tempo, era una nazione giovane e poco decifrabile ed il
suo sistema non aveva ancora sviluppato e manifestato le aberrazioni consumiste
e degenerative successive (intuite solo da pochi intellettuali, per esempio
Evola nel suo "Rivolta" del 1934).
Tutto questo per dire che se una vasta componente della RSI, quella più che
altro animata da uno spirito genericamente nazionalista e in definitiva
conservatrice e prevalentemente anticomunista, tendeva alla "collusione" con gli
americani non deve meravigliare e può scandalizzare solo per quelle collusioni
che portarono ad agire, in piena guerra, contro la RSI.
Il punto vero, fondamentale, come detto è quello del 25 aprile. Uno spartiacque,
laddove il nostro paese venne occupato dagli Alleati, sottomesso ad un Diktat,
mai abrogato, letteralmente colonizzato e privato di ogni libertà e scelta
militare ed economica. Quindi aggiogato e subordinato alla NATO.
Per un fascista, soprattutto un fascista repubblicano che tra l'altro non può
non avere al primo posto l'interesse primario della Nazione, anche a prescindere
da una sua o meno veduta socialisteggiante e anticapitalista o viceversa di
stampo conservatore, la scelta non poteva che essere quella della lotta ad
oltranza contro il colonialismo americano.
[4] Vedi Franco Morini su "Aurora",
N. 44 novembre - dicembre 1997.
[5] Vedi "Italia Tricolore", N. 8, Maggio 2008.
Maurizio Barozzi
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