Italia - Repubblica - Socializzazione


 

Foglio di orientamento n° 2/1998

 

25 Luglio - 8 Settembre 1943

L'origine della seconda guerra mondiale risiede nella irriducibile radicalità dell'antitesi esistente fra la visione fascista del mondo e dell'uomo, pervasa di spiritualità e di generosità sociale e quella egoistica e materialistica propria della demoplutocrazia e del bolscevismo. Preso atto che l'inconciliabilità delle rispettive concezioni metteva in pericolo la loro stessa esistenza, le potenze democratiche e antifasciste provocarono l'immane conflitto.

Il lungo periodo della nostra non belligeranza spiega come per noi italiani quella guerra fosse malauguratamente intempestiva. Tuttavia l'Italia fascista, in armonia con i patti sottoscritti, decise di fare una coerente scelta di civiltà e, proclamando al mondo l'ineluttabilità etica e politica della guerra del sangue contro l'oro, conferì alla lotta in corso un senso, un valore e obiettivi nuovi: l'abbattimento degli Imperi affamatori e l'instaurazione -mediante l'eliminazione del capitalismo- di un «nuovo ordine umano» diretto e rendere partecipi tutti i popoli oppressi ad una più equa ripartizione dei beni del pianeta.

Ciò nondimeno, le nostre non poche carenze organizzative, politiche e militari provocarono il suicidio del PNF il 25 luglio 1943 e l'armistizio il successivo 8 settembre. Il profluvio di memoriali e di ricerche storiche, dato il trafugamento di documenti fondamentali e la reticenza dei protagonisti, hanno lasciato molti lati oscuri su tali vicende. In ordine alle quali, Franco Bandini, esperto in «coni d'ombra», ha anticipato alcune interessantissime notizie destinate a formare oggetto della sua prossima opera storica; anticipazioni tali da stravolgere completamente il significato di quel che si conosceva al riguardo (il Giornale, 14/3/98, p. 19) . Da esse emerge che l'affermazione di Badoglio «la Guerra continua» non trasse origine da intenzioni ingannevoli e che la congiura del 25 luglio non fu ordita in funzione dell'armistizio dell'8 settembre, ma fu bensì l'occasione che i fascisti ottusi e traditori fornirono al Re per togliere di mezzo Mussolini e per tentare di vincere la guerra a fianco dei tedeschi.

Sulla base dei risultati di recenti esperimenti, Hitler, durante il Convegno di Feltre del 19/7/43, illustrò a Mussolini gli effetti distruttivi delle c.d. «armi segrete» e gli diede formale assicurazione che nel corso dell'ultima settimana di agosto e la prima di settembre, avrebbe distrutto Londra e i porti meridionali inglesi.

Il 22 successivo, il Duce riferì al Re quel che aveva appreso a Feltre, lo informò di aver convocato il Gran Consiglio del fascismo per il giorno 24 e, non supponendo che l'interlocutore (da tempo al corrente delle armi segrete) avesse deciso il «ribaltone» sin dal gennaio precedente, uscì dal colloquio con la mendace assicurazione del sovrano che non sarebbe stata assunta alcuna iniziativa fino al 15 settembre.

Mussolini -l'unico in grado di trattare onorevolmente tanto con i tedeschi quanto con gli alleati- aveva in mano una carta decisiva, che però non potè giocare per la totale inadeguatezza morale e politica dei fascisti (dal Gran Consiglio, al PNF, alla MVSN) e per la scelleratezza del Savoia.

Il bombardamento del poligono di Peenemünde del 18/8/43 (da poco preceduto dalla distruzione integrale degli impianti per la produzione di «acqua pesante» in Norvegia), rese impossibile per lungo tempo la fabbricazione delle V2; inoltre, la certezza dello stato di avanzata preparazione di uno sbarco in grande stile nella Penisola ed altri fattori secondari -non ultimi i sinistri scricchiolii del trono- portarono al crollo della sporca macchinazione monarchico-tedesca e gettarono nel panico il Re, Badoglio, e il loro degno Stato maggiore, i quali inviarono a Lisbona il generale Castellano ad intercedere per un armistizio qualsiasi.

 

La non-fuga del Re dell'8 settembre '43

Alle 19,45 dell'8 settembre '43, Badoglio annunciò l'armistizio. Da tempo approntata, alla stessa ora, scattò in tutta l'Europa l'operazione di disarmo e dell'internamento in Germania delle FF.AA. italiane. Poco dopo, l'ambasciatore Rahn, il console generale Moellhausen e il generale della SS Wolf, infidi incaricati di Hitler del controllo della situazione italiana (i quali avevano raggiunto un accordo con Badoglio il giorno 3, vennero ricevuti dal Re a Villa Savoia, dove, presente lo stesso Badoglio, stipularono un patto segreto che prevedeva fra l'altro:

1) la resa delle FF.AA. italiane mediante pacifica consegna alla Wehrmacht di armi, munizioni, materiali, mezzi (navali, aerei e terrestri) e installazioni militari;

2) la consegna, alle autorità germaniche delle riserve auree della Banca d'Italia;

3) la pacifica consegna di Mussolini;

4) il generale Calvi di Bergolo, genero del re e comandante il corpo d'armata della Capitale, sarebbe rimasto in loco con il compito di dichiarare Roma «città aperta» e di gestirla d'intesa con le autorità germaniche.

Quindi, la famiglia reale, i Ministri e molti generali con le famiglie, formarono una lunga colonna di autovetture che, scortata da motociclisti della Feldgendarmerie, imboccò la via Tiburtina. Dopo una breve sosta ad Arsoli, tutti pernottarono a Camerata Nuova nella villa dell'industriale Stacchini, ove da qualche giorno era ospitato un capitano delle SS con l'incarico di coordinare l'azione dei reparti SS tempestivamente installatisi a Carsoli, Poggio Cinolfo e Avezzano per proteggere l'autocolonna. Al mattino del 9, protetti anche da aerei tedeschi, ripresero la marcia verso l'Adriatico. Per il pranzo e per qualche ora di riposo si fermarono, ospiti dei marchesi Della Valle, nel castello di Brecciarola. A sera, giunsero ad Ortona. L'«assalto alla baionetta» vale a dire l'imbarco sulla corvetta "Baionetta", avvenne il mattino del 10. Alla stessa ora, visto che la famiglia reale e il suo seguito erano diretti a Brindisi (scortati ora dagli angloamericani), Calvi di Bergolo firmò la resa e consegnò le sue truppe alla Wehrmacht. Dopo 10 giorni, per vere o presunte inadempienze, venne internato in Germania.

Nessuna fuga, quindi, bensì una comoda passeggiata. Meno confortevole fu quella degli ignari soldati stipati in vagoni piombati diretti in Germania.

In sostanza, l'8 settembre furono traditi soltanto l'Esercito e il popolo italiano. La «turpe operazione» fu resa possibile per l'infedeltà dei vertici delle SS operanti in Italia i quali, tenuto conto che la guerra volgeva al peggio, avevano da tempo stretto subdole intese col nemico per tramite del Vaticano. Il loro doppiogioco si protrasse sino alla resa separata delle truppe germaniche in Italia all'insaputa del governo della RSI, all'uccisione di Mussolini e alla scomparsa del dell'oro della Banca d'Italia. I tre personaggi già menzionati e molti ufficiali delle SS (fra i quali il Magg. Hass e il cap. Priebke), a fine guerra, furono ingaggiati dal servizi segreti americani o espatriarono con documenti forniti dal Vaticano. (cfr. fra gli altri, Kuby E. "Il tradimento tedesco", Ed. Rizzoli, Milano '87)

Soltanto l'esplicita e corale condanna delle forze che, sabotata la guerra sin dall'inizio, prepararono la resa incondizionata e la cobelligeranza e che accettano di buon grado lo sovranità limitata e persistono nelle sciagurate discriminazioni tra italiani, potrà consentire alle nuove generazioni di ritrovarsi concordi e laboriose nell'ordinato progredire della Patria comune.

 

La Repubblica Sociale Italiana e la guerra civile

L'8 settembre, va tuttavia suscitando nella coscienza degli italiani migliori atteggiamenti di netta ripulsa; nel contempo i motivi ideali, etico-sociali e l'azione politica e militare della RSI sono fatti oggetto di indagini storiche relativamente pacate e obiettive. Per contro, la «vulgata» resistenziale, sottoposta al vaglio storico, presenta un'immagine sempre più fosca, ma anche nuovi e sorprendenti aspetti i quali rivelano che la maggioranza degli antifascisti non era, allo stesso tempo, anti-italiana e d'accordo sul salvataggio della monarchia e -sulle vessatorie pretese degli alleati (cfr. R. Gremmo, "I partigiani di Bandiera Rossa", Ed. ELF, Biella '96).

Gli episodi delle Fosse Ardeatine, della Storta, della Malga Porzus ecc. costituiscono la punta di tanti iceberg costellati di agguati mortali, di spiate e di veri e propri tradimenti orditi contro partigiani autonomi i quali, a loro modo, credevano di operare per la salvaguardia degli interessi del popolo italiano contro tutti gli stranieri. Al fine di garantirci contro siffatta «resistenza indipendente» e per meglio mettere in atto i loro intenti oppressivi, gli alleati, già padroni del CLN e del CVL, pretesero e ottennero anche il totale asservimento dei CLNAI, talune componenti del quale avrebbero potuto sfuggir loro di mano, come stava per verificarsi in seguito agli accordi intercorsi fra la brigata partigiana Osoppo e la Decima MAS.

 

Il documento che segue costituisce il fondamento politico-giuridico dell'infame Diktat e dell'odierno status di sovranità limitata.

«Promemoria di accordo fra il Comandante Supremo Alleato del teatro di operazioni del Mediterraneo e il CLNAI:

1°) Il Comandante supremo alleato desidera che la più completa cooperazione militare sia stabilita e mantenuta fra gli elementi che svolgono attività nel movimento della Resistenza; il CLNAI stabilirà e manterrà tale cooperazione in modo di riunire tutti gli elementi che svolgono attività nel movimento della Resistenza sia che essi appartengano ai partiti antifascisti del CLNAI o ad altre organizzazioni antifasciste.

2°) Durante il periodo di occupazione nemica il Comando Generale dei Volontari della Libertà (che è il comando militare del CLNAI) eseguirà, per conto del CLNAI, tutte le istruzioni date dal Comandante in Capo AAI il quale agisce in nome del Comandante Supremo Alleato. Il Comando Supremo Alleato desidera, in linea generale, che particolare cura sia dedicata alle misure atte a salvaguardare le risorse economiche del territorio contro gli incendi, le demolizioni e consimili depredazioni del nemico.

3°) Il Capo militare del Comando generale dei Volontari della Libertà (e cioè il Comando militare del CLNAI) deve essere un ufficiale accetto al Comandante in capo AAI, il quale agisce per conto del Comandante supremo Alleato;

4°) Quando il nemico si ritirerà dal territorio da esso occupato il CLNAI farà il massimo sforzo per mantenere la legge e l'ordine e per continuare a salvaguardare le risorse economiche del Paese in attesa che venga istituito un Governo militare Alleato. Subito all'atto della creazione del Governo militare Alleato il CLNAI riconoscerà il Governo militare alleato e farà cessione a tale Governo di ogni autorità e di tutti i poteri di governo e di amministrazione precedentemente assunti. Con la ritirata del nemico tutti i componenti del Comando generale dei Volontari della Libertà nel territorio liberato passeranno alle dipendenze dirette del Comandante in capo AAI, che agisce per conto del Comandante supremo Alleato ed eseguiranno qualsiasi ordine dato da lui o dal Governo militare alleato in suo nome, compresi gli ordini di scioglimento e di consegna delle armi quando ciò venisse richiesto.

5°) Durante il periodo di occupazione nemica dell'Alta Italia verrà data al CLNAI insieme a tutte le altre organizzazioni antifasciste, la massima assistenza per far fronte alle necessità dei loro membri che sono impegnati nel contrastare il nemico in territorio occupato; una assegnazione mensile non eccedente 169 milioni di lire verrà consentita per conto del Comandante supremo Alleato per far fronte alle spese del CLNAI e di tutte le altre organizzazioni antifasciste. Sotto il generale controllo del Comandante in capo AAI, il quale agisce in nome e per conto del Comandante supremo Alleato, tale somma sarà attribuita alle zone sottoindicate, nelle proporzioni sottoindicate per sostenere tutte le organizzazioni antifasciste in tali zone. Liguria 20, Piemonte 60, Lombardia 25, Emilia 20, Veneto 35. La somma complessiva e le singole ripartizioni saranno soggette a variazioni secondo le esigenze della situazione militare: la cifra massima sarà ridotta proporzionalmente man mano che le provincie saranno liberate.

6°) Missioni alleate addette al CLNAI al Comando generale dei VdL o a qualsiasi dei loro componenti saranno da loro consultate in tutte le questioni riguardanti la resistenza armata, le misure anti-incendi e il mantenimento dell'ordine. Gli ordini emanati dal Comandante in Capo AAI, in nome del Comandante supremo Alleato e trasmessi per il tramite delle competenti missioni, saranno eseguiti dal CLNAI, dal Comando generale dei VdL e dai loro componenti.

7 dicembre 1944

f.to- Il Comandante supremo Alleato del Teatro di operazioni mediterraneo. Maitland Wilson, generale;

per il CLN per l'Italia Settentrionale f.to. Pietro Longhi, «Maurizio», «Mare », E. Sogno.

 

Pietro Longhi (Alfredo Pizzoni), «Maurizio» (Ferruccio Parri), «Mare» ( Giancarlo Pajetta), il comandante in capo AAI (Gen. Raffaele Cadorna).

 

Nessun vero italiano avrebbe sottoscritto un simile documento.

Come si conviene al compimento di doveri sacri e irrinunciabili, i motivi che presiedettero all'adesione al nuovo governo fascista repubblicano di circa un milione di combattenti: il sentimento dell'onore militare, il rigoroso rispetto della parola data, la tutela dinanzi al mondo del buon nome della Nazione, la convinzione dell'efficacia etica e sociale del modello fascista di governo, la fedeltà alla persona di Mussolini e non erano sfiorati dalla benché minima considerazione eteronoma . Pertanto, le surrettizie argomentazioni intese a condannare tali adesioni in nome della pretesa legittimità del governo del Re fuggiasco, si ritorcono contro tutto l'antifascismo, giacché il rovesciamento dell'alleanza e l'abbandono dell'esercito e del popolo in balia dell'alleato tradito e di un nemico implacabile, esigevano che ciascuno agisse secondo coscienza per difendere gli interessi e l'onore della Patria tradita e invasa. Tale imperiosa necessità fu incisa sulla nuova Bandiera, pronti a pagare con la vita un'opzione etica di elevatissimo valore storico ed educativo per le nuove generazioni. E non vi fu alcun arroccamento a difesa del passato ventennio, anzi, in una nuova visione di ritorno alla origini e di proiezione dinamica nel futuro, se ne volle il netto superamento.

Sebbene attuata in una temperie intossicata dalla guerre fratricida, la legislazione sociale della RSI ruppe definitivamente con la residuali tendenzialità conservatrici, instaurò il principio che faceva derivare l'autorità dal basso e produsse una nuova concezione morale e sociale di sostanziale valorizzazione della persone in quanto tale. Il lavoro non fu più una merce. Il «mercato del lavoro» e il caotico criterio liberale della «domanda e dell'offerta», divennero locuzioni obsolete non più consone al nuovo contesto rivoluzionario e partecipativo che, con la «Socializzazione delle Imprese» scavalcò a sinistra le teorie marxiste e quelle liberali postesi inequivocabilmente al servizio del capitalismo internazionale. Ciò ispirò e rafforzò il sentimento di solidarietà sociale e nazionale e la volontà di costituire un baluardo di petti e di cuori a difesa del confini della Patria, I nostri Caduti ne sono perenne testimonianza.

I sacrifici dei Combattenti della RSI non sono stati vani, poiché, con essi e per essi, la Repubblica Sociale Italiana si inscrive nella storia d'Italia e della civiltà mondiale con la dignità e la fierezza di protagonista di vicende umane nobili e giuste.

 

La riconciliazione con i giovani della RSI

Alla luce di nuovi elementi di giudizio, la FNCRSI reputa politicamente meno problematica la via indicata da L. Violante per avviare la riconciliazione con «i giovani della RSI». La motivazione dell'iniziativa non sembra recare accenti manichei, ma vuole -sostiene fra l'altro il presidente della Camera dei deputati- il rispettoso confronto con chi la pensa diversamente (...) Questa Repubblica deve avere un fondamento più ampio (...).

Notiamo tuttavia che, al positivo esordio, non fa riscontro una correlativa capacità d'indirizzo per un confronto di tanta rilevanza etica e politica che, atteso altresì il suo contenuto foriero di ulteriori sviluppi, esigerebbe di porre in seconda linea interessi transeunti in vista del conseguimento, dello scopo essenziale di una più sicura equità per tutti, in primo luogo per le generazioni a venire. Un tale confronto, necessariamente incardinato sul pluralismo di differenze spesso artificiosamente acuito, corre il rischio di cadere in sterili «ammucchiate», oppure, come avvenne nel '46 nell'aula magna dell'Università di Roma alla analoga iniziativa promossa dall'incauto Gen. Bencivenga, di finire in una furibonda rissa.

Registriamo, inoltre, tre diversi criteri di approccio alla stessa questione e tutti in qualche misura viziati dalla mitizzazione della «resistenza». I quali ipotizzano, per una sola parte, una inaccettabile «salvezza» secondo il noto procedimento della contrizione-indulgenza:

1) di chi non ha capito niente e si ostina a blaterare di «vinti», di «parte giusta o sbagliata», di «sdoganamenti», ecc.;

2) di chi ha capto troppo e propizia la cooperazione di una destra conservatrice, golpista e monarchica, e da sempre asservita al capitale parassitario, inetta a percepire le tensioni vitali di un autentico incontro tra fratelli che travalichi ogni meschina contingenza, nella celebrazione di un ritrovato destino comune;

3) di chi si rifiuta di capire e proclama al vento «clemenza si, perdono no».

Accanto alle inevitabili intrusioni tendenziose, osserviamo che, a latere della tormentata iniziativa, sono in corso di svolgimento anche contributi intelligenti e generosi. Ove questi ultimi riuscissero ad imporsi, a scanso di equivoci e ferme restando le condizioni (non negoziabili in quanto parte integrante della nostra dimensione interiore), dirette al formale riconoscimento della necessità storica e quindi morale e giuridica della Repubblica Sociale Italiana, dei suoi Caduti, Mutilati e Combattenti tutti, nonché all'abrogazione dello leggi liberticide, i Combattenti della RSI potranno associarsi ad ogni «rispettoso confronto» teso al bene supremo della Patria comune.

 

La nostra presenza

Come è noto, nell'attuale mondo della comunicazione l'esistere (l'essere nel mondo) viene scambiato con l'apparire. In quanto strumento della moderna mercificazione dell'uomo, l'immagine infatti risulta essere affatto scissa dalle forme alte di pensiero quali la creazione estetica e la riflessione filosofica; la sua funzione a stata degradata in quella puramente fisica e sfuggente propria della parvenza-apparenza. Ciò comporta il progressivo oscuramento dei valori fondamentali, primo fra tutti quello della verità storica la quale, in quanto patrimonio spirituale unificante la Nazione, non potendo apparire, finisce con l'essere sempre più negletta

Nel bailamme dell'apparire, l'esistenza storica della RSI e la stessa idea fascista, farisaicamente non più tanto aborrite, vengono scientemente ignorate o considerate alla stregua di alcunché di superato e privo di potenzialità e di valori significativi per il presente e per il futuro.

La FNCRSI auspica che i Combattenti ai quali si rivolge sappiano guardare in faccia questa ulteriore realtà negativa e vogliano viverla con la necessaria lucidità e con l'assunzione di comportamenti adeguati. Allo scopo di arginare gli effetti perversi di siffatte nuove difficoltà e di realizzare una più estesa presenza e visibilità alle nostre idee, essa li invita a:

* tenere, ovunque e comunque, una condotta ferma, coerente e politicamente ineccepibile;

* intensificare l'attività di critica, di proposta e ogni altra forma di collaborazione, tenendo presento che la FNCRSI ha bisogno di tutto;

* riprodurre i Fogli di Orientamento e distribuirli (o spedirli) a quanti sono sensibili alle nostre tematiche;

* respingere al mittente i Fogli di Orientamento ove non ne condividano i contenuti.

 

Italia - Repubblica - Socializzazione   

Il Comitato Direttivo

 

Nota: Al momento della spedizione del presente Foglio di Orientamento abbiamo appreso la notizia dell'avvenuta pubblicazione del libro di Luciano Violante "L'Italia dopo il 1999". Con esso cade ogni opportunità di un «rispettoso» e paritario confronto teso all'auspicata pacificazione nazionale.

La FNCRSI, senza intenzioni denigratorie, parafrasando quanto sostenuto da G. F. FINI -ex esponente di un partito antifascista dipendente dal SID-SIFAR-Ministero dell'Interno ed ora al seguito del massone Berlusconi- fermamente dichiara; «Non l'antifascismo, bensì l'esercito anglo-americano, con "il contributo irrilevante dei partigiani" (Eisenhower) costituì il momento storicamente essenziale per la restaurazione in Italia dei valori democratici, massonici e bolscevici».

Ciò posto non ravvisando la possibilità di condividere i valori della resistenza e dell'antifascismo, questa Federazione riafferma la integrale validità morale e storica della condotta dei Combattenti della Repubblica Sociale Italiana e la nobiltà degli ideali ai quali essa fu ispirata: la difesa della Patria dalla invasione straniera.