Italia - Repubblica - Socializzazione

 

Foglio di orientamento n° 1/1999

 

L'Italia in guerra

I popoli slavi costituiscono un ramo culturalmente e psicologicamente disomogeneo nel contesto del ceppo indoeuropeo; occupano un vasto territorio che funge da cerniera fra l'Occidente e l'Oriente in cui risiede circa un terzo della popolazione europea. Varcato il Danubio e stabilitisi nei Balcani nei secoli VI e VII, gli slavi meridionali vivono in uno stato di frustrante tensione dovuta al duplice timore di cadere sotto il dominio dell'Occidente o di essere risucchiati nella marea orientale. Da tale sindrome traggono origine le ricorrenti vendette tribali, le reciproche pulizie etniche (è noto che la Serbia ha dovuto riassorbire centinaia di migliaia di profughi cacciati dalla Slovenia, dalla Croazia e dalla Bosnia), le foibe e gli irrigidimenti religiosi.

Emblematica della mai celata sospettosità slava è la figura di Tito e la stessa sua singolare carriera politica e militare. Quando era a Mosca funzionario del Komintern, egli fu il primo ad intuire i prodromi del nefasto imperialismo panslavista di Stalin, dal quale poi si distaccò clamorosamente, senza tuttavia cadere fra le braccia stritolatrici dell'Occidente.

Per quel che ci riguarda, dal Congresso di Berlino del 1879, nel quale la nostra diplomazia svolse un ruolo del tutto marginale (non seppe nemmeno a far valere l'equo principio di C. Balbo, secondo il quale, per controbilanciare i cospicui ingrandimenti dell'Austria nei Balcani, questa dovesse restituire le terre irredente all'Italia), fino al gratuito "Trattato di Osimo" e allo sconsiderato riconoscimento della Slovenia e della Croazia, i governi italiani hanno adottato -salvo la parentesi fascista- una condotta incerta, debole e priva di lungimiranza. Ora possiamo soltanto augurarci che si trovi presto una qualunque via di uscita dal ginepraio balcanico, prima che Milosevic non sia costretto a scagliarci addosso la sua aviazione, tenuta intatta nelle caverne della Vojvodina. Comunque vada a finire, così la FNCRSI giudica l'aggressione contro la Jugoslavia:

anticostituzionale - assertori di principi etici e politici più consoni e più attuali di quelli previsti dalla vigente costituzione, i Combattenti della RSI rilevano nondimeno la palmare incoerenza fra il dettato costituzionale, per cui «l'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà di altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali» e l'aggressione perpetrata ai danni del popolo jugoslavo;

antidemocratica - i Combattenti della. RSI, convinti oppositori del sistema ottocentesco di democrazia parlamentare e propugnatori di un più organico sistema politico atto a risolvere i problemi sociali e ad elevare le qualità umane dei cittadini, bollano gli aggressori i quali, sebbene rappresentino una esigua minoranza rispetto alla popolazione mondiale, si arrogano il diritto di scatenare una guerra in nome della «comunità internazionale»;

premeditata e fraudolenta - perché gli USA hanno preliminarmente fomentato e armato organizzazioni terroristiche (UCK, ecc.), per disgregare definitivamente il Paese aggredito, ma principalmente per ostacolare la realizzazione del disegno politico unitario europeo;

assurda - in quanto non può essere compresa nei suoi fini e nei suoi metodi con la ragione e con l'intelligenza, le quali ricusano la radicale irrazionalità insita nel fallace principio di combattere un male con un male maggiore. Per altro, i metodi impiegati negano la saggia riflessione la quale avverte che «ogni atto di guerra che indiscriminatamente mira alla distruzione di intere città e di vaste regioni, è delitto contro dio» (GS, 80);

barbara - da secoli ormai le nazioni civili hanno stipulato solenni convenzioni in ordine alla condotta da tenere nei conflitti armati, la più significativa delle quali consiste nell'obbligo della dichiarazione previa di guerra. Ciò non è avvenuto e la Jugoslavia è stata aggredita senza preavviso. Per gli europei aderenti alla NATO, poi, non si tratta soltanto di subire passivamente una così umiliante sudditanza, bensì di aver cagionato un'autentica eclissi della cultura e della civiltà europee.

Detto questo, poiché a nostro avviso non v'è miglior modo di amare i nostri figli che quello di amare anche i figli degli altri, parimenti il nostro amor patrio ci avvicina a quanti in qualsivoglia luogo si battano lealmente per la difesa della loro patria. Ma non dimentichiamo i bombardamenti terroristici americani sulle indifese città italiane, la disumana pretesa di resa incondizionata, la reintroduzione della mafia in Italia e la pulizia etnica attuata -anche su istigazione anglo-americana- dalle bande di Tito nei confronti degli italiani dell'Istria, della Dalmazia e della Slovenia. L'eroica difesa da parte delle FF.AA. della RSI di quelle genti e di quei confini costituisce una delle più belle pagine della nostra storia militare.

Infame (nel senso di «gravemente macchiato nell'onore») - nel suo inaudito svolgimento, infatti questa guerra non consiste in eserciti che si combattono reciprocamente, ma consta bensì di una sola forza mostruosa, la quale -more partigiano- colpisce, uccide e distrugge senza il rischio di essere a sua volta colpita;

balcanizzante - col passar del tempo le intenzionalità sottese nei dati storiografici si fanno via via più nitide anche nelle riflessioni degli osservatori meno provveduti. Pertanto, il credere oggi che, per due volte (e la terza è in atto), gli americani abbiano invaso l'Europa per liberarla non si sa bene da chi e da che cosa, è privilegio dei soli sfortunati ospiti della benemerita Opera del Cottolengo,

Nella spregiudicata volontà di egemonia mondiale degli USA è presente dunque un chiaro progetto di balcanizzazione dell'Europa; piano questo inequivocabilmente finalizzato al conseguimento di un più agevole dominio del Continente mediante la sobillazione di lotte intestine al suo interno. La prova di ciò è identificabile essenzialmente nell'attività politico-diplomatica contro-europea svolta nell'ultimo mezzo secolo dall'Inghilterra, antica maestra del «divide et impera».

 

Nuovi scenari

Quest'ultima manifestazione di tracotanza americana, mentre ha messo in luce il decadimento etico e politico dell'Europa, ha nondimeno scatenato una serie di importanti reazioni. Prima fra tutte il notevole risveglio dello spirito nazionale persino in settori che sembravano non più permeabili da tali sentimenti; risveglio che vede, per la prima volta -con sfumature e intensità diverse- larghi strati dell'opinione pubblica europea in contrasto con la sottomissione dei rispettivi governi nei confronti degli USA, in tal modo ribadendo che «A ognuno puzza questo barbaro dominio» (Machiavelli). In sostanza, si sono palesati sintomi autentici di insofferenza e di opposizione anti-americana in Europa, in Russia, in Cina e in altre parti dei mondo. E cominciano ad essere messi in discussione gli elementi fondanti i regimi europei: l'antifascismo e la resistenza. Dibattito destinato ad aprire lusinghieri orizzonti per l'unione politica dei popoli europei su princìpi di effettiva autonomia e di reale riscatto dai servilismi resistenziali. Molti nodi vengono al pettine. La pubblicistica ufficiale sorvola sul fatto che il criterio di verità degli accadimenti storici vada ricercata nelle relazioni di reciprocità intercorrenti fra «vero» e «fatto» (Verum et factum convertuntur - Vico), e alimenta la tendenza ad idealizzare, con penose astrazioni retoriche, le origini dei movimenti di resistenza da cui derivano (e, in gran parte, dipendono) le odierne classi dirigenti europee; movimenti che, in realtà, attinsero una certa qual concretezza operativa dagli impegni assunti mediante la sottoscrizione di documenti analoghi, al "Promemoria di accordo" qui di seguito integralmente riportato. In quanto ultimi difensori del Continente, i Combattenti della RSI sono stati i primi a propugnare il risorgere del naturale sentimento delle nazionalità e di autonomia politica, economica e militare degli Stati europei da ingerenze straniere, ma ammoniscono che a fondamento di siffatta rinascita di dignità e di fierezza, non può che esservi il più radicale rifiuto delle attuali classi politiche europee, le quali sono del tutto asservite ad interessi extraeuropei. Essi invitano, pertanto, a diffidare dalle conversioni improvvise e dalle ambigue resipiscenze di quanti, per mezzo secolo, furono al servizio della NATO o del Patto di Varsavia.

 

l'Istituto Storico della RSI

In un clima di fervente cameratismo, il 18 marzo u.s. si è svolta in Terranova Bracciolini (AR) l'assemblea dell'Istituto Storico della RSI. Conclusasi l'adunanza, un componente il Comitato direttivo di questa Federazione ha esposto all'ing. Arturo Conti, presidente l'Istituto medesimo e agli altri dirigenti presenti, l'opportunità di patrocinare la proposta di dar vita ad una «nuova» e «unica» organizzazione federativa di tutti i Combattenti della RSI. Scevri da facili illusioni la proposta deve essere inquadrata nella specifica funzione della FNCRSI così come essa fu concepita dai suoi fondatori 52 anni or sono, e maturata nel ponderato convincimento che soltanto una simile associazione sia in grado di meglio coordinare e armonizzare i componenti del complesso nostro mondo politico-combattentistico; e di garantire, al proprio interno il massimo possibile di coerenza e di fedeltà ai princìpi della RSI, e il massimo grado di chiarezza e di dignità nei rapporti esterni. Nessuno può azzardare pronostici sul quando e sul come, ma è ragionevolmente prevedibile che unicamente da una siffatta organizzazione possa un giorno sorgere una nuova Castelvecchio. Comunque, che i responsabili dell'Istituto Storico della RSI abbiano colto l'importanza dell'iniziativa, è cosa che torna a loro onore ed è di buon auspicio per il buon esito di essa. Nell'attuale momento storico, venuti meno in gran parte i motivi elettoratistici e i non pochi personalismi che produssero la passate divisioni, questa Federazione confida che i migliori fra i Combattenti della RSI vogliano concordemente operare a tal fine..

 

I Vinti

Questa Federazione ha accolto con vivo interesse la nuova posizione assunta dall'UNCRSI in merito alla insensata questione dei «Vinti». Vinti, infatti, sono coloro i quali sabotarono la nostra guerra, che cooperarono col nemico invasore e che, infine, avendo voluto perdere la guerra ad ogni costo, non hanno poi saputo vincere la pace. Ma una cosa è certa: la «guerra del sangue contro l'oro» (la sola guerra che reputiamo ineluttabile) ha subìto soltanto una battuta di arresto. Dalla sua ripresa e dalla sua felice conclusione sorgerà una nuova umanità serena, laboriosa e pacificata dalla «alta giustizia» mussoliniana.

 

Divisione Alpina "Monterosa"

Il dibattito in corso all'interno della "Monterosa" a proposito dei rapporti con l'ANA -Associazione che non può non riprodurre nei suoi vertici le negative connotazioni di uno Stato senza fede, senza morale e senza avvenire- lascia perplessi, in quanto esso si riduce ad un soliloquio tra una parte che esprime istanze tanto ovvie quanto umanamente giuste, mentre l'altra (composta nondimeno di una grande maggioranza di persone che quelle istanze condivide), deve essere istituzionalmente (= faziosamente) sorda e muta. Dal dibattito emergono tuttavia elementi etici molto significativi:

- l'alpino Antonio Sulfaro, da Genova, sostiene: «Gli alpini della RSI uscirono dalle loro caserme, arrendendosi agli angloamericani, con l'onore delle armi, cioè davanti al "presentat-arm" dei soldati nemici. Non è logico, non è giusto, non può essere lecito che entrino all'ANA -fra gli amici- dalla porta di servizio. Anche il reingresso merita l'onore delle armi». Speriamo prevalga questo modo dignitoso di concepire i rapporti, anche con le altre associazioni d'arma;

- artigliere alpino Ferruccio Serraglia, da Roma, classe 1911 (del quale, al fine di rendergli il dovuto omaggio, gradiremmo avere l'indirizzo), ex-internato in vari campi di concentramento e, dopo l'8 settembre, nel Campo 25 NON (cooperatori), afferma: «Qui abbiamo sentito parlare di voi ed io, come tutti gli Alpini di quel Campo, mi sono idealmente arruolato nella Monterosa della quale, con i mezzi a disposizione abbiamo sempre seguito le vicende. Rimpatriato nel dicembre 1946, come dice il periodico dei NON, "Volontà", «ho cambiato il cielo ma non l'anima!». Da questo deriva la mia devozione nei vostri confronti, devozione che resterà imperitura nel mio animo. Non a caso Mussolini approvò il decreto che eleva a rango di cittadini d'onore i prigionieri NON-cooperatori; non a caso, oggi, l'artigliere alpino Serraglia ci commuove con la sua devozione che, rispecchiando in modo esemplare una forma mentis etica e politica di profonda fedeltà alla RSI e alle sue FF.AA., tutti idealmente ci coinvolge in un vibrante abbraccio. A lui va la nostra più alta stima e il nostro commosso affetto.

 

Italia - Repubblica - Socializzazione   

Il Comitato Direttivo