La "guerra
italo-giapponese"
Ecco, di nuovo, il Signor "X"
Filippo Giannini
http://www.filippogiannini.it/
Uno dei pochi giornalisti per il quale nutrivo una certa stima era Sergio
Romano, tanto che riportai un suo pensiero nella "Presentazione" di un mio
libro, pensiero che riporto qui di seguito:
«Se il fascismo era davvero, come gli alleati avevano sostenuto per meglio
vincere la guerra, una sorta di incarnazione satanica, un "male" generato dal
male, nessuna potenza vincitrice era tenuta a interrogarsi sulle cause della
seconda guerra mondiale e sulle proprie responsabilità dopo la fine della prima.
Promuovendo il fascismo al rango di "male assoluto", gli alleati permisero agli
italiani di sbarazzarsi del loro passato con una menzogna e di mettere la guerra
sulle spalle di un uomo: Mussolini».
Qualche lettore più paziente e attento degli altri ricorderà che già trattai un
argomento sollevato proprio dal Signor "X", il cui soggetto ebbe, appunto, per
titolo: "Mussolini sterminatore di Ebrei?". Ebbene, ora il Signor "X" (così
citato perché non sono autorizzato ad indicarne il nome) ha proposto una serie
di temi, certamente interessanti, ma che, data l’ampiezza degli stessi, non li
posso davvero esaminare in un unico intervento. Sono, quindi, costretto a
dividerli nel tempo.
Primo argomento.
Lunedì 8 settembre su "Il Corriere della Sera", nella pagina riservata a Sergio
Romano apparve: «Caro Romano, leggo in un intervento dello storico mussoliniano
Filippo Giannini ("Un Paese senza decoro") che il nostro governo Parri nel
luglio del 1945 dichiarò guerra al Giappone e che da allora non è stata più
firmata alcuna pace. Se fosse vero non le sembra il caso di ricordare
l’incresciosa dimenticanza e il dovere di rimediare? (firmato "X")».
Da queste poche parole ho capito che non si è afferrato il senso reale della mia
denuncia: la dichiarazione di guerra al Giappone cosa fu nella sostanza?
Questa mia sensazione è confermata anche -e soprattutto- dalla risposta fornita
da Sergio Romano. Questi scrive: «La dichiarazione di guerra al Giappone fu un
gesto opportunistico e sostanzialmente inutile, di cui non è certo possibile
andare orgogliosi. Non vedo d’altro canto che cosa potrebbero scrivere in un
trattato di pace due Paesi egualmente sconfitti, collegati a parecchie migliaia
di chilometri l’uno dall’altro e privi di sostanziali divergenze».
Mi sarei aspettato un attacco violento contro quell’infamia, una dichiarazione
di guerra ad un Paese, oltretutto ancora nostro alleato e sfinito da una guerra
che il Giappone disperatamente non voleva, ma che gli fu imposta.
Quante volte, tu lettore, hai sentito parole di accorata condanna per la
pugnalata alla schiena inflitta da Mussolini ad una povera Francia ormai sul
punto di crollare? Hai mai ascoltato le stesse parole, almeno di riprovazione
per l’operazione (chiamiamola così) del Governo antifascista Parri? La pugnalata
alla schiena alla Francia non fu tale, perché l’esercito francese alle nostre
frontiere era intatto. E cosa dire dell’attacco alla Polonia, nel 1939, da parte
dell’Unione Sovietica? Altro che pugnalata! E quella inferta, sempre dall’Unione
Sovietica, nell’agosto del 1945, ancora al Giappone, dopo che questo aveva
ricevuto il regalo delle due bombe atomiche, cosa fu? Oltre tutto fra Unione
Sovietica e Giappone era in vigore un trattato di amicizia. Come considerare
l’attacco della super-potenza USA all’Iraq di Saddam? Solo Mussolini fu un
infame, per una pugnalata che, oltretutto tale non fu, ma così si vuole che sia.
A scanso di equivoci voglio puntualizzare quanto sopra ho scritto, e cioè che il
Giappone fu trascinato alla guerra dall’arroganza degli anglo-americani, per
mantenere e sviluppare il predominio commerciale su quelle aree dell’Asia che il
Giappone stava facendo proprie. Le diplomazie anglo-americane le guerre non le
dichiarano, le provocano, giusto quanto rispose Mussolini a Roosevelt nel 1940:
«Ci sono guerre che un Paese provoca e guerre che un Paese subisce». Così per
l’Italia, così per il Giappone.
Sarebbe troppo lungo elencare le provocazioni messe in atto dal Governo
americano a danno del Giappone, esattamente come avvenne per l’Italia (argomento
che tratterò in uno dei prossimi articoli, sempre in risposta al Sig. X). Per il
momento valga qualche esempio: l’embargo del petrolio, il congelamento di tutti
i beni giapponesi nel territorio degli USA, un embargo totale di tutto il
commercio esistente fra i due paesi, la chiusura del Canale di Panama alle navi
giapponesi e il divieto di rifornirle di carburante. Nell’arte di provocare
pazientemente un conflitto internazionale, Roosevelt fu abile quanto lo fu nel
celare agli occhi del popolo americano le terribili conseguenze cui andava
incontro senza saperlo.
Poi ci fu il capolavoro di Pearl Harbour, solo gli imbecilli possono ancora
credere alla versione ufficiale fornita dalla Casa Bianca. Questo è tanto vero
che la prima a non credere a Franklin D. Roosevelt fu proprio Clara Boothe Luce
(poi ambasciatrice americana in Italia) la quale nel 1942 dirà al congressman
Fish che «Roosevelt ha ingannato tutti noi impegnandoci in questa guerra col
Giappone che a lui serve per intervenire nel conflitto europeo passando
attraverso la porta di servizio».
Questi sono gli Stati Uniti d’America.
Ritengo che la dichiarazione di guerra del Governo italiano ad un Paese,
oltretutto ancora nostro alleato e sul punto di capitolare, sia stato un atto di
tale ignominia che difficilmente si può trovare qualcosa di simile negli annali
storici. Per questo motivo mi sarei aspettato da Sergio Romano una dichiarazione
di ferma condanna e non un semplice calcolo, quasi di dare e avere, o una
semplice questione di distanze geografiche. Salvo che il valente giornalista si
sia attenuto al principio -sempre valido- del trattare certi argomenti
nell’ambito del politicamente corretto.
Inoltre la parte terminale della risposta riguardante i due Paesi, «privi di
sostanziali divergenze», avvalora la carenza di un intervento ancora più
incisivo di quanto non sia stato.
Per concludere. Se il Governo Parri era un esecutivo legittimo, cosa della quale
dubito fortemente, in quanto sotto tutela straniera ancora nostra nemica, allora
allo stato di guerra doveva seguire, una volta capitolato il nostro nemico, un
atto di pace. Essendo, questo, mancato, credo di non sbagliare affermando che
con il Giappone siamo tutt’ora in stato di guerra.
Di conseguenza, caro lettore, se avrai la ventura di incontrare un giapponese,
fa attenzione: anche se apparentemente ti può sembrare un semplice turista,
agisci con tempestività, bloccalo, impacchettalo e spediscilo al più vicino
campo di concentramento. Altrimenti potresti apparire nemico della Patria e
connivente col nemico. Anche se, visto come sono andati certi avvenimenti alcuni
anni fa, proprio perché traditore potresti godere di ampi privilegi nel seno di
questa società.
«Povera Patria mia!» esclamò William Pitt sul letto di morte.
Filippo Giannini
il COMMENTO di Giorgio
Vitali:
La nullità di tutte queste
dichiarazioni di guerra è ampiamente dimostrata dal fatto che quei
governi che le stilarono erano di fatto insignificanti, per assenza
del principio fondamentale della Sovranità Ecco tutto. Un governo
illegittimo, tant’è che a tutt’oggi c’è chi si chiede se la nostra
Costituzione abbia valore alcuno, in quanto redatta in condizioni di
assenza di Sovranità.
Si tratta peraltro di una questione di lana caprina, perché buona
parte dei nostri governanti, anche oggi, non hanno la percezione di
cosa significhi sovranità, e quindi libertà, e quindi indipendenza.
Non credo che sarebbe possibile la sopportazione della presenza di
oltre 100 basi militari statunitensi se l’Italia possedesse una
qualche sovranità.
Giorgio Vitali
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