Italia - Repubblica - Socializzazione

 

Recensione a:

"Lupara nera"

Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino,
Ed. Bombiani 2009

 

Maurizio Barozzi   

 

    

Una azzeccata propaganda comunista, molti anni addietro, riportava lo slogan: «affinchè i giovani sappiano e gli anziani ricordino», una affermazione questa pienamente confacente anche per recensire un libro atto a ricordare e comprendere quanto accadde in Italia, tra il 1943 e il 1948, in conseguenza della occupazione Alleata e delle subdole strategie per una opposizione senza scrupoli verso un inesistente "pericolo comunista". Strategie che coinvolsero in operazioni "sporche" neofascisti e varie organizzazioni criminali, in particolare la Mafia. Si tratta di un libro fondamentale, elaborato sulla scorta di documenti recentemente desecretati anche dagli archivi americani, pur se, come vedremo, a causa della prevenzione antifascista degli autori, il testo presenta alcune forzature e generalizzazioni nella interpretazione di certi eventi e situazioni.
Stiamo parlando di "Lupara Nera", di Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino, Edizioni Bombiani 2009.
Un libro che, affiancato all'altro importantissimo testo riguardante il neofascismo: "Fascisti senza Mussolini" di Giuseppe Parlato, Ed. Il Mulino 1996, ed ad altri testi come quelli di: Ennio Caretto e Bruno Marolo: "Made in USA. Le origini americane della Repubblica Italiana", Rizzoli, 1996; Marco Dolcetta, "Politica occulta", Castelvecchi, 1998; Kate Tuckett: "Cospirazioni", Castelvecchi, 2007; Francesco Grignetti: "Professione spia. Dal Fascismo agli anni di piombo, cinquant' anni al servizio del KGB", Marsilio, 2002; Franco Fucci: "Le polizie di Mussolini", Mursia, e Pietrangelo Buttafuoco, "Le uova del drago", Mondadori 2005, completa e documenta un quadro reale, penoso ed esaustivo della nostra storia recente.
Dalla attenta e complessiva lettura del libro di Casarrubea e Cereghino, intanto, si riscontra un realistico scenario storico e geopolitico, che si dispiega su tre piani.
Il primo è quello relativo alla conclusione della seconda guerra mondiale, come diretta conseguenza degli accordi di Yalta per la spartizione dell'Europa in due sfere di influenza, sotto il dominio e lo sfruttamento USA-URSS, tra loro perfettamente cooperanti nel mantenimento di questa spartizione (coesistenza pacifica quale fine strategico): giustamente, osservano gli autori, in realtà né russi, né americani avevano alcuna seria intenzione di alterare gli accordi di Yalta.
Il secondo scenario è determinato dalla riduzione di molte nazioni europee a sovranità limitata e quindi contrapposte in due schieramenti, con governi, popoli e partiti politici, strumentalmente assoggettati nella "cortina di ferro" o nel cosiddetto "mondo libero". Nasce quindi la necessità, tutta occidentale, di prevedere e contenere le inevitabili spinte dinamiche verso qualsiasi cambiamento o alterazione (sempre insito nei processi storici) di questi assetti stabiliti a Yalta e da qui, la necessità di mantenere l'URSS nelle aree geografiche e politiche che gli sono state assegnate evitando, a tutti i costi, che essa possa intrufolarsi nel mediterraneo, una delicata zona strategica anche in relazione al medio oriente.
Una situazione questa che causerà inevitabilmente un clima di contrapposizione USA-URSS, che in Italia è finalizzato anche ad impedire la presa del potere da parte del più forte partito comunista europeo (guerra fredda quale teatro di contrapposizione tattica), nonostante che la "scelta di Salerno" da parte di Togliatti e le stesse indicazioni di Stalin, garantiscano un comportamento "democratico" del PCI.
Il terzo scenario, come se non bastasse, riguarderà un'altra competizione, del tutto secondaria rispetto ai disegni di Yalta, ma non per questo meno conflittuale, quella tra USA e Gran Bretagna che accompagna un inevitabile passaggio dalla vecchia egemonia britannica sull'Italia, alla nuova egemonia statunitense. Sarà questa un'altra "competizione", che finirà per definire gli assetti politici del nostro paese e che vedrà anche il Vaticano, favorevolmente cointeressato con gli USA a questo cambiamento, mentre la Mafia sarà la prima ad accorgersi chi siano i nuovi "padroni" e regolarsi di conseguenza.
La Mafia, infatti, assurgerà ad elemento primario nella considerazione storica degli autori perchè è proprio in Sicilia, per la particolare e importantissima conformazione geografia dell'isola "a tre punte", che si giocherà tutta la partita.
È ovvio quindi che in Sicilia si accentrerà prevalentemente lo scontro politico e militare a partire dallo sbarco alleato del luglio 1943 fino alla conclusione dei giochi (1948).
Documentano gli autori come venne preparato «… lo sbarco americano e mettere in libertà i mafiosi in galera a Favignana. Atto necessario non tanto perché gli USA hanno bisogno della mafia per le loro operazioni militari, quanto perché i capifamiglia sono utili per mantenere la pace sociale che occorre assicurare dopo l'insediamento delle amministrazioni locali dell' AMGOT».
In poco tempo, infatti, si avrà la completa subordinazione del nostro paese nell'Alleanza Atlantica, la liquidazione della monarchia e un assetto politico di Centro attorno ad un grande partito cattolico, la Democrazia Cristiana che farà da garante verso gli Stati Uniti e il Vaticano, mentre la Mafia si evolverà verso un nuovo e più appetibile ruolo (come Cosa Nostra) che la vedrà egemone anche sul campo politico e, al contempo, le logge massoniche saranno attivissime un po' dappertutto.
Ma nell'area geografica del Sud d'Italia si svolgono anche molti altri avvenimenti che, almeno fino a quando non crolla il sistema difensivo italo germanico, vedono il tentativo dei servizi segreti tedeschi e quelli della RSI, di cercare di mettere in piedi, dietro le linee del fronte, ovvero nelle zone occupate dagli Alleati, una guerriglia che per i tedeschi è finalizzata a ritardare l'avanzata Alleata verso i confini della Germania, mentre invece per Pavolini, Barracu e Mussolini è vista anche per il dopo, in prospettiva di una imminente sconfitta e occupazione Alleata del territorio.
Arrivati a questo punto dobbiamo fare una doverosa puntualizzazione, perché le generalizzazioni degli autori, anche a causa della loro prevenzione antifascista, tenderanno a considerare la coraggiosa lotta ingaggiata dalla RSI nelle retrovie Alleate, non nella giusta dimensione, anche patriottica, che meriterebbe, ma sotto una luce negativa di subordinazione ai tedeschi.
Inoltre, gli inevitabili connubi che si instaurarono sul territorio del Sud tra gli agenti segreti fascisti ivi inviati e strati di criminalità del luogo, tende ad essere considerato dagli autori come un coinvolgimento criminale da parte del fascismo stesso, quando invece tali "contatti" e connubi, almeno fino alla fine della guerra, non erano altro che un mezzo per utilizzare, ai fini del sabotaggio verso le truppe Alleate, ogni possibilità di sollevazione popolare, occasione e componente che si rendesse disponibile alla guerriglia contro i veri occupanti (gli Alleati).
Una superficiale lettura del testo, inoltre, induce a ritenere che all'epoca, prima e durante la guerra, era in atto un connubio tra il fascismo e la Mafia, il che non è affatto vero, almeno nei termini correnti come possono essere intesi quelli di un connubio tra la Mafia e i partiti politici che ben conosciamo.
Se è pur vero, come affermano gli autori, che il fascismo solo apparentemente distrusse la mafia sul territorio (prefetto Mori), in quanto in realtà i mafiosi che contavano veramente si camuffarono o si spostarono semplicemente negli States, rafforzando il ponte intercontinentale tra la mafia americana e quella italiana, oppure che la maggior parte dei mafiosi arrestati, confinati o posti fuori gioco dal fascismo, erano più che altro elementi di secondo piano e che invece molti mafiosi di rango si camuffarono più prudentemente in "fascisti", se questo è vero, dicevamo, e non poteva essere diversamente, stante la realtà storica, sociale e culturale del Sud Italia, è altrettanto vero che il fascismo distrusse la mafia soprattutto in via di principio imponendo nel territorio l'autorità dello Stato.
Non furono tanto i provvedimenti di polizia, alquanto pesanti, ma con i limiti appena accennati, ma la forza ideale e concreta dell'imposta osservanza del "Tutto nello Stato, nulla fuori dello Stato, niente contro lo Stato", che diedero la vittoria del fascismo sulla mafia.
Era questa la grande e sgradevole novità che il fascismo riuscì ad imporre ai mafiosi e che con tutte le riserve possibili, avrebbe col tempo estirpato definitivamente la presenza mafiosa dal territorio.
Che poi molti capo bastone si riciclarono nel fascismo, che certe consuetudini ed atteggiamenti mafiosi continuarono a sopravvivere nel ventennio, conta relativamente poco.
Come non conta il fatto che il fascismo o lo stesso Mussolini, per garantirsi il controllo del territorio e la sua pacifica amministrazione, spesso conseguirono accordi di quieto vivere a vari livelli anche con personaggi poco raccomandabili.
Non è infatti un mistero che il Duce, pur di aggiudicarsi servigi che potessero essere utili alla crescita della nazione o alla saldezza del governo, non andava tanto per il sottile.
Se il mafioso Vito Genovese venne decorato con un riconoscimento civile da Mussolini questo fu anche perché costui, dall'alto di una posizione di potere e di conoscenze in Italia e negli Stati Uniti, oltre a vari servizi che era in grado di garantire al nostro governo e grazie ai rapporti che aveva con il mondo industriale americano, potè contribuire allo sviluppo del paese con interventi concreti anche nel settore delle costruzioni e nell'elettrificazione urbana.
Purtroppo con la sconfitta, la morte di Mussolini e il venir meno del partito fascista repubblicano, tutto non sarà più lo stesso, perché inevitabilmente molti agenti fascisti e simpatizzanti o cooperatori del posto, soprattutto quelli che appartenevano ad un determinato strato sociale agiato e quindi estremamente sensibili ad una lotta contro il comunismo, rimasti allo sbando oppure catturati dagli Alleati, percorreranno strade che oramai con gli ideali del fascismo avranno poco a che fare e finiranno per rendersi quasi tutti disponibili ad ascoltare le sirene reazionarie di certi dirigenti neofascisti e ad essere strumentalizzati dagli americani per i loro disegni geopolitici.
Seguendo la ricerca storica degli autori, quindi, vedremo come varie forze e interessi si contrapporranno e si intrecceranno tra loro, stringeranno patti e spesso percorreranno una strategia comune, in una situazione in continuo e repentino cambiamento:
la mafia resuscitata dallo sbarco alleato di luglio 1943 per coadiuvare le esigenze militari e amministrative Alleate; i tedeschi e i fascisti che mettono quasi subito in atto i piani di guerriglia e controguerriglia nel Sud Italia, cercando di coinvolgere le popolazioni del posto, soprattutto quelle ridotte agli estremi a causa della guerra o agiati possidenti, latifondisti, tenutari di aziende agricole, ecc., preoccupati da una futura vittoria del comunismo, ai quali si aggiungono alcune migliaia di agenti speciali appositamente inviati dalle strutture di intelligence della RSI e tedesche; quindi, ancora, i movimenti autonomisti siciliani con le loro velleità e interessi, i quali, assieme alla banda di Salvatore Giuliano, tra le più attive sul territorio, strumentalizzano o vengono strumentalizzati un po' da tutti; il trafficare sulle due sponde italo americane di alti esponenti mafiosi come Vito Genovese e Luky Luciano che si barcameneranno per arraffare il massimo possibile dalla situazione e finiranno ovviamente per cooperare con gli americani; gli Alleati che, in cerca di una forza che gli garantisca il controllo della Sicilia, si appoggeranno alla Mafia alla quale Charles Poletti, preposto all'AMGOT, l'amministrazione di governo dell'esercito occupante, gli consegnerà il territorio e gli affari superando perfino gli antichi privilegi che questa organizzazione deteneva.
Gli autori forniranno anche una gran mole di informazioni sulle attività di molti personaggi (da Giuliano a Salvatore Ferreri alias Fra Diavolo, ed altri) orbitanti durante la guerra nell'ambito delle strategie sovversive, attuate dietro le linee nemiche dai tedeschi e dalla RSI, e successivamente in quelle messe in atto dagli americani.
Interessanti ed inedite anche molte informazioni su Mauro De Mauro della "Decima", fatto sparire poi dalla mafia molti anni dopo, ma al tempo al centro di svariate operazioni di varia e dubbia natura.
Quello che però a noi interessa conoscere da questa ricerca storica e lo svelarci del ruolo che ebbero molti comandanti e militi reduci della RSI, in particolare gli uomini della X Mas già al comando del Principe Valerio Borghese, un uomo e la sua organizzazione militare, che pur avendo partecipato alla guerra comune e alla RSI, certamente non potevano definirsi fascisti e finirono poi per mettersi a completa disposizione degli americani.
Al centro di questi avvenimenti, infatti, c'è proprio la "Decima" di Borghese, quindi il capo dei servizi segreti della marina del Sud Agostino Calosi e il capo dell'X2 americano Jesus James Angleton che dirigeva i servizi segreti statunitensi in Italia. Un sottile filo legherà questi uomini quando ancora la guerra era in corso, praticamente per un comune interesse a che certe cose, soprattutto a guerra finita, potessero andare in una certa maniera e non in un'altra.
Sono tutte storie che in qualche modo si conoscevano e che portarono molti neofascisti a collaborare con gli americani, a formare una miriade di gruppi, fasci di azione rivoluzionaria, squadre di azione e fronti antibolscevismo o monarco-fascisti (sic!), quasi tutti dietro la supervisione e i finanziamenti di James Angleton; li portarono a prestarsi a provocazioni, attentati e, come ritengono gli autori, anche a stragi (Portella della Ginestra), sempre e comunque nell'ottica di un anticomunismo viscerale. Ed anche a collaborare, a vari livelli, con i sionisti dell'Haganà a quel tempo impegnati nella cruenta creazione dello stato di Israele.
Come noto, molti dei dirigenti di questi gruppi finiranno poi, quasi tutti e sempre dietro le stesse sollecitazioni reazionarie, massoniche e filo atlantiche, per dar vita ad un appropriato partito di destra (il MSI), conservatore e ultra atlantico, preposto a trasbordare i reduci del fascismo repubblicano su quelle stesse posizioni reazionarie in prospettiva di una lotta politica di stampo legalitario e democratico.
I neonati movimenti neofascisti, comunque, non persero tempo a farsi ingaggiare o ad essere ingaggiati dall'OSS americano per collaborare nella lotta al comunismo e contro un paventato (anche se in realtà inesistente) pericolo di invasione sovietica dell'Italia. Divennero pertanto tutti complici delle strategie americane e quindi dello Stato antifascista nato dalla Resistenza e delle sue FF.AA. nate dal tradimento badogliano oltretutto gerarchicamente subordinate ai comandi Alleati prima e Nato poi, come quelle di un qualsiasi paese brutalmente colonizzato.
Che lo fecero in aperta malafede o per una mentalità sostanzialmente reazionaria, per un senso di rivalsa verso i "rossi", artefici di tante stragi di camerati e con la caccia al fascista che ancora perdurava o per una demenziale scelta politica che riteneva necessaria questo tipo di lotta politica, il risultato non cambia. Tutti dimostrarono di non avere una coscienza rivoluzionaria e soprattutto neppure il senso degli ideali del fascismo repubblicano.
Si legge, significativamente, in un rapporto dei servizi segreti americani intitolato "Il movimento neofascista - 10 aprile 1946, segreto":
«I neofascisti intendono stabilire un contatto con le autorità americane per analizzare congiuntamente la situazione del paese. La questione politica italiana sarà quindi collocata nelle mani degli Stati Uniti».
Tutte storie comunque che si conoscevano, ma oggi possono anche essere documentate adeguatamente, con nomi e cognomi.
È incredibile constatare come reduci di un Idea che avevano condotto una «guerra del sangue contro l'oro» abbiano potuto indirizzarsi verso una scelta del genere, si badi bene, non derivante da disposizioni di uno Stato e di una nazione che magari ha necessità di fare certe scelte di collocazione internazionale, ma come uomini di una nazione sconfitta e occupata il cui Stato, imposto dagli occupanti, dovrebbe a loro essere nemico.
Negli anni '50 in Corea, personalità sensibili di quel popolo si accorsero subito e ben testimoniarono che solo dopo pochi mesi di occupazione delle truppe americane, le peculiarità e le tradizioni culturali del paese venivano ad essere irreversibilmente stravolte da questa way of life americana che non portava altro che il vizio, la corruzione, la coca cola e lo chewing-gum.
Tutti se ne accorsero, e negli anni successivi, come la storia ci ha dimostrato, sempre si ripeteva in ogni parte del mondo, occupata dagli americani, la stessa cosa, ma i neofascisti del dopoguerra trovarono naturale e desiderabile, in nome di un balordo "fronte antibolscevico" sottomettersi alla autorità e alle direttive degli yankee.
Del resto erano in buona compagnia perché la stessa cosa la fecero i tedeschi catturati dagli Alleati e scampati alle forche di Norimberga, tanto che moltissimi ufficiali e alte cariche della FF.AA. tedesche li ritroveremo ben presto al soldo e al servizio degli americani.
E pensare che Pavolini, Zerbino, Solaro, Porta ed altri, in linea con il pensiero di Mussolini, ancor poco prima di morire (direttorio di Maderno del 3 aprile 1945) avevano prospettato per i fascisti nel dopoguerra, anche in clandestinità, una lotta contro l'occupante e a difesa delle innovazioni sociali della RSI contro ogni restaurazione monarchica e liberista (sottolineiamo non a caso queste frasi, perché i neofascisti, invece, proprio queste realtà antitetiche alla RSI furono indotti a difendere!).
Oltretutto molti di coloro che avevano operato al Sud, dietro le linee nemiche, come spie e agenti al servizio della RSI e dei tedeschi, avevano per forza di cose avuto modo di stare a contatto con le forze armate Alleate, ovvero spesso erano stati catturati e molti, una volta interrogati, avevano "parlato" facendo nomi di camerati e descrivendo le strutture segrete italo tedesche di controspionaggio. Era quasi consequenziale che, a guerra conclusa, questi uomini, scampati alla fucilazione, si sarebbero prestati a cooperare con gli americani.
Raccontano sorprendentemente gli autori Casarubbea e Cereghino, a proposito del principe Valerio Pignatelli, uno dei più importanti elementi che agirono coraggiosamente dietro le linee nemiche su incarico della RSI e che ritroveremo poi nel dopoguerra nelle vicende che portarono anche alla fondazione del MSI:
«… la sua cattura si rivela un colpo grosso per le informazioni che egli fornisce e per l'autorevolezza del personaggio (…) In qualità di militare e di proprietario terriero, il soggetto è fortemente allarmato dall'espansione del comunismo».
Quali che siano state le motivazioni o le necessità contingenti che portarono spesso valorosi combattenti a divenire strumento in mano all'OSS americano, oggi, mano a mano che ciò che è sempre stato sospettato, viene dimostrato con prove documentali, induce a riconsiderare attentamente vari personaggi del fascismo e del neofascismo o comunque già orbitanti nella RSI: da Valerio Pignatelli, a Pino Romualdi, da Valerio Borghese a Nino Buttazzoni, a Puccio Pucci, a tanti altri, molti dei quali, pur si erano battuti con coraggio nel periodo bellico, tanto che, per esempio, è noto come Mussolini ci tenesse moltissimo alla salvezza di Pignatelli.
È indubbio che questi ed altri personaggi nel dopoguerra avevano in mano o erano stati promotori, come dimostrano Casarubbea e Cereghino nel testo già citato, di «una miriade di formazioni eversive, spesso isolate, ma comunque poste agli ordini dell'arma, dell'esercito e delle prefetture, che agiscono su disposizioni precise dell'intelligence angloamericana …». A disposizione dei "Servizi" per l'appunto.
Noi possiamo solo tristemente notare che è come se ci fosse stato uno iato, tra il prima, cioè il fascismo, Mussolini, la RSI, la guerra, i progetti di Pavolini di organizzare una rete di cellule clandestine (il progetto PDM, dalle iniziali dei suoi più stretti collaboratori Puccio Pucci e Aniceto Del Massa) e il dopo ovvero l'occupazione americana e la volontà o l'interesse a riciclarsi come anticomunisti e antisovietici mettendo a disposizione uomini ed esperienze che pur furono del fascismo. Ma chissà, la storia è così complessa che forse, considerando meglio molti personaggi, questo iato non c'è neppure mai stato.
È però indubbio che le vicende che portarono poi alla strategia della tensione, ovvero a quel periodo storico (anni '60 e '70) in cui per gli interessi occidentali, venne criminosamente praticata in Italia una "guerra non ortodossa", partorita dall'atlantismo, di basso profilo, ma non per questo meno cruenta, con il coinvolgimento di gruppi, uomini e strutture della Destra neofascista, hanno dei precedenti specifici, in quanto affondano le loro radici, proprio a quei momenti storici a cavallo della fine della guerra.

Maurizio Barozzi  

 

la NOTA di Giorgio Vitali:

 

Quanto qui finora scritto documenta in modo inoppugnabile l'origine geopolitica di buona parte delle prese di posizione significative da parte dei partiti politici in Italia. L'Italia essendo dal dopoguerra in poi, crocevia fondamentale per il controllo del Mediterraneo e di conseguenza delle vie commerciali e militari del mondo intero. In particolare, e per quanto riguarda la Sicilia, che fin dai tempi pre-romani ha sempre esercitato un fascino particolare nei confronti dei naviganti soprattutto per coloro che navigavano con intenti di conquista, l'atteggiamento nei confronti delle organizzazioni di potere, Mafia in testa, ha costituito un crinale sul quale è possibile definire l'omologazione dei partiti. Al di là delle sfaccettature nei dettagli, che sono da sempre specchietti per le allodole, resta lo schieramento partitico nei confronti della malavita organizzata al Sud. Chi obbedisce al potere atlantista, pur militando in partiti diversi e magari divergenti sulla conduzione locale, è favorevole alla Mafia e trova sempre il modo di accordarsi con essa. A maggior ragione se questa, in modo assai più comprensibile, si struttura sotto la forma di Massomafia. Chi è contrario all'Atlantismo è contro la Mafia.
Questo spiega in modo esauriente la posizione storica del PCI, il quale ha tenuto, almeno fino alla caduta ed allo sfascio dell' URSS, una posizione antimafiosa nell'Isola. Pagandola con un numero cospicuo di caduti sul campo. Si tratta anche di persone di taglia notevole. Il PCI era ligio agli ordini di Mosca, la quale svolgeva sul Mediterraneo un lavorìo antagonista a quello degli alleati, pur fingendo di collaborare con essi. Non potrebbe essere diversamente. L'appoggio ai Palestinesi ed al mondo islamico essendo sempre stato dato in senso antagonista al potere angloamericano. La pretesa del PCI e dei suoi eredi di rappresentare la difesa del popolo siciliano nei confronti della Mafia, vista come espressione del potere latifondista e capitalista, è quindi un falso della propaganda comunista.
Mano libera ai killer mafiosi, che si sono esercitati tanto su esponenti del potere statale che di quello giudiziario, è stata poi data nel momento in cui iniziava il crollo dell'URSS ed è perdurata fino a pochi anni fa, col ripristino, grazie a Putin ed al suo entourage, di una politica estera russa. Da notare che la guerra contro l'Irak e l'invasione dell'Afghanistan sono state possibili solo grazie al crollo della potenza dell'URSS ed all'incertezza della politica estera cinese che stava orientandosi sulle scelte geopolitiche di fondo. Un'ulteriore annotazione s'impone. Non dobbiamo MAI dimenticare, quando analizziamo la situazione italiana in relazione alla nostra presenza nel Mediterraneo, che ogni tentativo di indipendenza nei confronti dell'Inghilterra prima e degli Atlantici poi, è stato pagato a caro prezzo. Da Crispi (la cui sconfitta ad Adua deve ancora essere valutata), a Mussolini, a Mattei, a Craxi.
Va inoltre tenuto presente che l'Italia, pur avendo avuto una grande storia proprio grazie alla sua posizione nel Mediterraneo, nasce come forza emergente, potenziata dall'unità, in un momento in cui le potenze marinare erano già consolidate da secoli.
Ricordiamo sempre che nello stesso anno in cui Carlo Pisacane cadeva assieme ai suoi sotto le forconate dei villici del Sud aizzati dai preti gli inglesi davano vita ad uno dei più feroci massacri della Storia con la repressione della rivolta dei Cipays. Tale rivolta è stata narrata da Salgari, e noi in gioventù ne abbiamo preso atto proprio grazie a questo grande scrittore nazionalista.

Giorgio Vitali