I
custodi della menzogna e del disonore
ovvero:
la Giustizia contro la Carità
(Ghibellinismo contro Guelfismo)
Giorgio Vitali
«… Poi la schiavitù farà per lui,
anche di lui, un uomo vile e umiliato, che andrà in giro come un
cane per le strade leccando per terra le impronte delle scarpe dei
padroni, passando la lingua sulle screpolature dei muri, baciando la
mano di chi lo colpirà in viso, di chi si degnerà di colpirlo nel
viso. La sua bocca sarà piena di lodi, di scuse, di preghiere, di
adulazioni. Anche lui un essere vile, anche lui un uomo infelice
rassegnato alla miseria, alla viltà, ai soprusi, alla felicità ed
alla gloria degli altri. Tutto finirà per sembrargli giusto e
legittimo, tutto, anche le prepotenze più ignobili …»
Curzio Malaparte. "L’inglese in
paradiso", Vallecchi, 1960
«E tergerà ogni lacrima dai loro
occhi, non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno,
perché le cose di prima sono passate…. A colui che ha sete darò
gratuitamente acqua della fonte della vita. Chi sarà vittorioso
erediterà questi beni, io sarò il suo dio ed egli sarà mio figlio»
"Apocalisse" di Giovanni, 21, 1-7
«Je ne veux pas che nul Jésus Christ put jamais mourir pour moi»
Testamento di un anarchico
riportato da A. Malraux in "La Voie Royale".
«Chi nasce da un gatto mangia dei topi»
Proverbio rumeno
«Non è più Alessandria e non è altro da Lei. Solo un corpo in
letargo percorso da oscuri fremiti»
C. Kingsley, "Hypatia"
Della situazione dell’Italia attuale non è
responsabile nessuno… vengono tutti da Marte. Sono tutti marziani.
«Aver pietà della pantera equivale ad essere ingiusti verso le
pecore»
Saadi
«Non esistono Fatti, ma solo Interpretazioni»
Friedrich Nietzsche
«Anche tra i pesci come fra i cristiani, i
baccalà son più dei pescicani»
Trilussa
«In fondo, l’Alleanza atlantica è forse più il
figlio illegittimo, il bastardo dei comunisti, che il frutto della
nostra volontà»
P. H. Spaak, Segretario Generale NATO
«Contro l’imbecillità non possono neppure gli Dei» |
Noi ci rifiutiamo di pensare
che individui molto esperti nella manipolazione mentale non sappiano quel che
fanno. Quindi l’apparente inappropriatezza di certe decisioni governative, che
si espongono anche a critiche malevole, l’apparente superficialità di certi
interventi in dibattiti televisivi fra persone (sempre quelle) apparentemente in
contrasto dialettico fra di loro, con opinioni superficiali da far inorridire
gli esperti (che pure ci sono anche nel nostro paese), costituiscono una recita
a soggetto dove gli attori inventano di volta in volta le espressione della
parte a loro precedentemente assegnata. È quanto avviene anche nel nostro
parlamento com’è facile dimostrare, dove di autentico ci sono le scaramucce fra
bande contrastanti per la spartizione del bottino. La tecnica comunicazionale è
facilmente evidenziabile nel sistema del falso dibattito, che si fa forte dello
schematismo mentale e del ritardo culturale di gran parte dei concittadini.
Infatti, se alcune "verità" di portata politica sono affermate da una sola
persona o da una sola organizzazione, sono facilmente contestabili. Al
contrario, se in un dibattito apparentemente loquace e dinamico sono messe in
campo molte mezze verità, ma la verità sostanziale viene da tutti sottaciuta,
quest’ultima sfuggirà del tutto all’attenzione degli ascoltatori. [Ne ha scritto
in un bel libro ("La strategia dell’inganno", Asterios) il noto studioso Paul
Virilio che si è soffermato sui meccanismi sociali innestati dall’uso della
menzogna a scopo di sopraffazione messo in atto con particolare solerzia
criminale dall’amministrazione statunitense. Questo meccanismo prevede, a
conferma della menzogna, l’incriminazione e la condanna, per mezzo di magistrati
sottomessi, del perdente di turno].
Il caso del signoraggio bancario è un altro esempio mi mistificazione attraverso
un sottile ma ben temperato sistema di complicità intellettuali. Quando si
discute di crisi monetaria e di crisi economica (che è una conseguenza della
crisi monetaria) nessuno dei dialoganti accenna alla causa di tutto: il
signoraggio. Risolvere questo fondamentale problema vorrebbe dire risolvere
tutti i problemi della società nazionale. Così come fu fatto in RSI che chiuse
in attivo economico i suoi 600 giorni di vita stentata ma esaltante grazie alla
nazionalizzazione de facto della Banca Centrale. Perciò, se si è potuto
realizzare il famoso "miracolo italiano", questo si deve a quel noto "attivo" e
tutto ciò nonostante l’imponente svalutazione provocata dalla moneta
d’occupazione: le famosa "AmLire".
Proprio di questi tempi è partita un’ulteriore operazione di spoliazione del
popolo italiano dalla sovranità monetaria: si vuole sostituire le monete da uno
e da due euro con cartamoneta. Le scuse sono tante, anzi è partito anche un
falso sondaggio per conoscere l’opinione dei concittadini. Anche in questo caso,
nessuna fra le persone interpellate si è permessa di far presente che, per
convenzione internazionale, le monete metalliche sono di proprietà popolare,
mentre quelle cartacee sono d’esclusiva proprietà bancaria, cioè privata.
[Cogliamo l’occasione per ricordare le prime avvisaglie, si era nel 1979,
dell’attacco privatistico contro la banca centrale, allora in mano pubblica, con
la messa sotto accusa di Paolo Baffi e Mario Sarcinelli].
La stessa cosa si può affermare per quanto riguarda la comune accettazione del
termine "romeno" a significare zingaro. Poiché sappiamo che gli pseudo-dibattiti
sono solo in parte sostenuti da esangui intellettuali omologati, autentici
illuministi spenti, mentre gli altri sono persone che provengono dal mondo delle
professioni, siamo portati a pensare che questi ultimi, pur di percepire la
giusta ricompensa per la loro partecipazione siano indotti a firmare un qualche
documento in cui s’impegnano a non trasgredire certi impegni di carattere
ideologico. Fra cui quello di contribuire alla diffusione della confusione per
quanto riguarda l’invasione zingarica. Tra l’altro siamo tutti responsabili di
un’attribuzione d’identità falsa, malvagia ed offensiva. Tantoché i rumeni se ne
sono, giustamente risentiti.
Su queste esibizioni di provincialismo, si è elevata con grottesca maestria
anche Alessandra Mussolini, provocando l’allontanamento dal suo gruppo
parlamentare europeo di una nutrita pattuglia rumena, con inevitabile fine del
gruppo stesso. L’ignoranza generalizzata non permette di ricordare quanto
l’intera Europa deve al popolo rumeno. Basterebbe un solo nome, Dracula, il
principe dell’Ordine del Drago, che con i suoi mezzi draconiani, ma
indispensabili, per i gusti dell’epoca, contribuì a preservare l’Europa centrale
dall’invasione turca. Ma la questione sarebbe di una gravità inaudita se non
vivessimo sopra "questo" sacro suolo. In qualsiasi altro paese d’Europa i
cittadini sono molto attenti ai loro sacri diritti. Per dare un’idea del livello
manipolatorio della confusione lessicale messa in opera con la questione
zingarica, è sufficiente paragonare questo caso con l’emergenza curda. Infatti,
nessuno si permetterebbe di confondere la popolazione curda divisa a suo tempo
da una sciagurata decisone fra Iran, Iraq e Turchia, con i legittimi abitanti di
questi paesi. I curdi restano curdi a tutti gli effetti, nonostante il paese
d’appartenenza. Talché una guerra d’indipendenza, combattuta (nel modo più
idoneo al fine preposto), del popolo curdo contro le tre potenze occupanti a
causa di una spartizione voluta dagli atlantici, Noi la consideriamo del tutto
legittima.
Un ulteriore esempio della falsificazione in atto ci viene da un evento recente,
costituito dalla morte d’Enzo Biagi. Un commentatore pacato, un investigatore
dei fatti apparentemente al di sopra delle parti. Un uomo disponibile ad essere
intervistato ed a rispondere amabilmente alle domande. Tuttavia, anche negli
ultimi tempi nulla è mai trapelato riguardo alla retribuzione che il noto
giornalista riceveva dalla RAI, cioè da noi tutti. Si parla di 35 milioni di
vecchie lire a trasmissione, cioè ogni giorno. Il fatto in se stesso, beninteso,
non ci stupisce. La televisione vive di pubblicità e Biagi, evidentemente, era
funzionale alla pubblicità. È un fatto che di questa retribuzione, che riguarda
tutti gli italiani, nessuno ha mai parlato. Eppure, il primo che avrebbe dovuto
parlarne era proprio lui, Biagi. È evidente che si tratta d’omertà, complicità
nell’occultamento di notizie importanti, partecipazione non loquace al giro del
potere nel suo aspetto peggiore. Perché questa è la forma più vessatoria del
potere: farsi pagare il contributo pur non avendone bisogno. Come quello, di
recente smascherato dalle "Iene" che pretendeva prestazioni sessuali in cambio
del posto di lavoro. Qui la sessualità c’entra pochissimo, è la sola libidine di
umiliare una persona che si ritiene suddita. E qui subentra la sostanziale
differenza d’impostazione della società fra i sostenitori della giustizia
(civile o sociale che sia) e gli interpreti della carità, che permette di
ergersi a "padri nobili" verso persone considerate "inferiori", da cui origine
l’ideologia del buonismo.
Chi si batte per la giustizia considera gli uomini tutti uguali. Altrimenti non
ci sarebbe giustizia nell’aiutare il più debole. Chi considera gli altri più
deboli intende ergersi a protettore, e non accetta critiche al proprio operato
perché giudicato autonomo, spontaneo, generoso, non dovuto. Questa è la ragione
vera per la quale attraverso il buonismo passa ogni forma di ruberia e
sopraffazione. Lo aveva evidenziato a chiare lettere, nei suoi scritti, Giuseppe
Mazzini il cui sforzo maggiore fu proprio quello di far coincidere una politica
della giustizia con una politica della morale, superando, di fatto, il dissidio
fondamentale che ha caratterizzato la "guerra civile" italiana dall’insediamento
dei papi in poi e che fu in parte risolto dal Risorgimento, ma solo nella misura
in cui il sistema politico post-risorgimentale aveva cercato di attuare i
principi mazziniani. C’è da aggiungere che fu proprio la monarchia sabauda,
gelosa della propria, molto effimera, autonomia, a mantenere un dissidio che
solo Mussolini aveva cercato di attenuare, ottenendo per la prima volta nella
storia nazionale la coesione fra italiani. Peccò di lungimiranza anche la
Massoneria nazionale, incapace di vedere oltre un cieco anticlericalismo
"laicista", ancora oggi foriero d’iniziative dalla popolazione non seguite
perché non comprese. La conclusione è sotto gli occhi di tutti, perché
l’ignominiosa fuga della "Corona", il 9 settembre 1943, peraltro concordata con
l’autorità militare tedesca, e programmata da ambienti militari strettamente
legati ai circoli massonici internazionali, avendo definitivamente squalificato
l’ideologia monarchica e quanto del residuale retaggio ghibellino ad essa
collegato, ha definitivamente dato l’Italia nelle mani del papato e della sua
ideologia buonista, ma non prima che questo avesse concordato una salda alleanza
con le potenze protestanti per fronteggiare il nemico comune che all’epoca era
il comunismo. Com’è facile vedere nelle "figure" rappresentative di questa
"situazione" a cominciare da Veltroni. È chiaro che, finita la pressione del
comunismo, dimostratosi una forza soltanto negativa come noi da sempre abbiamo
sostenuto, il sistema continua nelle sue forme essenziali, incapace di
affrontare le nuove emergenze, nazionali ed internazionali, della vita civile.
Il sistema sociale, come previsto a suo tempo da Mussolini in caso di sconfitta
del fascismo, continua ancora a sopravvivere su un compromesso ideologico che
possiamo chiamare "bolscevismo cattolico", elaborato dai catto-comunisti (da qui
la loro importanza nella storia del nostro dopoguerra), col potere senza
controlli nelle mani dei boss del pubblico impiego, in strettissima alleanza con
gli esponenti dell’iperliberismo di matrice anglosassone che stritolano
economicamente la popolazione più debole, impossibilitata a difendersi.
Nei momenti di tensione in Italia ci scappa il morto
Non è difficile confermare quanto dichiarato da Paolo Sylos Labini in
un’intervista del 2001: un paese a civiltà limitata. Nel nostro paese accadono
avvenimenti apparentemente casuali, che però nel tempo si dimostrano essere
stati voluti.
Ciò è valido tanto per Alberto Giaquinto, ucciso proditoriamente dopo una
manifestazione e soprattutto dopo una sequela di provocazioni, documentate da
Mino Pecorelli, il giornalista a sua volta assassinato, sull’ebdomadario da lui
diretto "OP", quanto per Degli Esposti, un giovane implicato in qualche modo
nella strage di Piazza Fontana o più di recente per il giovane Giuliani, vittima
del G8 e di tutte le strategie messe in atto in quell’occasione, e del quale
ancora non si conosce il vero assassino. A parte, possiamo aggiungere il
massacro d’Acca Larenzia. Beninteso, noi non facciamo supposizioni, ma
constatazioni. Noi stiamo costatando alcune "coincidenze", anche alla luce dei
molti libri apparsi di recente sulla situazione italiana e sulla guerra civile
latente, che si prolunga dal 1945 ad oggi. Strane coincidenze che alcuni
potrebbero anche chiamare sincronicità.
Anche oggi, e forse più che in precedenza, la situazione nazionale è in
ebollizione per la difficile congiuntura economica e sociale e per la crisi
internazionale.
Il presidente di "questa" repubblica, Napolitano, ha di recente inviato agli
italiani, probabilmente su "consiglio" del noto sionista Arrigo Levi, un
messaggio allarmante. Napolitano ha dichiarato esplicitamente che è «... nostro
dovere prepararci ad affrontare ognuna delle nuove possibili emergenze che
possono presentarsi nel panorama internazionale …». Quanto detto dal presidente
di questa repubblica, ancorchè passato inosservato dalla maggioranza,
contribuisce ad aumentare, certamente non ad attenuare la tensione.
I giovani che solitamente scaricano le proprie ansie da frustrazione sui campi
del calcio stanno aumentando perché, come di recente rilevato da dati ISTAT, più
del 60% della popolazione giovanile (fino ed oltre i 30 anni) è costretta a
vivere in famiglia perché non ha i mezzi per affrontare la creazione di un nuovo
nucleo familiare. E non è una convivenza facile, checché ne dica Padoa Schioppa
che chiama questi giovani «bamboccioni» solo perché finora nessuno di loro gli
ha spaccato il muso. Per inciso ricordiamo che, fino alla scomparsa della
famiglia rurale, in quegli ambiti ci si sposava al raggiungimento dei diciotto
anni per continuare a convivere dentro la famiglia patriarcale, utilizzando però
spazi idonei anche se privi del comfort odierno. Le donne sfaccendavano tutto il
giorno mentre gli uomini lavoravano i campi. Questi giovani, di fronte alla loro
progressiva emarginazione sociale percepiscono il distacco sempre più ampio dal
mondo del parassitismo politico che li tratta col solito disprezzo. Ma non siamo
ancora alle brioche in sostituzione del pane che compromise la testa della
povera Maria Antonietta. Che il sistema favorisca una certa violenza come
valvola di scarico si sa. È per questa ragione che ci pare molto strano un
delitto di difficile spiegazione, anche tecnica, aggravata dal fatto che la
polizia abbia subito fatto sparire le videocamere poste nel bar vicino al quale
è avvenuto l’omicidio. (Una ripetizione di quanto ha fatto il FBI dopo
l’«attentato» al Pentagono)
La morte del giovane ha provocato, anche grazie ai nuovi sistemi di
comunicazione, la mobilitazione e la rivolta del popolo dei tifosi, ma anche dei
tanti italiani di tutte le età che seguono con passione le vicende del calcio.
Si è creato un fronte che difficilmente potrà essere spezzato. Da una parte il
popolo nel suo insieme (l’unico collante nazionale è, per ora, il calcio) e
dall’altro le autorità. Sono tutti questi fatti, messi insieme, che ci fanno
dubitare molto della casualità di quanto accaduto.
Nota finale. Noi siamo stati sempre grandi estimatori dell’Imperatore Nerone.
Questi ordinò per dieci anni l’interdizione dell’arena di Pompei ai giochi
gladiatorii per le risse e le violenze ivi scatenate dalla rivalità "sportiva"
fra i tifosi dei gladiatori pompeiani e quelli dei gladiatori sanniti. Come
dire: fra i seguaci di Cirino Pomicino e quelli di Mastella. (L’Italia è sempre
uguale). Ma oggi noi siamo con il popolo e speriamo che questo sia il primo
segnale (una presa della Bastiglia) di una rivolta che dovrebbe divampare con
maggiori conseguenze.
Giorgio
Vitali
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