Recensione a:
"Lupara nera"
Giuseppe Casarrubea e Mario J.
Cereghino,
Ed. Bombiani 2009
Maurizio Barozzi
Una azzeccata propaganda comunista, molti anni
addietro, riportava lo slogan: «affinchè i giovani sappiano e gli anziani
ricordino», una affermazione questa pienamente confacente anche per recensire un
libro atto a ricordare e comprendere quanto accadde in Italia, tra il 1943 e il
1948, in conseguenza della occupazione Alleata e delle subdole strategie per una
opposizione senza scrupoli verso un inesistente "pericolo comunista". Strategie
che coinvolsero in operazioni "sporche" neofascisti e varie organizzazioni
criminali, in particolare la Mafia. Si tratta di un libro fondamentale,
elaborato sulla scorta di documenti recentemente desecretati anche dagli archivi
americani, pur se, come vedremo, a causa della prevenzione antifascista degli
autori, il testo presenta alcune forzature e generalizzazioni nella
interpretazione di certi eventi e situazioni.
Stiamo parlando di "Lupara Nera", di Giuseppe Casarrubea e Mario J. Cereghino,
Edizioni Bombiani 2009.
Un libro che, affiancato all'altro importantissimo testo riguardante il
neofascismo: "Fascisti senza Mussolini" di Giuseppe Parlato, Ed. Il Mulino 1996,
ed ad altri testi come quelli di: Ennio Caretto e Bruno Marolo: "Made in USA. Le
origini americane della Repubblica Italiana", Rizzoli, 1996; Marco Dolcetta,
"Politica occulta", Castelvecchi, 1998; Kate Tuckett: "Cospirazioni",
Castelvecchi, 2007; Francesco Grignetti: "Professione spia. Dal Fascismo agli
anni di piombo, cinquant' anni al servizio del KGB", Marsilio, 2002; Franco
Fucci: "Le polizie di Mussolini", Mursia, e Pietrangelo Buttafuoco, "Le uova del
drago", Mondadori 2005, completa e documenta un quadro reale, penoso ed
esaustivo della nostra storia recente.
Dalla attenta e complessiva lettura del libro di Casarrubea e Cereghino,
intanto, si riscontra un realistico scenario storico e geopolitico, che si
dispiega su tre piani.
Il primo è quello relativo alla conclusione della seconda guerra mondiale, come
diretta conseguenza degli accordi di Yalta per la spartizione dell'Europa in due
sfere di influenza, sotto il dominio e lo sfruttamento USA-URSS, tra loro
perfettamente cooperanti nel mantenimento di questa spartizione (coesistenza
pacifica quale fine strategico): giustamente, osservano gli autori, in realtà né
russi, né americani avevano alcuna seria intenzione di alterare gli accordi di
Yalta.
Il secondo scenario è determinato dalla riduzione di molte nazioni europee a
sovranità limitata e quindi contrapposte in due schieramenti, con governi,
popoli e partiti politici, strumentalmente assoggettati nella "cortina di ferro"
o nel cosiddetto "mondo libero". Nasce quindi la necessità, tutta occidentale,
di prevedere e contenere le inevitabili spinte dinamiche verso qualsiasi
cambiamento o alterazione (sempre insito nei processi storici) di questi assetti
stabiliti a Yalta e da qui, la necessità di mantenere l'URSS nelle aree
geografiche e politiche che gli sono state assegnate evitando, a tutti i costi,
che essa possa intrufolarsi nel mediterraneo, una delicata zona strategica anche
in relazione al medio oriente.
Una situazione questa che causerà inevitabilmente un clima di contrapposizione
USA-URSS, che in Italia è finalizzato anche ad impedire la presa del potere da
parte del più forte partito comunista europeo (guerra fredda quale teatro di
contrapposizione tattica), nonostante che la "scelta di Salerno" da parte di
Togliatti e le stesse indicazioni di Stalin, garantiscano un comportamento
"democratico" del PCI.
Il terzo scenario, come se non bastasse, riguarderà un'altra competizione, del
tutto secondaria rispetto ai disegni di Yalta, ma non per questo meno
conflittuale, quella tra USA e Gran Bretagna che accompagna un inevitabile
passaggio dalla vecchia egemonia britannica sull'Italia, alla nuova egemonia
statunitense. Sarà questa un'altra "competizione", che finirà per definire gli
assetti politici del nostro paese e che vedrà anche il Vaticano, favorevolmente
cointeressato con gli USA a questo cambiamento, mentre la Mafia sarà la prima ad
accorgersi chi siano i nuovi "padroni" e regolarsi di conseguenza.
La Mafia, infatti, assurgerà ad elemento primario nella considerazione storica
degli autori perchè è proprio in Sicilia, per la particolare e importantissima
conformazione geografia dell'isola "a tre punte", che si giocherà tutta la
partita.
È ovvio quindi che in Sicilia si accentrerà prevalentemente lo scontro politico
e militare a partire dallo sbarco alleato del luglio 1943 fino alla conclusione
dei giochi (1948).
Documentano gli autori come venne preparato «… lo sbarco americano e mettere in
libertà i mafiosi in galera a Favignana. Atto necessario non tanto perché gli
USA hanno bisogno della mafia per le loro operazioni militari, quanto perché i
capifamiglia sono utili per mantenere la pace sociale che occorre assicurare
dopo l'insediamento delle amministrazioni locali dell' AMGOT».
In poco tempo, infatti, si avrà la completa subordinazione del nostro paese
nell'Alleanza Atlantica, la liquidazione della monarchia e un assetto politico
di Centro attorno ad un grande partito cattolico, la Democrazia Cristiana che
farà da garante verso gli Stati Uniti e il Vaticano, mentre la Mafia si evolverà
verso un nuovo e più appetibile ruolo (come Cosa Nostra) che la vedrà egemone
anche sul campo politico e, al contempo, le logge massoniche saranno attivissime
un po' dappertutto.
Ma nell'area geografica del Sud d'Italia si svolgono anche molti altri
avvenimenti che, almeno fino a quando non crolla il sistema difensivo italo
germanico, vedono il tentativo dei servizi segreti tedeschi e quelli della RSI,
di cercare di mettere in piedi, dietro le linee del fronte, ovvero nelle zone
occupate dagli Alleati, una guerriglia che per i tedeschi è finalizzata a
ritardare l'avanzata Alleata verso i confini della Germania, mentre invece per
Pavolini, Barracu e Mussolini è vista anche per il dopo, in prospettiva di una
imminente sconfitta e occupazione Alleata del territorio.
Arrivati a questo punto dobbiamo fare una doverosa puntualizzazione, perché le
generalizzazioni degli autori, anche a causa della loro prevenzione
antifascista, tenderanno a considerare la coraggiosa lotta ingaggiata dalla RSI
nelle retrovie Alleate, non nella giusta dimensione, anche patriottica, che
meriterebbe, ma sotto una luce negativa di subordinazione ai tedeschi.
Inoltre, gli inevitabili connubi che si instaurarono sul territorio del Sud tra
gli agenti segreti fascisti ivi inviati e strati di criminalità del luogo, tende
ad essere considerato dagli autori come un coinvolgimento criminale da parte del
fascismo stesso, quando invece tali "contatti" e connubi, almeno fino alla fine
della guerra, non erano altro che un mezzo per utilizzare, ai fini del
sabotaggio verso le truppe Alleate, ogni possibilità di sollevazione popolare,
occasione e componente che si rendesse disponibile alla guerriglia contro i veri
occupanti (gli Alleati).
Una superficiale lettura del testo, inoltre, induce a ritenere che all'epoca,
prima e durante la guerra, era in atto un connubio tra il fascismo e la Mafia,
il che non è affatto vero, almeno nei termini correnti come possono essere
intesi quelli di un connubio tra la Mafia e i partiti politici che ben
conosciamo.
Se è pur vero, come affermano gli autori, che il fascismo solo apparentemente
distrusse la mafia sul territorio (prefetto Mori), in quanto in realtà i mafiosi
che contavano veramente si camuffarono o si spostarono semplicemente negli
States, rafforzando il ponte intercontinentale tra la mafia americana e quella
italiana, oppure che la maggior parte dei mafiosi arrestati, confinati o posti
fuori gioco dal fascismo, erano più che altro elementi di secondo piano e che
invece molti mafiosi di rango si camuffarono più prudentemente in "fascisti", se
questo è vero, dicevamo, e non poteva essere diversamente, stante la realtà
storica, sociale e culturale del Sud Italia, è altrettanto vero che il fascismo
distrusse la mafia soprattutto in via di principio imponendo nel territorio
l'autorità dello Stato.
Non furono tanto i provvedimenti di polizia, alquanto pesanti, ma con i limiti
appena accennati, ma la forza ideale e concreta dell'imposta osservanza del
"Tutto nello Stato, nulla fuori dello Stato, niente contro lo Stato", che
diedero la vittoria del fascismo sulla mafia.
Era questa la grande e sgradevole novità che il fascismo riuscì ad imporre ai
mafiosi e che con tutte le riserve possibili, avrebbe col tempo estirpato
definitivamente la presenza mafiosa dal territorio.
Che poi molti capo bastone si riciclarono nel fascismo, che certe consuetudini
ed atteggiamenti mafiosi continuarono a sopravvivere nel ventennio, conta
relativamente poco.
Come non conta il fatto che il fascismo o lo stesso Mussolini, per garantirsi il
controllo del territorio e la sua pacifica amministrazione, spesso conseguirono
accordi di quieto vivere a vari livelli anche con personaggi poco
raccomandabili.
Non è infatti un mistero che il Duce, pur di aggiudicarsi servigi che potessero
essere utili alla crescita della nazione o alla saldezza del governo, non andava
tanto per il sottile.
Se il mafioso Vito Genovese venne decorato con un riconoscimento civile da
Mussolini questo fu anche perché costui, dall'alto di una posizione di potere e
di conoscenze in Italia e negli Stati Uniti, oltre a vari servizi che era in
grado di garantire al nostro governo e grazie ai rapporti che aveva con il mondo
industriale americano, potè contribuire allo sviluppo del paese con interventi
concreti anche nel settore delle costruzioni e nell'elettrificazione urbana.
Purtroppo con la sconfitta, la morte di Mussolini e il venir meno del partito
fascista repubblicano, tutto non sarà più lo stesso, perché inevitabilmente
molti agenti fascisti e simpatizzanti o cooperatori del posto, soprattutto
quelli che appartenevano ad un determinato strato sociale agiato e quindi
estremamente sensibili ad una lotta contro il comunismo, rimasti allo sbando
oppure catturati dagli Alleati, percorreranno strade che oramai con gli ideali
del fascismo avranno poco a che fare e finiranno per rendersi quasi tutti
disponibili ad ascoltare le sirene reazionarie di certi dirigenti neofascisti e
ad essere strumentalizzati dagli americani per i loro disegni geopolitici.
Seguendo la ricerca storica degli autori, quindi, vedremo come varie forze e
interessi si contrapporranno e si intrecceranno tra loro, stringeranno patti e
spesso percorreranno una strategia comune, in una situazione in continuo e
repentino cambiamento:
la mafia resuscitata dallo sbarco alleato di luglio 1943 per coadiuvare le
esigenze militari e amministrative Alleate; i tedeschi e i fascisti che mettono
quasi subito in atto i piani di guerriglia e controguerriglia nel Sud Italia,
cercando di coinvolgere le popolazioni del posto, soprattutto quelle ridotte
agli estremi a causa della guerra o agiati possidenti, latifondisti, tenutari di
aziende agricole, ecc., preoccupati da una futura vittoria del comunismo, ai
quali si aggiungono alcune migliaia di agenti speciali appositamente inviati
dalle strutture di intelligence della RSI e tedesche; quindi, ancora, i
movimenti autonomisti siciliani con le loro velleità e interessi, i quali,
assieme alla banda di Salvatore Giuliano, tra le più attive sul territorio,
strumentalizzano o vengono strumentalizzati un po' da tutti; il trafficare sulle
due sponde italo americane di alti esponenti mafiosi come Vito Genovese e Luky
Luciano che si barcameneranno per arraffare il massimo possibile dalla
situazione e finiranno ovviamente per cooperare con gli americani; gli Alleati
che, in cerca di una forza che gli garantisca il controllo della Sicilia, si
appoggeranno alla Mafia alla quale Charles Poletti, preposto all'AMGOT,
l'amministrazione di governo dell'esercito occupante, gli consegnerà il
territorio e gli affari superando perfino gli antichi privilegi che questa
organizzazione deteneva.
Gli autori forniranno anche una gran mole di informazioni sulle attività di
molti personaggi (da Giuliano a Salvatore Ferreri alias Fra Diavolo, ed altri)
orbitanti durante la guerra nell'ambito delle strategie sovversive, attuate
dietro le linee nemiche dai tedeschi e dalla RSI, e successivamente in quelle
messe in atto dagli americani.
Interessanti ed inedite anche molte informazioni su Mauro De Mauro della
"Decima", fatto sparire poi dalla mafia molti anni dopo, ma al tempo al centro
di svariate operazioni di varia e dubbia natura.
Quello che però a noi interessa conoscere da questa ricerca storica e lo
svelarci del ruolo che ebbero molti comandanti e militi reduci della RSI, in
particolare gli uomini della X Mas già al comando del Principe Valerio Borghese,
un uomo e la sua organizzazione militare, che pur avendo partecipato alla guerra
comune e alla RSI, certamente non potevano definirsi fascisti e finirono poi per
mettersi a completa disposizione degli americani.
Al centro di questi avvenimenti, infatti, c'è proprio la "Decima" di Borghese,
quindi il capo dei servizi segreti della marina del Sud Agostino Calosi e il
capo dell'X2 americano Jesus James Angleton che dirigeva i servizi segreti
statunitensi in Italia. Un sottile filo legherà questi uomini quando ancora la
guerra era in corso, praticamente per un comune interesse a che certe cose,
soprattutto a guerra finita, potessero andare in una certa maniera e non in
un'altra.
Sono tutte storie che in qualche modo si conoscevano e che portarono molti
neofascisti a collaborare con gli americani, a formare una miriade di gruppi,
fasci di azione rivoluzionaria, squadre di azione e fronti antibolscevismo o
monarco-fascisti (sic!), quasi tutti dietro la supervisione e i finanziamenti di
James Angleton; li portarono a prestarsi a provocazioni, attentati e, come
ritengono gli autori, anche a stragi (Portella della Ginestra), sempre e
comunque nell'ottica di un anticomunismo viscerale. Ed anche a collaborare, a
vari livelli, con i sionisti dell'Haganà a quel tempo impegnati nella cruenta
creazione dello stato di Israele.
Come noto, molti dei dirigenti di questi gruppi finiranno poi, quasi tutti e
sempre dietro le stesse sollecitazioni reazionarie, massoniche e filo
atlantiche, per dar vita ad un appropriato partito di destra (il MSI),
conservatore e ultra atlantico, preposto a trasbordare i reduci del fascismo
repubblicano su quelle stesse posizioni reazionarie in prospettiva di una lotta
politica di stampo legalitario e democratico.
I neonati movimenti neofascisti, comunque, non persero tempo a farsi ingaggiare
o ad essere ingaggiati dall'OSS americano per collaborare nella lotta al
comunismo e contro un paventato (anche se in realtà inesistente) pericolo di
invasione sovietica dell'Italia. Divennero pertanto tutti complici delle
strategie americane e quindi dello Stato antifascista nato dalla Resistenza e
delle sue FF.AA. nate dal tradimento badogliano oltretutto gerarchicamente
subordinate ai comandi Alleati prima e Nato poi, come quelle di un qualsiasi
paese brutalmente colonizzato.
Che lo fecero in aperta malafede o per una mentalità sostanzialmente
reazionaria, per un senso di rivalsa verso i "rossi", artefici di tante stragi
di camerati e con la caccia al fascista che ancora perdurava o per una
demenziale scelta politica che riteneva necessaria questo tipo di lotta
politica, il risultato non cambia. Tutti dimostrarono di non avere una coscienza
rivoluzionaria e soprattutto neppure il senso degli ideali del fascismo
repubblicano.
Si legge, significativamente, in un rapporto dei servizi segreti americani
intitolato "Il movimento neofascista - 10 aprile 1946, segreto":
«I neofascisti intendono stabilire un contatto con le autorità americane per
analizzare congiuntamente la situazione del paese. La questione politica
italiana sarà quindi collocata nelle mani degli Stati Uniti».
Tutte storie comunque che si conoscevano, ma oggi possono anche essere
documentate adeguatamente, con nomi e cognomi.
È incredibile constatare come reduci di un Idea che avevano condotto una «guerra
del sangue contro l'oro» abbiano potuto indirizzarsi verso una scelta del
genere, si badi bene, non derivante da disposizioni di uno Stato e di una
nazione che magari ha necessità di fare certe scelte di collocazione
internazionale, ma come uomini di una nazione sconfitta e occupata il cui Stato,
imposto dagli occupanti, dovrebbe a loro essere nemico.
Negli anni '50 in Corea, personalità sensibili di quel popolo si accorsero
subito e ben testimoniarono che solo dopo pochi mesi di occupazione delle truppe
americane, le peculiarità e le tradizioni culturali del paese venivano ad essere
irreversibilmente stravolte da questa way of life americana che non portava
altro che il vizio, la corruzione, la coca cola e lo chewing-gum.
Tutti se ne accorsero, e negli anni successivi, come la storia ci ha dimostrato,
sempre si ripeteva in ogni parte del mondo, occupata dagli americani, la stessa
cosa, ma i neofascisti del dopoguerra trovarono naturale e desiderabile, in nome
di un balordo "fronte antibolscevico" sottomettersi alla autorità e alle
direttive degli yankee.
Del resto erano in buona compagnia perché la stessa cosa la fecero i tedeschi
catturati dagli Alleati e scampati alle forche di Norimberga, tanto che
moltissimi ufficiali e alte cariche della FF.AA. tedesche li ritroveremo ben
presto al soldo e al servizio degli americani.
E pensare che Pavolini, Zerbino, Solaro, Porta ed altri, in linea con il
pensiero di Mussolini, ancor poco prima di morire (direttorio di Maderno del 3
aprile 1945) avevano prospettato per i fascisti nel dopoguerra, anche in
clandestinità, una lotta contro l'occupante e a difesa delle innovazioni sociali
della RSI contro ogni restaurazione monarchica e liberista (sottolineiamo non a
caso queste frasi, perché i neofascisti, invece, proprio queste realtà
antitetiche alla RSI furono indotti a difendere!).
Oltretutto molti di coloro che avevano operato al Sud, dietro le linee nemiche,
come spie e agenti al servizio della RSI e dei tedeschi, avevano per forza di
cose avuto modo di stare a contatto con le forze armate Alleate, ovvero spesso
erano stati catturati e molti, una volta interrogati, avevano "parlato" facendo
nomi di camerati e descrivendo le strutture segrete italo tedesche di
controspionaggio. Era quasi consequenziale che, a guerra conclusa, questi
uomini, scampati alla fucilazione, si sarebbero prestati a cooperare con gli
americani.
Raccontano sorprendentemente gli autori Casarubbea e Cereghino, a proposito del
principe Valerio Pignatelli, uno dei più importanti elementi che agirono
coraggiosamente dietro le linee nemiche su incarico della RSI e che ritroveremo
poi nel dopoguerra nelle vicende che portarono anche alla fondazione del MSI:
«… la sua cattura si rivela un colpo grosso per le informazioni che egli
fornisce e per l'autorevolezza del personaggio (…) In qualità di militare e di
proprietario terriero, il soggetto è fortemente allarmato dall'espansione del
comunismo».
Quali che siano state le motivazioni o le necessità contingenti che portarono
spesso valorosi combattenti a divenire strumento in mano all'OSS americano,
oggi, mano a mano che ciò che è sempre stato sospettato, viene dimostrato con
prove documentali, induce a riconsiderare attentamente vari personaggi del
fascismo e del neofascismo o comunque già orbitanti nella RSI: da Valerio
Pignatelli, a Pino Romualdi, da Valerio Borghese a Nino Buttazzoni, a Puccio
Pucci, a tanti altri, molti dei quali, pur si erano battuti con coraggio nel
periodo bellico, tanto che, per esempio, è noto come Mussolini ci tenesse
moltissimo alla salvezza di Pignatelli.
È indubbio che questi ed altri personaggi nel dopoguerra avevano in mano o erano
stati promotori, come dimostrano Casarubbea e Cereghino nel testo già citato, di
«una miriade di formazioni eversive, spesso isolate, ma comunque poste agli
ordini dell'arma, dell'esercito e delle prefetture, che agiscono su disposizioni
precise dell'intelligence angloamericana …». A disposizione dei "Servizi" per
l'appunto.
Noi possiamo solo tristemente notare che è come se ci fosse stato uno iato, tra
il prima, cioè il fascismo, Mussolini, la RSI, la guerra, i progetti di Pavolini
di organizzare una rete di cellule clandestine (il progetto PDM, dalle iniziali
dei suoi più stretti collaboratori Puccio Pucci e Aniceto Del Massa) e il dopo
ovvero l'occupazione americana e la volontà o l'interesse a riciclarsi come
anticomunisti e antisovietici mettendo a disposizione uomini ed esperienze che
pur furono del fascismo. Ma chissà, la storia è così complessa che forse,
considerando meglio molti personaggi, questo iato non c'è neppure mai stato.
È però indubbio che le vicende che portarono poi alla strategia della tensione,
ovvero a quel periodo storico (anni '60 e '70) in cui per gli interessi
occidentali, venne criminosamente praticata in Italia una "guerra non
ortodossa", partorita dall'atlantismo, di basso profilo, ma non per questo meno
cruenta, con il coinvolgimento di gruppi, uomini e strutture della Destra
neofascista, hanno dei precedenti specifici, in quanto affondano le loro radici,
proprio a quei momenti storici a cavallo della fine della guerra.
Maurizio Barozzi
la NOTA di Giorgio
Vitali:
Quanto qui finora scritto documenta
in modo inoppugnabile l'origine geopolitica di buona parte delle
prese di posizione significative da parte dei partiti politici in
Italia. L'Italia essendo dal dopoguerra in poi, crocevia
fondamentale per il controllo del Mediterraneo e di conseguenza
delle vie commerciali e militari del mondo intero. In particolare, e
per quanto riguarda la Sicilia, che fin dai tempi pre-romani ha
sempre esercitato un fascino particolare nei confronti dei naviganti
soprattutto per coloro che navigavano con intenti di conquista,
l'atteggiamento nei confronti delle organizzazioni di potere, Mafia
in testa, ha costituito un crinale sul quale è possibile definire
l'omologazione dei partiti. Al di là delle sfaccettature nei
dettagli, che sono da sempre specchietti per le allodole, resta lo
schieramento partitico nei confronti della malavita organizzata al
Sud. Chi obbedisce al potere atlantista, pur militando in partiti
diversi e magari divergenti sulla conduzione locale, è favorevole
alla Mafia e trova sempre il modo di accordarsi con essa. A maggior
ragione se questa, in modo assai più comprensibile, si struttura
sotto la forma di Massomafia. Chi è contrario all'Atlantismo è
contro la Mafia.
Questo spiega in modo esauriente la posizione storica del PCI, il
quale ha tenuto, almeno fino alla caduta ed allo sfascio dell' URSS,
una posizione antimafiosa nell'Isola. Pagandola con un numero
cospicuo di caduti sul campo. Si tratta anche di persone di taglia
notevole. Il PCI era ligio agli ordini di Mosca, la quale svolgeva
sul Mediterraneo un lavorìo antagonista a quello degli alleati, pur
fingendo di collaborare con essi. Non potrebbe essere diversamente.
L'appoggio ai Palestinesi ed al mondo islamico essendo sempre stato
dato in senso antagonista al potere angloamericano. La pretesa del
PCI e dei suoi eredi di rappresentare la difesa del popolo siciliano
nei confronti della Mafia, vista come espressione del potere
latifondista e capitalista, è quindi un falso della propaganda
comunista.
Mano libera ai killer mafiosi, che si sono esercitati tanto su
esponenti del potere statale che di quello giudiziario, è stata poi
data nel momento in cui iniziava il crollo dell'URSS ed è perdurata
fino a pochi anni fa, col ripristino, grazie a Putin ed al suo
entourage, di una politica estera russa. Da notare che la guerra
contro l'Irak e l'invasione dell'Afghanistan sono state possibili
solo grazie al crollo della potenza dell'URSS ed all'incertezza
della politica estera cinese che stava orientandosi sulle scelte
geopolitiche di fondo. Un'ulteriore annotazione s'impone. Non
dobbiamo MAI dimenticare, quando analizziamo la situazione italiana
in relazione alla nostra presenza nel Mediterraneo, che ogni
tentativo di indipendenza nei confronti dell'Inghilterra prima e
degli Atlantici poi, è stato pagato a caro prezzo. Da Crispi (la cui
sconfitta ad Adua deve ancora essere valutata), a Mussolini, a
Mattei, a Craxi.
Va inoltre tenuto presente che l'Italia, pur avendo avuto una grande
storia proprio grazie alla sua posizione nel Mediterraneo, nasce
come forza emergente, potenziata dall'unità, in un momento in cui le
potenze marinare erano già consolidate da secoli.
Ricordiamo sempre che nello stesso anno in cui Carlo Pisacane cadeva
assieme ai suoi sotto le forconate dei villici del Sud aizzati dai
preti gli inglesi davano vita ad uno dei più feroci massacri della
Storia con la repressione della rivolta dei Cipays. Tale rivolta è
stata narrata da Salgari, e noi in gioventù ne abbiamo preso atto
proprio grazie a questo grande scrittore nazionalista.
Giorgio Vitali
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