Italia - Repubblica - Socializzazione

 

Foglio di orientamento n° 2/1999

 

Puntualizzazione

Questa Federazione ritiene utili e interessanti, ma intempestive, le considerazioni pervenutele in ordine alla proposta di riunificazione delle associazioni esistenti nell'ambito dei Combattenti della RSI. Vagliata la situazione generale, la FNCRSI ha reputato essere l'Istituto Storico della RSI Ente super partes, e perciò stesso il più idoneo a recepire e a fare da tramite della proposta medesima presso le altre associazioni. Lo scopo dell'iniziativa è quello di salvaguardare e valorizzare lo spirito della RSI e la tradizione di volontarismo e di abnegazione dei suoi Caduti, Mutilati e Combattenti tutti, in quanto parte integrante del patrimonio morale e storico del popolo italiano. Essa ha posto, quale sola condizione per la riunificazione, la fedeltà ai postulati etici, politici e sociali della RSI. Non è stato fatto alcun cenno ai modi e ai tempi di attuazione della auspicata riunificazione.

Quel che oggi è essenziale, è rendersi conto che siamo tutti all'ultima spiaggia e che dobbiamo darci una voce unica e concorde. L'iniziativa della FNCRSI, infatti, è un invito a riscoprire la passione e l'orgoglio della verità e, della dignità del nostro passato e a rispondere con una forte volontà unitaria alla pseudo-pacificazione da più parti ventilata, la quale pretenderebbe da parte nostra l'ammissione-espiazione di colpe non pensate e non commesse.

 

Motivi della diaspora

A suo tempo riunite nell'unica FNCRSI, le associazioni combattentistiche della RSI costituiscono ora un arcipelago del tutto privo coordinamento. Dalla sciagurata frattura del 1958-59, attraverso ulteriori divisioni, esse sono giunte all'attuale frantumazione-disgregazione. Al centro di ciascuna divisione c'è sempre stato il MSI con la sua condotta politica paragovernativa, conservatrice e filo-atlantica, fatta dei compromessi e degli intrighi tipici degli ambienti democratico-borghesi. Là dove domina la lotta all'ultimo voto, banditi i camerateschi incontri di anime affini, l'altro (il camerata) non può che essere vissuto come avversario, se non proprio come nemico.

Gli appelli della FNCRSI all'unità di intenti, a votare scheda bianca o ad astenersi dal voto, come concreto atto di negazione dell'intero sistema antifascista, furono accolti come tanti tradimenti. Una delle associazioni divisioniste, diretta da ex-Combattenti della RSI passati alle dipendenze del SIFAR (non dimentichiamo che MSI nacque per iniziativa del SMI), diffuse a Roma un volantino che recava la scritta «chi vota scheda bianca vota Moranino». In questo assurdo clima, «l'ambiente» è passato dalle alte idealità legionarie a mere funzioni mercenarie. Però, se tutti in qualche misura abbiamo sbagliato, continuare a sbagliare oggi sarebbe davvero diabolico.

Scomparse dalla scena le superiori figure del maresciallo Graziani e di Renato Ricci, le frammentazioni venivano giustificate con un succedaneo dello spirito di corpo che via via si è sfaldato sino a far registrare comportamenti un tempo impensabili: i paracadutisti della RSI che convivono con quelli di Badoglio e gli alpini della Divisione Alpina Monterosa che si arrovellano perché l'ANA li respinge come reprobi.

Ma, chi è reprobo, colui il quale combatte per la difesa del territorio e delle tradizioni della Patria o chi, invece, consegna quel territorio al nemico invasore e quelle tradizioni rinnega? Infine, qual era l'invasore d'Italia dal 1943 al 1945? Interrogativi cruciali questi, ai quali il popolo italiano, prima o poi, darà le giuste risposte: intanto avrebbe dovuto darsele Gemolo Bonatti, prima d'inviare la pur nobile lettera al gen. Di Donato, direttore de "l'Alpino". È importante sottolineare al riguardo che le ivi lamentate «due categorie di alpini», riverbero delle esiziali e ben più vaste due categorie di italiani, sono il parto sconcio del crimine commesso l'8 settembre 1943. Rispetto a ciò, questa Federazione -senza nulla aspettarsi da chi è assolutamente «altro» da noi- non vede altra alternativa che quella del permanere della ingrata distinzione, fino al verificarsi del rigetto spontaneo della «categoria» blasfema dal corpo risanato della Nazione.

Riflettiamo. Se di puro e semplice spirito di corpo dovesse trattarsi -e non sarà mai il nostro caso- come si può seriamente immaginare, ad es., che uomini della GNR (prima Arma della RSI ed erede della guardia armata della rivoluzione) s'iscrivano all'Associazione Carabinieri in congedo, lieti di inquadrarsi per rendere omaggio all'ex-partigiano Ciampi accompagnato dall'ex-bolscevico D'Alema, in occasione di quanti altri 25 aprile il buon Dio degli eserciti vorrà loro concedere?

Per non aver voluto (o saputo) dare adeguate risposte a queste domande, dai primi anni '60, esclusa qualche frangia minoritaria (ivi compresa questa Federazione), il c.d. «nostro ambiente», con il pretesto dell'anticomunismo, assunse posizioni sempre più di destra antifascista incompatibili con la concezione etica e politica socialrepubblicana. Ne derivò una tale confusione di idee e di propositi che taluni -gli stessi che ebbero l'arroganza di dichiararsi esplicitamente «al servizio dei servizi»- hanno poi contrabbandato per atti di ostilità armata contro lo Stato democratico italiano, ambigue macchinazioni e sanguinosi attentati ispirati da organi (deviati?) dello Stato medesimo.

Resta però il fatto inconfutabile, che in Italia ha avuto luogo un solo atto di lotta armata con chiara intenzionalità fascista «contro lo Stato antifascista»: l'attentato di Peteano; del quale non sembra proprio doversi menar vanto, ma che tuttavia soffonde una luce rivelatrice nel buio che ancora avvolge la strategia della tensione. Infatti, un solo fascista ha scientemente scelto l'ergastolo per la libertà di denunciare l'infamia e l'imbecillità di quanti destabilizzavano per stabilizzare il «sistema» e mandavano in galera o compromettevano intere generazioni di giovani. In realtà, lo Stato Maggiore (noto feudo massonico), sobillato da ambienti atlantici, da tempo puntava ad una soluzione politica autoritaria la quale -contrariamente a quanti s'illudevano del contrario o fingevano d'illudersi per illudere gli sprovveduti- non contemplava affatto un indirizzo politico di tipo fascista del progettato governo extraparlamentare né la presenza in esso di ex-fascisti. A qualche giorno dalla strage di Piazza Fontana e ad un mese circa dal fasullo golpe di J. V. Borghese, Almirante diede del vagheggiato nuovo governo una descrizione inequivocabile: «Non si può in questa situazione distinguere fra misure politiche e militari. L'ultima speranza dell'Italia è una soluzione greca», cioè un governo integralmente diretto dalla CIA. Di quale fascismo era portatore un tal uomo? Né è lecito eccepire, ma perché taluni dovettero espatriare o patire il carcere? Perché è ovvio che, se il sistema USA (e getta) vale per un Craxi e un Andreotti, non si vede perché non dovrebbe valere per chiunque altro?

Esistono documenti redatti da fascisti e da antifascisti che -separatamente, ma concordemente e contestualmente al verificarsi dei misfatti- chiarivano gli aspetti inconfessabili di quel gioco al massacro che è stata la strategia della tensione. Chi non l'ha capito, non ha voluto capirlo. Del resto, modeste riflessioni critiche sui testi concernenti la guerra rivoluzionaria provenienti da fonti ufficiali e ufficiose, mettevano in grado chiunque non fosse completamente digiuno di cose militari e politiche, di capire che era impensabile un'invasione dell'Europa da parte dell'URSS e che, conseguentemente, la NATO e il Patto di Varsavia altro non erano che strumenti aventi la funzione di tenere ferreamente uniti i rispettivi alleati periferici.

Non si spiegherebbe diversamente il fatto che, ogni qualvolta il PCI rischiava di sorpassare la DC, sorgevano alla sua sinistra i vari PSIUP, PDUP, ecc. e, soprattutto, non si comprenderebbe perché, nel bel mezzo della guerra fredda, un De Gaulle, forte soltanto di una debolissima force de frappe, e con l'esercito ancora dilaniato da insanabili contraddizioni interne, nel 1966, abbia tranquillamente sloggiato le basi Nato dalla Francia.

Un principio dev'essere chiaro a chiunque si interessi di problemi politici e militari, che la guerra moderna è ideologica: non consiste più nella conquista dei territori, ma delle popolazioni, le quali non si attraggono davvero con gli imbonimenti televisivi e con il macabro gioco dei bombardamenti umanitari,

 

L'identità e l'appartenenza

Vi è una relazione reciprocamente condizionante fra identità e appartenenza, donde l'una è necessaria all'esistenza dell'altra. La scienza non ha ancora esaustivamente colto il valore intrinseco delle opzioni degli uomini nel loro integrarsi in comunità politiche, militari, religiose, che danno un'impronta decisiva all'esistenza, ne determinano il destino e richiedono l'impegno a tener fede alle scelte fatte anche a costo della vita.

L'identità è la condizione personale al cui centro s'incardina l'unità psico-fisica-totale dell'uomo; nella quale abita la coscienza di essere quel che realmente si è e alla quale è vano mentire.

Convinti di farne la continuazione della RSI, inizialmente tutti -nemmeno lontanamente supponendo le sue radici massoniche- appartenemmo al MSI. Il successivo apparentamento con i monarchici, l'adesione incondizionata al Patto Atlantico e alla politica confindustriale produssero una profonda e drammatica crisi d'identità e i migliori lo abbandonarono. Infatti, quel partito era una struttura surrettizia, fondata esclusivamente sull'anticomunismo e sulla dipendenza atlantica.

Dissolto il bolscevismo, dissolto anche il MSI, per essere venuta meno anche la sua funzione di supporto dei «servizi» (De Lorenzo, Borghese, Miceli, Birindelli, ecc.).

Mussolini ha lasciato una traccia sul «come» dovrebbe contraddistinguersi l'appartenenza fascista: «Al gregge obbediente e rassegnato che segue il pastore e si sbanda al primo grido dei lupi, preferiamo il piccolo nucleo risoluto, audace, che ha dato una ragione alla propria fede, sa quel che vuole e marcia direttamente allo scopo». Croce, invece, ha individuato il sentimento più intimo dell'appartenenza: «La storia trova il suo senso nell'etica, cioè soltanto nella virtù morale di quel singolo individuo che, nonostante l'imperversare dei tempi, tenga fede a quel valore ideale interno alla sua coscienza che è la vera sola realtà».

La nostra appartenenza è strettamente congiunta ad una organica e gerarchica concezione del mondo nella quale s'innesta una fede politica inconfondibile la quale, pur propiziando al proprio interno i più aperti e spregiudicati dibattiti, non può consistere in una concordia discors, ovvero in attitudini mentali divergenti dalla linea etica e politica coerente con il proprio valore ideale interno alla sua coscienza che è la vera sola realtà».

Infatti, quando tutto era crollato, la migliore gioventù d'Italia offrì la vita per salvare l'onore della Nazione e attestare dinanzi al mondo la validità e le potenzialità umane di una grande Idea di dignità e di giustizia per tutti, la quale costituisce -ora come allora- la sola alternativa radicale al mondialismo plutocratico. In ciò consiste la nostra identità-appartenenza e in ciò risiede il patrimonio morale che intendiamo consegnare alle generazioni a venire: l'essere oggi e sempre (non l'essere stati ieri) i Combattenti della prima Repubblica Sociale della storia, destinata a rivoluzionare totalmente (in senso sociale, politico, economico e morale) l'assetto egoistico e disumano del mondo plutocratico. Da esso non possiamo aspettarci che inimicizia.

Poco importa se quell'appartenenza non riguarda più coloro i quali, affetti dal virus dell'imborghesimento, hanno subìto una vera e propria mutazione ontologica. Il borghese, anche se in camicia nera, e sempre reazionario e antifascista: lo abbiamo ben appreso il 25 luglio 1943!

Quindi, le adesioni dimezzate, gli assensi parziali e le affinità sfuggenti, non hanno alcun senso per noi. A maggior ragione se si tiene conto che apparteniamo ad una minoranza marginalizzata in via di estinzione e soggetta a leggi penali speciali.

 

Italia - Repubblica - Socializzazione   

Il Comitato Direttivo