da "Rinascita" [Quotidiano di Liberazione
Nazionale]
Gli scottanti contenuti
del carteggio Mussolini-Churchill
Maurizio Barozzi (1 settembre 2009)
Oramai, buona parte della
storiografia ritiene evidente l’esistenza di un carteggio tra
Mussolini e Churchill intercorso alla vigilia della guerra. Ma non
volendo o non potendo avanzare le giuste conclusioni sui suoi
possibili contenuti, pena capovolgere l’interpretazione sulle
responsabilità nella Seconda Guerra Mondiale, giornalisti e storici
di regime avanzano le ipotesi più insulse. |
Di un «carteggio» che sarebbe intercorso tra Mussolini e Churchill, della sua
grande importanza storica e della sua «scomparsa», se ne è parlato abbastanza
spesso a sproposito.
Non ci dilungheremo pertanto nella rievocazione delle sue vicende, nè su le
tante prove della sua effettiva esistenza, la cui ricostruzione più seria ed
attendibile la si può ritrovare nel pregevole libro di Fabio Andriola:
«Mussolini Churchill carteggio segreto», SugarCo 2007, vero testo fondamentale
in materia, al quale rimandiamo.
Quello che qui, invece, vorremo fare è qualcosa di più complesso, cioè
ipotizzare, alla luce di una certa logica storica e di alcuni riscontri
oggettivi, i possibili e delicati contenuti di questo Carteggio.
Nessuno fino ad oggi, tra coloro che hanno poi rilasciato attendibili e
particolareggiate testimonianze, ha potuto leggere i contenuti del carteggio
Mussolini Churchill, eccezion fatta per qualche breve passaggio, dicesi
leggiucchiato o riferito qua e là, da testimoni occasionali sia di parte
fascista che di partigiani e fatta forse eccezione per Luigi Carissimi Priori,
nei giorni del dopo Liberazione all’ufficio politico alla Questura di Como, il
quale però, traspare chiaramente, ha letto delle lettere intercorse tra i due
statisti, ma solo fino alla vigilia della nostra entrata in guerra e non quelle
decisive proprio a ridosso degli ultimissimi giorni a cavallo del 10 giugno 1940
[1].
In effetti il contenuto di questo Carteggio, che tra febbraio e aprile 1945
Mussolini provvide a far riprodurre in almeno 3 copie al fine di salvarne il
contenuto e in un secondo momento renderlo noto al popolo italiano, è un
argomento di estrema importanza storica.
Su questo possibile contenuto però gli “storici” di regime hanno spesso fatto il
gioco delle tre carte, per non dover ammettere una realtà storica che di fatto
avrebbe capovolto buona parte della storiografia sulla seconda guerra mondiale.
Non è qui il caso di addentrarci in una ricostruzione storica sulle cause della
seconda guerra mondiale, una storia che comunque andrà un giorno riscritta
daccapo perchè è evidente che in effetti quella immane carneficina venne
scatenata da Nazioni, Lobby e Consorterie che da secoli detenevano e non
volevano perdere il monopolio mondiale delle ricchezze della terra e il dominio
diretto o indiretto su altri popoli.
E’ noto a tutti però che l’Italia era al tempo un vaso di coccio tra vasi di
ferro ed in questa situazione di evidente inferiorità, Mussolini agì sempre, fin
dalla presa del potere, nell'esclusivo interesse geopolitico della nazione
costretto a muoversi sia su un piano insulare che peninsulare (continente e
mediterraneo, oltre agli interessi africani).
E’ indubbio che l’Italia aveva una sola possibilità per conservare alcune
recenti conquiste coloniali e continuare la sua crescita morale e materiale che
si era palesata negli anni ‘30: sperare che in Europa si mantenesse un
equilibrio tra la secolare potenza anglosassone e la rinascente potenza tedesca.
A Locarno, Stresa e Monaco, Mussolini si era sempre mosso in quest’ottica.
Lasciamo stare gli aspetti ideologici, visto che tutte le nazioni, tedeschi
compresi, agirono all’epoca su basi squisitamente geopolitiche, laddove gli
interessi nazionali prevalevano su quelli ideologici o di partito e vediamo cosa
esattamente accadde sullo scacchiere europeo.
A maggio del 1940 con la Francia sull'orlo della capitolazione e con Hitler che
disperatamente cercava un accordo su scala mondiale con l'Inghilterra, l'Italia
non avrebbe più potuto mantenere la sua opportuna, ma non certo onorevole,
neutralità. La bilancia bellica stava pendendo tutta da una parte e, peggio
ancora, c'era il pericolo di un possibile accordo di pace, su larga scala, anglo
- tedesco che ci avrebbe letteralmente spiazzati [2].
Ma oltretutto se la guerra avesse invece proseguito estendendosi
inevitabilmente, era facilmente prevedibile, data la nostra posizione
geografica, di esserne coinvolti, magari con una invasione del nostro territorio
sia da parte Alleata, per farne uno scalo verso la Germania o per attaccarla da
Sud dove era più debole, sia da parte tedesca per prevenire tutto questo.
Quindi, incoscienza criminale, sarebbe stata quella di NON scendere in campo,
non quella di partecipare alla guerra!
In ogni caso Mussolini aveva deciso, seppur non ancora operativamente, di
partecipare al conflitto fin da marzo 1940, ma furono le accelerazioni belliche
di maggio che lo spinsero ad entrare subito in guerra e questo nonostante che
Mussolini quella guerra l’aborriva e la temeva, non per principio ovviamente,
visto che sapeva bene che la guerra non è altro che la prosecuzione della
politica con altri mezzi, ma perchè, in quella contingenza, era conscio della
nostra estrema debolezza militare e finanziaria e per il timore di possibili
sconvolgimenti degli equilibri di forze in Europa a tutto svantaggio delle
nazioni intrinsecamente deboli quali l’Italia.
Fu in quest’ottica che Mussolini nel memoriale al Re del 31 marzo 1940, motivò
la propria decisione di entrare in guerra, ipotizzando una guerra parallela al
fianco della Germania, basandosi su elementi tattici, strategici e di
convenienza, ma non su motivazioni ideologiche.
Comunque, in questa tragica situazione, il 10 giugno del 1940 l’Italia scese
finalmente in guerra, ma è evidente che proprio ai primi di giugno accadde un
“qualcosa”, sul piano della diplomazia sotterranea, che si potrebbe conoscere
esattamente solo leggendo il famoso Carteggio con Churchill.
Ci sono varie testimonianze che attestano questo e lo stesso Renzo De Felice,
poco prima di morire, confidò al Generale e storico Giorgio Pirrone, di essere
certo che Mussolini aveva una lettera di Churchill con la quale lo statista
inglese gli chiedeva espressamente di entrare in guerra, desiderando di avere
l’Italia al tavolo della pace per contenere le richieste tedesche. Come vedremo
una ignobile bugia dell’inglese [3].
Sono proprio gli eventi che si palesarono con l’inizio delle operazioni belliche
che ci indicano che la nostra entrata in guerra era in quel momento
“condizionata da una qualche specie di intesa”.
In effetti l’Italia entrò in guerra, ma senza intraprendere alcuna iniziativa
militare di carattere strategico e neppure di livello tattico decisamente
significativa.
E ovvio quindi che era in atto una specie di compromesso transitorio, di cui si
ignorano l’esatta portata e le condizioni precise, ma che è facilmente
distinguibile dalle vicende belliche di quei giorni ed i cui termini si
trovavano nel carteggio Mussolini/Churchill essendo stato necessariamente
formalizzato per lettera e/o documento.
Un accordo o meglio una intesa, è bene dirlo subito, non contro la Germania, ma
più che altro una specie di reciproco intento anglo-italiano sul come condurre
quella prima fase di guerra e in vista di una assicurata imminente pace, di
estrema convenienza per il nostro paese, costretto comunque a scendere in campo
senza grandi mezzi e contro una nazione, l’Inghilterra, che però proponeva,
facendo di necessità virtù, la limitazione dei rischi bellici ed altrettante
condizioni vantaggiose (a spese della Francia) per l’Italia.
Venne concepito e realizzato, probabilmente negli ultimissimi giorni, attraverso
una serie di proposte e controproposte condizionate da una situazione militare
in continuo cambiamento, e quindi con una Inghilterra altalenante, ma
determinata a giocare carte strategiche di lungo respiro.
Per quanto possa sembrare sorprendente, non c’è da meravigliarsi. Situazioni di
questo tipo sono consuete durante certe contingenze storiche e del resto già se
ne era avuta una anticipazione come si deduce da un telegramma di Mussolini al
Re, ritrovato anni addietro all’Archivio centrale di Roma.
Questo documento risaliva probabilmente verso la fine di agosto 1939 (cioè prima
dello scoppio della guerra, quando inglesi e tedeschi, nonostante i venti di
guerra, sottobanco cercavano anche di trovare un accordo globale che
scongiurasse il conflitto).
In ogni caso, il telegramma di Mussolini sia che fosse un precedente abbozzo di
intese in caso di conflitto, ovvero che fu poi ripreso e tenuto presente ai
primi di giugno 1940, ovvero alla vigilia della nostra entrata in guerra, è
estremamente significativo:
<<Desidero Maestà, nell’attesa di mandarvi tutto l’epistolario scambiato con il
Führer, anticiparvene le conclusioni. E cioè l’Italia si limiterà almeno nella
prima fase del conflitto ad un atteggiamento puramente dimostrativo. Francesi e
inglesi ci hanno fatto sapere che faranno altrettanto>>.
E’ molto probabile che a giugno del 1940, quando da più parti si riteneva
possibile una imminente conclusione del conflitto, ci si mosse ancora su queste
basi di tacita intesa.
Ma ancor più: c’è una decisiva intercettazione telefonica, eseguita di nascosto
dai tedeschi su Mussolini il 22 marzo 1945 che dimostra quanto appena affermato:
al telefono Mussolini sta parlando con Claretta Petacci e riferendosi a Pavolini
che era ancora ignaro dell’esatta portata della documentazione (ne verrà messo a
parte pochi giorni dopo), ebbe a dire a Claretta:
«Lui non conosce gli avvenimenti accaduti pochi giorni prima della nostra
entrata in guerra. Non ne ho parlato con nessuno. E Churchill ancora meno.
Bisognerà raccontare una buona volta questa storia. Chi dovrebbe parlarne oggi?
In tutto la sanno cinque persone!».
Da questa telefonata, quindi, si evince in linea di massima il grande segreto
contenuto in quei pochi documenti risalenti al momento esatto dell’entrata in
guerra dell’Italia (non prima), documenti dunque diversi e più scottanti di
quelli, pur importanti, passati nelle mani di Carissimi Priori.
In ogni caso per inquadrare esattamente quello che accadde alla vigilia del
nostro intervento in guerra bisogna ricostruire quel periodo.
Sir Winston Leonard Spencer-Churchill dopo il marzo 1939, sostenuto dalle lobby
che volevano imporre una guerra ad oltranza alla Germania, venne portato da
Chamberlain nel governo e fatto entrare nel gabinetto di guerra (War Gabinet),
nominandolo Primo Lord dell’Ammiragliato.
Fu proprio verso quest’uomo, fino a poco tempo prima screditato, che si
focalizzarono e si appuntarono le strategie delle lobby occidentali risolute ad
una guerra ad oltranza.
Esse trovarono in lui quegli elementi idonei a strumentalizzarlo per i propri
fini. Anzi, nella delicatezza della politica britannica, con vaste e forti
realtà sicuramente avverse ad una nuova guerra contro i tedeschi, proprio le sue
doti di cocciutaggine, ostinazione, impulsività e stravaganza, costituivano le
condizioni favorevoli ad investire su di lui.
Forti pressioni, attuate dietro interessi trasversali, a cui il venale Churchill
non era insensibile, avrebbero inoltre consentito di condizionarlo nonostante il
suo carattere da cane sciolto.
Dall’aprile del 1940, quindi a guerra in corso, Churchill presiedette il
Comitato di Coordinamento militare che comprendeva i capi di Stato Maggiore.
Il 10 maggio del 1940, infine, diventò Primo Ministro.
Tutto questo per sottolineare come, anche prima di diventare capo del governo,
Churchill era in grado, se non di trattare, almeno di intercedere attraverso una
diplomazia sotterranea con l’Italia, durante il periodo della nostra non
belligeranza.
E’ ovvio però che possono costituire oggetto di trattativa concreta e forte
compromissione, con implicazioni di portata internazionale, solo gli impegni da
lui presi ed effettivamente sottoscritti dal momento in cui divenne Premier.
In ogni caso è indubbio che Churchill ebbe in mano le leve di potere dell’impero
britannico proprio in uno dei suoi momenti più difficili e delicati. Giova solo
ricordare:
a maggio c’era stata Dunkerque con l’abbandono del vecchio continente da parte
delle forze inglesi; con la prima settimana di giugno 1940, mentre la Francia è
oramai avviata verso la capitolazione, gli inglesi anche in Norvegia furono
costretti a reimbarcarsi a seguito del fallimento delle loro operazioni
militari; infine l’8 giugno avvenne, a largo di Narvik, il non indifferente
affondamento della portaerei Glorius;
E’ chiaro che, in una situazione drammatica come questa, Churchill non si
facesse di certo alcuno scrupolo ad intraprendere ogni più spregiudicata,
ignobile e rischiosa operazione che tornasse utile alla salvezza
dell’Inghilterra ed agli obiettivi strategici finalizzati al proseguimento della
guerra ad ogni costo. Egli ebbe mano libera dopo la drammatica riunione segreta
del gabinetto di guerra, tenuta nel pomeriggio del 28 maggio ‘40, dove Churchill
riuscì definitivamente ad imporre la sua strategia che in quel momento prevedeva
di separare i destini inglesi da quelli francesi e di rigettare ogni profferta
di pace da parte tedesca.
E’ da quel momento in poi che Churchill giocò le carte più spregiudicate della
sua strategia bellica che prevedeva l’allargamento del conflitto con il
coinvolgimento dell’Italia.
Un certa storiografia, politicamente corretta, ma sostanzialmente falsa, visto
che oramai non può più ignorare l’esistenza stessa e l’importanza di un certo
Carteggio compromettente tra Mussolini e Churchill, tende per lo più a sostenere
che questo Carteggio potesse contenere:
1) delle favolose offerte, più che altro di natura geografica e territoriale,
fatte da Churchill all’Italia e tutte a spese della Francia, affinché Mussolini
tenesse il nostro Paese fuori dal conflitto, ed inoltre, in parziale
alternativa,
2) di un desiderio inglese di avere l’Italia in guerra, seppur come nemica, ma
considerandola quale elemento moderatore rispetto ai tedeschi, in un tavolo di
una fantomatica ed imminente pace.
Vediamo queste due ipotesi di comodo separatamente.
1. «Le favolose offerte fatte all’Italia a spese della Francia» affinchè
l’Italia restasse neutrale.
Che sia nel periodo precedente, ma soprattutto verso la fine della primavera del
‘40, trovandosi in gravi difficoltà militari Churchill, come lui stesso ebbe a
dire «feci del mio meglio per tenere l’Italia fuori dal conflitto», è da tutti
dato per acquisito e rientra nella logica delle cose e del resto le stesse
comunicazioni ufficiali tra Italia e Inghilterra lo attestano.
Meno noto è però il fatto che questa richiesta di tenere l’Italia fuori dalla
guerra e le eventuali ricompense (di cui i francesi, nel loro momento di crisi,
sembra erano propensi), fu eventualmente transitoria, di facciata e non è poi
così storicamente importante.
Secondo le interpretazioni più accreditate e sostenute da testimonianze di chi
afferma di aver potuto sbirciare in quei documenti (Carissimi-Priori di
Gonzaga), Churchill ad un certo punto avrebbe buttato a mare la Francia, quando
ancora non si era arresa ed avrebbe addirittura offerto all’Italia l’intera
Dalmazia e l’Istria, il possesso definitivo delle isole del Dodecaneso, la
Tunisia, la Corsica, Nizza, e quant’altro pur di evitare questo tanto paventato
intervento italiano.
E’ probabile che su queste basi, se ne parlò nei primi giorni in cui Churchill
divenne Premier (inizi di maggio 1940), quando delineandosi il crollo della
Francia la situazione si fece critica per gli inglesi e poteva quindi esserci
una effettiva necessità a procrastinare la neutralità italiana.
Resta però il fatto che è estremamente complicato credere alla finalizzazione di
vere e proprie trattative con una posta di ricompensa così esagerata, e questo
per il semplice motivo che, non vediamo come avrebbe poi potuto l’Italia,
restando fuori dal conflitto, impinguarsi in quel modo a spese della Francia.
Non è pensabile infatti che l’Italia, per incassare quelle promesse, avesse
dovuto sperare in una vittoria (tra l’altro in quel momento ritenuta
improbabile) dell’Inghilterra, né viceversa la Germania gli avrebbe mai
consentito, in caso di una sua solitaria vittoria, di annettersi quei territori.
Con la creazione del governo di Vichy e gli obblighi germanici ad esso
correlati, i tedeschi rispettarono tutti gli accordi ed i trattati stipulati e
non c’era quindi spazio per eventuali esagerate rivendicazioni italiane verso la
Francia e questo nonostante l’Italia fosse comunque scesa in guerra: figuriamoci
se fosse rimasta fuori dal conflitto!
La faccenda, se la si osserva bene, avrebbe assunto i contorni del ridicolo
perchè, in pratica, Mussolini a guerra conclusa avrebbe dovuto «affacciarsi» al
tavolo delle trattative di pace con un discorso di questo genere: «Cari camerati
germanici, mentre vi facciamo i complimenti per aver concluso vittoriosamente la
guerra, noi italiani, che non abbiamo sparato un colpo, siamo qui per intascare,
quanto dagli inglesi ci venne promesso e sottoscritto»!
Ma, per ultimo, e questo è decisivo, a guerra finita, queste offerte di
Churchill, una volta conosciute, non lo avrebbero assolutamente danneggiato
(come non lo danneggiò il crimine ben peggiore che aveva commesso il 3 luglio
1940 quando, a Mers el Kebir aveva massacrato la flotta dell’ex alleato), perchè
avrebbe avanzato la ragion di Stato di aver dovuto salvare il salvabile ed
invece Mussolini, se le avesse rese note, avrebbe addirittura peggiorato la sua
situazione in quanto, nonostante le offerte, era comunque entrato guerra!
Non si comprende quindi come Mussolini ed il Re, nonostante qualsiasi tipo di
garanzia fosse stata fornita all’Italia e a meno che non fossero dei perfetti
idioti, potevano fidarsi di un impegno del genere e di come potesse essere
eventualmente onorato, visto che nel caso di una pace o di una vittoria tedesca,
sarebbe stato impossibile per l’Italia, senza aver combattuto, incassare il
premio!
Quindi in quel famigerato Carteggio c’era ben altro che delle sia pur onerose
offerte di bottino per star fuori dalla guerra! Mussolini, non a caso, nei suoi
ultimi tempi assegnò una grande importanza ai documenti in suo possesso e
cercava di metterli al sicuro affermando che quelle carte attestavano le vere
ragioni per le quali l’Italia era entrata in guerra quindi - si badi bene - non
del perché non era entrata in guerra!
2. «L’Italia in guerra per averla al tavolo della pace»
E’ questa un altra interpretazione, a fronte di svariate testimonianze in
merito, in parte veritiera, ma stravolta dagli storici in malafede, che ammette
la possibilità che Churchill possa avere, all’ultimo disperato momento, invitato
l’Italia a scendere in guerra (sia pure come nemica) per poter usufruire di un
suo servigio moderatore, nei confronti dei tedeschi, al tavolo di una pace
imminente.
Soltanto degli storici in malafede, però, possono fingere di credere ad una
volontà di Churchill per un tavolo della pace e addirittura con presenza
italiana.
Churchill infatti non pensava minimante di addivenire a nessun tipo di tregua
bellica (che, tra l’altro, avrebbe potuto ottenere in qualsiasi momento da
Hitler e ad ottime condizioni!, mentre l’Italia era invece un intralcio visto
che aveva tutti i suoi interessi geopolitici in contrasto con quelli
britannici), anzi lui e le forze che lo sotto intendevano e che avevano operato
per scatenare la guerra contro la Germania, operavano adesso per un allargamento
del conflitto in virtù della preparazione dell’intervento americano (ancora
lontano) e con il presupposto implicito di annullare qualsiasi tendenza che si
manifestasse all’interno della nazione e favorevole ad una pace.
E’ evidente allora che bisogna interpretare diversamente questa richiesta di
Churchill, perchè siamo in presenza di una occulta e spregiudicata strategia
finalizzata ad allargare e complicare il conflitto visto che, era logico,
inevitabile, che l’Italia sarebbe sicuramente scesa in guerra.
In pratica Churchill, ai primi di giugno, considerato che comunque l’Italia
avrebbe dovuto scendere in guerra, pensò bene di giocare di anticipo, invitando
direttamente Mussolini a farlo, con la promessa di un imminente tavolo della
pace e con un tacito accordo a non farsi troppo male.
Era una vera e propria trappola per il nostro Paese, altro che desiderare di
avere l’Italia ad un fantomatico tavolo della pace!
Di lì a pochi mesi, infatti, superato il momento di crisi, Churchill non
mantenne (ed oltretutto neppure avrebbe potuto mantenere) i patti e scatenò
tutto il suo apparato militare contro l’Italia, manifestando al contempo e in
ogni modo alla Germania ed al mondo intero, la sua volontà di proseguire la
lotta con irriducibile accanimento.
Mussolini non dovette credere granché all’interesse inglese ad avere l’Italia
nelle trattative di pace, ma ovviamente per l’Italia, dato il suo stato di
impreparazione militare e debolezza economica, era estremamente conveniente
entrare in guerra con questo «accordo» a non farsi troppo male e Mussolini non
poteva esimersi dal tenerne conto, tanto più che, sbagliando, credeva veramente
imminente la pace.
Questa “intesa” giustifica persino l’entusiastica adesione alla guerra da parte
dell’ambiguo, opportunista e filo occidentale Vittorio Emanuele III.
Ecco perchè Mussolini annetteva estrema importanza durante la RSI, e lo
garantiva anche ad Hitler, per una eventuale trattativa con le nazioni
vincitrici, allo scambio di corrispondenza avuto con Churchill al momento
dell’entrata in guerra dell’Italia!
Ed ecco perché l’inglese fece carte false, scatenò tutti i suoi servizi segreti
e pagò ingenti somme per riavere indietro le sue lettere.
Infatti, una volta venuta fuori questa verità, sarebbe stato estremamente
difficile o comunque impopolare addossare all’Italia una responsabilità nella
guerra ed imporgli delle pesanti clausole di pace, visto che lo stesso Churchill
ne aveva chiesto l’intervento e che l’Italia poi aveva rispettato questi patti
senza intraprendere serie iniziative belliche nel primo mese di guerra.
Ma oltretutto si sarebbe reso, già da allora evidente, il gioco degli
occidentali che avevano programmato ed intrapreso una guerra di distruzione
contro l’Europa!
Maurizio Barozzi
Note:
[1] Il carteggio con Churchill, venne
requisito a Dongo il 27 aprile 1945 in due o tre borse al seguito della colonna
Mussolini. Si trattava di una documentazione che arrivava a ridosso della nostra
entrata in guerra. Ma due o tre lettere, quelle decisive, immediatamente
precedenti il 10 giugno 1940, erano indosso a Mussolini. Per le testimonianze di
Carissimi-Priori vedasi Nuova Storia Contemporanea N. 1 Gennaio/Febbraio 2000, e
il N. 5 del 2004, ed anche R. Festorazzi Mussolini Churchill Le carte segrete
Datanews 1998.
[2] In realtà un accordo anglo tedesco era
impossibile, perchè il gioco diplomatico, militare e strategico era condizionato
dall’ingerenza di certe Consorterie che sull’asse Londra – New York reggevano le
fila della politica inglese. Queste Lobby transnazionali tenevano nelle loro
mani tutta la strategia bellica Alleata, anche contro gli stessi interessi
britannici, che in vista dell’affacciarsi di due grandi potenze planetarie,
quali l’URSS e gli USA, rischiavano di perdere l’impero. Ma questa ingerenza,
pur se al tempo conosciuta, non era ancora esattamente interpretata e ciò
falsava il gioco, inducendo in errori strategici sia Hitler e soprattutto
Mussolini. Hitler stesso lo ammetterà in uno dei suoi ultimi scritti del 1945.
[3] Per la lettera del generale Giorgio
Pirrone, inviata ad Augusto Fontana direttore di Italia Tricolore, vedesi il
relativo numero 9 della rivista di settembre 2009.
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