Italia - Repubblica - Socializzazione

 

COMUNICATO STAMPA

 

Il VENTO DIVINO DI ALLAH

 

Nomina omina, il nome reca l’indicazione del destino di chi lo porta.

Per coloro i quali sono permeati dal concetto cristiano che la vita è un dono di Dio, di cui l’uomo, come per tutti i beni terreni, è soltanto amministratore e non proprietario, il suicidio contraddice ogni legge morale. Ciò rende loro difficile cogliere l’intima essenza dell’etica scintoista, da cui deriva quella dei kamikaze. Tuttavia, vi è una analogia escatologica fra le due religioni: la morte come passaggio ad altra esistenza. «Kamikaze» vuol dire vento divino. Siffatta denominazione risale al 1281, anno in cui il Dio ISE, con una spaventosa tempesta, sbaragliò la flotta di Kublai-Khan in procinto di invadere il Giappone con migliaia di giunche cariche di guerrieri. Prima dell’agosto 1945, la religione delle Shinto era strettamente connessa con il nazionalismo nipponico e costituiva l’elemento fondamentale di coesione sociale della nazione nipponica. Kamikaze furono chiamati quei piloti giapponesi che, consapevoli dell’impossibilità di affondare le navi da guerra americane con mezzi normali, abbracciarono l’idea della morte necessaria e, con l’aereo carico di bombe, si tuffarono -purtroppo con scarsa fortuna- sulle navi nemiche che mettevano in gravissimo pericolo la loro Nazione. Azioni simili furono compiute anche da speciali reparti della fanteria nipponica durante la guerra russo-giapponese del 1904-5, i cui componenti furono detti proiettili umani. Per analogia, noi possiamo chiamare siluri umani gli ardimentosi equipaggi della Decima flottiglia MAS, che arrecarono danni ingenti alla flotta britannica nel Mediterraneo.

Pertanto, non si può non riconoscere che quello del kamikaze sia un atto umano autentico, in quanto realizza la più compiuta sintesi di essere-conoscere-volere-agire. Intriso di altissima religiosità e di totale abnegazione per una nobile causa, l’atto kamikaze assume tutti i caratteri della necessità estrema, e attinge i vertici massimi dell’eroismo, cioè della santità laica.

È da osservare che, anche per quel che concerne l’islamismo, l’ambivalenza fra il piano religioso e quello socio-politico è di non facile distinzione. La Repubblica Islamica dell’IRAN, come è noto, è fondata totalmente sulle norme coraniche. Attesi gli inconfondibili aspetti culturali e geostorici dell’Europa, che la distinguono nettamente dall’Occidente e dall’Oriente, ci domandiamo: dov’è la sua anima e che fine a fatto «l’uomo tempio di Dio»?

Capaci di compiere soltanto atti dell’animale-uomo, atti cioè non imputabili alla libera scelta personale, ma inetti a dar vita a quelli veramente umani, nel senso di deliberazioni efficaci della volontà, i bottegai d’Oltreatlantico e i loro squallidi epigoni striscianti sul suolo europeo, ridotti come sono a meri tubi digerenti, corredati appena di qualche secondario riflesso che li induce unicamente a produrre per consumare, non solo non comprendono, ma osano bensì dileggiare la disperata azione-reazione del vento divino di Allah. Per contro, gli attacchi kamikaze sferrati a Nuova York e Washington, quali ne siano gli ideatori e organizzatori, sono stati effettuati da persone religiosamente convinte di compiere un supremo dovere di fronte al loro Dio e al loro mondo troppo ingiustamente e per troppo tempo reso oggetto di rapine e di inauditi sfruttamenti; quindi, non possono essere scambiati, sic et simpliciter, per fanatici terroristi.

Gli atteggiamenti manichei assunti nella lotta al terrorismo dai media (del padrone), additando come unico responsabile il consueto Satana di turno, impediscono il naturale esprimersi di serene valutazioni critico-propositive del fenomeno, atte ad eliminarne le cause. Comunque, in queste circostanze è ineludibile l’interrogativo: cui prodest?

Infine, di quali diverse e meno distruttive possibilità potevano disporre gli autori di quegli attacchi per far valere le loro ragioni? Forse di qualche migliaio di ricorsi all’ONU (del padrone)?

Ragioniamo: di terrorismo (sempre e comunque condannabile), sono responsabili semmai coloro i quali, adducendo a pretesto gli attacchi in questione, stanno attuando biechi piani di dominazione mondiale. Opporvisi, a nostro parere, è un dovere morale e religioso, prima che etico e politico.

 

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p. Il Comitato Direttivo
F. G. Fantauzzi