da
Il mistero d'Italia
Vincenzo Vinciguerra
www.marilenagrill.org
Opera, 31 maggio 2010
Tutta la storia dell'Italia repubblicana e antifascista è intessuta da una fitta
trama di "misteri" che emergono in tutti i campi della vita pubblica, da quello
politico a quello militare, economico e clericale.
Tutti i "misteri" sono riconducibili, secondo la verità ufficiale di questo
Stato e di questo regime, a pezzi "deviati" delle istituzioni pubbliche e
private.
Nel corso dei decenni abbiamo scoperto l'esistenza dei "servizi deviati", della
"massoneria deviata", della mafia "deviata", della finanza "deviata", senza che
nessuno abbia mai scoperto i "devianti" o ci abbia almeno provato.
Il dualismo rappresentato dallo Stato buono e quello "deviato", dalla politica
onesta e democratica affiancata da quella "deviata", dalla finanza che cura gli
interessi pubblici e quella "deviata", è riaffermato con costanza degna di
miglior causa da tutti i pseudo storici italiani e da tutti i pennivendoli del
regime, gli stessi che ora belano la protesta contro le leggi liberticide del
governo di Silvio Berlusconi, che della "devianza" dovrebbe essere il simbolo e
l'esempio, mentre continuano a presentarlo come un presidente del Consiglio che
per la sua grandezza passerà alla storia d'Italia.
Passata la "festa" del 9 maggio, giornata dedicata alla memoria delle vittime
del terrorismo, e quella successiva del 28 maggio, che ricorda la strage di
piazza della loggia del 1974, con tanto di ciclisti, concerti, nani e ballerine,
si rilancia ora il "mistero" degli stragi del 1992-1993 alle quale avrebbero
preso parte attiva pezzi "deviati" dello Stato e dei suoi immancabili servizi
segreti.
Sono le saghe della menzogna e dell'infamia che sono, purtroppo, avallate dai
familiari delle vittime del "terrorismo" che cercano, diciamolo una volta per
sempre, pubblici riconoscimenti, corposi risarcimenti, compatimenti, medaglie
d'oro, commemorazioni, interviste, libri ma non la verità.
Così avviene che il regime celebri le vittime del "terrorismo" nel giorno in cui
è stato ucciso Aldo Moro, senza pubblicizzare il fatto che i suoi assassini
materiali sono stati i primi ad uscire dal carcere come premio per aver taciuto
la verità.
Perché lo Stato ed il regime non può "suicidare" decine di persone, magari
centinaia, quindi compra il loro silenzio e la loro complicità concedendo a chi
è in carcere i benefici di legge e corrompendo moralmente quanti avrebbero il
dovere di denunciarlo ed, invece, lo sostengono e lo puntellano aggiungendo
menzogna a menzogna.
La mafia è stata dal 1943 una forza attiva dello Stato, collegata in modo
particolare con i servizi segreti e l'Arma dei carabinieri, perché politicamente
schierata dalla parte dell'anticomunimo e della democrazia.
Oggi, come presidente del Consiglio c'è un individuo che, sentendosi minacciato
nei suoi beni, alla metà degli anni Settanta non si rivolse allo Stato per
chiedere protezione ma alla mafia palermitana che non è solita fare opere di
beneficenza e, quindi, ha richiesto ed ottenuto contropartite di cui nulla si
conosce.
A fianco di Silvio Berlusconi, c'è Marcello Dell'Utri condannato per una tentata
estorsione, in via definitiva, insieme al capo mafia di Trapani, Vincenzo Virga.
In un altro Paese, questa condanna sarebbe stata ritenuta sufficiente per
estromettere Dell'Utri dal Senato, non in Italia dove, al contrario, rimane al
suo posto ed ha disposizione tribune giornalistiche per difendersi e smentire
quanto è processualmente provato.
Giulio Andreotti è stato riconosciuto colpevole di collusione con la mafia fino
ai primi anni Ottanta e assolto per insufficienza di prove per gli anni
successivi.
Il proscioglimento per prescrizione del reato è il mezzo con il quale una
magistratura asservita salva i potenti. Così anche per Andreotti il reato di
concorso esterno in associazione mafiosa o il favoreggiamento e collusione (la
sostanza non cambia) è stato dichiarato prescritto.
Nessuno ne ha chiesto l'allontanamento dal Senato. Anzi, si è assistita ad una
forsennata campagna stampa per "provare" che era stato riconosciuto innocente,
che era vittima delle "calunnie" dei "pentiti", che la sentenza della Corte di
appello di Palermo, confermata dalla Corte di cassazione, gli aveva reso
giustizia ed onore.
Uno dei suoi avvocati, Giulia Bongiorno, è stato portato in Parlamento ed è
divenuto miliardario perché imposto, all'opinione pubblica come vincitrice di un
processo che aveva, viceversa, miseramente perduto.
Le "rivelazioni" di questi giorni, che appaiono "sconvolgenti" solo per
un'opinione pubblica disinformata e sprovveduta, non sono destinate a mutare
sostanzialmente il quadro politico italiano, anche perché quella stessa
magistratura che oggi "scopre" sarà la prima a coprire responsabilità troppo
elevate, evitando di destabilizzare il sistema.
In fondo, il meccanismo è collaudato da quasi settant'anni di infamie.
Il fascismo è finito nell'aprile del 1945, quando i suoi dirigenti (e con essi
migliaia di fascisti) vennero massacrati dai partigiani, con l'assenso degli
alleati e la benedizione del Vaticano, restando in vita ed in azione solo coloro
che avevano avuto la furbizia di stabilire a tempo debito rapporti di
collaborazione con i servizi segreti anglo-americani e con i Comitati di
liberazione nazionale.
Questi piccoli pidocchi che del fascismo avevano succhiato sangue ed alimento
sono stati autorizzati dai vincitori, compresi i comunisti, a fingersi fascisti
riuscendo a trasformare una massa numerosa di reduci, ideologicamente avversaria
del regime liberale e democratico, in carne da cannone per la Democrazia
cristiana ed i suoi alleati nazionali ed internazionali.
Per quarant'anni magistratura, mezzi di comunicazione di massa e politici hanno
affermato l'esistenza del "terrorismo nero", cioè dei fascisti che hanno
attaccato la democrazia con le armi dello stragismo e del terrore, con il
concorso dei "servizi segreti deviati".
Oggi, iniziano le prime ammissioni che vedono riconoscere l'inesistenza di un
"pericolo fascista" nel dopoguerra e, addirittura, l'inserimento di
organizzazione come "Ordine nuovo" nell'apparato politico-militare dello Stato
in funzione anticomunista.
Come la mafia è stato il braccio politico e militare dello Stato nel meridione
d'Italia, il "neofascismo" lo ha rappresentato sull'intero territorio nazionale.
Se mai ci sono state forze che hanno rappresentato l'anti-Stato in questo Paese,
mafia e neofascismo non ne hanno fatto parte; collocandosi invece nell'ambito
dello Stato con compiti di stabilizzazione del regime politico che ne è
l'espressione.
Non a caso, oggi, in Parlamento insieme ai "collusi" con la mafia, siedono
esponenti del neofascismo stragista e bombarolo, che certamente ridono nel
vedere i loro colleghi di partito recarsi alle commemorazioni delle vittime,
omaggiati e riveriti dai familiari di queste ultime solo perché sono i
rappresentanti delle istituzioni.
Renato Farina è un ex giornalista sorpreso a pubblicare le "veline" dei servizi
segreti i cui vertici sono finiti sotto processo. Farina è stato espulso per
indegnità dall'Ordine dei giornalisti ed è stato portato in Parlamento dal
partito di Silvio Berlusconi.
Felice Casson, è stato bollato, in forma sia pure elegante, come sciacallo
giudiziario perfino dal procuratore della Repubblica di Venezia, suo diretto
superiore. E' stato rifiutato dai veneziani come sindaco della città. E' stato
fra i protagonisti di atti di depistaggio sia nel processo relativo
all'attentato di Peteano di Sagrado che in quello di piazza Fontana.
Il Partito democratico lo ha portato al Senato. Una confusione delle menti,
abilmente alimentata, sorretta da una macchina propagandistica in grado di
trasformare il fango e lo sterco in oro, fa sì che ancora i giovani dei centri
sociali siano convinti che in questo Paese ci siano fascisti in circolazione,
che gli italiani credano che Giovanni Paolo II è stato un santo, che Giuseppe
Saragat ha onorato l'Italia, che il presidente di Confindustria difenda gli
interessi del paese e non quelli della casta predatrice alla quale appartiene,
che gli Agnelli siano stati dei benefattori e non dei ladroni di pubblico
denaro.
A ben vedere, i"misteri"italiani si riassumono in uno solo: nella incapacità di
tanti, se non di tutti, di riconoscere che l'anti-Nazione si è fatta Stato nel
corso della Seconda guerra mondiale, e che ha dato vita ad un anti-Stato
all'interno del quale deviano coloro che compiono il proprio dovere, che non
mentono, non rubano, che credono che esista ancora un Paese ed un popolo da
servire.
Sarebbe sufficiente dissolvere questo "mistero" perché siano chiariti tutti
quanti gli altri.
C'è voluta una sconfitta militare nella più sanguinosa delle guerre fatte
dall'umanità per imporre agli italiani un'anti-Stato guidato da una classe
dirigente di malfattori.
Ci vorrà magari una rivoluzione per liberarci da tutti costoro, per rifondare lo
Stato nazionale che serva e tuteli gli interessi di questo popolo.
Una rivoluzione evoca sangue e morte, ma non è questo che proponiamo perché la
statura morale ed intellettiva di questa classe dirigente è tale che sarebbe
sufficiente utilizzare lo sputo come arma.
Affogare tutti costoro fra gli sputi, iniziando dai giornalisti che sono gli
strumenti della diffusione della menzogna, non sarebbe difficile per 60 milioni
di italiani.
C'è solo una controindicazione: sporcherebbero la saliva, ma ne vale la pena.
Vincenzo Vinciguerra
Opera, 31 maggio 2010 |